Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

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giovedì 11 aprile 2013

Dandong, la città fantasma. Tra grattacieli incompiuti e fango

Fonte: il manifesto | Autore: Simone Pieranni  
Nel 2010 Pechino e Pyongyang decisero di creare una zona economica speciale. L'hanno chiamata «la pianura dell'oro», due isole sul fiume Yalu alla frontiera Ma Cina, Corea del Sud e Giappone organizzano già una nuova zona di libero scambio
DANDONG. Per non lesinare in grandeur, l'hanno chiamata «la pianura dell'oro» (huangjinping in cinese). È una distesa di terra, due isole che galleggiano sul fiume Yalu, tra la Cina e la Corea del Nord. È il luogo dove nel 2010 Pechino e Pyongyang decisero di creare la propria zona economica speciale. Un ambito economico nel quale rinverdire la storica alleanza, gli antichi legami, le nuove amicizie attraverso lo sviluppo di turismo, industria manifatturiera e servizi. La Cina che da oltre trent'anni ha ormai collaudato i meccanismi del capitale, stendeva una mano ai suoi alleati coreani, per coronare una vicinanza non solo militare e di antica «politica», ma anche economica. Tutti concordi sia i compagni coreani sia quelli cinesi, tutto stabilito e riconfermato nel 2011. All'epoca Pyongyang aveva approvato un contratto di locazione di 50 anni da parte della Cina sulle due isole sul fiume Yalu. Il vice sindaco di Dandong, aveva raccontato alla stampa che funzionari nordcoreani si erano incontrati con i responsabili politici cinesi per consigli circa una nuova legge sugli investimenti per le zone economiche.
Poi succede qualcosa che non cambia solo il corso della «pianura dell'oro»: muore Kim Jong il, il Caro Leader. Una morte improvvisa che catapulta al potere Kim Jong un e scaraventa la Corea del Nord in una ridda di voci circa giochi di potere e che finisce per rallentare tutto. Il giovane Kim, così simile al nonno - e forse anche per questo scelto dal padre - si ritrova improvvisamente alla guida di una nazione. Lui non conosce i meccanismi del potere, stenta a ritrovarsi tra consiglieri e vecchi falchi che ritornano con prepotenza a bussare alla porte di chi comanda. Il suo paese non conosce lui. Non è l'unico problema, però. Ce n'è un'altro.
Mentre i coreani - e il mondo - cercavano di capire se il giovane Kim era pronto a raccogliere un'eredità così rapida e inaspettata, i cinesi avevano costruito una nuova città a Dandong, appunto, la new town. Ovvero il supporto urbano all'attività economica della pianura d'oro. Tutto in realtà già previsto perché la nuova parola d'ordine in Cina è urbanizzazione e con essa lo sviluppo del mercato interno. Urbanizzazione, va precisato, delle medie città, da non confondere con quella delle città di prima fascia già ampiamente avvenuta. A essere nel mirino del progresso cinese oggi, sono proprio le città come Dandong, un paio di milioni di abitanti e un luogo a misura delle tante persone, un tempo rurali che ora diventano cittadini. Insieme a questa spinta, la sotterranea richiesta di modificare i meccanismi di accesso ai servizi sociali dei nuovi abitanti. La Cina, quindi, era già pronta al passaggio: unire il proprio sviluppo a una zona di scambio commerciale con la Corea del Nord.
Invece, in un nuovo gioco di specchi, questa volta tutto al sole e in piena luce, da un lato svettano grattacieli, piccole ville in strambo stile francese, avveniristici uffici, dall'altro c'è solo fango. Ci avviciniamo a quei cinque metri circa che separano la Cina dalla Nord Corea, a un pullman da cui scendono potenziali acquirenti cinesi degli appartamenti appena costruiti, alcuni ancora in costruzione, fanno riflesso dieci nord coreani piegati a concimare il terreno che si presupponeva sarebbe diventato d'oro. Vestiti con tonalità tra il marrone e il grigio, sferzati dal vento e dal freddo del dongbei, il nord est cinese.
Gli abitanti di Dandong, sebbene ci tengano a sottolineare che gli affari continuano, non l'hanno presa bene ed è pensabile che lo stesso sentimento serpeggi nell'animo dei funzionari cinesi. Hanno costruito una città, nuova, che al momento è ferma, fantasma o quasi. La zona economica avrebbe attirato capitali dalla Corea del Sud, dal Giappone, forse anche dagli Stati uniti e anche i cittadini di Dandong (una delle città più povere del Liaoning), in ritardo di qualche decennio avrebbero potuto provare l'ebbrezza di arricchirsi. Invece, dice uno dei lavoratori impegnato a trascinare masserizie, i nord coreani, anziché pensare a sollevare le sorti della popolazione, minacciano il mondo intero.
Già le minacce nord coreane. Allora ci si deve spostare un po' più su, scarpinando una simil vallata dove si ritrova una parte della Grande Muraglia. Che sorprende sempre in Cina, onnicomprensiva, presente in qualsiasi buco del paese. Anche lì, sinuosa soffia sul confine, saluta la Nord Corea e ritorna prepotente a difendere la Grande Cina. In questo tratto dove volendo si potrebbero osare un paio di passi sul suolo proibito, stazionano alcune venditrici di oggettistica nord coreana, penne, soldi, foto, accendini, sigarette. Tutto made in Corea del Nord. Risultato e vendita di un piccolo contrabbando che avviene dove il fiume si fa basso, stretto e protetto dalle frasche. Lì avvengono piccoli scambi: oggetti, ma anche cibo. Una delle ragazze racconta di portare spesso carne e cibo a questi nord coreani. «Sono magri, ma gentili», racconta. E fortunati, aggiunge, perché non fanno la fame, grazie alla vicinanza con la Cina. Anche alcuni soldati preposti al controllo partecipano al traffico, illegale. E proprio i soldati sono spesso promotori di business invece più alla luce del sole a confermare quel rapporto stretto tra i due paesi, che le recenti vicende sembrano aver messo in discussione. Storie di commerci e relazioni economiche che si perdono negli anni. Come racconta il manager di un'azienda, gli affari si continuano a fare. Anche per la sua società che da quindici anni esporta in Corea materiali da costruzione. Secondo le ultime stime pubblicate dai media cinesi, il commercio bilaterale tra i due paesi era pari a 6 miliardi di euro nel 2011. Gli investimenti cinesi in Corea avrebbero raggiunto i 300 milioni di dollari, mentre quelli nord coreani in Cina sarebbero di circa 100 milioni. La Cina importa dagli alleati carbone, minerali, tessuti per abbigliamento, pesce e frutti di mare, mentre esporta macchinari elettrici, veicoli, ferro e acciaio. E soprattutto Pechino è il principale fornitore di petrolio della Corea del Nord.
E quando Pyongyang nei giorni scorsi ha invitato le ambasciate straniere a smobilitare, mentre tutte confermavano la loro presenza in Corea del Nord, è sbottata proprio la Cina. Pechino ormai - idealmente - è molto più vicina a Seul che a Pyongyang. È con la Corea del Sud che la Cina intrattiene nuovi rapporti, mentre sullo sfondo ci sono gli Usa, la cui presenza nell'area è diventata qualcosa da gestire e non più qualcosa contro cui scontrarsi. E mentre in molti riportano toni da guerra fredda, proprio Kim, questo misterioso personaggio tratteggiato come un sadico dai rapporti di intelligence americana, sembra aver capito che la guerra fredda non c'è più da tempo e ha abbandonato completamente l'area, specie di fronte a due nuovi installati al potere come il cinese Xi Jinping e la coreana Park. E proprio nel mezzo delle minacce e invettive che arrivavano da Pyongyang, Cina, Corea del Sud e Giappone hanno proceduto a incontri per organizzare e definire i prossimi passi per una zona di libero scambio che non stagnerà nel fango come l'area di Dandong, ma che è destinata a unire tre economie che con l'eccezione del claudicante Giappone, rappresentano in modo vivo lo spostamento dell'equilibrio mondiale.
All'ipotesi di una guerra del resto non crede nessuno, neanche chi prova a dare una lettura alternativa, come certi analisti, che leggono le mosse di Kim Jong un in un duplice modo: da un lato rinforzare il proprio controllo interno, dall'altro cercare il colpo di coda clamoroso, ovvero uno smarcamento dai fratelli maggiori cinesi, per arrivare a un contatto diretto con il nemico dei nemici, gli americani. Supposizioni, analisi e talvolta letture di una sfera di cristallo che a Dandong appare sempre più nelle sue dimensioni reali, umane

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