Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

giovedì 6 febbraio 2014

Europee, presentata la lista di sostegno a Tsipras. Prc: “Ora coinvolgere e aggregare le realtà di lotta”

       
Europee, presentata la lista di sostegno a Tsipras. Prc: “Ora coinvolgere e aggregare le realtà di lotta”

 

di fabrizio salvatori – controlacrisi.org
Alexis Tsipras sarà a Roma venerdì prossimo. Il leader del partito greco Syriza, candidato alla presidenza della Commissione europea e sostenuto da una lista civica è stato “annunciato” dalla conferenza stampa di presentazione della lista che lo sosterrà alle elezioni europee. La lista, il cui nome sarà scelto attraverso una consultazione on-line, sarà fortemente collocata a sinistra, tanto che “i parlamentari eletti entreranno nel gruppo Gue”, quello della Sinistra europea, a cui appartiene anche Rifondazione Comunista.
La Grecia, spiega la Spinelli, “è considerata un laboratorio, in cui Atene ha fatto da cavia, su cui sono stati testati i metodi per imporre le misure di austerità, affidate di fatto a una gestione esterna, che stanno azzerando servizi fondamentali stabiliti dal dopoguerra“. Il paese ellenico è diventato uno spauracchio. “Per non fare la fine della Grecia” è la frase usata per rompere le titubanze e le resistenze ad accettare determinate politiche nei Paesi in difficoltà. In questi ambienti Tsipras, definito dal settimanale tedesco Spiegel “il nemico numero uno dell’Unione europea” è invece considerato un modello, in particolare per la sua critica e la voglia di cambiare l’Europa “da dentro”.i entreranno nel gruppo Gue”, quello della Sinistra europea che raccoglie i partiti comunisti del Vecchio continente, come sottolinea Guido Viale. “Una scelta obbligata”, sottolinea Barbara Spinelli, anche in relazione al fatto che è da lì che è nata la proposta di candidatura. Scelta che però potrebbe creare problemi ai rapporti con Sinistra ecologia e libertà che, alla fine del Congresso, aveva deciso di aderire all’iniziativa. E il leader Nichi Vendola aveva allontanato l’ipotesi di confluire nel Gue considerandolo “un passo indietro e una deriva estremista”.
Intanto Spinelli e Viale, due dei sei promotori della Lista Tsipras rilanciano l’appello: “Per un’altra Europa ma non fuori dall’Europa. Dunque cambiare l’Europa in modo radicale ma restandoci dentro. Cambiarla dicendo ‘no’ all’austerità partendo dalla cavia dell’austerità, cioè la Grecia”.
A breve saranno scelti anche i nomi dei candidati. La lista è aperta al contributo di chiunque ma, come più volte precisato, non saranno candidati politici che hanno avuto cariche nazionali o regionali negli ultimi dieci anni.
Lo scorso dicembre a Madrid, con oltre l’84% dei voti dei delegati al Congresso del Partito della Sinistra europea, Alexis Tsipras, leader di Syriza (in testa nei sondaggi del suo paese) e’ stato incoronato candidato alla presidenza della Commissione Ue. Una candidatura che egli ha accettato con entusiasmo definendola “un’opportunita’ storica” per la Sinistra del continente per presentare una proposta “contro coloro che hanno costruito questo modello europeo”.
“Bene il lancio della lista Tsipras proposto oggi a Roma da Barbara Spinelli ed altri per le elezioni europee” è il commento del leader del Prc Paolo Ferrero. “Adesso si tratta di costruire un percorso democratico e partecipato – aggiunge – che permetta di aggregare attorno a questo progetto tutte le realtà di lotta, di movimento e tutte le forze di sinistra che vogliono costruire una lista contro l’austerità gestita da popolari, liberali e socialisti in questi anni in Europa. Vogliamo praticare anche in Italia un processo di aggregazione delle forze della sinistra di alternativa come quello avvenuto in Grecia con Syriza e questo obiettivo fondamentale è oggi a portata di mano nel passaggio delle elezioni europee”.

Alexis Tsipras, il politico greco che ha stregato Sel

       
Alexis Tsipras, il politico greco che ha stregato Sel

 

di Lorena Cotza – affaritaliani.it – E’ il volto della sinistra ‘vera’ e della lotta contro l’austerity. Tsipras, carismatico politico greco candidato alla Commissione Ue, ha stregato la sinistra italiana, da Sel a Rifondazione.
Il quarantenne Tsipras è il leader più giovane nella scena politica ellenica, ma di strada ne ha già fatta parecchia. Sin dall’età di 17 anni diventa membro dell’ala giovanile del partito comunista. Quando una giunta di destra cerca di approvare un’impopolare riforma nel settore dell’educazione, guida l’occupazione della sua scuola e le proteste studentesche.
La sua carriera di attivista continua durante gli studi di ingegneria civile al Politecnico di Atene, dove viene eletto rappresentante degli studenti e leader delle proteste universitarie. Nel 2006 si candida alle elezioni municipali di Atene con Syriza, una coalizione che raggruppa un totale di 13 partiti della sinistra radicale e ambientalisti. La sua strategia politica, basata sul rapporto diretto con gli elettori e proposte concrete per ridurre la disoccupazione giovanile, funziona: Tsipras ottiene il 10,5 per cento dei voti. È un risultato eccezionale, poiché si tratta della sua prima campagna elettorale e corre contro candidati con molta più esperienza alle spalle.
A livello nazionale, negli ultimi anni Tsipras ha già ottenuto due grandi vittorie. La prima è quella di essere riuscito a raggruppare la miriade di partiti e partitini della sinistra ellenica in un movimento che – seppur composto da diverse correnti – ha accettato un programma comune e si mostra coeso al momento del voto.
La seconda è quella di aver portato la coalizione Syriza – di cui è il leader dal 2008 – a conquistare un inaspettato secondo posto alle elezioni del 2012. Syriza ottenne il 17 per cento dei voti, un risultato storico per la sinistra radicale in Grecia. Secondo gli ultimi sondaggi, in caso di elezioni anticipate la coalizione potrebbe raggiungere il 32 per cento e scalzare il centrodestra di Nea Demokratia.
Il programma anti-austerity
Negli ultimi anni Tsipras si è opposto energicamente al piano finanziario per la Grecia imposto dalla cosiddetta Troika (l’UE, la Banca Centrale Europea e Il Fondo Monetario Internazionale) e a una politica basata solo sui tagli e le privatizzazioni anziché su investimenti e rilancio economico.
I sacrifici, infatti, hanno finora solo aggravato la situazione: il tasso di disoccupazione in Grecia è al 27 per cento e al 60 per cento fra i giovani, il PIL si è ridotto del 25 per cento e le famiglie hanno percepito una riduzione del reddito del 40 per cento. Secondo un rapporto della Croce Rossa, 120 milioni di persone in Europa stanno vivendo condizioni di “estrema difficoltà”.
“L’Europa ha bisogno di un fronte che si batta contro l’austerity e contro la recessione. Un movimento di solidarietà tra i lavoratori, dal nord al sud, che possa portare ad un patto per la democrazia, lo sviluppo e la giustizia sociale. – scrive Tsipras in un articolo per il quotidiano inglese The Guardian. – Dobbiamo ricostruire il senso di solidarietà tra i giovani, i lavoratori, i pensionati e i disoccupati, per abbattere il muro tra i ricchi e i poveri in Europa.”
“Mi candiderò alla presidenza della Commissione Europea in nome della sinistra europea, e la decisione è motivata dal desiderio di riunire l’Europa e ricostruirla su una base democratica e progressista. Esiste un’alternativa alla crisi presente ed è il nostro dovere ed il nostro destino lottare in quella direzione”.
L’appoggio della sinistra italiana
La carismatica figura di Tsipras, che in Grecia è riuscita a riunire forze politiche in genere poco inclini alle intese e alle coalizioni, sta riscuotendo grandissimo successo anche in Italia. La proposta di una lista civica per le europee guidata da Tsipras è partita da un gruppo di intellettuali di spicco, tra cui: Barbara Spinelli, Andrea Camilleri, Luciano Gallino, Paolo Flores d’Arcais, Marco Revelli e Guido Viale. Il politico greco ha ora conquistato anche l’appoggio di Rifondazione Comunista e parte del PD e di SEL.
In un editoriale su Il Manifesto, Barbara Spinelli scrive che “riconoscersi nella figura di Alexis Tsipras, che ha costruito una forza elettorale maggioritaria non su tematiche e appelli demagogici antieuropeisti, ma su un impegno concreto a rinegoziare i trattati e il funzionamento dell’Unione europea, rende evidente la posta in gioco di queste ele-zioni: un disegno autenticamente europeista, contro l’ipotesi della cancelliera Merkel e di Shulz di piegare l’Europa alla stessa logica della Grosse Koalition tedesca”.
L’opposizione
Dai partiti di destra e dagli euro-scettici, però, fioccano le critiche. Pur appoggiando il suo programma di riforme a livello nazionale, alcuni lo tacciano di populismo, sottolineando il fatto che non abbia chiarito come possa conciliare il suo supporto all’euro con la sua opposizione alle riforme imposte dalla Troika.
Tsipras è stato criticato anche in occasione degli scontri ad Atene. Nonostante abbia sempre condannato la degenerazione della protesta in atti violenti, il leader greco ha appoggiato le proteste e difeso il diritto alla rivolta popolare ed è stato per questo accusato di istigare alla violenza.
L’anti-Renzi ellenico, il politico allergico alle cravatte, con un figlio che si chiama Ernesto in onore del Che, nemico numero uno delle banche europee: fioccano gli appellativi e gli aneddoti su Tsipras. Ma al di là del successo della sua campagna, quel che è certo è che il politico greco continuerà a far parlare di sé nei prossimi mesi.

A proposito di Tsipras e Schulz…

       
A proposito di Tsipras e Schulz…

 

Articolo originale tratto daAvgi, il giornale di Syriza, ringraziamo Massimiliano Martelli per la traduzione -
Con tutta probabilità, alle elezioni europee ci saranno due votazioni. Da un lato il voto per Schulz, che significherebbe continuare con la stessa disastrosa direzione. Dall’altro, il voto per Tsipras, che significherebbe, invece, una svolta a 180° gradi: un’immediata fine dell’austerità produttrice della crisi, un rinvigorimento controllato delle economie dell’Eurozona, una crescita unita alla riconversione ecologica della produzione, e il ruolo guida dato al popolo dei lavoratori e non ai banchieri…”.
Finora, Alexis Tsipras è l’unico candidato ufficiale per la presidenza della Commissione Europea – il Partito della Sinistra Europea ha accolto durante il suo Congresso la sua importante candidatura.
E’ quasi certo che i socialisti e i democratici di Europa (non è una singolare distinzione?) nomineranno il primo marzo il loro candidato per le elezioni europee, vale a dire il tedesco attuale presidente del parlamento europeo e leader dello SPD. Dall’altro lato, i conservatori, che prevedono di prendere una decisione per marzo, sono nel pieno di una discussione, perché la Merkel non sostiene Juncker, mentre Barnier (l’altra opzione disponibile) è un candidato molto debole.
Si pensa che il nome di Schulz sia parte di un accordo tra i cristiani democratici e i socialisti democratici per la formazione di una coalizione di governo in Germania; se confermata, la probabilità della sua nomina a presidente è forte, essendo la candidatura stessa appoggiata dal governo tedesco.
I cittadini degli stati membri dell’unione avranno quest’anno, per la prima volta, la possibilità, oltre all’elezione dei deputati al parlamento europeo, di esprimere la loro opinione riguardo il presidente della Commissione, votando per la lista di partito che sostiene ciascun candidato. L’opzione per il candidato presidente non sarà vincolante, tuttavia, dato che il candidato effettivo sarà individuato tramite una negoziazione interstatale ed interpartitica, anche se la scelta di una parte delle centinaia di milioni di cittadini avrà comunque un importanza politica. Il motivo, vedete, è che i diversi candidati rappresentano anche le diverse ispirazioni politiche e i diversi punti di vista sulle questioni del futuro corso dell’Europa.
Per gli elettori greci potrebbe rivestire grande importanza il fatto che, per la prima volta, uno di loro, un giovane greco, stia concorrendo per una così importante carica interna all’Unione. Ancor più importante si rivelerà, tuttavia, ciò che ciascun candidato rappresenta in ordine alla direzione dell’Unione così come la sua linea politica nei confronti del nostro Paese.
A tal proposito. Martin Schulz è venuto qui in visita diverse volte e ha dichiarato le sue idee circa la politica dell’Unione sulla Grecia. La prima volta che fu data ampia eco alle sue dichiarazioni fu nella primavera del 2012. All’epoca apparì come un rappresentante della Troika e del Memorandum. Uno dei suo argomenti dunque, durante un incontro con Alexis Tsipras, fu che egli aveva personalmente sconfitto le obiezioni interne al suo partito ad una seduta di voto al Bundestag sul “pacchetto di aiuti” – il “salvavita fatto di piombo”, come fu ribattezzato da un parlamentare della Linke. Infatti, dicono in Germania, Schulz si è adoperato con successo per contenere le riserve sollevate dai parlamentari socialdemocratici i quali obiettavano, in sintonia con la Sinistra Europea, che quel pacchetto equivaleva ad un accordo di salvataggio in favore dei grandi banchieri europei e non dei ceti medi greci. Le sue dichiarazioni, fatte all’entrata del Parlamento Greco, esprimevano con grande chiarezza il concetto secondo cui qualsiasi resistenza nei confronti delle politiche dei Memoranda sarebbe stata inutile – dichiarazioni che i partiti pro-memorandum utilizzarono contro la Sinistra. Anche quando persino il presidente dei socialisti europei, l’austriaco Swoboda, a scoppio ritardato, come giustamente sottolineato dal Nikos Houndis, parla in termini di una “graduale” (cioè quando, esattamente?) cancellazione della Troika, poiché è non è soggetta a controllo democratico, Martin Schulz evita di sostenere questa richiesta. Egli è, quindi, un Merkeliano, e ogni congettura sul fatto che egli sarà, alla fine, appoggiato a Berlino dalla lady di ferro è tutto tranne che infondata.
Con tutta probabilità, alle elezioni europee ci saranno due votazioni. Da un lato, il voto a Schulz, che significherebbe continuare con la stessa disastrosa direzione sia per la costruzione dell’Europa unita che per le politiche dell’Unione sulla Grecia. In Grecia, questo voto sarà se lo contenderanno – sia che finiscano a correre insieme o separatamente – il Pasok, il Dimar ed il neonato Campo democratico progressista, con l’aggiunta eventuale della Nuova Democrazia se i socialdemocratici e i conservatori formeranno un patto in Europa. All’opposto ci sarà il voto per Tsipras, rappresentato in Grecia dal voto per Syriza, che promette una svolta a 180°: un’immediata fine dell’austerità produttrice della crisi, un rinvigorimento controllato delle economie dell’Eurozona, una crescita unita alla riconversione ecologica della produzione, e il ruolo guida dato al popolo dei lavoratori e non ai banchieri. Quest’ultimo dovrà essere accompagnato da una piena, stabile e ben retribuita occupazione e da una politica dell’uguaglianza per gli stati membri dell’Unione, una politica europea per l’immigrazione basata su un’impalcatura di “doppia solidarietà europea”, cioè, dall’esterno, attraverso una potenziata assistenza per la crescita indigena dei Paesi di origine e, allo stesso tempo, dall’interno, attraverso una equa distribuzione di tutti gli immigrati ed i rifugiati nell’Unione europea, e la loro più armoniosa integrazione nei paesi di destinazione, cominciando con una revisione o riscrittura del Regolamento di Dublino II.
Infine, il voto per Syriza implica un nuovo sistema europeo di sicurezza, basato sulla negoziazione, su una metodica diminuzione degli armamenti, e su una politica pacifica, antimilitarista verso gli Stati terzi.
Questo è il dilemma. La segreteria del Dimar, modificando una sua precedente dichiarazione, annuncia che il suo partito non sosterrà la candidatura di Tsipras perché ha deciso di partecipare con i socialisti europei e democratici, cioè il partito di Schulz. Dimar dovrebbe prendere posizione sui problemi dell’Europa, invece di manovrare con Venizelos nella corsa a guadagnarsi il favore di Schulz.

mercoledì 5 febbraio 2014

Elezioni europee, Tsipras e il Mediterraneo

     
Elezioni europee, Tsipras e il Mediterraneo
            

Pubblicato il 4 feb 2014

di Piero Bevilacqua – il manifesto -
La trap­pola in cui si trova inca­strata l’Italia è ormai evi­dente non solo ai tec­nici e ai poli­tici che hanno con­tri­buito a costruirla. Da una parte è vin­co­lata ai ceppi della moneta unica e a una poli­tica di auste­rità per­fino costi­tu­zio­nal­mente impo­sta, dall’altra ha una strada sbar­rata: l’impossibilità di uscire dall’euro e di ritro­vare la pro­pria auto­no­mia mone­ta­ria senza un col­lasso economico-finanziario di impre­ve­di­bili pro­por­zioni. Il nostro Paese, come altri dell’Unione, subi­sce oggi una dop­pia per­dita di sovranità.
Da una parte pati­sce quel che pati­scono tutte le realtà nazio­nali: la cre­scente sot­tra­zione di potere da parte delle nuove feu­da­lità finan­zia­rie inter­na­zio­nali. Come un tempo i baroni insi­dia­vano il potere del re sul ter­ri­to­rio, allo stesso modo grandi ban­che e finanza occulta – « gli ignoti sovrani », come li chiama Guido Rossi — con­di­zio­nano la vita e la poli­tica eco­no­mica dei governi. Ma al tempo stesso noi, come gli altri stati d’Europa, abbiamo per­duto lo stru­mento che da mil­lenni, insieme alla forza mili­tare, fonda la sovra­nità degli stati: la moneta. Ora, qua­lun­que uomo di stato – figura di cui in Ita­lia si è persa trac­cia e temiamo anche la “semenza” — da tempo avrebbe indi­riz­zato i pro­pri sforzi a rac­cor­dare le forze euro­pee inte­res­sate a com­bat­tere la guerra di distru­zione sociale ingag­giata dalla Troika e dalla Ger­ma­nia con­tro l’Unione. I gover­nanti ita­liani avreb­bero dovuto man­te­nere con­tatti feb­brili non solo con la Fran­cia, ma anche con la Spa­gna, con la Gre­cia, con il Por­to­gallo, con l’Irlanda E non solo con i loro governi, anche con i loro popoli, la loro gio­ventù, get­tati nella dispe­ra­zione dalla crisi e dalla poli­tica di auste­rità. Avreb­bero dovuto con­tra­stare una pra­tica auto­ri­ta­ria di governo dell’Unione con la forza e la mobi­li­ta­zione di una parte vasta di popoli che ne fanno parte. Certo, ai poli­tici nostrani que­sta sarebbe apparsa come una ini­zia­tiva popu­li­stica: ci si muove attra­verso le isti­tu­zioni rap­pre­sen­ta­tive, non si mobi­lita il popolo. Ma que­sto popolo, come ricorda Fitoussi nel Teo­rema del lam­pione, vede ormai da troppo tempo la poli­tica eco­no­mica dell’Unione «indi­pen­dente da ogni pro­cesso demo­cra­tico». E si può costruire un grande edi­fi­cio sovra­na­zio­nale senza mobi­li­tare le grandi masse dei vari paesi? In realtà l’Unione sta can­cel­lando la più grande pagina di eman­ci­pa­zione poli­tica della seconda metà del ‘900: l’avvento della demo­cra­zia. Vale a dire la società demo­cra­tica, quella avan­zata forma di vita asso­ciata che nasce dopo la seconda guerra mon­diale. Nasce allora, per­ché quelle pre­ce­denti, a parte fasci­smo e nazi­smo, anche in Usa, erano solo società liberali.
Ma oggi in Ita­lia l’ iner­zia e il vuoto tra­me­stìo da parte delle forze del centro-sinistra e del governo in carica, si com­bi­nano con un atteg­gia­mento atten­di­sta e con una inet­ti­tu­dine di mano­vra che sgo­menta. Si crede di esor­ciz­zare il sisma sociale che va sgre­to­lando il paese annun­ciando riprese pros­sime ven­ture, uscite dai tun­nel, scatti, cre­scita, ecc. con­su­mando 9 mesi per rifor­mare l’Imu: con l’effetto di non cam­biare nulla della pres­sione fiscale, e aggiun­gendo sup­ple­men­tari e fru­stranti dif­fi­coltà al cit­ta­dino con­tri­buente. Un’altra ban­die­rina pub­bli­ci­ta­ria recente è il seme­stre euro­peo dell’Italia, che natu­ral­mente non cam­bierà asso­lu­ta­mente nulla della nostra sorte, come nulla hanno cam­biato i pre­ce­denti seme­stri per i paesi di turno. Pura poli­tica degli annunci, la sola dimen­sione in cui pare essersi rifu­giata la super­stite crea­ti­vità del ceto poli­tico del nostro tempo. Ma nulla auto­rizza svolte e riprese senza un cam­bia­mento radi­cale della poli­tica dell’Unione. Usando pru­den­tis­simi con­di­zio­nali, il Bol­let­tino di gen­naio della Banca d’Italia ricorda impla­ca­bile: «il miglio­ra­mento dell’economia si tra­smet­te­rebbe con i con­sueti ritardi alle con­di­zioni del mer­cato del lavoro:l’occupazione potrebbe tor­nare a espan­dersi solo nel 2015». Il «2015»! «potrebbe»!
Sul piano poli­tico non è chi non veda il grande peri­colo che è davanti a noi. Oggi in Ita­lia, a cri­ti­care in maniera radi­cale e con­vin­cente la poli­tica auto­ri­ta­ria e anti­po­po­lare della Ue è la destra e il movi­mento 5 Stelle. L’irresponsabile “senso di respon­sa­bi­lità” del cen­tro sini­stra sta con­se­gnando alla destra la cri­tica all’austerità, que­sto ter­reno irri­nun­cia­bile per sal­vare il nostro paese e la stessa Unione. Di que­sto passo il governo Letta pre­para le con­di­zione di un suc­cesso elet­to­rale del cen­tro destra dagli esiti imprevedibili.
Di fronte a que­sto sce­na­rio uno spi­ra­glio impor­tante si apre con le pros­sime ele­zioni euro­pee. La can­di­da­tura a pre­si­dente del Par­la­mento di Ale­xis Tsi­pras — cal­deg­giato, su que­sto gior­nale, da molti com­pa­gni e pro­mosso ora da un impor­tante gruppo di intel­let­tuali (il mani­fe­sto, 18 gen­naio) — incarna una scelta poli­tica densa di signi­fi­cati e di oppor­tu­nità. Tsi­pras e non Mar­tin Schulz – degna per­sona – per­ché il lea­der tede­sco è il rap­pre­sen­tante di una par­tito, la Sdp, che ha scam­biato, entrando nel governo di coa­li­zione, i van­taggi nazio­nali per il pro­prio elet­to­rato con l’accettazione della poli­tica di auste­rità soste­nuta dalla Cdu e dalla Mer­kel. Una scelta aper­ta­mente anti­eu­ro­pea, di egoi­smo nazio­na­li­stico simile (non nella gra­vità, ma nella con­dotta poli­tica) a quella del 1914, che portò i socia­li­sti tede­schi ad appog­giare l’entrata in guerra del loro paese. Come oppor­tu­na­mente ricor­dato da Gad Ler­ner (Repub­blica, 4. 1. 2014). Una can­di­da­tura, aggiun­giamo, calata dall’alto, senza nes­suna con­trat­ta­zione, assun­zione di impe­gni, senza nes­sun son­dag­gio dell’opinione del popolo della sinistra.
Ma Tsi­pras merita il nostro appog­gio anche per altre ragioni. Non solo per­chè incarna una cri­tica radi­cale ma costrut­tiva nei con­fronti dell’Unione. Egli è il lea­der di Syriza, un par­tito che ha con­se­guito il 16% dei con­sensi, gra­zie a una paziente poli­tica di tes­si­tura delle disperse forze della sini­stra greca. Syriza è una lezione per tutti noi. Per noi che costi­tuiamo, senza dub­bio, una delle costel­la­zioni politico-intellettuali fra le più varie­gate e crea­tive dell’Occidente, ma non riu­sciamo a soli­di­fi­care la nostra fluida vita­lità in un orga­ni­smo uni­ta­rio e potente. Abbiamo svi­lup­pato sino al paros­si­smo il gusto della distin­zione e della dif­fe­renza e abbiamo per­duto l’intelligenza stra­te­gica che ci con­se­gnava la tra­di­zione comu­ni­sta ita­liana: la ricerca dell ‘unità. La ricom­po­si­zione delle diver­sità e dei con­flitti interni come oriz­zonte impre­scin­di­bile per scon­fig­gere l’avversario.
Qual­cuno ricorda che Gram­sci volle chia­mare Unità il gior­nale del suo par­tito? Ma c’è un’ altra ragione, di grande por­tata, da aggiun­gere alle tante che nelle ultime set­ti­mane sono state espresse, per la quale dob­biamo soste­nere Tsi­pras. Anche la cam­pa­gna elet­to­rale in suo favore deve essere un primo passo per ripren­dere il dia­logo tra l’Europa e i paesi che si affac­ciano sul Medi­ter­ra­neo. Oggi il Mare Nostrum, il cuore di una delle più fio­renti civiltà della sto­ria, è diven­tato per que­sta “Europa caro­lin­gia” un foco­laio di disor­dine migra­to­rio, un pro­blema di poli­zia fron­ta­liera. Eppure, già dalla metà degli anni ‘8o del secolo pas­sato, Fran­cia e Spa­gna ave­vano avviato una timida poli­tica di coo­pe­ra­zione con alcuni paesi africani.
Le ini­zia­tive sono cul­mi­nate nel 1995, dando corso al cosid­detto “pro­cesso di Bar­cel­lona”, che pur con molti limiti e par­zia­lità, avviava un nuovo pro­ta­go­ni­smo medi­ter­ra­neo dell’Europa. Tutto pare finito. Oggi il mondo arabo viene per­ce­pito dall’opinione pub­blica occi­den­tale come una fucina ingo­ver­na­bile di fon­da­men­ta­li­smi. Si inter­pre­tano i suoi estre­mi­smi come la sem­plice evo­lu­zione di una reli­gione intol­le­rante al cospetto della moder­nità. In realtà essi costi­tui­scono in gran parte la rea­zione irra­zio­nale e distrut­tiva alla vio­lenza mul­ti­forme dell’Occidente. Alla oltrag­giosa mer­ci­fi­ca­zione della vita dei suoi modelli cul­tu­rali, oltre che e ai vec­chi e nuovi soprusi colo­niali. Oggi l’Europa medi­ter­ra­nea deve ela­bo­rare la sua verità sto­rica. Non pos­siamo con­ti­nuare ad asse­con­dare la vul­gata ame­ri­cana sul Medio­riente. Non pos­siamo dimen­ti­care che lo stato di Israele ha vio­lato le riso­lu­zioni del Con­si­glio di sicu­rezza dell’Onu per oltre 70 volte , togliendo pre­sti­gio e legit­ti­mità a que­sto orga­ni­smo, creando uno stato di ille­ga­lità per­ma­nente nelle rela­zioni inter­na­zio­nali del nostro tempo. Non pos­siamo sor­vo­lare sulla diso­ne­stà siste­mica dei governi Usa, che per 60 anni hanno tenuto in piedi fan­tocci dit­ta­to­riali utili alla diplo­ma­zia impe­riale ed “espor­tato demo­cra­zia”, quando è sem­brato con­ve­niente, con i bom­bar­da­menti aerei e il mas­sa­cro delle popo­la­zioni. Non è pos­si­bile pen­sare che tale poli­tica non crei rea­zioni vio­lente, rin­fo­co­lando divi­sioni interne, riva­lità etni­che, ter­ro­ri­smo. Non è pos­si­bile dia­lo­gare con popoli tenuti per secoli sotto lo scar­pone colo­niale con i vec­chi schemi novecenteschi.
Oggi dob­biamo ela­bo­rare un nuovo dia­logo con que­sti paesi, di coo­pe­ra­zione pari­ta­ria, di aiuti, di crea­zione di con­di­zioni di benes­sere. L’evoluzione di un grande con­ti­nente, l’Africa, che peserà sul destino dell’Europa, dipende anche dalle nostre scelte. Per­ciò la sini­stra che guarda al Medi­ter­ra­neo può essere por­ta­trice di nuovi ed esal­tanti oriz­zonti di poli­tica estera. Per que­sta via essa può ren­dere evi­dente sino al ridi­colo la pochezza dei tec­no­crati che ci gover­nano, mostrare che l’avvenire del Con­ti­nente è finita in mano ai sacer­doti di un culto defunto.

martedì 4 febbraio 2014

**Bankitalia, Pinocchio e la Fata Turchina**

Da megachip

«Quindi l'Europa per fare passi avanti ha bisogno di devastare la
società, avvilire la cultura, generare disoccupazione di massa...»

sabato 1 febbraio 2014 http://megachip.globalist.it

*di Piotr*

D'accordo, i 5 Stelle dovrebbero ogni tanto tenere a freno la lingua.
Però inquadriamo il problema. *Quello che sta facendo Napolitano,
quello che sta facendo il governo, quello che ha appena fatto la
Boldrini*, richiederebbero un'arrabbiatissima e indignatissima
mobilitazione di massa con tanto d'assedio ai Palazzi. *Nella sostanza
questo è il problema*, non il linguaggio dei 5 Stelle che è un
problema di tipo comunicativo, destinato ad aggravarsi qualora non si
facessero promotori di una tale mobilitazione. Ma il duumvirato
Grillo-Casaleggio sembra voler andare nella direzione opposta.

*Perché c'è invece bisogno di un'indignatissima e arrabbiatissima
mobilitazione di massa?* Ecco alcuni validissimi motivi (per non
parlare dell'irrefrenabile volontà di rifilarci l'ennesima legge
truffa elettorale):

*Il governo sta varando una serie di misure a favore dei finanzieri e
di privatizzazioni*. Mi riferisco allo stravolgimento degli assetti
giuridici e proprietari di Eni, Snam, Finmeccanica, Cassa Depositi e
Prestiti, Poste e Bankitalia.

Concentriamoci solo *sul recente caso Bankitalia*, perché è
paradigmatico degli aspetti economici, finanziari, politici e
istituzionali di ciò che sta succedendo.

1) La *ricapitalizzazione di Bankitalia* decisa l'altro giorno farà
incassare allo Stato 1,5 miliardi una tantum, ma regalerà 430 milioni
tutti gli anni ai banchieri soci. Due conti e si capisce che in poco
più di 3 anni questi andranno in pari e poi ci guadagneranno sulla
nostra pelle.

2) Il caso Bankitalia illustra bene la visione che i nostri
governanti hanno del "popolo sovrano". *Hanno artificialmente messo
nel pacchetto l'abolizione della seconda rata dell'Imu sulla prima
casa per poter sputtanare chiunque avesse detto qualcosa contro il
regalo ai banchieri*. Infatti, mediaticamente si parla di "decreto
Imu-Bankitalia" e quindi chi non vuole regalare annualmente 430
milioni di nostri soldi ai banchieri, a partire dal 2017, è per
definizione colpevole di voler far pagare la seconda rata Imu agli
Italiani.

3) Il decreto Bankitalia agisce nel solito modo antidemocratico con
cui procede l'Unione Europea e l'Eurozona. I*l nuovo assetto di
Bankitalia rende infatti più difficile un'eventuale uscita dalla zona
Euro. Lasciamo perdere se la riteniamo una buona o una cattiva idea*.
Si tratta di una questione relativa alla democrazia, perché vengono
blindate scelte che con la democrazia non hanno mai avuto nulla a che
vedere (in calce riporto una lunga serie di ammissioni dei "padri
dell'Europa").

4) Il caso Bankitalia apre la seria questione se *una parte delle
nostre riserve nazionali finirà in mano agli speculatori
internazionali* (che per adesso dovrebbero essere solo europei). Un
problema non da poco: le nostre riserve auree sono le terze al mondo
e, per l'appunto, sono nostre, cioè le abbiamo pagate io, voi, i miei
genitori, i vostri genitori, i nostri nonni e le nostre nonne.

5) Infine, *il caso Bankitalia è la riprova che avevo ragione di
diffidare fin da subito della Fata Turchina della sinistra, Laura
Boldrini*. Mi dispiace per gli amici e le amiche che ci avevano
creduto. Sarebbe bastato mettere a confronto il suo tanto osannato
discorso d'insediamento con le ambiguità da funzionaria Onu riguardo
le aggressioni Usa-Nato per capire che *eravamo di nuovo di fronte a
uno specchietto "umanitario" per le allodole*, una Fata Turchina ma
con un naso da Pinocchio.

L'onorevole Boldrini l'altro giorno si è comportata nel modo meno
democratico che le fosse consentito. Anzi, è addirittura dubbio che
le fosse davvero consentito, perché *la cosiddetta "ghigliottina" non
è una norma, bensì un'ipotesi di norma che era venuta in mente a
Luciano Violante (altro esempio di guerra batteriologica nella
sinistra) e la Boldrini l'altro giorno l'ha applicata per la prima
volta*. E per far che? Un regalo ai banchieri, agli speculatori, agli
oligarchi europei eccetera, eccetera.

*Piccola antologia di "democrazia europea"*1) *Jean Claude Juncker*
(ex presidente dell'Eurogruppo), 21 dicembre 1999 su /Der Spiegel/:

«Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un
po' per vedere cosa succede. Se non provoca proteste né rivolte,
perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è
stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non
ritorno».

2) *Giuliano Amato*, /EuObserver/ del 12 luglio 2007:

« hanno deciso che il documento
avrebbe dovuto essere illeggibile. Se fosse stato comprensibile,
ci sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum, perché
avrebbe significato che c'era qualcosa di nuovo. I primi ministri non
produrranno niente direttamente perché si sentono più al sicuro con
la cosa illeggibile. Essi possono presentarla meglio, in modo da
evitare pericolosi referendum».

3) *Tommaso Padoa Schioppa* su /Commenataire/ n. 27, autunno 1999:

«La costruzione europea è una rivoluzione, anche se i rivoluzionari
non sono dei cospiratori pallidi e magri, ma degli impiegati, dei
funzionari, dei banchieri e dei professori. L'Europa non nasce
da un movimento democratico. Tra il polo del consenso popolare e
quello della leadership di alcuni governanti, l'Europa è nata
seguendo un metodo che potremmo definire con il termine di dispotismo
illuminato».

4) *Helmuth Kohl*, al /Telegraph/ del 9 aprile 2013.

«Sapevo che non avrei mai potuto vincere un referendum in Germania.
Avremmo perso il referendum sull'introduzione dell'Euro. Questo è
abbastanza chiaro. Avrei perso sette a tre. Nel caso dell'Euro
sono stato come un dittatore».

5) *Jacques Attali* (uno dei padri fondatori europei), 24 gennaio
2011, all'Università partecipativa:

«Abbiamo minuziosamente "dimenticato" di includere l'articolo per
uscire da Maastricht. In primo luogo, tutti coloro, e io ho il
privilegio di averne fatto parte, che hanno partecipato alla stesura
delle prime bozze del Trattato di Maastricht, hanno ...o meglio ci
siamo incoraggiati a fare in modo che uscirne ...sia impossibile.
Abbiamo attentamente "dimenticato" di scrivere l'articolo che permetta
di uscirne. Non è stato molto democratico, naturalmente, ma è stata
un'ottima garanzia per rendere le cose più difficili, per
costringerci ad andare avanti».

6) *Romano Prodi* sul /Financial Times/, del 4 dicembre 2001:

«Sono sicuro che l'Euro ci costringerà a introdurre un nuovo
insieme di strumenti di politica economica. Proporli adesso è
politicamente impossibile. Ma un bel giorno ci sarà una crisi (ah, lo
sapeva che l'Euro avrebbe generato una crisi!) e si creeranno i nuovi
strumenti».

7) *Mario Monti*, 22 febbraio 2011, al convegno /Finanza:
comportamenti, regole istituzioni/, LUISS:

«Non dobbiamo sorprenderci che l'Europa abbia bisogno di crisi,
crisi gravi, per fare passi avanti. I passi avanti dell'Europa sono
per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un
livello comunitario. È chiaro che il potere politico ma anche il
senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale
possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico
e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle
perché c'è una crisi in atto visibile, conclamata».

----------------

Quindi l'Europa *per fare passi avanti ha bisogno di devastare la
società, avvilire la cultura, generare disoccupazione di massa*, far
suicidare imprenditori e lavoratori, gettare nello sconforto e nella
disperazione milioni di giovani e produrre miseria.

Notevole ammissione, ma ce n'eravamo già accorti.

/(1 febbraio 2014)/

Napolitano & Letta preoccupati per il Parlamento: da che pulpito viene la predica!

 

di Marco Travaglio, da il Fatto quotidiano, 2 febbraio 2014

Giorgio Napolitano & Enrico Letta sono molto preoccupati per il Parlamento, profanato dalle squadracce pentastellate ansiose di trasformare quell’aula sorda e grigia in un bivacco di manipoli. Tutte le forze democratiche, da Grasso alla Boldrini, da Renzi a De Luca a Farinetti, da Berlusconi a Verdini a Dell’Utri, da Alfano a Cicchitto a Giovanardi, da Monti a Piercasinando a Cesa, da Salvini a Maroni a Borghezio, senza dimenticare La Russa, la Cancellieri in Ligresti e tutto il cucuzzaro, sono precettate per stringersi a coorte in un nuovo arco costituzionale, pronte alla morte per difendere il sacro tempio del potere legislativo così orrendamente sfigurato dai nuovi lanzichenecchi.

Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che tre anni fa votava a gran maggioranza la mozione “Ruby nipote di Mubarak”.

Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che ha approvato in vent’anni un centinaio di leggi vergogna, perlopiù incostituzionali, su misura per Berlusconi, i suoi reati, i suoi processi, le sue aziende, le sue tv, i suoi affari. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che dal 1994 a oggi ha eseguito punto per punto il “papello” di Totò Riina, abolendo le supercarceri di Pianosa e Asinara, l’arresto obbligatorio per i mafiosi, l’ergastolo, i pentiti e ora completando l’opera dimezzando le pene ai boss per farli uscire prima.

Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che ha salvato dall’arresto una trentina di parlamentari, compresi Dell’Utri, Previti e Cosentino.

Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che in vent’anni ha votato tre scudi fiscali e una dozzina fra condoni tributari, edilizi e ambientali.

Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che ha regalato ai partiti 2,3 miliardi di rimborsi-truffa tradendo il referendum che abolì i finanziamenti pubblici.

Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che l’anno scorso, in un empito di dignità, approvò una mozione M5S-Sel per sospendere l’acquisto dei caccia F-35, dopodiché Napolitano riunì il Consiglio di Difesa e decretò che il Parlamento non doveva impicciarsi.

Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che Napolitano tratta come il cortile del Quirinale, minacciando le dimissioni casomai non obbedisse ai suoi ordini.

Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che un anno fa ricevette l’ordine di Napolitano & Letta di devastare la Costituzione, e pure con una certa urgenza, tant’è che doveva pure scassinarne l’art. 138 per fare alla svelta.

Napolitano e Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che è stata totalmente bypassata per la nuova legge elettorale prima da Napolitano, che convocò i gruppi di maggioranza per discuterne aumma aumma al Quirinale; poi da Renzi&Berlusconi che han fabbricato l’Italicum Pregiudicatum in luoghi privati col beneplacito di Napolitano & Letta.

Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che è stata ridotta da Napolitano e dai suoi governi a passacarte di Palazzo Chigi e del Quirinale: nel primo settennato, Napolitano ha firmato e il Parlamento ratificato (quasi sempre strozzato dalle fiducie) 168 decreti, in gran parte incostituzionali perché privi dei requisiti di necessità e urgenza: 47 del governo Prodi-2, 80 del governo Berlusconi-3, 41 del governo Monti. Senza contare quelli del NapoLetta.

Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che ha appena eseguito il diktat di Letta convertendo il decreto che, con la scusa dell’Imu, regala 4,5-7,5 miliardi alle banche con soldi nostri, rapinati dalle riserve di Bankitalia.

Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento: perché, c’è ancora un Parlamento?

(2 febbraio 2014)

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