Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 7 maggio 2011

La capacità di resistere, la volontà di cambiare.



di Roberta Fantozzi (Liberazione del 6 maggio 2011) Fonte: controlacrisi

Lo sciopero generale promosso dalla Cgil e le manifestazioni porteranno oggi in piazza la rabbia e le speranze di tante donne e uomini: lavoratrici e lavoratori, ragazze e ragazzi, pensionate e pensionati. In uno sciopero che la stragrande maggioranza delle categorie e dei territori, andando oltre la convocazione iniziale, ha trasformato in una fermata di 8 ore. Uno sciopero che ci auguriamo capace di bloccare il paese, di mostrare che lavoratrici e lavoratori, precari, disoccupati, movimenti non ci stanno. Che la disponibilità alla lotta è viva e domanda continuità e determinazione. Che non c'è rassegnazione, ma appunto rabbia e speranza. Il momento che stiamo vivendo è tra i più duri nella storia di questo paese. Le cifre fredde della statistica, con la disoccupazione che colpisce stabilmente più di due milioni di persone, un milione e mezzo di "scoraggiati" che un lavoro hanno rinunciato persino a cercarlo, quasi mezzo milione di lavoratori e lavoratrici in cassa integrazione, restituiscono la dimensione della crisi, ma non raccontano la sofferenza che sta dietro ai numeri, la lotta quotidiana per la sopravvivenza a cui sono costretti donne e uomini. Non raccontano la fatica di vivere con settecento euro al mese, o la negazione di futuro che sperimentano le ragazze e i ragazzi di questo paese, colpiti da livelli di disoccupazione senza pari in Europa. Costretti, se trovano un lavoro, alla più totale precarietà. La sofferenza che in tante e tanti stanno vivendo non è piovuta dal cielo, non è conseguenza di un destino cinico e baro. Ha responsabilità precise, nomi e cognomi. Sono le politiche liberiste la causa di una crisi tutt'altro che finita: privatizzazioni, deregolamentazione, precarietà hanno portato alla crescita delle disuguaglianze, a quell'impoverimento del mondo del lavoro che è causa prima della crisi. Sono il governo Berlusconi e Confindustria i responsabili di un disegno che vuole usare la crisi come occasione per una regressione sociale, civile e democratica che non ha precedenti. Metà delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti - metalmeccanici, del pubblico impiego, del commercio - sono oggi privi di un contratto decente in ragione di una controriforma della contrattazione che impoverisce ancora di più il mondo del lavoro, che vuole distruggere il contratto collettivo e la forza organizzata delle lavoratrici e dei lavoratori, mentre continuano gli accordi separati, con il collegato lavoro integralmente assunto dal contratto del commercio. Va avanti l'attacco alla scuola e all'università pubblica, che si vogliono nuovamente trasformare in luoghi per pochi, dentro la riscrittura classista della società. E l'attacco alla libertà del sapere che solo il sistema pubblico può garantire. Il governo prova ad aggirare il referendum sul nucleare per non perdere nelle urne e cerca di impedire il quorum sul legittimo impedimento ed accontentare le lobby del nucleare e le grandi multinazionali dell'acqua. Questo paese è in guerra, di nuovo è violata la nostra Costituzione, con l'incredibile e grave posizione assunta dal Pd. C'è bisogno, oggi più che mai, di costruire un'opposizione duratura alla situazione che stiamo vivendo. E c'è oggi un motivo in più. Ci riferiamo alla vicenda della ex-Bertone. Non perché sia nuovo il ricatto che è stato portato. Ma perché quel ricatto è stato agito con una violenza ancora maggiore che a Pomigliano e Mirafiori. Su donne e uomini in cassa integrazione da sei anni e con l'annuncio di Marchionne della riconsegna della fabbrica ai commissari liquidatori in caso avesse prevalso il "no". Dove millecento persone avevano dunque come sola prospettiva immediata il licenziamento. Dove Bonanni aveva dato il via libera alla Fiat: che togliesse pure le produzioni da Grugliasco, bastava fossero mantenute in Italia. Dove è continuato il circo delle dichiarazioni della politica che conta a favore della Fiat, mentre è assente persino il dubbio che Marchionne sia in realtà alla ricerca di una scusa per disimpegnarsi da un paese oggi periferico nelle proprie strategie. Le difficoltà che la Fiom, l'organizzazione che più si è battuta e si batte per il contratto e i diritti dei lavoratori, ha incontrato in quella vicenda non riguardano solo la Fiom e la sua discussione. Interrogano tutti. Interrogano la Cgil, sul dopo sciopero. Continuare nelle mobilitazioni, concepire lo sciopero di oggi come l'apertura di una fase di conflitto sociale durevole contro Governo e Confindustria, tiene aperta una possibilità di resistenza e cambiamento. Cedere a quanti vorrebbero il reingresso nel sistema disegnato da Governo, Confindustria, Cisl e Uil, sarebbe la sconfitta del lavoro e della democrazia. Anche la politica è interrogata, a partire da noi, dalle nostre forze, piccole ma non insignificanti. La speranza di poter cambiare è componente decisiva della capacità di resistere. Costruire una sinistra unita e autonoma dal Pd in grado di rimobilitare forze, di ricostruire progetto e obiettivi, è una necessità. Siamo oggi nelle piazze con le lavoratrici e i lavoratori in sciopero, saremo a Bergamo domani a dire a Confindustria che è parte del problema e non della soluzione. Lavoreremo per far vincere i "si" ai referendum. Discuteremo con altri, movimenti sociali e forze politiche, i contenuti della campagna della Federazione su reddito e lavoro, ambiente e sapere. Cambiare si può, mettendo la nostra rabbia e la nostra intelligenza nella costruzione del conflitto sociale e di una proposta di alternativa.

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