Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

mercoledì 16 maggio 2012

Un ciclone si avvicina all’Italia. E Monti si mette a fare Berlusconi

Stampa e televisione mainstream stanno ripetendo, da diversi giorni, spiegazioni molto più vicine alla propaganda che alla notizia. Sia sul fatto che gli interessi sul debito pubblico stanno salendo di nuovo che sulla crisi del sistema bancario nazionale. Ci si faccia caso: nel momento in cui si rileva una fase di difficoltà di uno di questi due contesti, per i media italiani, la responsabilità viene sempre da fuori. Qualche settimana fa la Spagna, accusata da Monti prima senza troppi problemi poi con una smentita ufficiale, era stata indicata come il paese che, con il suo comportamento, stava mettendo in difficoltà l’Italia. Poi la Francia, anzi l’effetto Hollande, indicata come fattore di instabilità della congiuntura europea che finiva per danneggiare l‘Italia. Infine di nuovo la Grecia, focolaio di un “contagio” che, inevitabilmente, non può che infettare la salute del vicino italiano. Sono considerazioni che, sul piano dell’opinione pubblica, possono essere accettate specie quando sui media si dà risalto alle lodi del Fmi al comportamento italiano. Insomma, sul set della propaganda italiana si gira il film un paese virtuoso, in via di risanamento ma, guarda te la sfortuna, danneggiato dal comportamento dei vicini. Un paese così responsabile da porsi come mediatore, almeno sui tg, tra Francia e Germania sulla strada delle politiche di “crescita”. Quando poi qualche dettaglio, nella rappresentazione scenografica, non torna allora lo si fa scomparire con discrezione. Ad esempio il downgrade di 26 banche italiane da parte di Standard & Poors. Sarà speculazione, ma non solo, però gli effetti di questo downgrade non sarebbero da nascondere specie sulla scena politica. Eppure, a parte la conferenza stampa di Casini contro l’agenzia di rating, si è passato volentieri ad altro (anche perché la saga della famiglia Bossi il suo spazio se lo conquista sempre). Quindi se vogliamo avere notizie sul futuro delle banche italiane bisogna rivolgersi al Wall Street Journal. Che afferma, senza problemi, che le prospettive del sistema bancario nazionale sono caratterizzate dalla presenza di nubi minacciose. E senza riferirsi al meteo di questo strano mese di maggio.
Ma cosa sta davvero accadendo a questo paese e in Europa?
Cominciamo da quest’ultima. Candidamente il Financial Times ha ammesso, in un suo importante editoriale, che la Banca Centrale europea non ha idee chiare sulle strategie, a breve e lungo termine, di uscita dalla crisi dell’area euro. L’ineguaglianza economica e finanziaria tra i paesi membri, l’assenza di una politica unitaria di compensazione degli squilibri tra nazioni europee (che dal 2008 si sono radicalizzati), la presenza di grandi masse capitale speculativo che si aggirano nelle piazze finanziarie del continente, la crisi dello stesso capitalismo in Europa se non hanno, per adesso, soluzione politica non ce l’hanno, al momento, nemmeno nel cervello che regola la politica monetaria ovvero la Bce. Chi movimenta capitali a livello globale, soggetti extraeuropei ma ovviamente anche continentali, ha preso atto della situazione e si sta muovendo in due modi. Il primo è quello di disinvestire da un continente a rischio, salvo la Germania, il secondo di giocare quanto più possibile sui paesi dove si necessita un forte finanziamento del debito pubblico (Spagna ed Italia, ad esempio, ma anche la Francia). Il risultato è stato che, con l’acuirsi della crisi greca, lo spread spagnolo e italiano è schizzato ad alti livelli e i titoli delle banche dei due paesi sono calati notevolmente. E’ evidente la logica di chi muove i capitali, che coincide con la follia sistemica di far finanziare il debito pubblico da simili mercati: da una parte si toglie valore ad un paese e alle sue banche, proprio perché a rischio crisi finanziaria, dall’altra gli si impongono tassi sempre più alti di rifinanziamento per poterci guadagnare sopra. La Spagna, in questo gioco, ha già il fiato corto: il primo ministro Rajoy ha già dichiarato che il suo paese forse non potrà più, per un certo periodo, finanziarsi sul mercato dei capitali. Una dichiarazione più esplosiva di qualsiasi crisi greca, visto che il nostro paese e la Spagna sono trattati allo stesso modo dai mercati, ma in Italia, visto che l’informazione deve comunque neutralizzare la portata dei problemi, si è preferito riportare una qualche conferenza di Monti.
Già, ma l’Italia?

Il grafico che riportiamo all’inizio dell’articolo indica l’andamento del deficit delle partite correnti del nostro paese. Che cosa significa? Il deficit delle partite correnti indica il livello di indebitamento verso l’estero di un paese, il fatto che sta importando più ricchezza oltrefrontiera di quanta ne esporti. Questo deficit è cominciato ben prima della crisi Lehman e si è acuito con il 2008, come vediamo. Insomma, nel bel mezzo dei venti di una crisi continentale, l’Italia è esposta con un decennale declino del suo sistema economico. Non c’è da stupirsi che, quando accade qualcosa in un altro paese della zona euro, l’Italia venga chiamata in ballo. A questo livello nazionale di debito pubblico, rigonfiato dalla speculazione anzi dal “mercato” globale dei capitali, e con questo tipo di deficit Grecia e Spagna c’entrano però fino ad un certo punto. Magari diluita nel tempo, non accelerata dal disastro euro come oggi, ma la crisi italiana sarebbe maturata comunque. A febbraio, ad esempio, la rivista finanziaria della Reuters (la prestigiosa Ifre) scriveva tranquillamente che, vista la situazione strutturale economico-finanziaria dell’Italia, a partire dal secondo semestre 2012 (dopo l’effetto intervento della Bce sul finanziamento alle banche) lo spread e gli interessi sul debito pubblico nazionale sarebbero tornati a livelli berlusconiani. Sembra proprio che, specie chi ha scommesso i propri capitali a partire da quelle analisi, qualcuno ci abbia preso davvero.
Ma non c’è solo lo spread ad essere tornato a livello berlusconiano. C’è anche la propaganda che non è più il “noi siamo messi meglio di altri” di Tremonti e Berlusconi, ma il montiano “stiamo facendo il dovuto sforzo di risanamento”, o il “mediamo in Europa per la crescita”. L’effetto cosmetico però è simile: si cercano delle frasi per tranquillizzare il paese, la propaganda del rasserenamento, quando la politica dell’austerità ha solo acuito e radicalizzato la crisi italiana ed europea. La verità è un’altra: il debito pubblico si è acuito, nonostante le privazioni a cui è stata sottoposta la popolazione italiane, l’economia è in recessione piena, i deficit strutturali si sono aggravati e della preziosa “mediazione” di Monti c’è solo traccia su Repubblica o nel tg di Mentana.
Monti al forum della Pubblica Amministrazione ha parlato principalmente di due temi. Il primo dedicato al rispetto dovuto ai funzionari di Equitalia, il secondo ha il suo centro sul fatto che il paese è ancora in piena emergenza. I media hanno dato risalto al frame “rispetto per Equitalia”, genere propaganda che serve per legittimare le istituzioni, ma la realtà alla fine ha parlato chiaro anche attraverso lo stesso Monti. Per quanto si metta a fare il Berlusconi, il disastro permanente delle politiche di austerità, del mitico rigore, stregoneria liberista dei primissimi anni ‘30, non cesserà certo con qualche edizione amica dei tg.
I dati macroeconomici, la situazione della finanza globale, la crisi dell’euro ci indicano invece che il paese rischia di essere investito da un nuovo ciclone. Se non intervengono fatti nuovi è solo questione di tempo. Può essere causato dal corto circuito Italia-Spagna-Grecia, dal livello raggiunto dallo spread, dalla disastrosa situazione delle banche, da un ulteriore declino del livello del conto delle partite correnti, dalla paralisi dell‘area euro. O persino da tutto assieme. Di sicuro sarebbe l’ennesimo ciclone non indolore sui livelli di vita del paese.
E sarebbe il terzo in pochissimi anni dopo quello dovuto all’effetto Lehman e quello dell’estate dello scorso anno. E fino a quando le politiche di austerità saranno regime, questo paese sembra proprio condannato ad essere continuamente attraversato da cicloni del genere.

(red) 16 maggio 2012

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