Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!
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lunedì 25 marzo 2013

Il nuovo modello per "salvataggi”


Nota. Che sia il famoso “Eurogruppo” piuttosto che i singoli governi nazionali a decidere sui nostri destini ormai non c’e’ alcun dubbio. Ma chi e’ l’eurogruppo e come vengono decise le “misure” per ciascun paese ? Leggendo i media, nel caso di Cipro p.es. apprendiamo che tali decisioni sono state prese all’unanimita’ dai ministri della finanza dei paesi dell’eurozona.

Balle. Discussioni (si fa per dire) e decisioni avvengono a porte chiuse fra 4 persone. Il presidente l’olandese Disselbloem, la signora Lagarde del FMI, Draghi della BCE e naturalmente il superman sulla carrozzella tedesco Scheauble: il vero capo. Beh, veramente concedono anche la presenza del ministro del paese coinvolto, questo bisogna dirlo, senno che democrazia sarebbe? I ministri di tutti gli altri paesi attendono il testo finale su cui porre la propria firma per rendere la decisione … unanime!!

p.s. e pensare che in Italia si fa tanta ammuina per formare un “nuovo governo” … quando il governo c’e’ gia’ ed e’ quello di cui sopra.

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Eurogruppo: “Prelievo forzoso a Cipro è nuovo modello per salvataggi”

Dijsselbloem: “Se vogliamo un settore finanziario sano, l’unico modo è dire che chi ha assunto dei rischi deve gestirli e se non ci riesce non doveva assumerli. La conseguenza può essere la fine"

Il salvataggio di Cipro, con la partecipazione degli investitori e titolari di depositi nella ristrutturazione delle banche, rappresenta un nuovo modello su come gestire i problemi del sistema bancario in Europa. Lo sostiene il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, che ha rilasciato delle dichiarazioni in merito all’agenzia Reuters. Secondo il ministro delle Finanze olandese l’accordo raggiunto in nottata per salvare Cipro serve a “far rientrare i rischi. Se c’è rischio in una banca, la prima domanda è: che cosa può fare la banca? può ricapitalizzarsi?”. Se la banca non ci riesce, “dobbiamo parlare con azionisti e obbligazionisti, chiedendo loro di contribuire a ricapitalizzarla, e se necessario anche chi ha depositi non assicurati (sopra 100.000 euro, ndr)”.

Parole che hanno pesato come macigni sulle Borse europee che hanno accentuato le perdite virando tutte in rosso trascinate dalle banche. Nel mirino soprattutto gli istituti dei paesi più deboli dell’eurozona, con Madrid che ha perso il 2,27% e Milano il 2,5%, sui timori per il futuro dei depositi. Ma tremano anche gli istituti francesi (Parigi -1,12%), in particolare SocGen (-6%) e Credit Agricole (-5,84%). Caduta, a Piazza Affari, per Banco Popolare (-5,86%), Intesa Sanpaolo (-6,21%), Mediobanca (-5,3%), Unicredit (-5,81%) e Ubi (-4,76%) e le spagnole Bbva (-3,6%) e Banco Popular (-2,87%). Giù anche Deutsche Bank (-4,06%) e Commerzbank (-1,77%).

Cipro, via libera al salvataggio: salvi i depositi sotto 100mila euro

L'Eurogruppo ha raggiunto "all'unanimità" un accordo per evitare la bancarotta di Nicosia che riceverà aiuti per 10 miliardi in cambio della chiusura della Laiki Bank. Il portavoce del governo cipriota ha avvertito che il prelievo sui conti più ricchi nella Bank of Cyprus sarà di circa il 30 per cento


“Abbiamo evitato un fallimento disastroso“, commenta il ministro delle Finanze cipriota Sarrys quando l’alba non è ancora spuntata a Bruxelles. I volti sono tirati, l’Eurogruppo ha sì concesso il maxiprestito da 10 miliardi di euro per salvare Cipro ma, mai come in questa occasione, il club dell’Unione europea è stato vicinissimo allo scioglimento. Il Presidente della Repubblica Nikos Anastasiadis, ad un certo punto, ha sbuffato e rivolgendosi ai suoi interlocutori (Lagarde, Scheauble, Draghi) ha detto: “Vi faccio una proposta e non la accettate, ve ne presento un’altra ma è lo stesso. Cosa volete che faccia, che mi dimetta? Nessun problema”. In quei frangenti è anche circolata l’ipotesi che il suo testimone potesse essere raccolto dal capo della Chiesa di Cipro, l’Arcivescovo Chrysostomos II, che in quel caso avrebbe ripercorso gli stessi passi compiuti quarant’anni fa da Makarios, leader della chiesa e primo capo di stato dell’isola finalmente indipendente. Solo dopo quattro ore di trattative serrate con la troika la delegazione cipriota ha fatto ingresso nella sala dove nel frattempo era già iniziato senza di loro l’Eurogruppo.

Il nodo è per i depositi superiori a 100mila euro. Il portavoce del governo cipriota, Christos Stilianides, parlando alla radio statale ha avvertito che il prelievo sui super conti nella Bank of Cyprus sarà di circa il 30 per cento, punto più punto meno. Una percentuale altissima ma comunque inferiore al 60 per cento proposto dalla troika. Per questo oggi il quotidiano cipriota Fileleftheros titola “Thriller con racket”, per via del gioco di ricatti e veti che per quasi dodici ore è andato in scena a Bruxelles. La prima reazione a Nicosia è stata una bomba fatta esplodere nella città marittima di Limassol contro una sede della Bank of Cyprus: molti danni ma nessun ferito.

I punti chiave dell’accordo prevedono la liquidazione immediata della Laikì Bank, divisa in “bad bank” e “good bank”; la Bce fornirà la liquidità necessaria alla Bank of Cyprus; indenni i depositi sotto i 100mila euro; solo i depositi non assicurati rimarranno congelati fino a quando non si procederà alla ricapitalizzazione; quest’ultima coinvolgerà i depositi non assicurati dei titolari di azioni e obbligazioni; la misura non dovrà passare al vaglio del Parlamento cipriota, che qualche giorno fa ha già votato un ddl straordinario che attribuisce poteri eccezionali al governatore della Banca centrale. Il versamento della prima tranche del prestito dovrebbe avvenire entro due mesi, ha detto il capo del meccanismo europeo di stabilità (Esm), Klaus Regklingk: “Dovremmo essere in grado di fare la prima erogazione ai primi di maggio”. Prima però la troika sarà chiamata a determinare i dettagli tecnici. L’accordo raggiunto sulla ristrutturazione delle due maggiori banche di Cipro può procedere “senza ulteriori ritardi” grazie ad un testo di legge recentemente approvato dal Parlamento a Nicosia, ha aggiunto il presidente dell’eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem.

Lapidario il commento di Anastasiadis: “Non solo una battaglia vinta, ma credo che si sia evitato il rischio prevedibile di una catastrofica uscita dalla zona euro“. L’obiettivo, da domani, è quello di ottenere stabilità macroeconomica, riformare il settore bancario, la disciplina fiscale. Nessuna certezza, ha aggiunto Sarrys, sulla data di riapertura delle banche nell’isola. Il ministero delle Finanze ha confermato che la liquidità di 9,2 miliardi sarà trasferita alla Banca di Cipro grazie all’impegno diretto della Bce. Alla domanda circa il coinvolgimento di fondi pensione appartenenti ai clienti della Banca di Cipro per importi superiori a 100.000 euro, Sarrys ha risposto che i depositi (indipendentemente da chi li ha generati) saranno convertiti in azioni, e i nuovi proprietari delle banche saranno principalmente gli azionisti attuali. Ha aggiunto che i fondi di previdenza hanno una propria politica di investimento che prevede la partecipazione al capitale nelle banche, “che è anche un modo per contribuire alla stabilizzazione del sistema”. E il Financial Times scrive che alcune banche estere starebbero già premendo per accaparrarsi i depositi dei russi a Cipro. Pare che approcci indicativi siano già giunti da paesi come Andorra, Germania, Lettonia e Svizzera. Forse la crisi è solo all’inizio

 

venerdì 15 marzo 2013

Bruxelles, la protesta nel cuore della Troika




Dopo l'austerity tour del 13 marzo, il 14 è stata la giornata delle manifestazioni. Al concentramento indetto dal sindacato belga hanno partecipano migliaia di lavoratori e attivisti arrivati da mezza Europa. Il corteo ha sfilato per il centro di Bruxelles in contemporanea allo svolgimento del vertice dei primi ministri UE. Alla fine della manifestazione, partecipata da oltre 10,000 persone, centinaia di attivisti dei movimenti con lavoratori e sindacalisti delle aziende in lotta hanno occupato gli uffici della Direzione Generale EcFin. All'uscita un ingente schieramento di agenti in assetto antisomossa ha circondato gli occupanti e arrestato circa trenta persone. Nella notte tutti vengono rilasciati con una denuncia penale.

lunedì 12 novembre 2012

I frantumi d’Europa e le altre voci di Firenze

di Mario Pianta - sbilanciamoci -

Scontri ad Atene, litigi a Bruxelles. L’Europa appare sempre più in frantumi, la spaccatura tra centro e periferia sempre più profonda. Un’altra Europa, quella di Firenze 10+10, discute delle alternative per l’economia
Scontri in piazza ad Atene mentre il parlamento vota le nuove misure di austerità. Occhi chiusi a Berlino di fronte agli effetti delle politiche imposte alla periferia d’Europa. Scontro aperto a Bruxelles tra Europa e Gran Bretagna sul prossimo bilancio dell’Unione. A Londra il governo è spinto a fare la voce grossa contro la Ue mentre c’è chi pensa a un referendum per uscire dall’Europa. Di fronte alla recessione che colpisce l’intera area euro, ieri a Francoforte la Bce non ha ridotto i tassi e Mario Draghi ha elogiato come “stupefacente” il risultato del consolidamento fiscale dell’eurozona, che della recessione è una delle cause. La disoccupazione è quasi ovunque a livelli record e la crisi comincia a mordere anche nel “centro”, colpendo la base produttiva in Francia e le esportazioni in Germania. L’Europa appare sempre più in frantumi, la spaccatura tra centro e periferia sempre più profonda, la via per uscire dalla crisi sempre introvabile.
Diverso è il paesaggio sull’altra riva dell’Atlantico; la vittoria di Barack Obama sarebbe una buona notizia per l’Europa: nell’immediato evita il peggio – una recessione generalizzata a tutto l’occidente – e pone i problemi da affrontare nei prossimi quattro anni – ridimensionare la finanza, contenere gli squilibri, ridurre le disuguaglianze. Peccato che la risposta della finanza siano state borse in calo e minacce di voti più bassi agli Usa delle agenzie di rating, una reazione che riflette i problemi strutturali dell’economia americana (a partire da un debito totale, pubblico e privato, pari al 250% del Pil) e il timore che la nuova Casa bianca inizi a far pagare la crisi anche a Wall street (che l’ha causata). Le notizie dagli Usa sembrano aprire uno spazio politico che dà la possibilità di correggere alcune politiche dell’occidente. Ma l’Europa sembra non accorgersene e procede sulla strada dei salvataggi della finanza e dell’austerità fiscale, sprofondando nella depressione.
Non è un esito obbligato. L’immagine di una strada diversa per l’Europa si è nuovamente materializzata ieri a Firenze, con le duemila persone in arrivo alla Fortezza da basso per l’incontro “Firenze 10+10. Unire le forze per un’altra Europa”. Le alternative economiche sono al centro di molti dibattiti – dall’austerità al lavoro, dal debito alle grandi opere – e sono oggi al centro del forum tra le reti di economisti “alternativi” promosso da Sbilanciamoci!, Another road for Europe, gli “Economisti sgomenti” francesi e la rete di Euromemorandum, insieme a AlterSummit, Transform, Tni, Corporate Europe Observatory e molti altri gruppi.
Analisi diverse ma convergenti nell’individuare le responsabilità della crisi e la necessità di cambiare politiche. Proposte già articolate nel lavoro che anni queste reti hanno messo in piedi. Accanto alle controfinanziarie di Sbilanciamoci! in Italia, c’è il rapporto annuale di Euromemorandum, che indica la via per un’Europa meno liberista, e i libri degli “Economisti sgomenti”; il loro ultimo è contro il “Fiscal compact”, l’ultimo trattato europeo che impone pareggio di bilancio e rimborso del debito (l’edizione italiana, “L’Europa da slegare”, è ora disponibile, scaricabile da questo sito).
Si tratta di proposte già discusse nell’incontro “Un’altra strada per l’Europa” del 28 giugno scorso al Parlamento europeo, in cui gli stessi protagonisti avevano inziato un dialogo anche con le forze politiche progressiste. Ora l’ambizione è di stringere le fila di un lavoro comune in tutti i paesi, di costruire una proposta alternativa più ampia, capace di dare argomenti concreti alle iniziative che saranno messe in cantiere a Firenze, con un confronto serrato con i movimenti, le associazioni e con il sindacato che con lo sciopero europeo del 14 novembre sembra dare segni di svegliarsi dal lungo letargo che ha seguito la crisi. Si discute poi di come condizionare le politiche – nazionali e europee – e la politica nel suo insieme, tenendo presenti le scadenze elettorali di Roma e Berlino, e quella del Parlamento europeo nel 2014. La discussione ruota intorno ai punti chiave di come fermare la speculazione, cambiare il ruolo della Bce, ridimensionare la finanza, rovesciare le politiche di austerità, difendere il lavoro e l’occupazione, cambiare il modello di sviluppo con un new deal verde e mettere molta, molta più democrazia nei meccanismi di decisione che devono stabilire il futuro dell’Europa.

martedì 17 luglio 2012

Europa, ancora un vertice quasi inutile.

di Vincenzo Comito

Dopo l'euforia di Bruxelles, qualche riflessione a freddo induce al pessimismo. Più che per il poco che si è fatto, il vertice sarà ricordato per quel che non ha fatto per bloccare la speculazione e avviare davvero la crescita

“…il piano dell’Unione Europea (concordato a Bruxelles) è una soluzione decisiva che usa dei soldi che non esistono per comprare dei titoli che non verranno ripagati e questo attraverso un meccanismo sul quale bisogna ancora mettersi d’accordo…”
Vincent Cignarella, dal Wall Street Journal
Premessa
Può essere utile cercare di analizzare i risultati degli ultimi accordi di Bruxelles diversi giorni dopo l’evento, dopo in particolare che la fretta presente nei commenti a caldo di molti osservatori può ormai lasciare il campo ad una riflessione più analitica e più consapevole. Nel frattempo, la presunta vittoria di Monti al vertice ha persino apparentemente fermato una possibile crisi di governo in Italia, mentre la altrettanto presunta sconfitta della Merkel sta suscitando le ire di una parte dell’opinione pubblica tedesca, del partito cristianodemocratico bavarese, nonché dei governi olandese e finlandese. In realtà a noi sembra che si sia trattato, alla fine, dell’ennesimo vertice sui problemi dell’euro che lascia ancora una volta le cose come stavano; questo, salvo qualche non decisivo passo avanti, che serve a fermare per qualche giorno o al massimo per qualche mese una crisi che sembra sul fondo inarrestabile – qualcuno ha parlato di un treno che avanza lentamente verso il burrone- e continua ad essere senza sbocchi apparenti.
Lo scudo anti-spread
Monti si è recato al vertice di Bruxelles chiedendo un intervento automatico del fondo salva- stati nel caso in cui i tassi di interesse sui titoli pubblici di un paese superassero certi livelli predefiniti. In realtà, c’è da ricordare che questa possibilità di intervento esisteva già prima anche se non era mai stata usata e quindi da questo punto di vista non si è in realtà discusso di niente di sostanzialmente nuovo.
Tanto rumore per nulla, dunque? In gran parte sì. Ma almeno apparentemente le condizioni fissate per l’intervento sembrano a prima vista meno pesanti di prima, almeno secondo l’interpretazione di Monti, cosa che peraltro non è ancora certo sicura; i paesi nordici e forse anche la stessa Germania sembrano poco inclini ad accettare tale interpretazione. In ogni caso, per accedere operativamente al programma, l’Italia sarà soggetta al monitoraggio della Commissione Europea e della BCE.
Ma ci troviamo poi di fronte ad un ulteriore e difficile passo. Il fondo salva stati non avrà certamente le risorse necessarie per intervenire adeguatamente sul mercato in caso di necessità, tanto più dopo gli impegni nei confronti di Grecia, Portogallo, Irlanda ed ora Spagna e Cipro, forse anche con la Slovenia in un prossimo futuro. Bisogna ricordare che il totale dei debiti pubblici italiani e spagnoli si aggira intorno ai 2800 miliardi di euro e che quindi il fondo salva stati, per essere credibile, dovrebbe avere una dotazione di almeno 2500 miliardi e/o avere la possibilità di accendere prestiti per importi molto rilevanti presso la BCE, cosa cui i paesi nordici si oppongono fortemente. Nelle attuali condizioni il fondo potrebbe avere a disposizione, per intervenire sul mercato dei titoli, si e no 150 miliardi di euro, un’inezia. A questo proposito P. De Grauwe, della London School of Economics, ha mostrato nei giorni scorsi come le decisioni prese potrebbero persino destabilizzare gli stessi mercati dei titoli pubblici di vari paesi.
Alla fine, come ha anche scritto W. Munchau sul Financial Times, per l’Italia non è cambiato niente e, aggiungiamo noi, non ci sono in ogni caso soldi per salvare l’Italia e le conseguenze dell’accordo potrebbero essere per altro verso persino catastrofiche.

sabato 7 luglio 2012

L'altra Europa da Bruxelles a Roma

di Giulio Marcon

Lunedì 9 luglio, presso la Casa Internazionale delle Donne – Roma, via della Lungara 19 – dalle 10.30 alle 20.00, si terrà il convegno: Uscire dalla crisi con un’altra Europa, una giornata di incontri e dibattiti promossa dalla Green European Foundation con il contributo di Sbilanciamoci!, un confronto per proseguire la strada delineata nel forum di Bruxelles

Dopo il Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno, l'Europa naviga in acque tempestose, nonostante le diplomatiche riappacificazioni (con la Merkel) e qualche passo indietro. Il conflitto tra governi e schieramenti di stati (Italia, Spagna, in parte la Francia da una parte e Germania, Gran Bretagna, Olanda, Finlandia dall'altra) prosegue. Un conflitto aperto e le pur timide novità sul possibile intervento della Bce per calmare lo spread e la realizzazione dell'unione interbancaria rischiano di impantanarsi nelle dispute interpretative (perché il diavolo è sempre nel dettaglio) e nelle farraginose e lunghe procedure attuative. Si vedrà cosa succederà il 9 luglio nella prossima riunione dell'Eurogruppo, che dovrebbe tradurre nella zona dell'euro le misure del Consiglio Europeo. Più che un primo passo, il Consiglio del 28 e 29 giugno è un leggero abbrivio dagli esiti ancora assai incerti e comunque modesti. La crisi non demorde e – proprio a causa dell'inerzia di Bruxelles – potrebbe essere destinata ad aggravarsi ulteriormente in Europa. Nel frattempo bisognerebbe aspettare molti anni per la modifica (in senso positivo, speriamo) dei trattati, o attendere anche meno tempo, un anno e più, per sperare di veder evolvere verso sinistra l'equilibrio politico in Italia (primavera 2013) e in Germania (autunno 2013) e modificare così l'equilibrio europeo. Comunque troppo tempo: frattanto saremo definitivamente travolti dalla crisi, dal fallimento dell'architettura europea e dal declino del modello sociale europeo.
Di fronte a questa situazione la sinistra, il sindacato e anche i movimenti sociali europei sono in difficoltà, incapaci di mettere in campo una forte ed incisiva mobilitazione contro le scelte dei governi europei e le politiche di austerity, che altro non sono che la "continuazione del neoliberismo con altri mezzi". Proprio contro il neoliberismo dieci anni fa i movimenti europei erano stati capaci di organizzarsi, coordinarsi, manifestare. E oggi, che di questa mobilitazione ci sarebbe ancora più bisogno, la debolezza della protesta e della capacità di coordinarsi e unirsi risulta paradossale e preoccupante. La crisi sembra avere messo in questione la capacità della società civile globale – in questo caso europea – di organizzarsi e costruire le alternative necessarie. Continuano ad esserci, ma non si coagulano, non fanno "massa critica".

domenica 24 giugno 2012

Forum dell’altra Europa per uscire dal tunnel

Democrazia, banche, crescita. Alcune idee alternative sul tavolo dell’incontro promosso per il 28 a Bruxelles
C’è poco di nuovo in quanto si è detto al vertice dei quattro maggiori paesi europei chiuso venerdì a Roma, e c’è molto di non detto sull’accelerazione della crisi europea. La prima “mezza notizia” è sulla tassazione delle transazioni finanziarie. Alla fine del vertice perfino il “cattivo” ministro dell’economia tedesco Wolfgang Schäuble ha dichiarato che dieci paesi europei sono ora pronti a introdurla. Sarebbe una vittoria di chi chiede la Tobin tax da vent’anni; per quanto limitata a pochi paesi, aggirabile dalle strategie della speculazione e efficace a colpire sono una piccola parte delle attività della finanza, la tassa avrebbe un significato simbolico fondamentale. Per la prima volta in cinque anni di crisi, la finanza verrebbe colpita dalla politica. Non sarebbero più i governi a subire inermi ogni lunedì l’attacco della speculazione, ma sarebbe la finanza a subire un piccolo colpo. Il problema è che l’Europa rinuncia a una norma comune e passa a un’iniziativa di “cooperazione rafforzata” tra pochi paesi, e il Regno Unito di David Cameron – l’oppositore più ostinato – può tirare un respiro di sollievo.
La seconda è la non notizia sulla responsabilità collettiva dell’Europa sul debito pubblico. L’ha chiesta timidamente Mario Monti. Hollande è d’accordo, chiede prima la solidarietà e gli eurobond, poi la perdita di sovranità – difficile da digerire per la Francia. Merkel accoglie solo una “unione fiscale” pensata come protettorato tedesco sulle politiche di bilancio degli altri paesi. Qui la “convertita” è la signora del Fondo monetario Christine Lagarde, che ha imbeccato il vertice europe chiedendo eurobond, unione fiscale e acquisti di titoli pubblici da parte della Banca centrale europea: un’Europa che si dia una scossa e aiuti anche la ripresa Usa in tempo per la rielezione di Obama. La paralisi qui è destinata a continuare e la palla resta all’amletico Mario Draghi al vertice della Bce, l’unico con gli strumenti per intervenire davvero. Finora ha salvato soltanto le banche, rifiuta di sostenere massicciamente il debito pubblico e ha fatto infuriare i tedeschi chiedendo una unione bancaria per poter sorvegliare la banche a rischio. Tra i potenti regna il disordine.
La terza è una notizia inesistente, i 130 miliardi per la “crescita”, che non si da dove vengano, dove vadano e come possano far uscire l’Europa dalla recessione.

martedì 17 aprile 2012

La Riunione Internazionale sul debito a Bruxelles

Inserito da: Giuliana - Fabio News -
Lotte coordinate in Europa e Nord Africa per combattere il debito e l'austerità
E' nata la rete internazionale per le auditorie cittadine sul debito – ICAN - con lo slogan "Noi non dobbiamo pagare! Noi non pagheremo! " che riunisce movimenti e reti in diversi paesi europei e del Nord Africa in lotta contro le misure di austerità attraverso la realizzazione di audit cittadino sul debito.

Il primo incontro euro-mediterraneo della nuova rete internazionale per le auditorie cittadine sul debito, si è svolto sabato 7 aprile a Bruxelles. Attivisti provenienti da dodici paesi hanno partecipato all'incontro: Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia, Polonia, Regno Unito, Francia, Germania, Belgio, Egitto e Tunisia. Le diverse regioni stanno sviluppando o avviando auditorie cittadini del debito o campagne contro l'austerità e il debito.

Durante l'incontro diverse organizzazioni, reti e movimenti sociali hanno condiviso esperienze, discusso dei vari tipi di auditoria in corso o programmate in ciascun paese, nonché di che tipo di azioni e strategie di mobilitazione sociale si stanno sviluppando in ciascun territorio. Per l'Italia le campagne Rivolta il debito e Smonta il debito hanno portato la loro esperienze fino ad oggi.

Al di là dello scambio di informazioni su come ogni paese sta affrontando la situazione del debito, l'incontro ha creato le basi per una migliore comunicazione ed il coordinamento della rete internazionale. Ha inoltre delineato un calendario comune, che identifica le date importanti di azione contro il debito e l'austerità: 1° Maggio Festa del Lavoro prima, proteste globali di maggio dal 12 al 15 (in coincidenza con il primo anniversario del movimento "15M/Indignados" in Spagna) e dal 17 al 19 maggio proteste, azioni, manifestazioni e blocchi contro la Banca Centrale Europea a Francoforte.

La proposta presentata dalla delegazione greca di organizzare una Giornata di azione globale contro il debito, l'austerità e in solidarietà con il popolo greco, è stata accolta positivamente, e la giornata probabilmente cadrà durante la settimana di azione globale contro il debito e le istituzioni finanziarie internazionali, che si tiene ogni anno dall'8 al 15 ottobre. Quest'anno coincide con il 25 ° anniversario della morte di Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso, ucciso (tra i vari motivi) per opporsi al pagamento del debito. E 'stato inoltre convenuto di studiare la possibilità di un secondo incontro internazionale, con una maggiore partecipazione degli attivisti di base, ed una più ampia presenza di organizzazioni e paesi, probabilmente a Barcellona all'inizio dell'autunno 2012.
Attivisti greci, autori di Debtocracy, hanno concluso l'incontro con la presentazione del trailer cinematografico Catastroika:

mercoledì 28 marzo 2012

Sciopero addio, l’Ue ci prova

di Loris Campetti - controlacrisi -
La risoluzione Barroso è in discussione al parlamento europeo. Ma Strasburgo non può modificare il testo: prendere o lasciare L’Europa vuole rendere «compatibili» le proteste dei lavoratori con le regole del mercato unico. La proposta riprende un documento preparato dal professor Monti nel 2010 su incarico della Commissione

Mario Monti colpisce ancora. Ma questa volta, data la sua nota vocazione europea, colpisce a livello – per ora – continentale. Il 21 marzo la Commissione europea ha varato un testo basato sul documento chiesto da Barroso all’allora libero docente Mario Monti, che rischia di imprigionare il diritto di sciopero. Il testo va sotto il nome di «consigli di regolamentazione dell’esercizio del diritto di promuovere azioni collettive nel contesto della libertà d’impresa e della garanzia dei servizi». La filosofia insita nel testo varato dalla Commissione sulla base del documento Monti è semplicissima: i diritti dei lavoratori vanno armonizzati con quelli economici. Siccome non esiste sciopero degno di tale nome che non vada in contrasto con l’impresa contro cui esso è rivolto, è ovvio che si vuole fortemente ingabbiare ogni possibilità di conflitto. A meno che, naturalmente, l’esercizio di un diritto sacrosanto non sia ritenuto «compatibile» con gli interessi, tanto per essere espliciti, del padrone. Cioè mai, almeno sul piano della logica.
Da Strasburgo, dove il testo della Commissione Josè Manuel Barroso è appena stato recapitato, arrivano i primi allarmi. Innanzitutto a preoccuparsi sono alcuni parlamentari italiani che hanno imparato a conoscere la filosofia del presidente del consiglio Monti. Tra questi c’è sicuramente Sergio Cofferati, il cui rapporto con l’articolo 18 non va certo spiegato ai lettori del manifesto. Quando il parlamento europeo incaricherà le commissioni competenti di analizzare il testo della Commissione, l’ex segretario generale della Cgil si occuperà, molto probabilmente, di spiegare ai suoi colleghi europarlamentari la pericolosità di una tale svolta nell’area geografica del perduto «modello sociale europeo». Le commissioni non hanno possibilità di emendare il documento ma soltanto di «proporre alcune modifiche», oppure di rigettarlo in toto, che sarebbe l’opzione più tranquillizzante.

Oggi a Bruxelles

USB: OGGI PROTESTA A BRUXELLES IL 31 A MILANO
Oggi a Bruxelles l’Unione Sindacale di Base, unitamente ad alcuni tra i più importanti sindacati europei dei trasporti, partecipa alla manifestazione internazionale che si terrà in Place de Luxembourgh, dalle ore 13 alle ore 16.
La manifestazione è indetta per protestare contro le politiche dell'Unione Europea, che sostengono le privatizzazioni, le liberalizzazioni, il dumping sociale, l’outsourcing e gli attacchi alle condizioni di lavoro e ai diritti di tutti i lavoratori; come pure al diritto di sciopero, rispetto al quale si sta lavorando a provvedimenti di forte limitazione a livello europeo.

Sabato 31 marzo sarà poi la volta della grande manifestazione di Milano, promossa dal Comitato NO Debito, da USB e da decine sindacati, partiti, movimenti e associazioni, contro il governo Monti, le sue politiche di difesa degli interessi di banche, padroni e finanza e l'attacco alle condizioni dei lavoratori ed ai loro diritti. L'appuntamento a Milano è alle ore 14.00 in Piazza delle Medaglie D'Oro, da cui con partirà il corteo diretto in piazza affari.

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