Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

domenica 11 dicembre 2011

Pareggio di bilancio nelle Costituzioni, la follia ultima. Forse

di Francesco Piccioni. Fonte: controlacrisi
Il vertice azzoppato della tarda notte nel pomeriggio è tornato a sembrare un gigante dalle gambe salde. Recuperati gli indecisi, azzerata l’anomalia ungherese, si è potuta ammirare la dimensione del successo tedesco: un nuovo «patto di bilancio», aggiuntivo rispetto ai trattati europei, che parte dalla disciplina sui conti pubblici e di poco altro si interessa (i «meccanismi di stabilizzazione»). Ma impone di inserire in tutte le Costituzioni nazionali il «pareggio di bilancio», tollerando uno scostamento massimo dello 0,5%.
Diciamola in modo semplice: nel bel mezzo di una crisi globale di dimensioni ancora incomprese, una decisione del genere equivale ad affrontare la tempesta con una pietra al collo. Dà l’impressione della «fermezza» mentre tutto intorno balla a un ritmo indiavolato. Si adatta perfettamente all’immagine che la Germania in questo momento vuol dare di sé (il paese «serio» e «fermo»), mentre proprio la «spensieratezza» degli altri governi europei ha permesso di rafforzare la centralità della produzione e della capacità di esportazione tedesca, trasformando i confinanti in «contoterzisti».
Da questa angolatura la governance rafforzata si articola in regole ferree e sanzioni «automatiche» o quasi, nella convinzione metafisica che i «bilanci sani» degli stati permettano a tutti di comportarsi e competere come fa la Germania. Il doppio vincolo (3% massimo nel rapporto tra deficit e Pil, 60% massimo per quello debito/Pil) diventa un tritacarne in cui verranno infilati parecchi paesi (persino i virtuosi tedeschi superano ormai l’80%), Senza alcuna possibilità di venirne fuori migliorati.
Siamo di nuovo in recessione, dicono tutti i dati macroeconomici. E ogni manovra di aggiustamento dei bilanci pubblici e già di suo una pietra in più nella valanga recessiva. Lo ha spiegato ieri alla Camera il neo-governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, quantificando il decreto Monti in un -0,5%. Ed è perfettamente logico: si taglia la spesa pubblica e si alzano le tasse dirette (Irpef, ecc) e indirette (Iva, tariffe, accise, ecc) facendo così aumentare i prezzi; quindi si riducono i consumi della maggior parte della popolazione (quella a basso reddito). Un fatto che scoraggia la produzione e la distribuzione (a che serve investire capitale per produrre, se quelli che comprano sono sempre meno?), ma soprattutto riduce le entrate dello stato. Meno consumi significa meno Iva, meno Irpef (i licenziati non la pagano più e spendono meno). E qundi, dopo qualche tempo, bisogna di nuovo intervenire per ridurre le spese, aumentare le entrate, fare «riforme» – del mercato del lavoro o delle pensioni – che abbassano il salario (altri consumi in meno). E poi di nuovo.
Mani legate, per sempre, mentre la barca affonda o l’aereo va in vite.
Tutto il documento è pervaso di questa logica, che momentaneamente – ma per poco tempo – favorisce soltanto l’economia tedesca, dissanguando le altre. Un esempio? Gli analisti di Deutsche Bank hanno diramato una nota ai propri clienti in cui si dà «per scontato» che la Grecia uscirà dall’euro e tornerà alla dracma. Pagando probabilmente una svalutazione dei «beni nazionali» del 57,6%, che andrà ad aggiungersi a quella già frutto degli «aiuti» concessi un po’ alla volta in cambio di privatizzazioni e tagli. Senza alcun paradosso: se fosse stata lasciata andare prima avrebbe resistito meglio, l’Europa avrebbe subito un «contagio» minore, la speculazione avrebbe cercato altri bersagli (come ha comunque dovuto fare, dopo aver spremuto il limone di Atene) scontrandosi con una capacità di resistenza migliore.
Sul piano istituzionale, l’accordo di ieri getta le basi di «una più forte integrazione», anche fiscale, «per rispecchiare meglio il nostro grado di interdipendenza». Sarà dunque anche «rinforzata la governance», anche perché va potenziato il fondo salva-stati (Efsf), il «meccanismo europeo di stabilità» e risorse supplementari (200 miliardi) per il Fmi, che dovrà usarli per aiutare gli stessi paesi europei (una partita di giro, per superare una serie di ostacoli giuridici contenuti nei vecchi trattati; per esempio, questo accordo non sarà per ora un «trattato» comunitario, vita l’assenza degli inglesi, ma darà vita a tanti accordi bilaterali).
Meccanismi barocchi e fretta nell’agire non vanno mai a braccetto. E la seconda prevale sempre. Ci rimette la democrazia, ormai del tutto delegata ai vertici e senza possibilità di «revoca del mandato». Non può funzionare. Né durare molto.

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