Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 14 agosto 2010

Approfondimenti. Marginalita' urbana.


La città-fabbrica che produce l'esclusione sociale

Fonte: Claudio Tognonato - il manifesto

Da un punto di vista spaziale la marginalità è una questione che riguarda il luogo, la posizione, la collocazione territoriale di ciò che è confinato a margine. Da un punto di vista sociale la distanza dal centro ha delle conseguenze etiche che riguardano l'inclusione o l'esclusione, l'integrazione o l'espulsione. Forse il disegno di una città non è altro che la forma di cristallizzare sul territorio una visione del mondo.
Nel suo ultimo saggio Spazio e convivenza. Come nasce la marginalità urbana, Franco Ferrarotti, padre della sociologia italiana, riprende i suoi primi studi. Sono pagine autorevoli che tornano dopo quarant'anni sulle borgate della periferia romana. In realtà il sociologo, nato nel 1926 a Torino nel vercellese, non ha mai smesso di seguire con attenzione lo sviluppo della sua città di adozione con opere quali:
Roma da capitale a periferia (1970);
Vite di baraccati (1973);
La città come fenomeno di classe (1975);
Vite di periferia (1981);
Roma madre e matrigna (1991);
Periferia da problema a risorsa (con M. I. Macioti, 2009);
Il senso del luogo (2009).
Una periferia in mutamento, che da borgata, considerata «cintura rossa» nei primi anni del secondo dopoguerra, si fa «se non nera, piuttosto grigia» perdendo il suo legame, la sua coesione e compattezza per frammentarsi «in una serie di casette tirate su in una notte e in anonimi condomini».
La marginalità è costituita da individui con situazioni di lavoro precarie o mal retribuite, con consumi limitati, esclusi dalla partecipazione politica, sindacale e culturale, esclusi dalle decisioni che riguardano la loro comunità e quella del paese.
Il libro cerca di rispondere ad una domanda inquietante: «come mai la sinistra ha perduto il contatto con la periferia romana?»
Dove sono finiti i baraccati che dal 1969 in poi «con l'occupazione degli appartamenti sfitti e con le manifestazioni di lotta per la casa e per le riforme sociali, hanno incominciato a prendere coscienza del loro status?»
La storia offre due grandi tipi di città, quella monocentrica, la polis che nasce e si sviluppa intorno all'agorà, «dove la piazza è il suo cuore e insieme il suo centro nervoso», e la città agglutinante, quella industriale che cresce pezzo a pezzo in modo disordinato.
La tipica città europea è circondata dalle mura, è chiusa e di difficile accesso, quelle americane si aprono a grandi spazi, non hanno un cuore né la classica piazza. Due modelli, una città aperta, l'altra chiusa.
Oggi però, «le nuove funzioni urbane non rientrano in questi due tipi. Stiamo passando dalla città monocentrica, in sé conchiusa, all'aggregato metropolitano policentrico». Una metamorfosi spesso caotica e imprevedibile.
La struttura della fabbrica s'ingrandisce e coincide con quella della città, la città come fabbrica sociale. Lo sfruttamento esce dalla fabbrica e investe l'intera società nella sua stratificazione, nei suoi quartieri, ma anche negli atteggiamenti, le motivazioni, i gusti.
Forse non è altro che quella «proletarizzazione dell'anima» che con angoscia annunciava Max Weber.
LIBRI: FRANCO FERRAROTTI, SPAZIO E CONVIVENZA. COME NASCE LA MARGINALITÀ URBANA, ARMANDO EDITORE, PP. 204, EURO 18

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