Martina Albertazzi - controlacrisi -
La primavera americana sta per sbocciare
Banco di prova il vertice G8 e Nato, la Convention democratica e quella repubblicana
Le tende e i tamburi sono spariti da tempo da Zuccotti Park, ma Occupy Wall street resiste e continua la sua protesta a New York come nel resto del Paese. Gli ultimi arresti risalgono a poche settimane fa, durante la più grande mobilitazione dall’inizio del 2012, in cui un centinaio di persone hanno marciato a Manhattan sotto la sede della multinazionale farmaceutica Pfizer e davanti a un’agenzia della Bank of America, provando poi di rioccupare la piazza simbolo degli indignati americani. E a Liberty plaza, come fu ribattizzata all’inizio di tutto, gli indignati torneranno sabato 17, per festeggiare i sei mesi esatti dell’occupazione e per dare inizio all’«american spring».
Per tentare una ricognizione della protesta che attraversa gli Stati uniti ne abbiamo parlato con Todd Gitlin, celebre storico dei movimenti e professore alla Scuola di giornalismo alla Columbia University. «I vari rami della protesta si stanno riorganizzando anche a livello nazionale, dopo un autunno molto intenso, per cercare di creare un unico network di comunicazione che permetta delle azioni studiate e uniformi. I media sono un po’ primitivi in questo senso, non vedono più le piazze piene e gli accampamenti e pensano che il movimento sia morto – riflette il professore – Con la primavera torneranno le occupazioni, ma intanto la protesta va avanti in più direzioni, quella contro le multinazionali di qualche giorno fa ne è stata solo un aspetto. Nei diversi incontri si parla di nuove idee per portare avanti le mobilitazioni».
Mentre dalle file del movimento tarda ad arrivare un messaggio comune, gli obiettivi, tuttavia, sembrano essere più chiari. Dall’inizio del 2012, infatti, le poche azioni di protesta che sono state realizzate hanno sempre avuto dei target definiti. Non si assiste più solo a uno sfogo generale contro l’1%, bensì i destinatari del malcontento hanno nomi e cognomi. E la mobilitazione alla Pfizer di qualche giorno fa, accompagnata da proteste in California contro altre aziende e conclusa con un’azione mirata contro l’Alec (American Legislative Exchange Council), l’associazione dei legislatori statali e dei sostenitori della politica del settore privato che cura gli interessi delle multinazionali, ne sono state la conferma.
«Se è una lista di domande quella che il pubblico o la politica cercano, penso che Ows sarebbe in grado di appenderla a un muro oggi stesso. La richiesta del movimento è chiarissima: ‘Togliere i soldi dalla politica. Togliere il potere all’1%’, che, per essere chiari, non è un gruppo di persone, ma è uno slogan che si riferisce a un gruppo di istituzioni. Assistiamo a un bisogno di giustizia sociale e il movimento di Ows ne è il portavoce. Quello che conta ora, però, è creare un canale comune tra i vari gruppi che formano il 99%», spiega Gitlin, che a maggio lancerà il suo nuovo libro, Occupy Nation, proprio sulle origini e l’evoluzione del movimento.
Secondo lo storico il centro dell’attività non è più a New York, «le azioni più interessanti in questo momento si concentrano ad Atlanta, a Minneapolis e in California».
Il nuovo banco di prova, comunque, sarà quello di tre eventi fondamentali per i manifestanti di Occupy Wall street: «Il vertice G8 e Nato, che si terrà a maggio a Chicago, la Convention del partito democratico a Charlotte, in North Carolina, e quella repubblicana a Tampa in Florida, previste per settembre e fine agosto». E sull’ipotesi che a Charlotte si verifichino scontri come quelli avvenuti tra manifestanti e polizia per le strade di Chicago, durante la Convention democratica nazionale nel 1968, lo storico commenta: «È in corso un lungo dibattito ora, all’interno del gruppo, su come verranno gestite le proteste durante questi tre eventi. Alcune cellule cercheranno la violenza, come in ogni manifestazione. L’altra parte del gruppo però vuole marciare in maniera pacifica».
Per ora comunque, «il prossimo obiettivo del 99% resta il coordinamento a livello nazionale», un’impresa non così facile secondo Gitlin che, nonostante ponga molta fiducia nel movimento, perché «diverso da quelli del passato», è convinto che per unire Occupy Wall street serva tempo: «È una bestia enorme e frammentata, formata da moltissime parti mobili».
La primavera americana sta per sbocciare
Banco di prova il vertice G8 e Nato, la Convention democratica e quella repubblicana
Le tende e i tamburi sono spariti da tempo da Zuccotti Park, ma Occupy Wall street resiste e continua la sua protesta a New York come nel resto del Paese. Gli ultimi arresti risalgono a poche settimane fa, durante la più grande mobilitazione dall’inizio del 2012, in cui un centinaio di persone hanno marciato a Manhattan sotto la sede della multinazionale farmaceutica Pfizer e davanti a un’agenzia della Bank of America, provando poi di rioccupare la piazza simbolo degli indignati americani. E a Liberty plaza, come fu ribattizzata all’inizio di tutto, gli indignati torneranno sabato 17, per festeggiare i sei mesi esatti dell’occupazione e per dare inizio all’«american spring».
Per tentare una ricognizione della protesta che attraversa gli Stati uniti ne abbiamo parlato con Todd Gitlin, celebre storico dei movimenti e professore alla Scuola di giornalismo alla Columbia University. «I vari rami della protesta si stanno riorganizzando anche a livello nazionale, dopo un autunno molto intenso, per cercare di creare un unico network di comunicazione che permetta delle azioni studiate e uniformi. I media sono un po’ primitivi in questo senso, non vedono più le piazze piene e gli accampamenti e pensano che il movimento sia morto – riflette il professore – Con la primavera torneranno le occupazioni, ma intanto la protesta va avanti in più direzioni, quella contro le multinazionali di qualche giorno fa ne è stata solo un aspetto. Nei diversi incontri si parla di nuove idee per portare avanti le mobilitazioni».
Mentre dalle file del movimento tarda ad arrivare un messaggio comune, gli obiettivi, tuttavia, sembrano essere più chiari. Dall’inizio del 2012, infatti, le poche azioni di protesta che sono state realizzate hanno sempre avuto dei target definiti. Non si assiste più solo a uno sfogo generale contro l’1%, bensì i destinatari del malcontento hanno nomi e cognomi. E la mobilitazione alla Pfizer di qualche giorno fa, accompagnata da proteste in California contro altre aziende e conclusa con un’azione mirata contro l’Alec (American Legislative Exchange Council), l’associazione dei legislatori statali e dei sostenitori della politica del settore privato che cura gli interessi delle multinazionali, ne sono state la conferma.
«Se è una lista di domande quella che il pubblico o la politica cercano, penso che Ows sarebbe in grado di appenderla a un muro oggi stesso. La richiesta del movimento è chiarissima: ‘Togliere i soldi dalla politica. Togliere il potere all’1%’, che, per essere chiari, non è un gruppo di persone, ma è uno slogan che si riferisce a un gruppo di istituzioni. Assistiamo a un bisogno di giustizia sociale e il movimento di Ows ne è il portavoce. Quello che conta ora, però, è creare un canale comune tra i vari gruppi che formano il 99%», spiega Gitlin, che a maggio lancerà il suo nuovo libro, Occupy Nation, proprio sulle origini e l’evoluzione del movimento.
Secondo lo storico il centro dell’attività non è più a New York, «le azioni più interessanti in questo momento si concentrano ad Atlanta, a Minneapolis e in California».
Il nuovo banco di prova, comunque, sarà quello di tre eventi fondamentali per i manifestanti di Occupy Wall street: «Il vertice G8 e Nato, che si terrà a maggio a Chicago, la Convention del partito democratico a Charlotte, in North Carolina, e quella repubblicana a Tampa in Florida, previste per settembre e fine agosto». E sull’ipotesi che a Charlotte si verifichino scontri come quelli avvenuti tra manifestanti e polizia per le strade di Chicago, durante la Convention democratica nazionale nel 1968, lo storico commenta: «È in corso un lungo dibattito ora, all’interno del gruppo, su come verranno gestite le proteste durante questi tre eventi. Alcune cellule cercheranno la violenza, come in ogni manifestazione. L’altra parte del gruppo però vuole marciare in maniera pacifica».
Per ora comunque, «il prossimo obiettivo del 99% resta il coordinamento a livello nazionale», un’impresa non così facile secondo Gitlin che, nonostante ponga molta fiducia nel movimento, perché «diverso da quelli del passato», è convinto che per unire Occupy Wall street serva tempo: «È una bestia enorme e frammentata, formata da moltissime parti mobili».