Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

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giovedì 30 dicembre 2010

Land Grabbing: il nuovo strisciante colonialismo del “secondomondo”

dalla newsletter di Valli Unite
Land Grabbing, sapete cos'è?
Il colonialismo classico? Roba superata da due secoli! Aggiornatevi,ora c'è il “Land grabbing”!Significa “appropriazione di terreni” ed è la nuova forma dicolonialismo in voga: Arabia saudita, Cina, India, Corea del Sud, etanti altri piccoli stati emergenti stanno comprando o affittandomilioni di ettari di terreno in Africa o Sud America, per sfruttarlidal punto di vista agricolo (e avere derrate alimentari a prezzobasso) o minerario. Ma quanto profitto rimane al mercato locale o al PIL degli stati che hanno venduto o dato in affitto?
Land Grabbing: il nuovo strisciante colonialismo del “secondomondo”
Il termine “Land Grabbing” tecnicamente significa“appropriazione di terreni” ed è la nuova forma di colonialismoche si basa sull’affitto e, qualche volta, sull’acquisto di grandiappezzamenti di terreni in Africa e, in forma minore, in Sud America,una formula tanto in voga nei paesi emergenti.
Niente a che fare quindi con il “vecchio” colonialismo quando il “primo mondo” (l’occidente) si mangiava tutto. E’ il “secondo mondo” che si sta mangiando il “terzo mondo”.
A dare il via al Land Grabbing è stata l’Araba Saudita. Il reAbdullah, sovrano assoluto d’Arabia, a un certo punto si è accortoche il petrolio portava miliardi di dollari ma che in tutto il suoimmenso regno galleggiante su un mare di greggio non c’era un soloangolo di terra che producesse qualcosa da mangiare per sfamare i suoisudditi. Fu allora che decise di usare i petrodollari per acquistaremigliaia di ettari di terreno in Etiopia dove coltivare riso e cerealia buon prezzo per le esigenze del suo regno.
Visto che la cosa funzionava ha cercato di comprare altri terreni da altre parti. Nonriuscendoci ha ripiegato sulla locazione prendendo in affitto immensiappezzamenti di terreno in Zambia e in Tanzania. La cosa non poteva certo sfuggire ai cinesi, sempre in cerca dirisorse alimentari (a causa degli elevati indici di crescitademografica) e minerarie (per sostenere la fame di energia dellaeconomia cinese).
Pechino ha quindi dato il via a un vero e propriorastrellamento di terreni su scala mondiale. 80.400 ettari di terraacquistati in Russia, 43.000 in Australia, 70.000 in Laos, 7.000 inKazakhstan, 5.000 a Cuba, 1.050 in Messico.
Ma il boom Pechino lo ha fatto in Africa. 2.800.000 ettari in Congo, 2.000.000 di ettari inZambia, 10.000 in Camerun, 4.046 in Uganda e solo 300 ettari (ma siamoall’inizio) in Tanzania. Dove Pechino non può acquistare….affitta.
Migliaia di ettari in Algeria, in Mauritania, in Angola e inBotswana. Il bello è che i terreni non vengono solo coltivati maforniscono anche immense risorse minerarie che chiaramente Pechinosfrutta a man bassa senza alcun ritorno per le popolazioni locali.
Se la Cina si è mossa subito dopo l’Arabia non da meno è stata un’altra potenza emergente: l’India. Usando lo stesso sistemacinese (avendo le stesse esigenze) Nuova Delhi ha iniziato a comprareterreni a destra e a manca. 50.000 ettari in Laos, 69.000 inIndonesia, 10.000 in Paraguay, 10.000 anche in Uruguay.
Ma il grossodegli affari gli indiani gli hanno fatti in Argentina dove hannoacquistato 614.000 ettari di terreno, in Etiopia (370.000 ettari), inMadagascar (232.000 ettari) e in Malesia (289.000 ettari). Dietro a questi colossi si muovono i più piccoli.
La Corea del Sud(attraverso le multinazionali Daewoo e Hyundai) sta comprando terreniin tutta l’Africa.
Qatar, Bahrain, Emirati Arabi Uniti e, naturalmente, Arabia Saudita usano i petrodollari per acquistarecentinaia di migliaia di ettari di terreno fertile in Africa e in SudAmerica. La Libia ha barattato un contratto di fornitura di gasall’Ucraina in cambio di 247.000 ettari di terreno. Non mancanoinfine le solite multinazionali del “primo mondo”, in prevalenzaindustrie alimentari ma anche industrie minerarie.
A proposito di sfruttamento delle risorse minerarie, fino a pochianni fa comandavano europei e americani. Oggi la cosa è radicalmentecambiata.
E’ ancora una volta la Cina a farla da padrone. Pechino,attraverso l’acquisto o l’affitto delle concessioni controllabuona parte del mercato di rame (90 miliardi di dollari), di alluminio(69 miliardi di dollari), di zinco (20 miliardi di dollari) e dinickel (22 miliardi di dollari).
Che dire poi del petrolio? Sudan,Ciad, Congo, RDC Congo, Repubblica Centrafricana e Angola sonopraticamente monopolizzati dalla CNPC (China National PetroleumCorporation) e dalle sue sorelle.
E l’espansione continua. Pechino e Nuova Delhi stanno trattandol’acquisto o l’affitto di milioni di ettari di terreno e dimigliaia di concessioni per l’estrazione di materie prime in tuttoil mondo. Dietro a loro ci sono i paesi arabi e, infine, le economieemergenti orientali tra le quali spicca, unica “vecchia”conoscenza il Giappone che negli ultimi mesi si sta attrezzando.
Il problema principale del “Land Grabbing” non è tanto il fattoche milioni di ettari di terra vengano sfruttati per l’agricoltura oper l’estrazione delle risorse, quanto piuttosto che questo sistemanon incide minimamente nello sviluppo dei paesi dove viene praticato.Nemmeno sotto l’aspetto occupazionale ha una incidenza rilevante inquanto sia cinesi che indiani tendono a usare loro connazionali per illavoro sulla terra. La Cina addirittura usa decine di migliaia dicarcerati per lavorare la terra.
I prodotti coltivati o estratti nonvanno ad arricchire il mercato locale o ad alzare il prodotto internolordo di quei paesi perché vengono immediatamente “assimilati”dai mercati interni cinese e indiano. Non esiste cioè un mercato cosiddetto di “esportazione”. E’ come se fossero prodotti in Cina o in India piuttosto che in Africa o da qualsiasi altra parte dove viene praticato il Land Grabbing.
Insomma, è una vera e propria forma di sfruttamento delle risorse locali, sia alimentari che minerarie.
Negli ultimi mesi l’Unione Africana sta cercando di combattere il fenomeno del Land Grabbing, purtroppo con scarsi risultati. Ha invitato tutti gli Stati aderenti all’Unione a non vendere o affittare terreni ad altri Stati incentivando per quanto possibile gli investimenti nel settore agricolo e minerario, ma troppo spesso i governanti corrotti si fanno “convincere” a cedere immensi latifondi in cambio di cifre che, seppur notevoli se prese singolarmente, sono irrisorie rispetto al reale valore delle terre, senza considerare poi la totale perdita di controllo su quei terreni ceduti.
Il Land Grapping è una forma di colonialismo strisciante perché lascia l’impressione a chi osserva da fuori che gli Stati abbiano la completa gestione del territorio e delle sue risorse reali o potenziali, quando invece non è così.
La nostra associazione insiemead altre realtà (sia locali che internazionali) sta iniziando inquesti giorni una campagna di sensibilizzazione chiamata “my land ismine” per sensibilizzare i Governi e le popolazioni coinvolte nel Land Grabbing sui rischi che comporta la cessione di immensi latifondi a Governi esterni e, nel contempo, sulle potenzialità di sviluppoderivanti dallo sfruttamento locale di dette terre e risorse.
My landis mine si va a collocare a tutti gli effetti nel progetto multidimensionale “Haven” del quale trovate le linee guida qui diseguito.
Bianca B.

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