Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

mercoledì 18 maggio 2011

La controrivoluzione in vicino oriente.


di Thierry Meyssan. Fonte: Guerra e verità
- Komsomolskaya Pravda - Reseau Voltaire.
Un clan saudita, i Sudairi, è al centro dell'ondata controrivoluzionaria lanciata sul Vicino Oriente dagli Stati Uniti e Israele. In una lunga analisi, pubblicata a puntate sul più importante quotidiano di lingua russa, Thierry Meyssan disegna partendo da Damasco il quadro generale delle contraddizioni che agitano questa regione. Anche il caso Bin Laden viene inquadrato meglio. Uno scenario che nessun media mainstream ha finora spiegato.In pochi mesi, tre governi filo-occidentali erano caduti nel mondo arabo: il parlamento aveva rovesciato il governo di Saad Hariri in Libano, dopo di che i movimenti popolari avevano deposto Zine el-Abbidine Ben Ali in Tunisia e arrestato Hosni Mubarak in Egitto. Questi cambiamenti di regime sono stai accompagnati da manifestazioni contro il dominio statunitense e il sionismo. Ne ha beneficiato politicamente l’Asse della Resistenza, che è costituito sul piano statuale da Iran e Siria, mentre sul piano sub-statuale da Hezbollah e Hamas.
Per guidare la contro-rivoluzione in questa regione, Washington e Tel Aviv sono ricorsi al loro sostegno più fidato: il clan dei Sudairi, che interpreta più di ogni altro il dispotismo al servizio dell'imperialismo.
L’immagine ha fatto scandalo negli Stati Uniti: al G20, il presidente Obama s’inchina davanti al sovrano saudita e gli bacia la mano.

I Sudairi
Probabilmente non ne avete mai sentito parlare, ma i Sudairi costituiscono l'organizzazione politica più ricca al mondo da svariati decenni. I Sudairi sono formati dai cinquantatré figli del re Ibn Saud, fondatore dell'Arabia Saudita, sette dei quali sono stati generati dalla principessa Sudairi. Il loro capofila era il re Fahd, che regnò dal 1982 al 2005. Non sono passati ancora sei anni dalla sua morte. Il più anziano è il principe Sultan, ministro della Difesa dal 1962, di 85 anni. Il più giovane è il Principe Ahmed, vice ministro degli interni dal 1975, di anni 71.
Dagli anni sessanta, il loro clan ha organizzato, strutturato e finanziato i regimi fantoccio filo-occidentali del "Medio Oriente allargato". Qui uno sguardo al passato risulta fondamentale.
L'Arabia Saudita è una figura giuridica creata dagli inglesi durante la Prima Guerra Mondiale per indebolire l'Impero Ottomano. Anche se Lawrence d'Arabia aveva ideato il concetto di "nazione araba", in realtà non era mai riuscito a fare di questo nuovo paese una nazione, tanto meno uno Stato. È stata ed è tuttora una proprietà privata dei Saud. Come è stato mostrato dall’inchiesta britannica sullo scandalo Al-Yamamah, all’inizio del XXI secolo non esistono ancora conti bancari né un bilancio del regno; ci sono solo i conti della famiglia reale che sono utilizzati per amministrare quello che rimane un loro dominio privato.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, dato che il Regno Unito non aveva più mezzi per sostenere il proprio imperialismo, questo territorio è passato sotto la sovranità degli Stati Uniti. Il presidente Franklin D. Roosevelt fece un accordo con il re Ibn Saud: la sua famiglia avrebbe garantito la fornitura di petrolio agli Stati Uniti che, in cambio, avrebbero assicurato il sostegno militare necessario per mantenere i Saud al potere.
Questa alleanza è conosciuta con il nome di Accordo del Quincy, per essere stata negoziata sulla nave che aveva lo stesso nome. Si tratta di un accordo, non un trattato, perché non vincola reciprocamente due Stati fra loro, bensì uno Stato e una famiglia.
L’Accordo del Quincy che vincola gli Stati Uniti alla famiglia dei Saud

Poiché il re fondatore, Ibn Saud, aveva 32 mogli e 53 figli, non tardarono ad emergere le rivalità tra i potenziali successori. Perciò fu tardivamente deciso che la corona non si sarebbe trasmessa di padre in figlio, ma di fratellastro in fratellastro.
Cinque figli di Ibn Saud sono già saliti al trono. L'attuale re, Abdullah I, 87 anni, è un uomo di larghe vedute, anche se del tutto scollegato dalla realtà contemporanea.
Consapevole del fatto che l'attuale sistema dinastico andrà a perdersi, aspira a riformare le regole di successione. Il sovrano sarà quindi nominato dal Consiglio del Regno, ossia dai rappresentanti dei vari rami della famiglia reale, e potrebbe anche essere di una generazione più giovane.
Questa saggia idea non ha soddisfatto i Sudairi. Infatti, tenuto conto delle diverse rinunce al trono per motivi di salute o di sibaritismo, i tre prossimi candidati appartengono al clan: il principe sunnominato Sultan, ministro della Difesa, di 85 anni, il principe Naif, ministro degli Interni, di anni 78 ,e il principe Salman, governatore di Riyadh, anni 75. Se si dovesse applicare la nuova regola dinastica, tutto ciò andrebbe a loro svantaggio.
Resta quindi inteso che i Sudairi, a cui non è mai andato troppo a genio il loro fratellastro, sono ora giunti a odiare proprio il re Abdullah. Capiamo quindi il motivo che li ha spinti a mettere tutte le loro forze nella battaglia che si sta combattendo.
Il Principe Bandar e suo «fratello» George W. Bush
Il ritorno di Bandar Bush
Alla fine degli anni settanta, il clan Sudairi era guidato dal principe Fahd. Questi aveva notato le notevoli qualità di uno dei figli di suo fratello Sultan: il Principe Bandar. Lo inviò a negoziare le forniture di armi a Washington e ne aveva apprezzato il modo in cui giunse all'accordo col presidente Carter.
Quando Fahd salì al trono nel 1982, designò il principe Bandar come suo uomo di fiducia. Lo nominò attaché militare, e in seguito ambasciatore a Washington, un incarico che ha mantenuto durante tutto il regno fino a che il re Abdullah non lo ha congedato improvvisamente nel 2005.
Figlio del principe Sultan e di una schiava libica, il principe Bandar è una personalità brillante e spietata che ha saputo imporsi all'interno della famiglia reale, nonostante lo stigma legato alla sua origine materna. Ora è il braccio destro del clan gerontocratico dei Sudairi.
Durante la sua lunga permanenza a Washington, il principe Bandar ha fatto amicizia con la famiglia Bush, in particolare con George H. Bush, con cui era inseparabile. A quest'ultimo piace ritrarlo come il figlio che avrebbe tanto desiderato, tanto da essere soprannominato nella capitale col nome di "Mr. Bandar Bush". Quello che George H. - ex direttore della CIA e ex presidente degli Stati Uniti – apprezzava di più era il suo talento per l'azione clandestina.
"Mr. Bandar Bush" si è integrato nell’alta società statunitense. È sia amministratore a vita dell'Aspen Insitute sia membro del Bohemian Grove.
Il pubblico britannico ha scoperto la sua esistenza nello scandalo Al-Yamamah, il più grande contratto di vendita di armamenti della storia nonché il più importante caso di corruzione. Nel corso di una ventina d’anni (1985-2006), la British Aerospace, presto ribattezzata BAE Systems, ha venduto armamenti per un valore di 80 miliardi dollari all'Arabia Saudita che, con discrezione, restituiva parte di questa manna sui conti bancari dei politici sauditi e, probabilmente, britannici, di cui 2 miliardi di dollari per il solo principe Bandar.
Il problema è che Sua Altezza aveva un sacco di spesucce. Il principe Bandar ha assunto a servizio un certo numero di combattenti arabi licenziati dai servizi segreti pakistani e sauditi durante la Guerra Fredda per combattere l'Armata Rossa in Afghanistan su richiesta della CIA e dell’MI6. Naturalmente la figura più conosciuta di questo gruppo altri non era che il miliardario diventato guru della jihad anti-comunista, Osama bin Laden.
È impossibile dire con precisione il numero di uomini a disposizione del principe Bandar. Nel corso del tempo, si può vedere la sua mano in molti conflitti e negli atti terroristici commessi in tutto il mondo musulmano, dal Marocco allo Xinjiang cinese. Ad esempio, si può menzionare il piccolo esercito che aveva piantato un campo palestinese in Libano a Nahr el-Bared col nome di Fatah al-Islam. La missione di questi combattenti era quella di aiutare i rifugiati palestinesi, per gran parte sunniti, nel proclamare un emirato indipendente e per combattere lo Hezbollah sciita. L’affare andò male, poiché gli stipendi dei mercenari non furono pagati in tempo. In definitiva, nel 2007, gli uomini del principe Bandar si trincerarono nel campo. 30mila palestinesi furono costretti a fuggire, mentre l'esercito libanese per due mesi diede battaglia per tornare in possesso del campo. Quest’operazione è costata la vita a 50 mercenari, 32 civili palestinesi e 68 soldati libanesi.
Nei primi mesi del 2010, Bandar ha fomentato un colpo di stato per rovesciare il re Abdullah e elevare suo padre, Sultan, sul trono. Il complotto è stato scoperto e Bandar è finito in disgrazia, senza che tuttavia perdesse i suoi titoli ufficiali. Ma alla fine del 2010, il peggioramento della salute dei re e il moltiplicarsi dei suoi interventi chirurgici hanno dato modo ai Sudairi di riprendere fiato e imporre il loro ritorno con il supporto dell'amministrazione Obama.
Saad Hariri, dalla doppia nazionalità saudita e libanese, si è unito ai Sudairi. Primo ministro libanese dimissionario, da tre mesi sta bloccando la formazione di un nuovo governo e nell’attesa sta sbrigando gli affari correnti.
È stato dopo aver fatto visita al re, ricoverato a Washington, e aver concluso troppo in fretta che stava morendo, che il Primo Ministro libanese Hariri si è unito ai Sudairi. Saad Hariri è un saudita, nato a Riyadh, ma con una doppia nazionalità. Ha rilevato la fortuna di suo padre, che doveva tutto ai Saud. È dunque un obbligato del re e è diventato Primo Ministro del Libano sotto la sua spinta, anche se il Dipartimento di Stato degli USA era preoccupato circa la sua capacità di ricoprire questa carica.
Durante il periodo in cui ha obbedito al re Abdullah, Saad Hariri ha cominciato a riconciliarsi con il presidente Bashar al-Assad. Ha ritirato le accuse che aveva rivolto a lui sull’assassinio di suo padre, Rafik el-Hariri, e si è rammaricato di essere stato manipolato per creare tensione tra Libano e Siria. Nel riunirsi ai Sudairi, Saad ha fatto un voltafaccia politico. Da un giorno all’altro, ha rinunciato alla politica di indulgenza di re Abdullah nei confronti di Siria e di Hezbollah e ha lanciato un'offensiva contro il regime di Bashar el-Assad per ottenere il disarmo di Hezbollah e un compromesso con Israele.
Tuttavia il re Abdullah si è svegliato dal suo stato semi-comatoso e non ha tardato a chiedere conto di tutto questo. Privato di questo sostegno essenziale, Saad Hariri e il suo governo sono stati rovesciati dal Parlamento libanese a favore di un altro miliardario dalla doppia nazionalità, Najib Mikati, meno avventurista.
Per punizione, il re Abdullah ha avviato un'indagine fiscale sulla principale società saudita degli Hariri e ha fatto arrestare diversi dei loro collaboratori per truffa.

Le legioni dei Sudairi
I Sudairi hanno deciso di lanciare una controrivoluzione in tutte le direzioni.
In Egitto, dove finanziavano con una mano Mubarak e con l'altra i Fratelli Musulmani, hanno imposto un'alleanza tra la confraternita e gli ufficiali filo-USA.
Nel complesso, questa nuova coalizione ha condiviso il potere, escludendo da esso i leader della rivoluzione di piazza Tahrir. Ha rifiutato la convocazione di un’Assemblea Costituente, limitandosi a modificare marginalmente la costituzione.
In primo luogo, ha dichiarato l'Islam religione di Stato, a danno della minoranza cristiana copta (circa il 10%) che era stata oppressa da Hosni Mubarak e che si era mobilitata in massa contro di lui. Inoltre, il dottor Mahmoud Izzat, numero due dei Fratelli Musulmani, si è appellato per una rapida introduzione della sharia e per il ripristino delle punizioni islamiche.
Portavoce dei Fratelli Musulmani in Egitto, Essam Elarian non ha focalizzato la sua campagna sull’abrogazione degli accordi di Camp David, ma sulla criminalizzazione dell'omosessualità. Secondo lui, anche se la maggioranza della popolazione accettasse questo ‘vizio’, uno stato musulmano ha l’obbligo di punirla in base alla Sharia
Il giovane Wael Ghoneim, che aveva svolto un ruolo di primo piano nel rovesciamento del tiranno, è stato escluso il 18 febbraio dal podio dei festeggiamenti per la vittoria davanti a quasi 2 milioni di persone.
Al contrario, il predicatore più in vista dei Fratelli Musulmani, Youssef al-Qardawi, di ritorno dopo 30 anni di esilio in Qatar, ha potuto parlare a lungo. Lui, che era stato privato della cittadinanza da Gamal Abdel Nasser, si è elevato a essere l’incarnazione della nuova era: quella della sharia e della coesistenza pacifica con il regime sionista di Tel Aviv.
Il Nobel per la Pace, Muhammad el-Baradei, che i Fratelli Musulmani hanno scelto come portavoce durante la rivoluzione per darsi un'immagine più aperta, è stato aggredito fisicamente dai Fratelli stessi in vista del referendum costituzionale ed è stato estromesso dalla scena politica.
I Fratelli Musulmani hanno annunciato il loro ingresso in politica, formalizzando la creazione di un nuovo partito, Libertà e Giustizia, sostenuto dal National Endowment for Democracy (NED), imitando l'immagine dal turco AKP (hanno scelto la stessa strategia in Tunisia con il Partito della Rinascita).
In questo contesto, la violenza è stata perpetrata contro le minoranze religiose. Così due chiese copte sono stati incendiate. Invece di punire gli aggressori, il Primo Ministro ha adempiuto a una promessa: ha licenziato il governatore che aveva nominato nella provincia di Qenna, lo stimato generale Imad Mikhael, solo perché non era sunnita, ma cristiano copto.
Il Consiglio di Cooperazione nel Golfo (GCC) ha richiesto a alta voce l'intervento della NATO in Libia e ha inviato l'esercito saudita e la polizia dell’emirato per schiacciare le proteste in Bahrein.
In Libia, i Sudairi hanno trasferito i combattenti armati in Cirenaica fino a quando i franco-britannici non hanno dato il segnale per l’insurrezione contro il governo di Tripoli. Sono stati loro a distribuire le armi e le bandiere rosso-nero-verde con la stella e la mezzaluna, simboli della monarchia Senoussi, storica protettrice dei Fratelli Musulmani.
Il loro obiettivo è quello di deporre il sobillatore Gheddafi e di ripristinare il principe Mohammed sul trono di quello che fu il Regno Unito di Libia.
Il Consiglio di Cooperazione del Golfo è stato il primo a richiedere un intervento armato contro il governo di Tripoli. E, in sede di Consiglio, la delegazione saudita ha guidato le manovre diplomatiche della Lega Araba per sostenere l'attacco da parte degli eserciti occidentali.
Da parte sua, il colonnello Gheddafi ha assicurato in numerosi discorsi che non era in atto alcuna rivoluzione in Cirenaica, ma che la sua nazione era vittima di un’operazione di destabilizzazione di al-Qa 'ida; queste cose hanno fatto sorridere, a torto, dato che sono state confermate dal comandante dello US Africom in persona: ricordiamo il disagio del generale Carter F. Ham, comandante delle prime operazioni militari statunitensi prima di essere rilevato dalla NATO.
Rimase sorpreso dal dover scegliere i propri obiettivi sulla base delle rivelazioni di spie conosciute per aver combattuto contro le forze alleate in Afghanistan: ossia, gli uomini di bin Laden.
Il Bahrein, da parte sua, si presenta come un regno indipendente dal 1971. In realtà, è ancora un territorio governato dai britannici che avevano designato a suo tempo come primo ministro il principe Khalifa, e lo hanno mantenuto in quest’incarico ininterrottamente per 40 anni, dalla finta dichiarazione d’indipendenza fino a oggi. Una continuità che non è affatto dispiaciuta ai Sudairi.
Il re Hamad ha rilasciato una concessione agli Stati Uniti che hanno così installato nel porto di Juffair il quartier generale navale del Comando Centrale e della Quinta Flotta. In queste circostanze, la richiesta popolare di una monarchia costituzionale ha il significato di una richiesta di una vera indipendenza, della fine del dominio britannico e della partenza delle truppe statunitensi. Una rivendicazione del genere sarebbe in grado di spandersi a macchia d’olio in Arabia Saudita e di minacciare le fondamenta del sistema.
I Sudairi hanno così convinto il re del Bahrein a reprimere nel sangue qualsiasi speranza popolare.
Garante dell’ordine costituito, il principe Nayef è l’irremovibile ministro saudita degli Interni e dell’Informazione da 41 anni.
Il 13 marzo, il Segretario della Difesa degli Stati Uniti, Robert Gates, è arrivato per installare il coordinamento delle operazioni a Manama, iniziate il giorno seguente con l'ingresso delle forze speciali saudite sotto il comando del principe Nayef, conosciute come le «Aquile di Nayef».
In pochi giorni, tutti i simboli della protesta sono stati distrutti, tra cui il monumento pubblico eretto nella piazza una volta chiamata della Perla. Centinaia di persone sono state uccise o fatte sparire. La tortura, che era stata quasi abbandonata da quasi un decennio, è stata nuovamente usata su scala generale. I medici e infermieri che hanno curato i manifestanti feriti sono stati arrestati all’interno degli ospedali, tenuti in isolamento e portati davanti a tribunali militari.
Tuttavia, l’aspetto più importante in questa terribile repressione è la volontà di trasformare una classica lotta di classe tra un intero popolo e una classe di privilegiati venduti all'imperialismo straniero, in un conflitto settario. Poiché la maggior parte dei cittadini del Bahrein è sciita, mentre la famiglia regnante è sunnita, è lo sciismo - veicolo dell’ideale rivoluzionario di Ruhollah Khomeini – a venir designato come bersaglio. In un mese le «Aquile di Nayef» hanno raso al suolo 25 moschee e ne hanno danneggiate altre 253.
Ventuno tra i principali capi della protesta politica saranno presto processati da un tribunale speciale. Rischiano la pena di morte. Più che contro gli sciiti, la monarchia si è incattivita con Ibrahim Sharif, il presidente del partito Waed (della sinistra laica), che accusa di non stare al gioco, visto che è un sunnita.
Non potendo destabilizzare l'Iran, i Sudairi hanno concentrato i loro attacchi contro la Siria.

La destabilizzazione della Siria
Le rivoluzioni messe in scena per i media hanno ora un logo. Ecco quello della "Rivoluzione Siriana 2011" presente su Facebook.
Ai primi di febbraio, quando nel paese non c’era ancora alcuna manifestazione, è stata creata su Facebook una pagina intitolata “The Syrian Revolution 2011” col proposito di convocare una ‘Giornata della Collera’ per venerdì 4. L’appello è stato rilanciato da Al-Jazeera, ma visto lo scarso seguito non ha portato a niente. Il network qatariano ha deplorato la mancanza di reazione e ha stigmatizzato la Siria come il "regno del silenzio" (sic).
La denominazione “The Syrian Revolution 2011” ci lascia sbalorditi: formulata in inglese, ha le caratteristiche di uno slogan pubblicitario. Ma quale rivoluzionario autentico penserebbe che se non riuscisse a realizzare il suo ideale nel 2011, potrebbe tornare a dormire a casa?
Cosa ancora più strana, questa pagina di Facebook ha registrato oltre 80mila amici nel giorno della sua creazione. Tanto entusiasmo in poche ore, seguito poi dal nulla più assoluto, evoca una manipolazione effettuata con dei software per creare gli account. Soprattutto perché i siriani fanno un uso moderato di Internet e non accedono all’ADSL che dal 1° gennaio.
I disordini sono cominciati un mese dopo a Deraa, una cittadina rurale situata al confine giordano a pochi chilometri da Israele. Degli sconosciuti hanno pagato alcuni ragazzi per disegnare dei graffiti antigovernativi sui muri della città. La polizia locale ha arrestato gli studenti e li trattati come dei criminali con sommo dispiacere delle loro famiglie. I notabili locali che avevano l'intenzione di risolvere la controversia sono stati congedati dal governatore come degli autolesionisti. I giovani sono stati picchiati. Le famiglie furiose hanno attaccato la stazione di polizia per liberarli. La polizia ha risposto con ancora maggiore brutalità, uccidendo dei manifestanti.
Il presidente Bashar al-Assad è poi intervenuto per punire i poliziotti e il governatore - che non è altro che uno dei suoi cugini a cui ha dato un incarico a Deraa, lontano dalla capitale, affinché si facesse dimenticare. Un'inchiesta è stata aperta per far luce sull'uccisione da parte delle forze di polizia, i funzionari responsabili della violenza sono stati incriminati e posti in stato di fermo. I ministri sono andati a portare le loro scuse e le condoglianze per conto del governo alle famiglie delle vittime, scuse e condoglianze che sono state pubblicamente accettate.
Tutto sembrava essere tornato alla normalità. Ma improvvisamente alcuni cecchini mascherati hanno sparato dai tetti di un edificio sulla folla e sulla polizia, gettando la città nel caos.
Approfittando della confusione, gli uomini armati sono usciti dalla città per attaccare un edificio governativo che ospita l'intelligence responsabile del controllo del territorio delle alture siriane del Golan, occupate da Israele. I servizi di sicurezza hanno aperto il fuoco per difendere l'edificio e il loro archivio. Ci sono stati morti da entrambe le parti.
Questo tipo di scontro si è poi replicato. I notabili hanno chiesto la protezione dell’esercito da coloro che avevano preso d'assalto la città. Tremila uomini e carri armati sono stati dispiegati per proteggere gli abitanti. In ultima analisi, una battaglia ha opposto i combattenti infiltrati all'esercito siriano in una sorta di remake dell'assedio di Nahr el-Bared da parte dell'esercito libanese. Solo che questa volta i media internazionali hanno deformato i fatti e hanno accusato l'esercito siriano di attaccare il popolo di Deraa.
Nel frattempo, gli scontri sono scoppiati anche a Laodicea (in arabo Latakìa, NdT). Questo porto è da tempo la patria delle mafie specializzate nel contrabbando marittimo. Questi individui hanno ricevuto armi e denaro dal Libano. Hanno vandalizzato il centro della città. La polizia è intervenuta. Su ordine del presidente la polizia era armata solo di manganelli. I malviventi sono invece arrivati con le loro armi da guerra e hanno ucciso decine di poliziotti disarmati.
Lo stesso scenario si è ripetuto nella vicina città di Banias, meno importante, ma molto più strategica, poiché ospita la principale raffineria di petrolio del paese. Questa volta le forze dell’ordine hanno usato le loro armi e il confronto si è trasformato in una battaglia campale.
Infine, a Homs, una città importante del centro del paese, alcune persone si erano riunite per una preghiera in una moschea e hanno invitato i seguaci fondamentalisti a manifestare contro "il regime che sta uccidendo i nostri fratelli a Laodicea”.
Reagendo ai disordini, la popolazione siriana è accorsa in massa per testimoniare il proprio sostegno alla Repubblica. Enormi manifestazioni, che il paese non aveva mai conosciuto nella sua storia, hanno radunato centinaia di migliaia di persone a Damasco, Aleppo e perfino a Laodicea al grido di «Dio, la Siria, Bashar!»
Mentre gli scontri si stavano intensificando nelle località interessate, le forze dell’ordine sono riuscite a arrestare dei combattenti. Come hanno confessato alla televisione, sono stati reclutati, armati e pagati da un deputato libanese di Hariri, Jamal Jarrah, il quale però smentisce.
Jamal Jarrah è un amico del principe Bandar. Il suo nome era stato citato nel caso di Fatah al-Islam a Nahr el-Bared. È cugino di Ziad Jarrah, un jihadista accusato dall'FBI di essere responsabile del dirottamento del volo 93 che si schiantò in Pennsylvania l’11 settembre 2001.
È anche cugino dei fratelli Ali e Yousef Jarrah, arrestati dall'esercito libanese nel novembre 2008 con l’accusa di spionaggio nei confronti di Israele.
Da Londra e Parigi, Ali Saad al-Din Bayanouni (segretario generale della Fratellanza musulmana siriana) e Abdel-Halim Khaddam (ex vice-presidente della Siria) si sono appellati per rovesciare il presidente Bashar el-Assad.
Jamal Jarrah sarebbe un membro segreto dei Fratelli Musulmani, cosa che lui ugualmente smentisce. Nel 1982 i Fratelli tentarono di prendere il potere in Siria. Non ci riuscirono e furono vittime di una repressione terribile.
Si è creduto che questi ricordi dolorosi potessero essere dimenticati dopo l’amnistia proclamata dal presidente Bashar al-Assad. Ma così non è stato, essendo ormai questo ramo dei Fratelli finanziato dai Sudairi, che una volta li scomunicavano. Il ruolo della Confraternita negli scontri di Banias oggi è riconosciuto da tutti.
Jamal Jarrah avrebbe anche usato i militanti libanesi di Hizb ut-Tahrir, un'organizzazione islamista con sede a Londra e particolarmente attiva in Asia centrale. La Hizb ut-Tahrir, che si dichiara non violenta, è accusata di aver architettato molti attacchi nella valle della Ferghana.
Ed è proprio per combatterli che la Cina ha iniziato un percorso di riavvicinamento alla Russia in seno alla Shanghai Cooperation Organization. Malgrado numerosi dibattiti alla Camera dei Comuni, i responsabili londinesi del gruppo non sono mai stati indagati e occupano posizioni di alto livello nelle multinazionali anglo-americane.
Hizb ut-Tahrir ha aperto una succursale in Libano lo scorso anno. In tale occasione ha organizzato una conferenza alla quale sono state invitate diverse personalità straniere, tra cui un intellettuale russo di fama internazionale. Durante le discussioni, gli organizzatori hanno fatto appello all’instaurazione di uno stato islamico, affermando che per loro, sciiti e drusi libanesi e anche alcuni sunniti, non sono veri musulmani e dovrebbero essere quindi espulsi del pari dei cristiani. Meravigliato da questi eccessi, l'ospite russo si è affrettato a concedere interviste televisive per smarcarsi da questi fanatici.
Le forze di sicurezza siriane sono apparse all’inizio sorpassate dagli eventi. Formatisi in URSS, alcuni alti ufficiali hanno usato la forza senza preoccuparsi delle conseguenze sulla popolazione. Nel frattempo, la situazione si è progressivamente invertita. Il presidente Bashar al-Assad ha assunto il comando. Ha cambiato la compagine governativa. Ha abrogato lo stato di emergenza e ha sciolto la Corte di Sicurezza dello Stato. Ha concesso la cittadinanza siriana a migliaia di curdi che ne erano stati storicamente privati a causa di un censimento contestato. Inoltre, ha adottato varie misure categoriali quali l'abrogazione delle sanzioni per i ritardi nel pagamento alle imprese pubbliche (elettricità, ecc).
In tal modo, ha soddisfatto le principali richieste popolari e l'opposizione si è affievolita.
Venerdì 6 maggio, il «Giorno della Sfida», i manifestanti giunti da tutto il paese non hanno raggiunto le 50mila persone su una popolazione di 22 milioni di abitanti.
Soprattutto, il nuovo ministro degli Interni, Mohammad al-Sha'ar, si è rivolto alle persone che hanno partecipato ai disordini consigliando loro di recarsi volontariamente alla polizia per ricevere un’amnistia che sarebbe stata concessa in cambio di informazioni dettagliate. Più di 1100 persone hanno risposto all’appello. In pochi giorni, i nuclei principali sono state smembrati e molte armi nascoste sono state sequestrate. Dopo cinque settimane di violenze, la calma è lentamente rientrata in quasi tutte le città dei disordini.
Tra i capi identificati e arrestati, molti sarebbero ufficiali israeliani o libanesi, e uno sarebbe un politico libanese vicino a Saad Hariri. Questo tentativo di destabilizzazione avrà dunque un seguito.
In seno al governo saudita, i Sudairi hanno beneficiato della malattia di re Abdullah per emarginarlo. Con l'aiuto degli Stati Uniti e d’Israele, hanno posto fine al ravvicinamento con Abdallah al-Assad e hanno supervisionato la controrivoluzione araba.

Un complotto è stato scoperto
Ciò che era originariamente un complotto per rovesciare le autorità siriane si è trasformato in un ricatto pubblico volto alla destabilizzazione. Avendo constatato che la rivolta non attecchiva, i quotidiani arabi anti-siriani hanno evocato senza pudore i mercanteggiamenti in corso.
Hanno descritto i viaggi dei negoziatori giunti a Damasco per presentare le richieste dei Sudairi. Se dobbiamo credere a questi giornali, la violenza si fermerà solo quando Bashar el-Assad si piegherà a due ordini:
rompere con l'Iran;
interrompere il sostegno alla resistenza in Palestina, Libano e Iraq.

La propaganda internazionale
I Sudairi vogliono un intervento militare occidentale per porre fine alla resistenza siriana, nello stesso modo in cui si sviluppa l'aggressione contro la Libia. Per far questo, hanno mobilitato gli specialisti della propaganda.
Con sorpresa di tutti, l’emittente televisiva Al-Jazeera ha brutalmente cambiato la sua linea editoriale. È un segreto di Pulcinella il fatto che il canale è stata creata dalla volontà dei fratelli David e Jean Frydman, miliardari francesi che sono stati consiglieri di Ytzakh Rabin e Ehud Barak. Volevano creare un mezzo che consentisse un dibattito tra israeliani e arabi, quando questo dibattito era vietato per legge in ognuno dei paesi considerati.
Per aprire il network, hanno chiesto aiuto all'emiro del Qatar, che inizialmente ha svolto un lavoro di copertura. La redazione è stata reclutata in seno al servizio arabo della BBC, così la maggioranza dei giornalisti in arrivo erano agenti dell’MI6 britannico.
Tuttavia l'Emiro ha preso il controllo politico della catena che è diventata il braccio destro nel suo principato. Per anni, Al-Jazeera ha infatti giocato un ruolo di pacificazione, promuovendo il dialogo e la comprensione nella regione. Ma la catena ha anche contribuito a banalizzare il sistema di apartheid israeliano, come se le violenze di Tsahal fossero sbavature marginali di un regime accettabile, quando sono invece l’essenza stessa del sistema.
In fuga, l'ex presidente Ben Ali ha trovato rifugio in Arabia Saudita presso il principe Nayef
Al-Jazeera, che ha coperto in modo eccezionale le rivolte in Tunisia e in Egitto, ha improvvisamente cambiato la sua linea editoriale nel caso della Libia, diventando il portavoce dei Sudairi.
Questo voltafaccia merita una spiegazione. L'attacco alla Libia era in origine un piano franco-britannico concepito nel novembre 2010, vale a dire ben prima della "Primavera Araba", al quale gli Stati Uniti sono stati associati. Parigi e Londra volevano regolare i conti in sospeso con Tripoli per difendere i loro interessi coloniali. Infatti, nel 2005-06 la NOC, la compagnia petrolifera nazionale libica, aveva lanciato tre aste internazionali per l'esplorazione e lo sfruttamento delle sue riserve, le più importanti dell’Africa.
Il colonnello Gheddafi aveva imposto le proprie regole del gioco. Le compagnie occidentali avevano stipulato vari accordi, certo vantaggiosi, ma troppo poco dal loro punto di vista. Sono stati rinegoziati contratti meno favorevoli con le multinazionali di tutto il mondo. Si sono aggiunte a questo anche diverse liti relative alla cancellazione di lucrosi contratti per l’acquisto di attrezzature e armamenti.
Fin dai primi giorni della presunte rivolte di Bengasi, Parigi e Londra hanno messo in campo un Consiglio Nazionale di Transizione che la Francia ha ufficialmente riconosciuto come il legittimo rappresentante del popolo libico. Questo Consiglio ha creato una nuova compagnia petrolifera, la LOC, che è stata riconosciuta dalla comunità internazionale al vertice di Londra come detentrice dei diritto di sfruttamento degli idrocarburi del paese. Dopo questa rapina, è stato deciso che la commercializzazione del petrolio depredato dalla LOC sarebbe stata attuata dal... Qatar, e che il gruppo di contatto delle nazioni alleate si sarebbe riunito ormai a Doha.
Youssef al-Qardawi ritiene che la liberazione della Palestina sia importante, ma meno rispetto all'introduzione della sharia
Immediatamente, il consulente religioso dell’emittente, Youssef al-Qardawi, si è scatenato ogni giorno per chiedere il rovesciamento del presidente Bashar el-Assad.
Lo sceicco al-Qardawi è Presidente dell’Unione Internazionale degli Ulema e anche del Consiglio europeo per ricerca e la fatwa. È l’ispiratore dei Fratelli Musulmani, nonché fautore di un Islam ‘originale’ che consiste in un mix di "democrazia di mercato" statunitense e di oscurantismo saudita: si riconosce nel principio che i funzionari debbano essere eletti a condizione che si impegnino nell’imporre la Sharia nelle sue interpretazioni più restrittive.
Youssef al-Qardawi è stato raggiunto da un ulema saudita, Saleh Al-Haidan, che ha fatto appello per "l’uccisione di un terzo dei siriani in modo da permettere agli altri due terzi di poter vivere". (sic) Uccidere un terzo dei siriani? Questo significa uccidere i cristiani, gli ebrei, gli sciiti, i drusi e gli alawiti. Per far vivere gli altri due terzi? Vale a dire per stabilire uno Stato sunnita prima che questi non epuri la propria comunità.
Finora solo il ramo palestinese dei Fratelli Musulmani, Hamas, sembra refrattario alla forza di seduzione dei petrodollari dei Sudairi. Il suo capo, Khaled Meshaal, non senza un attimo di esitazione, ha confermato che sarebbe rimasto in esilio a Damasco e che avrebbe sostenuto il presidente al-Assad. Con l'aiuto di quest'ultimo, ha cercato di prendere di mira i programmi imperialisti e sionisti negoziando un accordo con Al Fatah di Mahmoud Abbas.
Dal mese di marzo, Al-Jazeera, la BBC in arabo e France24 in arabo si sono trasformate in organi di propaganda massiccia. A colpi di menzogne e immagini manipolate, hanno descritto gli eventi per appiattire la Repubblica siriana sugli stereotipi del regime tunisino di Ben Ali.
Hanno cercato di far credere che l'esercito siriano sia una forza di repressione simile a quella della polizia tunisina e che non esiti a sparare contro i manifestanti inermi che lottano per la loro libertà.
Questi media hanno anche annunciato la morte di un giovane soldato, che si sarebbe rifiutato di sparare sui suoi concittadini, e che sarebbe stato infine torturato a morte dai suoi superiori. In realtà, l'esercito siriano è un esercito di leva e il giovane soldato, secondo il suo stato civile, era in congedo. Lo ha spiegato alla televisione siriana dove ha affermato la sua volontà di difendere il proprio paese dai mercenari stranieri.
Questi canali satellitari hanno anche cercato di presentare diverse personalità siriane come dei profittatori, sull’esempio degli affini di Ben Ali. Hanno concentrato le loro critiche su Rami Makhlouf, l'uomo più ricco del paese, che è cugino del presidente al-Assad. Hanno supposto che, secondo il modello tunisino, esiga una partecipazione in tutte le società che vogliano stabilirsi nel paese. Tutto questo è assolutamente infondato e inimmaginabile nel contesto della Siria. In realtà, Rami Makhlouf ha goduto della fiducia del presidente al-Assad per le concessioni relative ai telefoni cellulari. E come tutti coloro che nel mondo hanno ottenuto concessioni simili è diventato miliardario.
La vera questione è se ha usato o no la sua posizione per arricchirsi a spese dei consumatori. La risposta è no: Syriatel offre le tariffe per telefono cellulare più economiche del mondo!
Comunque la palma della menzogna va di nuovo attribuita a Al-Jazeera, che si è spinta fino al punto di presentare le immagini di una manifestazione di 40mila moscoviti che richiedevano la fine del sostegno russo alla Siria. In realtà si trattava di immagini girate durante la manifestazione annuale del 1° maggio, in mezzo alla quale la catena televisiva aveva infiltrato degli attori per simulare dei falsi interventi vox populi dalla strada.

La riorganizzazione delle reti del principe Bandar e dell'amministrazione Obama
Il dispositivo controrivoluzionario dei Sudairi si urta con una difficoltà: sinora i mercenari del principe Bandar avevano combattuto sotto la bandiera di Osama bin Laden in Afghanistan, Bosnia, in Cecenia o altrove.
Inizialmente considerato un anticomunista, Bin Laden era progressivamente diventato un antioccidentale. Il suo movimento è stato segnato dall’ideologia dello scontro di civiltà, enunciato da Bernard Lewis e reso popolare dal suo allievo Samuel Huntington. Essa ha avuto il suo momento di gloria con gli attentati dell'11 settembre e la guerra al terrorismo: gli uomini di Bandar perpetravano i disordini ovunque gli Stati Uniti chiedessero di intervenire.
Nel momento attuale, è necessario cambiare l'immagine degli jihadisti. Ora, li si invita a combattere a fianco della NATO come una volta hanno combattuto al fianco della CIA in Afghanistan contro l'Armata Rossa. Conviene dunque ritornare al discorso filo-occidentale di un tempo e trovargli un'altra anima in sostituzione dell’anti-comunismo. Questo sarà il lavoro ideologico dello sceicco Youssef al-Qardawi.
Per facilitare questa metamorfosi, Washington ha annunciato la morte ufficiale di Osama bin Laden. Una volta sparita questa figura tutelare, i mercenari del principe Bandar possono essere mobilitati sotto una nuova bandiera.
Questa ridistribuzione dei ruoli è stata accompagnata a Washington da un balletto di sedie.
Il generale David Petraeus, che da comandante di CENTCOM doveva trattare con gli uomini di Bandar in Medio Oriente, è diventato direttore della CIA. Dobbiamo quindi aspettarci un ritiro accelerato delle truppe della NATO in Afghanistan e un maggiore coinvolgimento degli uomini di Bandar nelle operazioni segrete dell'Agenzia.
Leon Panetta, il direttore uscente della CIA, è diventato Segretario della Difesa. Secondo l'accordo interno della classe dirigente degli Stati Uniti, questo posto dovrebbe essere riservato a un membro della Commissione Baker-Hamilton. Il democratico Panetta, come il repubblicano Gates, ne ha fatto parte. Nel caso di nuove guerre, dovrebbe limitare gli spiegamenti di forze sul terreno, tranne le Forze speciali.
A Riad e a Washington è già stato redatto il certificato di morte della "Primavera Araba". I Sudairi possono dire del Medio Oriente quel che il Gattopardo diceva dell’Italia: «Tutto deve cambiare perché non cambi niente».
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Thierry Meyssan, intellettuale francese, fondatore e presidente di Réseau Voltaire e della conferenza Axis for Peace. Pubblica analisi di politica estera nel mondo arabo, in America Latina e in Russia. L’ultimo suo libro in francese è “L’Effroyable imposture : Tome 2, Manipulations et désinformations (a cura di JP Bertrand, 2007). Recente libro tradotto in italiano: Il Pentagate. Altri documenti sull’11 settembre (Fandango, 2003).

Fonte: Komsomolskaya Pravda (Russia)
Tratto da http://www.voltairenet.org/article169815.html. [Scritto alla fine di aprile, il testo è stato completato nella sua edizione francese per includere gli sviluppi più recenti].

Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.

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