Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

martedì 25 maggio 2010

Apicella.


L'offerta ai tempi dell'apartheid firmata Peres e Botha-Israele offrì armi atomiche al Sudafrica

Simonetta Cossu

La questione dell'atomica era uno dei temi che Israele ha sempre preferito gestire nell'ambiguità: Tel Aviv non ha mai confermato di possederla ma non ha mai neanche smentito la sua esistenza. Ora arriva la prima prova che Israele possiede armamenti nucleari e che in pieno apartheid, nel 1975, cercò di vendere al Sudafrica le sue testate atomiche.

La rivelazione è opera del quotidiano britannico The Guardian che in un articolo pubblicato in prima pagina e definito «esclusivo», cita documenti firmati dall'attuale presidente israeliano Shimon Peres e dal ministro della Difesa sudafricano PW Botha. Secondo quanto riferisce il giornale britannico, si tratta del primo documento che attesti effettivamente il possesso di armi atomiche da parte di Israele.
Il testo a cui si riferisce The Guardian , che è stato declassificato in Sudafrica, rappresenta di fatto il resoconto di una serie di incontri tra alti responsabili dei due paesi, cominciati il 31 marzo 1975: nel loro primo colloquio, i funzionari dello stato ebraico «offrirono formalmente di vendere al Sudafrica alcuni dei missili di Gerico con capacità nucleare, facenti parte del proprio arsenale», nome in codice Chalet.

Poco più di due mesi dopo, il 4 giugno, Botha e Shimon Peres si incontrarono a Zurigo. «Il ministro Botha espresse interessamento per un numero limitato di Chalet» e l'allora ministro Peres diede la sua disponibilità a trattare offrendone in «tre taglie differenti». Il documento, che gli israeliani avrebbero voluto non fosse declassificato, è stato scoperto da uno studioso americano, Sasha Polakow-Suransky, durante una sua ricerca sulle relazioni tra Israele e Sudafrica in vista della pubblicazione del libro «L'alleanza non dichiarata: l'alleanza segreta di Israele con il Sudafrica dell'Apartheid».

Il presidente israeliano, Shimon Peres, ieri ha smentito la notizia precisando che "non ci sono mai stati negoziati" tra i due Paesi su questa materia. "Sono informazioni infondate, senza alcun collegamento con la realtà", ha detto Frisch portavoce del capo dello Stato alla radio militare nazionale.Una smentita che però non basta e che mette in imbarazzo per diversi motivi.

Il Guardian pubblica infatti la foto dell'accordo siglato in cui è riconoscibile la firma di Peres e di Botha, ma soprattutto dal presidente Pees è arrivata una smentita debole che non smentisce l'autenticità dei documenti. Imbarazzante perchè proprio in questi giorni a New York presso l'Onu si parlerà di non proliferazione nucleare in Medio Oriente.Secondo quanto scrive sempre il Guardian il Sud Africa di Botha voleva avere testate nucleari come deterrente e potenziale minaccia contro i paesi confinanti.

La vendita non avvenne mai, perché Botha ritenne l'operazione troppo costosa e perché non vi era certezza che l'allora primo ministro, Yitzhak Rabin, avrebbe dato la sua approvazione. Pretoria fu poi in grado di costruire le sue testate nucleari, molto probabilmente con l'assistenza israeliana. Nei memo resi pubblici dal Guardian infatti viene rivelato che Peres e Botha firmarono un accordo relativo alla collaborazione militare tra i due paesi in cui venne posta la clausola che questo accordo sarebbe dovuto restare segreto.

E infatti proverrebbe dal Sud Africa l'ossido di uranio che era necessario a Tel Aviv per lo sviluppo dei suoi armamenti. E se non bastasse, i documenti confermerebbero quanto aveva dichiarato l'ex comandante della marina sudafricana Dieter Gerhardt, imprigionato nel 1983 con l'accusa di spionaggio a favore dell'Unione Sovietica.

Rilasciato dopo il crollo dell'aperthaid Gerhardt parlò di un accordo tra Israele e Pretoria chiamato "Chalet" che si riferiva all'offerta da parte dello stato di Israele per armare otto missili Jericho con "testate speciali" che per Gerhardt erano nucleari, ma fino ad oggi non erano emerse prove che confermassero queste sue asserzioni.

L'esistenza del programma nucleare di Israele venne reso pubblico da Mordechai Vanunu al Sunday Times nel 1986, e che venne poi arrestato per queste rivelazioni.Liberazione, 25 maggio 2010, p. 8 http://lettura-giornale.liberazione.it/giornale_articolo.php?id_pagina=79968&pagina=8&versione=sfogliabile&zoom=no&id_articolo=532647

La bomba di Israele

Michele Giorgio, Gerusalemme

Il capo di stato israeliano Shimon Peres nega. Ma il documento ufficiale sudafricano, su cui di recente è stato tolto il segreto e scoperto da uno studioso statunitense, Sasha Polakow-Suransky, offre una ulteriore conferma alle voci circolate per anni sulle relazioni segrete avute da Israele e il Sudafrica razzista, inclusa una collaborazione in campo nucleare.

Israele provò a vendere al Sudafrica testate atomiche, ha scritto il quotidiano britannico The Guardian citando il documento ritrovato da Polakow-Suransky e altri fascicoli rimasti segreti per decenni, firmati da Peres e dall'allora ministro della difesa sudafricano Botha. I testi sono un resoconto di una serie di incontri cominciati nel marzo 1975 tra alti rappresentanti dei due paesi, tra cui il comandante delle forze armate sudafricane, RF Armstrong, che in un memo successivo parlò dell'interesse di Pretoria per missili con testata nucleare.

Il Guardian riporta che, nel loro primo colloquio, i funzionari dello Stato ebraico offrirono di vendere al Sudafrica alcuni missili a lunga gittata del tipo «Gerico» con capacità nucleare. Successivamente il progetto «Gerico» prese il nome in codice «Chalet». Il 4 giugno del 1975 Peres e Botha si videro a Zurigo. Botha espresse interesse «in un certo numero di unità Chalet, a patto che sia disponibile il carico corretto», ossia la testata atomica.

Peres disse che lo era «in tre taglie», un riferimento a convenzionale, chimico e nucleare. I due politici firmarono anche un'intesa che ampliava la collaborazione militare tra i due paesi.

La vendita però non avvenne mai, per una questione di costi.Israele smentisce seccamente. «Si tratta di informazioni infondate, senza alcun collegamento alla realtà» ha protestato la portavoce di Peres, Ayelet Frisch. «È riprovevole che il Guardian non abbia trovato opportuno rivolgersi al presidente prima della pubblicazione per ascoltare i suoi commenti», ha aggiunto Frish.

Ma gli esperti non sono di questo avviso. Molti ricordano il cosiddetto «Incidente Vela», il 22 settembre 1979 quando i satelliti statunitensi Vela (appositamente progettati per il rilevamento di esplosioni nucleari) registrarono un lampo di luce, di origine ignota, tra l'Atlantico e l'Oceano indiano a sud del Sudafrica, nelle vicinanze dell'Isola del Principe Edoardo.

Si trattava di un test atomico di 2-3 kilotoni ma gli Stati Uniti lo coprirono, provando a spiegare quel rilevamento con un guasto del satellite, per non imbarazzare gli alleati israeliani e i razzisti sudafricani, buoni amici di Washington ma nel mondo malvisti a causa dell'apartheid.

Nel febbraio 1994 un ex alto ufficiale della marina sudafricana, in carcere come spia sovietica, dichiarò che l'«Incidente Vela» era il risultato di un esperimento congiunto israelo-sudafricano che non avrebbe dovuto essere scoperto, che costrinse gli Stati Uniti a turare la falla.

Il 20 aprile 1997 il quotidiano israeliano Haaretz, citando il ministro degli esteri sudafricano, confermò il lampo nel sud Atlantico come un test sudafricano. Poco dopo lo stesso ministro smentì dicendo di essere stato frainteso mentre riportava solo voci che circolavano da anni.In piena crisi internazionale sul programma nucleare dell'Iran, che nega di volersi dotare della bomba atomica, i documenti declassificati dal Sudafrica e portati alla luce da Polakow-Suransky e dal Guardian, offrono ulteriori conferme del potenziale atomico di Israele - descritto nel 1986, con le rivelazioni fatte al britannico Sunday Times, da Mordechai Vanunu che aveva lavorato come tecnico per 10 anni nell'Istituto 2, bunker sotterraneo segreto costruito per fornire le componenti vitali della produzione di armi nell'impianto di Dimona, il centro di ricerca nucleare nel deserto del Neghev.

Vanunu ha pagato quelle rivelazioni con 18 anni di carcere (di cui 11 in isolamento) e domenica è tornato in prigione per aver violato i termini della sua scarcerazione avvenuta nel 2004. «Vergognati Israele - ha urlato Vanunu, 55 anni, ai giudici - le spie del Mossad e dello Shin Bet (i servizi segreti, ndr) mi riportano in carcere dopo 24 anni in cui ho solo detto la verità».Il manifesto 25 maggio 2010, p. 8http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2010/mese/05/articolo/2820/

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