Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

domenica 4 aprile 2010

Serie approfondimenti.

Jullien
da materialiresistenti (02/04/2010 - 19:50)
A LEZIONE DALLA CINA, PER IMPARARE A LEGGERE LE TRASFORMAZIONI
SILENZIOSE.

Un'intervista sul lavoro di François Jullien di Fabio Gambaro

(...) François Jullien fa dialogare la cultura occidentale e quella
orientale, lavorando sullo "scarto" esistente tra filosofia europea e
pensiero cinese, usando quest´ultimo come uno strumento «per rimettere
in moto la nostra filosofia, sottraendola alla pigrizia e al
conformismo, nel tentativo di elaborare concetti utilizzabili anche al
di fuori dell´ambito filosofico». (...)

Il filosofo francese Jullien: "Perché bisogna imparare dall’Asia”.
Lezione orientale. "L'Occidente non legge i cambiamenti"

PARIGI. Sono trent´anni che François Jullien fa dialogare la cultura
occidentale e quella orientale, lavorando sullo "scarto" esistente tra
filosofia europea e pensiero cinese, usando quest´ultimo come uno
strumento «per rimettere in moto la nostra filosofia, sottraendola alla
pigrizia e al conformismo, nel tentativo di elaborare concetti
utilizzabili anche al di fuori dell´ambito filosofico». Tale progetto è
esplicitato apertamente nelle pagine del suo ultimo libro, Le
trasformazioni silenziose (traduzione di Mario Porro, Raffaello Cortina,
pagg.145, 13 euro), un saggio denso e affascinante nel quale il filosofo
e sinologo francese mostra come la nostra cultura sia incapace di
cogliere quei cambiamenti impercettibili, lenti e regolari, che
trasformano radicalmente il reale quasi a nostra insaputa. «La realtà è
fatta di maturazioni silenziose, di trasformazioni continue e globali
che però, anche se ci stanno davanti agli occhi, noi non riusciamo a
vedere», spiega lo studioso già noto in Italia per opere come Figure
dell´immanenza, Parlare senza parole e Pensare l´efficacia in Cina e in
Occidente. «Sono evoluzioni che non riusciamo a percepire,
accorgendocene purtroppo solo alla fine, e spesso in modo brutale,
quando la trasformazione è ormai avvenuta. Il risultato allora ci
sorprende e spesso ci spaventa. Ma se siamo ciechi di fronte a questi
cambiamenti striscianti, è perché il pensiero occidentale è incapace di
pensarli. La cultura cinese invece è sempre stata molto sensibile alle
trasformazioni silenziose».

Può fare qualche esempio?

«L´invecchiamento: un processo lento, impercettibile e globale, a cui
però non facciamo caso. Invecchiamo senza accorgercene. Poi un giorno
all´improvviso, rimaniamo sorpresi di fronte a una vecchia foto,
rendendoci conto dei cambiamenti avvenuti senza che ce ne rendessimo
conto. Anche il riscaldamento climatico del pianeta è un fenomeno
globale e silenzioso di cui cogliamo la realtà solo quando è troppo
tardi, al momento di avvenimenti drammatici che ne sono il risultato.
Naturalmente, il concetto di trasformazione silenziosa funziona anche in
ambito storico, dove ad esempio, le rivoluzioni sono sempre il risultato
clamoroso di una lente e invisibile evoluzione che a poco a poco ha
creato le condizioni dell´esplosione rivoluzionaria».

Perché la cultura occidentale è incapace di cogliere tali trasformazioni?

«Fin dai tempi della filosofia greca, tutto il pensiero occidentale è
rimasto prigioniero dell´essere e dell´ontologia, considerando il reale
composto da essenze immobili, come ad esempio le idee platoniche. Più
un´entità è determinata, più essa è. La trasformazione silenziosa è
invece sempre in movimento, rimanda a una realtà fluida e indeterminata,
dove ciò che è contemporaneamente è già anche qualcos´altro. Essa
rimette in discussione il principio d´identità e il principio di non
contraddizione, due cardini dell´ontologia occidentale. Di conseguenza,
è inconcepibile per il pensiero occidentale che è incapace di pensare la
transizione».

Eppure anche il pensiero occidentale ha dovuto confrontarsi con il
divenire...

«Lo ha fatto, immaginando il tempo come scena del divenire e
riempiendola poi di eventi che sono diventati il dato cardinale della
nostra percezione del reale. L´evento suscita pathos e aiuta a narrare.
Ed è proprio perché la sua percezione si colloca sul piano della
drammaticità emotiva, che gli eventi sono sempre stati al centro delle
grandi narrazioni. Oggi il luogo privilegiato della liturgia dell´evento
sono i media, che consumano eventi in continuazione per ottenere
ascolti. Il loro scopo non è tanto l´informazione, quanto il montaggio
teatrale del patetico a partire da una sequenza di avvenimenti.
L´insorgere imprevisto e drammatico di un evento è quanto di meglio ci
possa essere per conquistare il pubblico sul piano emotivo. È evidente
che questo modo di affrontare la realtà è incapace d´interessarsi alle
trasformazioni silenziose».

Che invece svolgono un ruolo importante nella cultura cinese.

«Certo. Spesso sono anche il frutto di una strategia cosciente. Per i
cinesi sono la via maestra per realizzare un progetto politico. Si pensi
alla demaoizzazione del paese realizzata senza strappi e rotture
significative, ma solo attraverso cambiamenti quasi impercettibili e
continui. Trentacinque anni dopo la morte di Mao, la Cina si ritrova
lontanissima dal maoismo senza che ci siano state accelerazioni
drammatiche tali da suscitare un rifiuto di tale evoluzione. Lo
stratega, in Cina, non è un eroe che compie azioni sorprendenti, ma
colui che trasforma silenziosamente una situazione, favorendo
un´evoluzione senza che nessuno quasi se ne accorga. Alla fine, i
risultati diventano evidenti a tutti, decretando la sua vittoria. La
strategia cinese però non tiene conto di un elemento decisivo, vale a
dire la capacità di opporsi e di confrontarsi apertamente. In questo
modo dissolve le possibilità dell´opposizione frontale».

Il gioco del Go è un esempio del modo cinese d´intervenire sulla realtà?

«Gli scacchi sono un gioco frontale; il Go invece non è frontale, agisce
per linee di forza che progressivamente bloccano e sfiniscono
l´avversario. E il pensiero cinese evita lo scontro frontale».

È un bene, secondo lei?

«Non è detto che sia meglio, dato che nello scontro c´è sempre un dato
positivo, vale a dire il lavoro del negativo. La forza del pensiero
europeo è proprio quella di aver fatto emergere la figura del negativo,
che sul piano politico è strettamente legata alla democrazia e al
dibattito delle idee. In Cina, il pensiero dell´armonia e della
trasformazione impercettibile tende a dissolvere la negatività».

Quali sono le trasformazioni silenziose che oggi le sembrano in atto?

«Si parla molto della crisi economica, che però, secondo me, è solo il
risultato drammaticamente evidente della trasformazione silenziosa che
negli anni scorsi ha favorito il progressivo passaggio del potenziale
economico dall´Occidente all´Oriente, dagli Stati Uniti alla Cina.
Un´altra trasformazione in corso, di cui spesso non si ha coscienza, è
quella che riguarda il progressivo restringimento degli spazi di cultura
in Europa, dove la cultura mediatica sta progressivamente sostituendo la
cultura di qualità. Pur non volendo fare troppo la Cassandra, credo che
sia giusto mettere in guardia contro questa vera e propria recessione
intellettuale che riduce progressivamente le possibilità della cultura
di qualità. È una trasformazione silenziosa, di cui dobbiamo avere
coscienza per provare a organizzare forme di resistenza e strategie in
grado d´interrompere tale processo».

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