Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

venerdì 29 giugno 2012

Le balle che la Germania racconta ai tedeschi. E a noi

di Matteo Zola - eastjournal -

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La disoccupazione tedesca non è mai stata così bassa, al 6,7%, mentre l’economia tiene botta alla crisi continuando a crescere. I diritti dei lavoratori sono garantiti, il welfare tedesco è più efficiente che mai, il bilancio mantiene segno positivo, la società è ricca, forte e unita. Deutschland Deutschland über alles!
Balle.
La Germania non sta bene, la ricchezza è apparente, i dati sull’occupazione sono gonfiati, e il rigore economico tedesco è un’invenzione. Partiamo dal debito pubblico che, nonostante la congiuntura economica nazionale positiva, è arrivato alla fine del primo trimestre 2012 al record storico di 2.042 miliardi di euro, per la prima volta sopra i duemila miliardi. Lo ha reso noto l’Ufficio federale di statistica Destatis. Già la Primavera scorsa Eurostat quantificò il debito pubblico esplicito della Germania in 2080 miliardi di euro (pari all’82% del Pil): il primo debito dell’eurozona a sfondare la soglia dei duemila miliardi. Il debito esplicito è quello determinato dalle emissioni di buoni del tesoro, autentici contratti con i quali lo Stato si impegna, alla scadenza, a pagare il capitale ricevuto in prestito con l’aggiunta di interessi. C’è anche il debito pubblico “implicito” che consiste in una proiezione della spesa, attualizzata, per assistenza sociale, pensioni, sanità (il welfare, insomma) cui un Paese dovrà far fronte negli anni a venire.
I dati di debito esplicito e implicito non si possono sommare (come invece fece Libero ingannando il lettore), poiché solo i primi sono suscettibili agli umori del mercato, i secondi sono piuttosto una stima presente e futura di spesa. Ciò detto, resta il fatto che il debito pubblico tedesco “esplicito” è ai record storici.
Veniamo ora al tasso di disoccupazione, ufficialmente al 6,7%. Peccato che gran parte dei lavoratori, specie i più giovani, siano assunti con mini-job. Si tratta di lavori scarsamente retribuiti (circa 400 euro mensili) che occupano ormai circa sette milioni di tedeschi (su 39 milioni di occupati rappresentano il 18% circa della forza lavoro). Questi lavoratori non pagano tasse e hanno sussidi pubblici a integrare il magro stipendio. Erano nati come “lavoretti” integrativi per giovani, nel settore turistico o nella ristorazione, ma sono diventati una regola del mercato del lavoro tedesco. Al 6,7% di disoccupati occorre quindi aggiungere il 18% di sottoccupati. E la musica cambia. Anche per chi un lavoro ce l’ha le cose non vanno benissimo: gli abituali aumenti degli stipendi, la redistribuzione dei dividendi, sono per molti un ricordo del passato. Non è un caso che nell’industrializzato nord Reno-Vestfalia il partito di governo sia stato clamorosamente battuto. I tedeschi, crisi o non crisi, non vogliono rinunciare a nulla.

Il welfare tedesco costa molto ma è senz’altro una spesa che vale la pena fare se si hanno soldi sufficienti. Peccato che i soldi mancano anche alla Germania. Le pensioni soprattutto sono un problema: in Germania i «Pensionen» sono una categoria fortunata, ex-dipendenti pubblici ricevono una pensione media dai 3500 ai 1800 euro mensili. In tutto rappresentano il 54% circa dei pensionati. Il restante 46% sono «Rentner», ovvero i fruitori di trattamento previdenziale generico: più della metà di questi percepisce una “minima” di 700 euro. Da un lato si trovano quindi tedeschi “privilegiati” e dall’altro un buon numero di persone che si sostenta a malapena in un paese dall’elevato costo della vita.
La disparità non si registra solo nel mondo del lavoro e nelle pensioni. E’ anche geografica: la modernizzazione e l’integrazione della parte orientale continua ad essere un processo a lungo termine, con trasferimenti annuali da ovest a est, pari a circa 80 miliardi di dollari. La Germania orientale resta la parte più povera, la disoccupazione è maggiore che altrove, l’emigrazione giovanile verso l’ovest è costante. Ciò malgrado il fiume di denaro che i Paesi europei diedero alla Germania per aiutarla a far fronte alla riunificazione. I ringraziamenti tedeschi arrivanno oggi, e si chiamano “misure di rigore”. Da che pulpito. Fu proprio la Germania la prima a non rispettare i parametri economici europei nel 2003. E fu la Germania a dover salvare le banche, colpite dalla crisi dei mutuoi sub-prime nel 2008/2009, immettendo denaro pubblico proveniente anche dala Bce, cioè dall’Europa (circa 600 milioni di euro).
Veniamo al punto. Queste “balle” sull’economia e sulla forza della Germania hanno un duplice effetto. All’estero propagandano l’idea di una Germania potente, che può tenere il coltello dalla parte del manico nelle trattative internazionali. All’interno ha un effetto di collante sociale in un panorama, invece, dove le disparità sono molte. La coesione passa attraverso questa menzogna costruita ad arte con la complicità della stampa (non tutta, per carità) che proietta all’esterno i problemi interni al Paese. Sui giornali tedeschi si possono leggere slogan come “Non abbiamo bisogno dell’Europa” o “Solo Berlino può salvare l’Europa”, entrambi espressione di una malsana egolatria. C’è chi dice che quella in corso sia una guerra combattuta con le armi della finanza. In tempi di guerra, si sa, i media sono tenuti al guinzaglio.
Ecco che, sulle spiegge di Rimini, quest’anno incrocerete probabilmente lo sguardo di biasimo del turista tedesco che vi guarderà come per dire: “colpa vostra, non siste rigorosi, non siete onesti”. I tedeschi in vacanza in Grecia penseranno di peggio: “scansafatiche, non lavorate, truccate i conti”. Lo sguardo di biasimo dei tedeschi che nasconde la certezza di un’intima superiorità, è sentimento pericoloso per la Germania e per l’Europa. La Germania non è maestra di nessuno. Debole e socialmente in tensione, può venirne fuori di tutto, lo sappiamo, lo abbiamo già visto. La Germania è una grande risorsa quando è al servizio dell’Europa, un pericolo quando si oppone ad essa. Questa Germania un risultato l’ha già ottenuto: ha spaccato il vecchio continente riaccendendo gli antichi rancori. L’ingerenza tedesca sulle elezioni greche, in cui Frau Merkel si è persino permessa di dire di votare Nea Dimokratia se volevano ancora ricevere i prestiti internazionali, è un pericoloso precedente.
La Germania, insomma, è più debole e meno virtuosa di quanto la si descrive in patria e all’estero. Ma la Germania, debole, tira fuori gli artigli. Di questo dobbiamo prendere coscienza, noi europei, tedeschi compresi, per evitare il peggio.

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