Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 11 dicembre 2010

L'avanguardia balla il Dubstep.


di Federico Campagna - Fonte: Looponline.
La notizia del giorno é che gli studenti sono scesi in massa, con numeri che non si vedevano da anni?
Vero, ma no, non è questa. Forse è che la folla ha accerchiato la macchina del Principe Carlo e di Camilla e l’ha presa a calci fino a che non è riuscita a fuggire?
Anche questo è vero, ma ancora no. E allora la notizia è che gli studenti hanno smesso di farsi bastonare e hanno risposto alle cariche a cavallo della polizia con attacchi altrettanto violenti?
Oppure che hanno assaltato la sede del Tesoro e l’hanno trasformata in una latrina?
Tutto vero, ma di nuovo acqua.
La notizia di oggi ha il ritmo profondissimo e saltante del dubstep, la musica che si balla nelle warehouses abbandonate di Peckham e Croydon, le aree più povere del sud est di Londra.
Quello che c’è di nuovo, oggi ancora più che nelle ultime manifestazioni, è che la protesta degli studenti inglesi ha finalmente una guida.
Non stiamo parlando di intellettuali, accademici, politici di professione o attivisti a vita. Negli scontri di oggi, tra le mani che scardinavano ringhiere e le lanciavano alla polizia, tra le panchine bruciate e i vetri infranti, il movimento degli studenti inglesi ha trovato la sua avanguardia da seguire.

Ebook-odissea dei trentenni precari: "Costretti a nascondere la laurea".


Il romanzo che si scarica gratis in rete si chiama "Alice senza niente". L'autore Pietro De Viola: "Per avere un posto da commesso conviene tacere il titolo di studio"

di LAURA MONTANARI (laRepubblica.it)
Un barattolo di sottaceti e un pacchetto di wurstel. Il frigorifero di Alice è la fotografia della sua precarietà, la polaroid di una generazione che cerca di scardinare l'equazione "niente lavoro, uguale niente soldi", "non sappiamo nulla del mese prossimo, siamo senza niente". Il frigorifero dell'"inventore" di Alice porta i segni della stessa desolazione alimentare: "Aggiungi uno yogurt e una tavoletta di cioccolato" racconta Pietro De Viola, siciliano, laurea in Scienze politiche e un abbonamento a lavori a tempo determinato.
"Ho distribuito mille volantini per 10 euro, ho fatto il cassiere a contratto per 8 giorni, l'agente immobiliare, l'operatore fiscale, il magazziniere...".
Da tre anni vive a Grosseto e lì ha scritto "Alice senza niente", un romanzo-odissea che racconta la disoccupazione intellettuale delle nuove generazioni nel safari dei colloqui di lavoro: nei primi 10 giorni ha totalizzato migliaia di download, potenziali lettori che hanno scaricato questo e-book diventato un piccolo fenomeno editoriale in rete.

venerdì 10 dicembre 2010

La strategia del saccheggio nell'urbanistica di Berlusconi.


Data di pubblicazione: 05.12.2010 -->Autore: Fonte: Eddyburg
Analisi del progetto berlusconiano e dell’ideologia che alimenta la devastazione urbanistica. COMETA, trimestrale di critica della comunicazione, n. 5, dicembre 2010

Un progetto, a suo modo coerente, di sostituzione del privato al pubblico ha caratterizzato la politica urbanistica di Berlusconi. Ne sono esempi principali il cosiddetto piano-casa e gli interventi per il post terremoto all'Aquila.

Linea comune è stata l'abbandono delle regole pubbliche, utili a costruire nel territorio un insieme sistemico, e il privilegio dato ad una visione individualistica dello spazio. Dimenticando che città e società sono due aspetti della stessa realtà: una non vive senza l'altra. Il consenso a questa politica l'ha trovato cambiando gli strumenti della formazione: non più scuola, parrocchia e casa del popolo, ma televisione commerciale.

Da una costola di Wikileaks nasce Openleaks.


Fonte: Webnwes

WikiLeaks è ormai affare noto in tutto il mondo, così come è noto il personaggio chiave della vicenda: Julian Assange. Alle spalle dell’intero progetto non v’è però solo il trentanovenne australiano, ma bensì un team di lavoro che ha curato la pubblicazione di tutto il materiale. Un gruppo di persone cui vanno ingenti meriti, ma che sono finite oscurate dall’ombra di Assange. Di qui la decisione di abbandonare il progetto, per dedicarsi all’apertura di un nuovo sito sulla scia (e in contrapposizione?) di Wikileaks.
L’obiettivo sarà sempre quello di permettere ad informazioni tenute segrete di trovare la giusta via per venire a galla. A differire sarà invece il ruolo che avrà l’organizzazione, che risponderà al nome di Openleaks e che si occuperà principalmente di fare da tramite tra informatori e destinatari delle informazioni. Openleaks e la relativa redazione non si occuperanno di pubblicare il materiale ritrovato, ma di facilitare la comunicazione dei dati, giocando quindi un ruolo da intermediario in totale neutralità.
In questo modo, viene a cadere ogni responsabilità per la pubblicazione di contenuti scomodi o riservati, che andrà invece a ripercuotersi sui siti di agenzie, enti ed istituzioni che decideranno di renderli noti una volta ricevuti dai propri informatori, grazie alla mediazione di Openleaks. Cambia il modo di agire ma non la sostanza, con i principi della libertà di informazione e della trasparenza a guidare tutti i membri del progetto, che con ogni probabilità aprirà i battenti a partire dal prossimo lunedì.
A spingere quelli che erano fedeli alleati di Assange ad abbandonare la nave non sembrerebbe essere stato l’enorme polverone causato dalla pubblicazione dell’ultima carrellata di materiale top secret, culminato con l’arresto del leader di Wikileaks, quanto piuttosto la gestione tenuta dall’attivista australiano, non gradita alla truppa. Una gestione definita “top-down”, cioè dall’alto verso il basso, lasciando trasparire una sorta di gerarchia andatasi a creare nel tempo all’interno dell’organizzazione, con Assange in cima ad una piramide divenuta poco alla volta sempre più ingombrante.

giovedì 9 dicembre 2010


Vogliamo parlare di povertà?

Data di pubblicazione: 08.12.2010 Autore: Wallerstein, Immanuel
Fonte: Eddyburg.it

Qualche decennio dopo il “Washington consensus” il FMI si accorge finalmente della crescente povertà: ma solo perché vogliono consolidare il sistema che la genera. Il manifesto, 8 dicembre 2010

Per i quindici-venti anni (1975-1995 circa) in cui il consenso con il discorso di Washington (*) dominato nel sistema-mondo, la povertà - che pure andava aumentando a passi da gigante - era una parola tabù. Ci avevano spiegato che l'unica cosa che contava era la crescita economica e che l'unica strada per arrivare alla crescita economica era quella del «mercato» la cui logica doveva prevalere senza interferenze da parte degli «statisti» - salvo naturalmente quelli del Fondo monetario internazionale (Fmi) e del tesoro statunitense.
Dalla Gran Bretagna la signora Thatcher aveva lanciato il suo famoso slogan: «Non c'è alternativa», col che intendeva dire che non c'era alternativa agli Stati Uniti e, immagino, al Regno Unito. I paesi derelitti del Sud del mondo dovevano abbandonare la loro ingenua speranza di decidere del proprio destino. Così facendo un giorno (ma chi poteva dire quando?) sarebbero stati premiati dalla crescita, altrimenti erano destinati - posso osare dirlo? - alla povertà.

mercoledì 8 dicembre 2010

Da parigi un appello all'Europa per il 14 dicembre. Siamo studentesse e studenti, precari e precarie della conoscenza.



Siamo studentesse e studenti, precari e precarie della conoscenza, che hanno deciso di lasciare il proprio paese, che partecipano a progetti di scambio culturale, che sono alla ricerca di lavoro e di speranze.
Siamo parte di una nuova generazione di migranti nell'Europa che si dichiara dei diritti , ma che ci tratta come merci.

Senza alcun sostegno al reddito, schiacciati tra la precarietà delle relazioni produttive e sociali, siamo la prova vivente del fallimento dell'europa sociale e delle conoscenze, delle politiche neoliberiste che negli anni hanno deturpato e privatizzato i beni pubblici svendendoli all'ideologia della crescita.
Un'Europa asservita agli interessi delle imprese e delle banche che con i GATS, la direttiva Bolkestein ha minato alla base l'idea stessa di cittadinanza europea, privandola di ogni significato reale, diffondendo precarietà e nuove povertà.

Julian Assagne. Cosa ci insegna l’esperienza Wikileaks?


di Franco Berardi- (Bifo) - Fonte: th-rough.eu
L’arresto di Julian Assange suona campane a morto per la democrazia occidentale.
L’hanno acciuffato, gli hanno tagliato i fili e i fondi.
Cos’ha fatto quest’uomo? Ha semplicemente dimostrato la potenza della rete. Le autorità occidentali, che tanto si sdegnano per la censura cinese contro la rete, si comportano esattamente come Hu Jintao, quando la potenza della rete pratica la glasnost, la trasparenza, mettendo a nudo la realtà del potere.
Cosa ci insegna l’esperienza Wikileaks? Che i diplomatici fossero pagati per indorare la pillola lo sapevamo, che i militari fossero pagati per sparare sui civili lo avevamo capito. Ma non è questa la lezione che viene dall’esperienza Wikileaks.
Quell’esperienza ci insegna che la rete cognitaria può battere il potere. Nelle strutture del potere (quelle militari, diplomatiche e finanziarie) ci sono dei lavoratori cognitivi: programmatori informatici, giornalisti o tecnici dell’hardware. Questi stanno scoprendo l’infinita potenza dell’intelligenza collettiva.

martedì 7 dicembre 2010


Anomia italiana: la rottura del legame sociale.


di Marco Revelli, pubblicato su Repubblica - Fonte: Condizioniumane.

Segnalo questo articolo comparso ieri su Repubblica. Si tratta di un'intervista a Marco Revelli, noto storico, sociologo e politologo, autore del recente saggio Poveri, noi (Einaudi 2010), in cui esplora la fine del legame sociale e di quella "solidarietà organica", che abbiamo appreso studiando Durkheim, e il ritorno a rapporti di subordinazione di tipo feudale ("L'individuo insicuro della propria posizione e timoroso del proprio fallimento chiede al potere protezione e offre al potere fedeltà... Si rischia l'abdicazione al proprio status di cittadino e un ritorno alla passività del suddito").
Lo sottopongo alla vostra riflessione, perché qui in fondo si parla soprattutto di voi - "i massacrati" da questa "anomia" - e del vostro futuro.
Sono i lavoratori del ceto medio e i giovani, i nuovi poveri in Italia. La situazione è peggiorata per tutti, più grave che all' inizio degli anni Ottanta quando si contavano sei milioni di persone in condizioni di indigenza.
Oggi non soltanto sono almeno due milioni in più ma - secondo i dati Istat del 2008 - gli italiani messi ko da una spesa imprevista di settecento euro sono diciannove milioni, più di un terzo della popolazione.

Nel nome del "papi".


di Maria G. Di Rienzo*, Fonte: Paneacqua.

Credo si debba dar credito di almeno una cosa alla Ministra Gelmini: pur facendo malissimo il suo lavoro, in una sola frase è riuscita a fotografare il "pensiero dominante" degli ultimi trent'anni italiani. Guardando dalla finestra, per così dire, la signora è sconcertata dal vedere pensionati e studenti protestare insieme.
Che hanno a che fare gli uni con gli altri?, si chiede basita, che interessi comuni possono avere?
Nel supermercato della giungla infatti, dove la Ministra vive e dove il suo governo pascola, tutti si vendono e/o comprano altri, ed ognuno è solo sino alla disperazione, perché chiunque si trovi accanto - se non è un oggetto da usare o un potente da agganciare - è un competitore, un ostacolo, un fastidio.
Gli italiani non si sono tirati indietro: sulla base degli esempi e degli impulsi forniti dagli uomini e dalle donne "di successo", incoraggiati dalla propaganda ossessiva dei media, abbagliati dai premi forniti alla disonestà e alla cialtroneria, hanno contribuito ad alzare il livello di violenza nel paese senza pensare che sarebbe ricaduto su di loro. Hanno giustificato ogni iniquità propria e altrui esattamente sul fondamento di una solitudine egoista.
Ma singolarizzati non si vive.

MARCHIONNE HA DECISO IL FUTURO DEL LAVORO E DELLA VITA UMANA

Unione Industriale 2 dicembre. Non esiste trattativa. Marchionne ha deciso: non c’è niente su cui trattare, l’accordo è già scritto. O questo o niente.
Unione Industriale 3 dicembre. Non si fa l’accordo. Marchionne ha deciso: non bastano le firme dei soliti noti, Fim-Uilm-Fismic, vuole anche quella della Fiom. O si sottomettono tutti o la colpa è dei sindacati conflittuali se la Fiat porta via le produzioni dall’Italia.
Questo è il diktat imposto ai lavoratori e lavoratrici della Fiat Mirafiori.


E tutto questo per cosa ? Quale sarebbe lo sviluppo di Mirafiori?
Non ci sarà produzione avvicendata di nuovi modelli a largo mercato, ma i veicoli di gamma alta
dell’Alfa Romeo e il nuovo SUV -l’auto più inquinante del mondo- che Fiat intende produrre con
Chrysler, non per il mercato interno ma per l’estero. Cioè Mirafiori dovrebbe essere destinata proprio a quelle produzioni che in America Obama ha dismesso come superate e perdenti.

LA LOTTA CONTRO IL DEGRADO BARBARO DEL LAVORO, DELLA VITA STESSA DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI VA COMBATTUTA FINO IN FONDO.
Ma è anche su tutte le categorie che incombe a tempi stretti lo svuotamento del Contratto
Collettivo Nazionale di Lavoro e la sostituzione dei diritti universali con contratti
individuali. E’ urgente prenderne coscienza: LA RESISTENZA DEVE E PUÒ ESSERE
GENERALIZZATA A TUTTE LE CATEGORIE LAVORATIVE.

lunedì 6 dicembre 2010

Il modello che non funziona.


di Bruno Amoroso * - Fonte: Esserecomunisti
su il manifesto del 05/12/2010
Il decennio in corso ha appiattito la politica dell'Unione Europea al potere dei centri finanziari e del sistema dell'euro gestito dalla Bce. L'Ue assomiglia sempre più agli Stati uniti, dove gruppi finanziari e militari di potere sono in grado di assumere la governance dell'intero sistema.
La turbolenza finanziaria programmata e provocata da questi gruppi, un atto predatorio organizzato mirante all'espropriazione del risparmio delle persone, è stata una dimostrazione di arroganza che gli eventi successivi hanno pienamente confermato. Così come è stato confermato il loro controllo politico e finanziario sulle istituzioni degli Stati europei.
Solo pochi mesi fa l'impressione che le istituzioni europee avrebbero fatto qualcosa per introdurre una maggiore trasparenza e un controllo dei centri e delle istituzioni finanziarie era molto diffusa. Ma queste impressioni si sono rivelate sbagliate.

Chi c'è dietro Wikileaks.


di Stefania Maurizi Fonte: L'Espresso
Un gruppo di giovani hacker, idealisti e libertari. Che conducono vite randagie. Cambiando continuamente città, braccati dai servizi di mezzo mondo, parlando tra loro con sistemi cifrati. E che ora rischiano davvero grosso(03 dicembre 2010)
Il programma della nuova rivoluzione è semplice: "Li fottiamo tutti: renderemo il mondo trasparente, lo cambieremo". Anarchia in chiave cibernetica, proclamata nel 2007 da Julian Assange e dai suoi pirati in una mail interna del gruppo. Allora nessuno poteva immaginare quanta potenza si stesse già accumulando nei suoi computer: "Abbiamo (documenti) su una mezza dozzina di ministeri stranieri, su decine di partiti politici e consolati, sulla Banca Mondiale, sulle sezioni delle Nazioni Unite
... Non siamo riusciti ancora a leggere neppure un decimo dei file che abbiamo. Abbiamo smesso di immagazzinarli quando siamo arrivati a un terabyte (mille miliardi di byte, ndr.)".
Per tre anni quel forziere di informazioni si è ingigantito mese dopo mese, affidato a una squadra di sostenitori che ha custodito il tesoro proteggendolo dalle incursioni del governo americano e dei colossi privati: una rete di persone senza nome e senza volto che raccolgono i dati e sono il vero motore di Wikileaks. Il capo è lui, Assange, a cui tutti sono devoti.

domenica 5 dicembre 2010

Il lavoro, frontiera della Green Economy.


di Guido Viale su il manifesto del 1 dicembre 2010
- Fonte: Federazionedellasinistra.
L’effetto congiunto della globalizzazione, della crisi economica e dei cambiamenti climatici (tre processi interdipendenti) mette a rischio se non la sopravvivenza del nostro pianeta, certamente quella dell’umana convivenza.
Stiamo entrando in un’epoca di grandi sconvolgimenti: ambientali, economici, geopolitici. Possono aprire la strada a immani catastrofi, al moltiplicarsi delle guerre, all’affermarsi di regimi sempre più autoritari, all’aggravarsi delle condizioni di vita di miliardi di esseri umani.
Ma grandi sconvolgimenti comportano anche grandi cambiamenti: dentro i quali c’è spazio per prospettive che fino a pochi anni fa potevano sembrare utopiche. Per questo occorre tornare a pensare alla grande; osare imboccare vie nuove; confidando che quello che vogliamo noi stanno cercando di farlo, in condizioni e con modalità anche molto diverse, milioni e forse miliardi di altri come noi; e che le nostre strade potranno incontrarsi.
Trent’anni di predominio incontrastato del “pensiero unico” hanno rinchiuso le classi dominanti di tutto il mondo in un eterno presente, rendendole incapaci di qualsiasi elaborazione di ampio respiro. Verità e capacità di pensare il futuro sono rimaste appannaggio di chi si ribella allo stato di cose esistente.

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