Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

giovedì 13 maggio 2010

Perche' 750 miliardi non risolvono tutto.

**Dopo l'eurobailout**

di Pino Cabras - Megachip. Mercoledì 12 Maggio
Chissà perché le borse hanno gioito così tanto, dopo l’annuncio
dei 750 miliardi di euro approvati nel pieno dell’emergenza della
speculazione.

Chissà perché i titoli delle banche si apprezzavano più degli
altri.

Sarà perché le banche avevano ormai qualcuno che si impegnava a
comprare i loro crediti inesigibili.

La Banca Centrale Europea è ora disposta a creare moneta dal nulla
con regole nuove pur di salvarli, banche e banchetti.

Il crescendo di allarmi sui debiti sovrani ha una base autentica, di
certo. Quei debiti abnormi ci sono, perché gli Stati si sono
sovraccaricati di compiti spesso contraddittori, insostenibili,
gravati da corruzioni e clientele portate a consumare oggi le risorse
di domani.

Meno autentico è il momento in cui l’allarme viene esasperato.
Sono stati gli speculatori a scegliere i tempi e i modi: le iene
assaltavano gli gnu più isolati e più piccoli, rendendo un servizio
alle bestie più grandi e malate, ma ancora capaci di nascondere il
loro stato. Dosando gli allarmi dove volevano i predatori, i tassi di
interesse per i titoli di stato greci dovevano salire vertiginosamente
e il loro rating precipitare appena sopra il valore della carta
straccia: così era facile comprarli a man bassa, con la convenienza
nel medio termine di lucrare interessi doppi o tripli rispetto a pochi
mesi fa. Stesso meccanismo contro Portogallo e Spagna: profezie che
minacciavano di autoadempiersi, nel fragile gioco della finanza sempre
basata sulle aspettative.

A coprire gli azzardi dei corsari globali è stata ora
definitivamente trascinata la costruzione europea nel suo insieme.

In teoria la finanza dovrebbe lubrificare l’economia sottostante,
avrebbe lì la sua giustificazione residua. Invece l’«economia
della truffa» in cui siamo sempre più avvitati ha cambiato da molto
tempo ragione sociale. La finanza è totalmente diseconomica, succhia
risorse dall’economia reale, tosa oltre l’intollerabile i
contribuenti, è una bomba a tempo contro qualsiasi infrastruttura
della vita civile di interi popoli. La solita cerchia che comprende
Goldman Sachs e altre volpi a guardia del pollaio beneficia di questo
ulteriore salto del debito e consolida la sua dittatura sulle linfe
finanziarie del mondo.

Gli Stati sono stati spinti negli ultimi due anni verso i limiti
estremi della loro capacità d’indebitarsi e di sciupare i bilanci.
Negli esempi più vistosi, come il debito USA o quello britannico
(proprio a casa di chi ci insulta come PIGS) è evidente che i debiti
sono oltre la soglia della possibilità di ripagarli. Si possono
inventare avvitamenti della spirale sempre più sofisticati, si può
fare ad esempio questo “upgrade” europeo, con la BCE che compra
l’inacquistabile, ma qualcuno pagherà. Data la dimensione del
debito che va a rivelarsi, si pagherà per decenni.

Intanto che i sistemi politici e i mondi sindacali - poiché non
hanno un pensiero alternativo all’altezza - evocheranno a lungo come
un mantra il miraggio della crescita, dovranno invece da subito fare i
conti con il suo contrario, la decrescita.

La decrescita è già in campo. Per ora è congelata, quel tanto che
dà respiro ancora ai predatori finanziari, pronti però ad
approfittare fra breve della nuova corsa ai differenziali
d’interesse fra economie irrimediabilmente ingolfate ed economie
appena più in salute.

Le lacrime e sangue imposte dai banchieri degraderanno la base
contributiva e perciò le finanze pubbliche, sempre meno in grado di
fronteggiare l’aumento della disoccupazione e della integrazione dei
redditi di chi è costretto a sospendere il lavoro.

I 750 miliardi del “bailout” all’euro sono una cifra enorme,
decisa in un weekend. Dovrebbe valere la pena stanziarli per un
obiettivo in grado di coincidere con interessi profondi dei popoli
coinvolti. A ben pensarci, però, questa cifra servirà solo a tenere
in piedi un sistema che avrebbe senso se facesse il suo mestiere,
cioè dare credito a chi fa impresa, ma che invece ne fa un altro:
scremare risorse in favore di un gruppo di criminali legalizzati.
Loro, i protagonisti principali della crisi delle finanze private,
hanno passato il testimone alle finanze pubbliche. Il sistema bancario
ombra non si taglia nulla. Gli Stati taglieranno stipendi e scuole,
come già fanno, e molto molto altro.

Ogni tanto un Obama, una Merkel o un Sarkozy promettono sfracelli
contro i padroni di Wall Street. Ma dopo un po’ si sbracano e
offrono altra liquidità, a botte di centinaia di miliardi. Verranno
ripagati con totale ingratitudine da Soros a dagli altri filantropi
del suo stampo. Perché questi prima si fanno salvare, poi –
autodefinendosi come «i Mercati» - pretenderanno che gli Stati si
dimostrino meno cicale e più formiche, con i soliti tagli e le solite
ricette da massacro sociale che funzioneranno come le patologie
iatrogene, malattie di cui credono di essere la cura. L’erario si
assottiglierà fino a fornire il pretesto per rinnovati
allarmi-insolvenza.

A quel punto, la cura proposta per il disastro provocato dalle banche
e dalle tecnocrazie finanziarie sarà: più banche e più tecnocrazie.

Loro infatti non si espongono e non appariranno. La faccia esposta
alla rabbia dei defraudati sarà quella dei Papandreu di turno, dei
politici sempre meno votati e meno legittimati (già dilaga
l’astensionismo alle urne), mentre le facce di bronzo, le lingue di
legno e i culi di pietra dei Goldman Draghi irradieranno il
rassicurante tepore della tecnofinanza.

Quei 750 miliardi decisi nel weekend dal Consiglio Economia e Finanza
dell’Unione Europea non servono dunque agli interessi profondi dei
popoli coinvolti. Per poter servire avrebbero dovuto essere
accompagnati da misure drastiche di altro tenore: abolire i derivati,
punire con mandati di cattura internazionali chi pratica le tecniche
ribassiste, chi usa gli algoritmi per le speculazioni da realizzare in
frazioni di secondo e tutto il casinò delle sofisticherie
tecnofinanziarie che usurpano la parola «mercati». L’Europa doveva
semplicemente ricollocare tutto ciò sotto la fattispecie «truffa».

Non sarebbe stato uno scandalo nazionalizzare le banche. E anziché
promettere in caso di necessità l’acquisto dei bond dalle banche,
gli Stati avrebbero dovuto dotarsi della possibilità di acquistarli
direttamente. Il boss della Goldman Sachs, il signor Lloyd Blankfein,
avrebbe così abbassato la cresta, specie se gli fosse arrivato anche
un simpatico avviso che gli spiegasse di non mettere piede in Europa
per i prossimi 50 anni.

La globalizzazione avrebbe avuto una svolta equilibratrice. Così
però non è stato.

Il re neoliberista è nudo. E dobbiamo urlarlo con forza. Le sue
ricette non hanno legittimità, né possono più proclamarci che
“There Is No Alternative”. La TINA è finita. Prima la politica lo
capirà, meglio sarà. I partiti che in questi anni hanno solo provato
a temperare con retorica compassionevole l’agenda neoliberista non
l’hanno ancora capito. Ma in giro si muovono altri spettri, che
parlano di un’altra politica e un’altra economia

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