Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

giovedì 4 aprile 2013

Europa fai da te

    
Europa fai da te

Pubblicato il 4 apr 2013da Left.it

di Manuele Bonaccorsi -
La crisi? Pagatevela da soli. È il principio che sta dietro alla soluzione dell’emergenza Cipro, piccolissima per dimensioni – appena lo 0,1 per cento del Pil europeo – ma importantissima per il precedente che rappresenta. Ognun per sé, appunto: i debiti bancari li paghino correntisti e azionisti. Un «modello», per il capo dell’Eurogruppo,l’olandese Dijsselbloem. Tutti, a Bruxelles, si sono affrettati a smentire le dichiarazioni del ministro “nordico”. Hollande ha ribattuto che la garanzia dei depositi bancari è «un principio assoluto e irrevocabile». Non è un mistero, però, che in cuor loro i tedeschi pensino a quello di Cipro come un ottimo accordo, da spendere anche nella campagna elettorale di Berlino (si voterà a maggio per il rinnovo del Parlamento). Centrata sul tema del rapporto tra un Nord Europa virtuoso e il Sud spendaccione. Anche con qualche venatura antieuro. L’Italia non c’entra nulla con Cipro, si sono affrettati a ripetere da Bruxelles e Roma. Conviene però chiedere ai tedeschi che ne pensino, dato che le fila dell’euro continuano a tenerle loro. Inutile chiedere a quelli di “Alternativa per la Germania”, neonata formazione politica che propone l’uscita degli straccioni mediterranei dall’Euro. Rivolgiamoci al più paludato Deutsche instituts fur wirtschaftsforschung, che dietro il nome impronunciabile nasconde uno dei più influenti centri studi tedeschi, con sede a Francoforte. Questa estate l’istituto proponeva per risolvere l’emergenza debito italiano una cura in stile cipriota: «Una tassa speciale pari al 10 per cento dei redditi che porterebbe in cassa qualcosa come 230 miliardi di euro». Una patrimoniale shock, quindi. Da investire non nella crescita o nella riduzione della diseguaglianze o nel welfare (per cui l’Italia è ormai fanalino di coda in Europa). Ma per ripagare i debiti con la finanza. E levare ai
tedeschi il problema di raffreddare il rosso del debito italiano. In quel periodo il vicepresidente dell’Spd Poß proponeva: «Prima che altre misure di aiuto vengano accordate, ci si può aspettare che un Paese in crisi mobiliti la propria ricchezza nazionale». Appunto.
Aggiungiamo qualche dato. Il recente Documento di finanza pubblica italiana vaticina per il 2013 una nuova recessione, pari al -1,3 per cento. Disoccupazione quasi al 12 per cento, pressione fiscale record al 44 per cento, ma entrate in riduzione per 15,7 miliardi (la crisi fa ridurre le tasse versate allo Stato, anche se aumenta l’aliquota pagata). Riuscirà l’Italia a mantenere in ordine i suoi conti, nonostante l’ennesima gelata? Sembrerebbe di sì: insieme alla Germania, il Belpaese dovrebbe essere l’unico socio Ue a rispettare gli stringenti dogmi dell’austerity dettati dal
fiscal compact. Pagando, però, un prezzo sociale altissimo. Se poi la recessione dovesse indebolire ancora i conti, dal Nord ci arriva una voce chiara: i vostri debiti pagateveli voi. Nessun allentamento della stretta monetaria, nessun eurobond. Ognuno per sé: è l’Europa unita. Ora, questo problema resta in piedi, qualsiasi sia il governo che uscirà dal Quirinale o dalle prossime elezioni. E ogni piano shock per tornare a crescere – che sia di Bersani o Grillo, di Cgil o Confindustria – deve scontrarsi con la Troika e il freddo di Berlino. A meno che non si proponga di
uscire dall’euro. In quel caso, però, smetteremmo di pagare pensioni e stipendi pubblici e di esportare il nostro made in Italy. Neppure nel M5s – che giustamente attacca i partiti sull’approvazione del pareggio di bilancio e del fiscal compact – hanno il coraggio di proporlo chiaramente. Il dubbio, amletico, è semplice: perché l’Italia non discute di questo, invece che solo degli stipendi dei parlamentari?
 

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