Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

martedì 13 marzo 2012

L'abbiamo capito o no che ci prendono in giro?

Mondo arabo: per capirci qualcosa evitiamo i media
da fabionews
Con la nascita di AlJazeera e Al Arabia il mondo si è illuso che potesse finalmente essere diffusa l'immagine del mondo arabo con occhi diversi da quelli occidentali. Ma la storia di queste emittenti è molto diversa da (ad es) TeleSur (prima emittetnte latinoamericana che parla di latinoamerica, prima c'era solo la CNN in Spagnolo). Queste TV si stanno dimostrando un ulteriore strumento a servizio degli interessi occidentali che, nel mondo arabo, corrisponodno a quelli delle dittature dei petro-dollari che controllano gli Emirati. Già durante le "primavere arabe" hanno dimostarto di non essere per niente superpartes. Con la Libia ieri e il Bahrain e la Siria oggi dimostrano che rispondo agli stessi interessi delle TV occidentali, ripetono le stesse menzogne, colpiscono gli stessi obiettivi. Nessun interesse a fornire uno sguardo indipendente, nè a fornire le informazioni per aiutare a capire cosa succede realmente in questi paesi. Chi ci lavora l'ha capito ... e arrivano le dimissioni... e noi ??

L'abbiamo capito o no che ci prendono in giro?
L'abbiamo capaito o no che le TV e i media mainstream da tempo hanno smesso di "informarci" sulla realtà e hanno comnciato a creare in noi che li seguiamo la "realtà virtuale" più funzionale agli nteressi di chi li controlla?

I nostri media e purtroppo anche molti media "alternativi" (ieri ho scritto una
mail di richiesta chiarimenti a E-Mensile...) continuano a dipingere la
situazione in Siria come se fosse tutto chiaro: un regime dittatoriale che
reprime un popolo un rivolta. La realtà è molto più complessa.
Del Bahrain (articolo al fondo), visto che è difficile dipingere il popolo in rivolta come
dei "talebani" e visto che in quel caso il regime dittatoriale che reprime è
nostro amico ... non sappiamo nulla!!!
Ma continuiamo ad illuderci di essere informati...
Ciao, Fabio
Da megachip.info
Siria: intervista a Talal KhraisVenerdì 09 Marzo 2012 di Marco di Donato - www.osservatorioiraq.it
Nel tentativo di comprendere cosa
accade in questi giorni in Siria, ho deciso di rivolgere alcune domande al dott.
Talal Khrais. Giornalista laico e corrispondente in Italia del
libanese As-Safir, responsabile esteri di Centro Italo-Arabo e del Mediterraneo*, e relazioni
internazionali per la sede sarda di Assadakh. Talal Khrais ha gentilmente risposto alle mie
domande, provando a descrivere da un punto di vista inedito la
situazione siriana. Grazie alle attività del suo centro infatti, ma
soprattutto grazie alla sua enorme esperienza sul campo, quest'intervista assume
un valore particolare.
Il dott. Khrais è infatti stato
recentemente in Siria e ci ha potuto descrivere, come pochi altri possono oggi
fare, come la situazione sia sul campo. Parlando con la gente, guardando ed
osservando le cose in prima persona può fornirci testimonianze dirette.
Ci ha spiegato cosa sta succedendo ad Homs e perché secondo
lui, che pur riconosce la legittimità della protesta pacifica, oggi ci troviamo
anche dinanzi ad una guerra fatta su procura dei poteri occidentali.
Cosa sta accadendo in
Siria in queste ultime settimane?
Frequento la Siria dal 1984. In
Italia si parla poco del fatto che questo paese è nell'occhio del
ciclone dal 1967, anno in cui Israele occupò vasti territori arabi. Per
far fronte alla superiorità militare di Tel Aviv, il governo di Damasco si alleò
con l’Unione Sovietica scegliendo un modello socialista per creare una base
socio-economica allargata ed un sistema di garanzie sociali.
Il regime credeva che sfamare la
gente e creare occupazione fosse sufficiente per rispondere alle esigenze del
popolo siriano.
Dopo la morte del padre Hafez al
Assad, il figlio Bashar ha fatto delle riforme economiche che hanno contribuito
alla crescita delle piccole e medie imprese, ma senza toccare l’art 8 che
garantiva il dominio del partito Baath al potere.
L’art. 8 è stato superato con il
referendum del 26 febbraio 2012 sulla nuova Costituzione prevedendo una chiara
partecipazione di tutte le forze politiche attraverso un inedito
multi-partitismo.
All’inizio del conflitto interno,
esattamente un anno fa, sono cominciate le manifestazioni che
personalmente considero legittime e giuste.
I manifestanti infatti
rivendicavano più libertà. Tuttavia, parallelamente, in Siria si
preparava una guerra, una guerra per procura, semplicemente per rompere la
forte alleanza tra Siria, Iran e Hezbollah.
Un'alleanza che aveva cambiato gli
equilibri politici regionali nella guerra del 2006, quella tra Hezbollah e
Israele, con lo Stato ebraico che usciva sconfitto dal confronto con migliaia di
combattenti della milizia islamica libanese.
Secondo i dati della
Croce Rossa si parla di migliaia fra morti e feriti, lei ha dati diversi o
maggiormente precisi in merito?
Noi corrispondenti che ci occupiamo
di conflitti conosciamo bene le conseguenze di una guerra. In Siria
esiste una vera guerra. Non penso che l’esercito siriano, uno dei più
grandi e più numerosi del Medio Oriente, stia affrontando da un anno solo
manifestanti ed un'opposizione pacifica .
Quando nel 1976 l’esercito siriano
occupò il Libano riuscì, malgrado la feroce opposizione armata dell’OLP e del
Movimento Nazionale Libanese, a controllare ogni quartiere di Beirut in soli 15
giorni.
Quando sono stato in Siria il mese
scorso mi sono reso conto che non si tratta solo di manifestazioni o di
forme di opposizione pacifica, ma di una guerra sofisticata contro il
regime. Ho visto civili innocenti morti, ma tanti altri militari
siriani uccisi da bande armate.
Il paese è davvero
sull'orlo di una guerra civile? Secondo la sua esperienza sul campo, quanta
gente supporta il regime di Assad e quanta vuole invece la sua
caduta?
Finora, ad un anno di distanza
dall'inizio del conflitto interno, non vediamo fenomeni simili a ciò che
avvenuto in Libia o altri paesi arabi. Ad esempio nessun diplomatico ha
disertato e l’esercito libero della Siria, capeggiato da un generale a cui
vengono attribuiti i recenti attentati (compiuti in realtà da altri), è un
fenomeno limitato.
L’Occidente è
miope e partecipa ad interventi militari contro altri Paesi senza
comprenderne le conseguenze.
Si chiede al presidente
siriano di andarsene. Un presidente che ha l’appoggio di una ampia base popolare
e il sostegno del 90% dei militari perché mai dovrebbe lasciare?
Lasciare significherebbe far
regnare il caos. Il cambiamento deve arrivare quando la società civile è matura
e quando si terranno libere elezioni. Andarsene e lasciare il paese nel caos,
quello si significherebbe scatenare una vera e propria guerra
civile.
Ci spiega cosa è accaduto e
cosa sta accadendo ad Homs?
La situazione senza dubbio a Homs,
e nel quartiere di Baba Amr, è la più tragica, dove la popolazione sta pagando
il prezzo più alto.
Dopo l’evacuazione di Homs da parte
dei gruppi armati si è scoperto che la città era un quartiere generale
con depositi di armi sofisticate e i cosiddetti passaporti per il
paradiso (spesso usati da attentatori suicidi) con reti di collegamento
sotterranee lunghe ben dieci chilometri.
Secondo lei sono
veritiere le notizie che vorrebbero truppe speciali di Gb e Qatar al finaco dei
ribelli?
Si, penso che truppe e armi
di nazioni straniere si trovino sul territorio siriano. Sia il Qatar
che l’Arabia Saudita non nascondono il loro diretto sostegno ai ribelli, mentre
sia Londra che Parigi hanno finora garantito forme di sostegno
indiretto.
Qual è una via di
uscita possibile a questa crisi che ormai dura da più di un
anno?
La crisi può essere risolta
solo con una soluzione politica. Oggi l’Occidente vuole imporre solo
sanzioni, mentre Cina e Russia sostengono la riconciliazione nazionale. A mio
parere non esiste una altra via della situazione siriana, poiché forzando la
mano il rischio è quello di destabilizzare tutta la regione.
*Assadakah - Centro
Italo-Arabo e del Mediterraneo: è un'associazione italo-araba senza
fini di lucro, con sede a Roma, Cagliari e Lecce, che oggi portano insieme dopo
l’intesa tra le tre filiali il nome Federazione Assadakah. Insieme ai
rappresentanti all’estero nei paesi arabi anni opera nella realtà italiana per
la promozione di scambi culturali, politici ed economici tra l'Italia ed i paesi
arabi e del Mediterraneo. A tal fine, l'associazione organizza incontri,
conferenze, studi, promuove iniziative e viaggi, sollecita contatti tra le
realtà politiche ed imprenditoriali ed elabora progetti di cooperazione
internazionale, volti alla reciproca conoscenza e all'interscambio, infine
realizza progetti di cooperazione allo sviluppo.Fonte: http://www.osservatorioiraq.it/siria-intervista-a-talal-khrais
Bahrain: in 100mila in piazza a urlare “Al Khalifa vai via!”Scritto da
«Nena News» Sabato 10 Marzo
In oltre centomila, un
sesto dei cittadini del Bahrain, hanno marciato ieri lungo l’autostrada
Budaiya che porta alla capitale Manama. Un fiume umano che ha voluto chiarire
alla dinastia sunnita degli al Khalifa, che regna con potere assoluto da
duecento anni, che il movimento per le riforme e la democrazia, partito
un anno fa, non si arrende. Lungo tutto il percorso i manifestanti
hanno scandito «Via, via al Khalifa», in riferimento a re Hamad,
sostenuto dall’Arabia saudita e dagli Stati uniti che in Bahrain hanno
la base della Quinta flotta. La reazione della polizia non si è fatta attendere.
Gli agenti hanno sparato
proiettili di gomma e lacrimogeni quando i manifestanti hanno provato a
dirigersi verso Piazza della Perla, che l’anno scorso fu sede di un accampamento
di tende simile a quello di Piazza Tahrir al Cairo. Accampamento spazzato via
brutalmente dalle forze di sicurezza, con l’aiuto delle truppe saudite
arrivate in soccorso del re.
Ieri non si sono registrate
vittime ma la situazione rimane tesa nell’isola, dove il principale gruppo
sciita di opposizione ‘al-Wefaq’ ha indetto il 3 marzo una settimana di proteste
per chiedere alla famiglia reale una svolta democratica. Ufficialmente
nell’ultimo anno 45 persone sono rimaste vittime della repressione delle forze
di sicurezza ma i gruppi dell’opposizione parlano di una sessantina di
morti.
A sostegno della popolazione del
Bahrain, formata in maggioranza da sciiti (discriminati dai sunniti al potete),
ieri hanno manifestato anche migliaia di sciiti iracheni mobilitati dal partito
di Muqtada Sadr.
Fonte: http://nena-news.globalist.it/?p=17679.

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