Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 6 marzo 2010

DIRITTI - Lo sfascio del mercato del lavoro, una storia.

(Fonte).
Un lungo piano inclinato verso la ricattabilità totale.
I lavoratori hanno perso reddito, diritti e potere contrattuale lungo un arco di tempo che misura ormai 30 anni. Il punto di svolta politico-sindacale fu indubbiamente la sconfitta dei 35 giorni di occupazione della Fiat, nel 1980.
E la conferma venne dalla sconfitta nel referendum indetto, nel 1985, per chiedere la restituzione dei tre punti di «scala mobile» (un meccanismo che determinava aumenti salariali automatici indicizzati al tasso d'inflazione, in quegli anni spesso a due cifre) cancellati da Bettino Craxi con il «decreto di S. Valentino».

Sconfitte politiche pesanti, ma che non mettevano ancora in discussione le riforme strappate nel corso degli anni '70.I governi cominciarono a mettere mano sulla struttura dei diritti solo più tardi, all'inizio degli anni '90.
La demolizione attiva parte solo in piena Tangentopoli, nel '92, con il governo di Giuliano Amato che vara la legge finanziaria più pesante della storia: 90.000 miliardi di lire.
Lì viene fatta una riforma della sanità secondo il principio dell'aziendalizzazione, istituendo la figura del «manager» di nomina politica (non vincolato ad alcuna necessaria competenza sanitaria) che trasforma le Asl in un bottino politico ad ogni tornata elettorale; a venir tagliate non sono le spese, ma i servizi al cittadino.
Viene approvata anche la prima riforma delle pensioni: aumenta l'età pensionabile, si elimina «l'aggancio» dell'assegno alla dinamica salariale, aumentato il periodo lavorativo finale su cui calcolare l'assegno mensile.
Soprattutto fu siglato un accordo che metteva fine al meccanismo della «scala mobile», introducendo al suo posto il «tasso di inflazione programmata» per definire l'adeguamento dei salari al costo della vita. Bruno Trentin marcò il suo dissenso un attimo dopo la firma dell'accordo, dimettendosi da segretario della Cgil.Nel '93, il 23 luglio, venne altresì fissato il sistema della «concertazione», per cui tutte le grandi scelte di politica economica - specie su salari, contratti e welfare - dovevano venir discusse e condivise tra esecutivo, imprese e sindacati confederali.

Da allora, in effetti, la quota di ricchezza nazionale che va ai redditi da lavoro dipendente è andata diminuendo a velocità crescente. Se negli anni '80 una famiglia monoreddito poteva sopravvivere dignitosamente, oggi questo risulta difficile anche quando gli stipendi in famiglia sono due.

Nel '95, mentre il primo governo Berlusconi è prematuramente crollato, il «rospo» Lamberto Dini - alla guida di un governo «tecnico» sostenuto da una maggioranza che comprende il futuro Partito democratico - vara una nuova riforma delle pensioni. Che introduce un diverso meccanismo di maturazione dei contributi (dal «retributivo» al «contributivo»), tale da decurtare drasticamente gli assegni pensionistici futuri.

Dal 1 gennaio di quest'anno è fra l'altro scattata la prima «rivalutazione dei coefficienti» che traduce in pratica - o «in soldoni» - questa sforbiciata ai redditi. Il mercato del lavoro viene destrutturato pesantemente nel '97, quando la maggioranza di centrosinistra approva il «pacchetto Treu», sotto il nome di «norme in materia di promozione dell'occupazione».
Viene legalizzato il lavoro interinale, prima vietato (intermediazione di manodopera); si ammettono contratti a tempo determinato, di collaborazione (co.co.co), stage e tirocinii «lunghi», e numerose altre forme «atipiche».
Ne viene stravolta anche la struttura salariale, perché per queste forme contrattuali non è previsto alcun «salario minimo»; le imprese smettono di assumere a tempo indeterminato e prendono in carico solo (o quasi) dipendenti usa-e-getta, pagati la metà o anche meno.

L'occupazione in effetti aumenta: ma soprattutto nelle mansioni meno qualificate, mentre per le competenze di eccellenza si accentua la «fuga dei cervelli» all'estero.

Il lavoro di smantellamento viene completato con la «legge 30», nel 2003, protagonista stavolta il centrodestra e il pasdaran della precarietà assoluta, il ministro Maurizio Sacconi.
Il principio guida di questa controriforma è la «flessibilità in ingresso», che genera i contratti di somministrazione, lavoro ripartito, intermittente, a progetto, a chiamata, ecc.

Non passa invece il primo serio attacco all'art. 18 dello Statuto dei lavoratori (in precedenza c'era stato solo un referendum fallito, proposto dal Partito radicale, per chiederne l'abrogazione). Il 23 marzo di quello stesso anno tre milioni di persone vengono a Roma per la manifestazione convocata dalla Cgil.
E il governo torna sui suoi passi. Riesce comunque a far danni ulteriori, approvando l'ennesima «riforma delle pensioni» che alza ancora una volta - in modo brutale e senza nemmeno distinguere tra i «lavori usuranti» e gli altri, con uno «scalone» - l'età del ritiro.

Oggi, con il «collegato lavoro» l'obiettivo è stato raggiunto per altra via, imponendo l'arbitrato come via privilegiata di «risoluzione delle divergenze» tra lavoratori singolo e padrone. L'art. 18 rimane, ma non potrà essere invocato quasi da nessuno.

Fine della strada? No, naturalmente.
Poche settimane fa, nel corso di un'assemblea con esponenti di Cisl e Uil, il vulcanico ministro contro il lavoro si è lasciato trascinare dal temperamento, affermando che «finora abbiamo realizzato soltanto il 10% del nostro programma di riforma del mercato del lavoro».

Guardando il deserto di diritti che ormai stato realizzato sembrava davvero difficile poter fare molto di più. Ma la realtà è sempre più ricca della più prevenuta fantasia.
«Il nostro obiettivo finale - avrebbe scandito Sacconi - è il contratto a tempo determinato per tutti».

Tra un paio d'anni, per favore, nessuno dica «non ce n'eravamo accorti».

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