Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

giovedì 8 marzo 2012

Anche il Financial Times è preoccupato: “Il rigore tedesco ingabbia l’Europa”

Posted by keynesblog on 8 marzo
“Una follia è fare più volte la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi. La determinazione della Germania a imporre una camicia di forza finanziaria ai suoi partner non funzionò ai tempi del ‘Patto di crescita e stabilità’. Potrà funzionare con il “Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance”, su cui è stato raggiunto un accordo la settimana scorsa? Ne dubito. Il trattato è il prodotto di una convinzione che la crisi sia stata causata dalla mancanza di disciplina di bilancio, e che la soluzione potrà venire da una maggiore disciplina. Ma la disciplina di bilancio non è tutta la verità, neanche lontanamente. L’applicazione rigorosa di un’idea così infondata è pericolosa”

Non poteva essere più chiaro ed esplicito Martin Wolf, commentatore del Financial Times, nell’affrontare il nuovo patto di bilancio sottoscritto dalla grande maggioranza dei paesi europei (non la Gran Bretagna, patria del quotidiano economico di Wolf).

Nonostante la prodigalità della BCE verso le banche, che ha contribuito a “calmare” i mercati finanziari, “la crisi non è passata. – rimarca Wolf – Chi più chi meno, i Paesi vulnerabili restano in difficoltà. Questi piani di risanamento hanno salvato l’Eurozona dalle sue crisi a catena? Riusciranno a tirare fuori da queste crisi i Paesi colpiti? La risposta è no, a entrambe le domande.”

Wolf spiega chiaramente che, se il patto fosse stato in vigore prima della crisi, non avrebbe affatto prevenuto o alleviato i suoi effetti. Una analisi perfettamente calzante, se si pensa che paesi come l’Irlanda e la Spagna sono stati veri campioni della disciplina di bilancio, con deficit pubblici e debito bassissimi o addirittura con costanti avanzi del bilancio statale.

Scrive Wolf: “l’indicatore avrebbe dovuto urlare ‘crisi’: eppure la Spagna registrava un forte avanzo strutturale e l’Irlanda era in pareggio; sia Madrid che Dublino erano in condizioni migliori della Germania. La Grecia aveva un disavanzo strutturale importante, ma il Portogallo aveva un disavanzo più basso di quello della Francia. La regola non avrebbe fatto distinzioni tra Paesi vulnerabili e Paesi immuni perché non tiene conto di bolle speculative e manie finanziarie.”

Wolf conclude con l’esempio spagnolo: “Le difficoltà di bilancio della Spagna sono una conseguenza della crisi, non una causa: il Paese iberico ha avuto un colossale aumento del debito privato dopo il 1990, in particolare per quanto riguarda le grandi aziende non finanziarie; l’eccedenza di costruzioni residenziali esclude anche un forte indebitamento da parte delle famiglie. Alla luce di tutto questo, è molto improbabile che una drastica riduzione del debito pubblico sia compensata da un incremento dell’indebitamento e della spesa del settore privato. Il risultato, più verosimilmente, sarà una recessione molto più grave, accompagnata da scarsi progressi nella riduzione del deficit effettivo.”

Unica nota stonata in un ragionamento lucido e lineare è l’aspettativa di miglioramenti attraverso le riforme del mercato del lavoro adottate dal governo di Madrid (sempre che non venga costretto ad austerità più stringenti, secondo Wolf). Come ampiamente dimostrato nella letteratura economica, compresa quella non sospettabile di simpatie per il sindacato (si pensi al capo economista del FMI, Olivier Blanchard) non c’è evidenza di una correlazione tra l’occupazione (e la Spagna ha proprio un gigantesco problema di disoccupazione) e la flessibilità, intesa come normalmente viene intesa dai progettisti delle riforme del mercato del lavoro, vale a dire “facilità di licenziamento”. L’occupazione è guidata dall’aumento di produzione e l’aumento di produzione è guidato dalla domanda. Il mercato del lavoro segue, non guida.

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