Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

domenica 21 agosto 2011

La ridistribuzione della ricchezza e la moltiplicazione dell'umanesimo.

di Giulio Raimondi - Martedì, 16 Agosto 2011 - Fonte: La discussione sull'Europa in sbilanciamoci
Il mio contributo parte da un dato che oggi nei TG è stato molto presente: la Germania, così come l'Italia e la Francia nell'ultimo trimestre sono cresciute di un valore intorno al 0.2%.
Questo se non erro, vuol dire che il PIL di questi paesi (la somma di tutte le fatture emesse nel trimestre) è rimasto pressochè uguale rispetto al periodo precedente di riferimento.

Quindi si sono emesse le stesse fatture del periodo precedente, si è creata la stessa ricchezza del periodo precedente.
E allora una domanda banale: perchè le cose vanno male?
Se continuo a fatturare da 4^ o 6^ economia del mondo, vuol dire che ho generato molta ricchezza, la 4^ o 6^ ricchezza del mondo in quel trimestre. Le cose allora vanno bene.
Chi incassa questa ricchezza al netto dei costi per generarla?

I capitalisti, mi viene da rispondere, cioè coloro che hanno il capitale finanziario su cui molta dell'economia ormai si fonda. Molto del valore del lavoro si è perso e molto del valore della conoscenza si è perso.
I possessori di "lavoro" e di "conoscenza" non hanno molta ricchezza da spartirsi.
Questi sono coloro che sono in crisi.
I produttori di lavoro e di competenze sono impoveriti.
E coloro che non hanno capacità di lavoro e conoscenza? Pure ci sono nel mondo.

Mi sembra che la soluzione indicata dai capitalisti sia quella di produrre maggiore ricchezza, con la promessa (tutta da verificare) di ridistribuire una parte del surplus ai possessori di "lavoro" e "conoscenza" e forse anche a chi non è in possesso di "lavoro" e "conoscenza".

Ma sarà qui un problema serio da affrontare?

La torta sembra non poter essere più grande di quello che è (il PIL ha variazioni intorno allo 0%), così sembra essere nelle economie mature, ormai da vari anni.
Allora è la sua distribuzione a dover cambiare, per migliorare le sorti economiche di chi non è capitalista (o di chi non lo è più).
Allora il problema è un fatto di LIMITE all'accumulazione di ricchezza di ciascun soggetto fisico o giuridico. Forse c'è un limite dettato dalla sostenibilità sociale ed economica a questa ricchezza.
Potrebbe essere che sia necessario discutere su tale limite ed invece far crescere altri aspetti della vita pur limitata dei soggetti giuridici o fisici: il loro umanesimo.
La capacità in qualche modo di vivere in armonia e circoscritta felicità, con il resto degli uomini, nel periodo limitato di anni che un soggetto fisico o giuridico vive sulla faccia della Terra.

Può valer la pena discutere ed approfondire le modalità con cui attuare questa moltiplicazione di umanesimo?
O dobbiamo accontentarci di una strenua lotta inutile a chi accaparra di più?

L'economia deve solo occuparsi di generare ricchezza, o può iniziare (o tornare) ad occuparsi di generazione di felicità e benessere tramite il fluire di ricchezza?
Molti diranno che sono temi vecchi, ideologici, di accademia, ma mi sembra che una soluzione a queste semplici questioni non ancora sia stata consolidata.
Mi piacerebbe che questi temi siano trattati insieme ai fatti puramente contabili con cui si analizzano le recenti discussioni economiche.

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