Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 5 maggio 2012

Caro Monti, facciamo due conti

Il presidente del Consiglio ha invitato gli italiani a segnalare gli sprechi da eliminare. La campagna Sbilanciamoci! ogni anno pubblica una “controfinanziaria” con proposte per evitare gli sprechi e usare la spesa pubblica per i diritti, la pace e l’ambiente. Ecco qualche consiglio a Monti

Legalità e giustizia fiscale:

Tassa patrimoniale In questa crisi i ricchi non stanno pagando alcun prezzo, e il peso della crisi ricade interamente sulle fasce più povere della popolazione. Proponiamo perciò una tassa patrimoniale del 5 per 1000 sui patrimoni oltre i 500mila euro, con alcune correzioni di carattere progressivo (possibile grazie alla registrazione dei beni sulla dichiarazione dei redditi) sul prelievo. In questo modo potrebbero entrare nelle casse dell’erario una somma intorno ai 10 miliardi e 500 milioni di euro.
Progressività. Il nostro sistema fiscale ha perso in questi anni un carattere di vera progressività. Non si tratta solo di raccogliere più risorse, quanto di dare un maggiore senso di giustizia fiscale. Per questo Sbilanciamoci! propone l’aliquota del 45% per i redditi al di sopra dei 70.000 euro e al 49% l’aliquota oltre i 200.000 euro. Si potrebbero recuperare così 1 miliardo e 200 milioni che sarebbero soprattutto (per il 77%) a carico dei contribuenti al di sopra dei 200.000 euro annui.
Rendite. Oggi gli interessi sui depositi bancari vengono tassati al 27%, mentre gli interessi sulle obbligazioni, le plusvalenze e i rendimenti delle gestioni individuali e collettive subiscono un prelievo di appena il 12,5%. L’unificazione delle rendite finanziarie ha rappresentato per anni una delle priorità di politica fiscale promossa da Sbilanciamoci! e rappresenterebbe un importante risultato per la giustizia fiscale nel nostro paese. È possibile portare la tassazione di tutte le rendite al 23%, una soglia che ancora resta allineata con i grandi paesi europei e che non presenta quindi rischi di fughe di capitali. In questo modo sarebbe possibile ottenere almeno 2 miliardi di euro.
Tassare i diritti televisivi per lo sport spettacolo Come per la pubblicità, il business dello sport-spettacolo ha effetti distorsivi sul mercato e distoglie risorse dallo sport per tutti. Si propone pertanto di adottare il metodo francese di tassazione dei diritti televisivi per finanziare lo sport per tutti e la costruzione di impianti pubblici polivalenti. Con un’aliquota del 5% sul totale dei diritti versati si potrebbero raccogliere circa 40 milioni di euro.
Tassare la pubblicità Gli investimenti pubblicitari in Italia sono circa 10 miliardi di euro. Nell’era della grandi concentrazioni dei media e delle agenzie pubblicitarie nessuno può negare l’effetto distorsivo che questa ha su consumi, stili di vita e sulla stessa regolarità della concorrenza tra le imprese. La proposta, dunque, è di frenare i margini di profitto dell’intero comparto pubblicitario aumentando del 5% il prelievo sugli utili, con il duplice obiettivo di ridimensionarne l’invadenza e di drenare risorse da dedicare alla scuola e ad attività culturali per tutti. L’introito atteso è di circa 500 milioni di euro.
Tassa automobilistica sull’emissione di CO2 Fino ad oggi la tassazione dei veicoli avviene sulla base della cilindrata e dei cavalli fiscali. Chiediamo che la tassazione sui veicoli avvenga in modo progressivo sulla base dell’emissione di CO2 che colpirà progressivamente i veicoli più potenti ed ecologicamente inefficienti (come i Suv o i veicoli di vecchia immatricolazione). Le maggiori entrate derivanti da questo diverso modo della tassazione dei veicoli ammonta a 500 milioni di euro.
Misure fiscali penalizzanti per la produzione e il commercio (consentito dalla legge), delle armi La proposta è una sovrattassa del 4% sul fatturato dell’industria bellica e di un aumento di 200 euro per le licenze (oggi sono oltre 50.000) di armi per la difesa personale; queste misure potrebbero portare un ricavo di circa 270 milioni di euro.

Ambiente e sviluppo sostenibile:

Riduzione stanziamenti grandi opere Si propone l’abbandono della logica delle grandi opere – costose e incerte sotto il profilo attuativo - a favore della ottimizzazione delle reti esistenti e del loro uso (con i necessari adeguamenti e potenziamenti). In particolare proponiamo la cancellazione del finanziamento di 1,543 miliardi destinati dalla Legge di Stabilità 2012 alle grandi opere.
Eliminazione finanziamento all’autotrasporto di merci Si propone di cancellare le misure previste dalla Legge di Stabilità del 2012 di 400 milioni di euro a favore dell’autotrasporto merci, che invece andrebbe disincentivato a favore di forme di trasporto più sostenibile (intermodalità, autostrade del mare, uso del trasporto su rotaia) delle merci per il paese.

Disarmare l’economia, costruire la pace:

Riduzione delle spese militari Chiediamo la riduzione di 3miliardi di euro della spesa militare. Questo potrebbe avvenire grazie alla riduzione degli organici delle forze armate e a un’integrazione – con economie di scala – dentro la cornice europea e delle Nazioni Unite, naturalmente prevedendo un ruolo delle Forze Armate legato ad autentici compiti di prevenzione dei conflitti e mantenimento della pace e rifiutando ogni interventismo militare.
Eliminazione e riduzione dei programmi d’arma (per gli F35 e non solo) Chiediamo al governo italiano di non firmare il contratto per la produzione dei 90 cacciabombardieri Joint Strike Fighter. Chiediamo di cancellare i finanziamenti previsti per il 2012 per la produzione dei 4 sommergibili FREMM, dei cacciabombardieri F35, delle due fregate “Orizzonte”. Risparmio previsto: 783 milioni di euro. Per un'analisi più dettagliata sui costi per gli F35, si veda:www.sbilanciamoci.org
No ai militari nelle città Chiediamo di concludere l’esperienza della presenza e del pattugliamento delle nostre città ad opera di personale delle forze armate e chiediamo che gli stessi fondi (72 milioni di euro) vengano impiegati per pagare gli straordinari al personale delle forze di pubblica sicurezza.
Ritiro dall’Afghanistan Chiediamo il ritiro delle truppe italiane dalla missione in Afghanistan (il ruolo e la presenza dell’Isaf sono strettamente intrecciati ad Enduring Freedom in una funzione bellica e di lotta militare al terrorismo) e da tutte quelle missioni internazionali che non abbiano la copertura e il sostegno delle Nazioni Unite. Questa misura farebbe risparmiare 616 milioni di euro alle casse pubbliche
Cancellare il programma “Vivi le Forze Armate. Militare per tre settimane”. Chiediamo che questa nuova iniziativa del Ministero della Difesa venga cancellata e le risorse risparmiate (20 milioni di euro) vadano ad incrementare il fondo per il servizio civile nazionale.
Festeggiare la Festa della Repubblica del 2 giugno senza la parata militare Negli anni passati abbiamo calcolato un costo medio della Parata militare di circa 10 milioni di euro, cifra con la quale sarebbe possibile far partire 1.700 giovani per il servizio civile che fanno attività utili per la comunità, aiutando in questo modo più di 10mila persone in stato di bisogno: anziani, disabili, senza fissa dimora, bambini.

Welfare, diritti sociali e formazione:

Chiusura dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) Con i 174 milioni previsti nella legge di bilancio per il 2012 per l’attivazione, la locazione e la gestione di nuovi Cie si potrebbe finanziare un programma nazionale di inclusione sociale, tra cui: corsi pubblici e gratuiti di insegnamento della lingua italiana, soluzioni abitative dignitose per i Roma, un sistema nazionale di protezione contro il razzismo, l’inserimento scolastico dei bambini e dei giovani di origine straniera, borse di studio per i giovani di origine straniera, spazi interculturali e risorse per i giovani “figli dell’immigrazione”. Per altre informazioni: www.cronachediordinariorazzismo.org
Abolizione dei fondi alle scuole private e del buono scuola Si risparmierebbero 700 milioni di euro dall’eliminazione dei sussidi pubblici alle scuole private. Si tratta di utilizzare le stesse risorse per rilanciare la scuola pubblica, intervenendo su quelle che sono le emergenze del sistema pubblico: il diritto allo studio, l’edilizia scolastica, la qualità dell’offerta formativa.
Copy left Sbilanciamoci! propone l’adozione del software libero da parte di amministrazioni centrali e locali potrebbe portare risparmi molto ingenti. Si otterrebbe un risparmio attorno ai 2 miliardi di euro l’anno sui costi delle licenze (di cui 680 milioni solo per le soluzioni Microsoft). I vantaggi non sarebbero solo economici ma anche quelli di un eccezionale strumento di trasparenza amministrativa e di controllo della spesa.

Questi sono solo una parte dei consigli elaborati nel 13esimo rapporto di Sbilanciamoci!: www.sbilanciamoci.org

Crisi economica: tra disoccupati e imprenditori sono circa cinquanta i suicidi da inizio anno

 

L’ultimo suicidio per motivi legati alla crisi economica a Catania, oggi, dove un uomo di 35 anni si è buttato dal suo appartamento, al quinto piano: si sentiva inutile perché non lavorava. A Caserta, sempre oggi, un muratore senza lavoro da sei mesi e per questo in preda a crisi depressive si è ucciso. Dopo anni senza lavoro un 51enne residente a Migliarina, frazione di Carpi (Modena), si è ucciso nella propria abitazione, in una palazzina popolare. A Treviso, infine, ieri un imprenditore oberato dai debiti si è impiccato nella cabina del suo camion.
Secondo l’ultimo rapporto Eures soltanto nel 2010 sono stati 362 i suicidi dei disoccupati. E secondo la Cgia dall’inizio dell’anno a causa della crisi economica ci sono stati in Italia 32 suicidi solo tra gli imprenditori. Se a questi aggiungiamo i disoccupati arriviamo oltre i cinquanta casi. La Regione più colpita da questo dramma è il Veneto: in questi primi 4 mesi del 2012, infatti, ben 10 piccoli imprenditori hanno deciso di togliersi la vita a seguito delle difficoltà economiche incontrate in questi ultimi anni di grave crisi economica. “Le cause di queste tragedie? Difficile dare una risposta esaustiva – sottolinea la Cgia di Mestre – tuttavia, la mancanza di liquidità è il denominatore comune che si riscontra in quasi tutti questi drammi: senza contare che molti imprenditori, a seguito del mancato pagamento da parte dei committenti, sono sprofondati nella crisi più profonda senza riuscire a risollevarsi”. La Cgia chiede quindi, così come è già stato fatto qualche settimana fa dalla Regione Veneto, di istituire a livello nazionale un fondo di solidarietà per l’erogazione di mutui in favore di piccoli e medi imprenditori in chiara situazione di difficoltà economica e finanziaria e privi di accesso al credito bancario o ai quali sono stati revocati affidamenti da parte di banche o intermediari creditizi.
Pochi giorni fa aveva ceduto alla disperazione un portiere di Napoli: l’uomo, 55 anni, si era ucciso impiccandosi nella sua abitazione dopo aver ricevuto una lettera di licenziamento e la notizia che avrebbe dovuto lasciare la casa dove viveva. Nel nuorese un imprenditore, costretto a licenziare i suoi due figli, si è ucciso con un colpo di pistola.
Il 13 aprile si è suicidato gettandosi sotto un treno nei pressi della stazione, a Sesto Fiorentino, un 42enne che aveva perso il lavoro da alcuni mesi. Il 10 aprile si è impiccata a un’altalena, in provincia di Vicenza, una donna di 51 anni probabilmente anche a causa delle difficoltà economiche della ditta del marito. Il 4 aprile è toccato al titolare, di 59 anni, di un’azienda romana specializzata in costruzioni in alluminio in fallimento, a un trentino 39/enne, e a un uomo di 51 anni che aveva perso il lavoro a Milano. Andando a ritroso, il 3 aprile a Gela un’anziana 78/enne si è uccisa lanciandosi dal terrazzo di casa: l’Inps le aveva ulteriormente ridotto la pensione di 200 euro (da 800 a 600) e tre giorni prima un artigiano di 57 anni si è impiccato all’interno della sua bottega di cornici a Roma a causa di guai economici. Anche a marzo bollettino di morte: il 27 un imbianchino di Trani, Giuseppe Pignataro, a causa delle difficoltà nel trovare un’occupazione stabile, si è ucciso dopo essersi lanciato dal balcone della sua abitazione; il 23 marzo un imprenditore quarantaquattrenne di Cepagatti (Pescara) si è impiccato nella sua azienda, non ha retto alla vergogna di non poter pagare gli stipendi ai dipendenti; il 21 marzo un uomo di 47 anni che gestiva un’attività commerciale ma da due anni era senza lavoro si è ucciso con un colpo di pistola nella sua automobile nel cosentino; sempre il 21 un imprenditore edile, di 53 anni, in crisi da tempo per i crediti che non riusciva a riscuotere e che vantava nei confronti di pubbliche amministrazione e di privati, si è tolto la vita impiccandosi in una baracca dietro casa nel bellunese; il 20 marzo un giovane artigiano di 29 anni, disoccupato, si è impiccato a Scorano (Lecce); il 9 marzo Vincenzo Di Tinco, titolare 60/enne di un negozio di abbigliamento di è impiccato a un albero a Ginosa Marina (Taranto): in pochi giorni si era visto addebitare, forse per errore, 4.500 euro di commissioni bancarie e rifiutare un prestito di poco più di mille euro.

Uccisi dal lavoro e dal non lavoro. Comunque gettati via.

stefano galieni - controlacrisi -

        Due omicidi da accostare, chiamiamoli col loro nome e non con perifrasi ipocrite e false. Due morti recenti ma cadute facilmente nell’oblio. Lui aveva 51 anni, viveva a Migliarina, frazione di Carpi, nel modenese. Lo hanno trovato martedì primo maggio, giorno della Festa del lavoro, lui che il lavoro non lo aveva più e che è morto in solitudine, dopo che, durante l’inverno, non potendo pagare le bollette gli avevano staccato luce e gas. Secondo i conoscenti viveva grazie a piccoli lavori temporanei – pulizia delle strade o lavori di manutenzione - e prestiti di amici. Un tempo lavorava come muratore, poi non era più riuscito a inserirsi nel circuito delle piccole imprese e si era lasciato andare. Forse non ce la faceva a risollevarsi, gli era stato consigliato di rivolgersi ai servizi sociali ma, a detta di amici, non voleva aiuto. Di tutt’altro avviso i funzionari dei servizi sociali del comune secondo cui l’uomo era seguito dalla Ausl, aveva ottenuto una casa dell’Acer ma era inabile al lavoro per problemi di salute. L’ufficio stampa dell’amministrazione del comune ha diramato una agenzia secondo cui “il profilo della vittima non si attaglia a quello di un suicida per crisi. La crisi può essere una concausa e non quella scatenante il fatto specifico”. Sembra si parli di due persone diverse e sembra che si possa valutare addirittura a che livello il disagio economico possa essere considerato motivo di morte. Della seconda vittima non si conosce ancora l’identità. Il suo corpo era stato ripescato una settimana fa dal torrente Argentina, a Taggia in provincia di Imperia. Dagli accertamenti autoptici che si stanno facendo l’uomo risulta essere morto in seguito a lesioni al torace, all’addome e alla colonna vertebrale. Secondo i carabinieri di Sanremo potrebbe essere morto in seguito ad un infortunio sul lavoro, forse una caduta e qualcuno avrebbe avuto interesse a sbarazzarsi del cadavere. Si indaga nei cantieri della provincia di Imperia ma anche del Piemonte e della Costa Azzurra. Tutto lascia pensare ad un lavoratore in nero o ad uno straniero non in regola. Tanto i padroni avranno già trovato altre braccia per sostituirlo.



SUICIDES WIDOWS OF THE MONTI BILDERBERG

venerdì 4 maggio 2012

ELEZIONI GRECIA / 3 – La democrazia secondo Morgan Stanley

di Matteo Zola - eastjournal -

La travagliata vicenda greca, che qui potrete trovare riassunta, arriva a uno snodo fondamentale: le elezioni. Temute dai mercati finanziari, usate dalla politica per ricattare quegli stessi mercati (invero con scarso successo), esse non sono altro che quello che sono: il fondamentale, benché più semplice e insufficiente, esercizio di democrazia. Nella Grecia della crisi le questioni sono molte, e molti sono i partiti che si fronteggiano: ben 32. Chi vincerà?
La banca d’affari Morgan Stanley fa sapere tramite una nota che le elezioni politiche in Grecia “hanno il potenziale per destabilizzare la già precaria situazione europea. Qualora i partiti che supportano il programma di austerity (per ricevere gli aiuti dalla comunità internazionale, ndr) non dovessero vincere, le conseguenze potrebbero essere drammatiche, con l’uscita della Grecia dall’area euro e il fallimento dell’intero progetto europeo”. Seguirà catastrofe nucleare, estinzione dei dinosauri, ritorno dei Maya con un astronave a forma di piramide.
Le affermazioni di Morgan Stanley sono gravi: in primo luogo perché allarmano i mercati, peggiorando la situazione debitoria dell’area euro. In secondo luogo perché non sono fatti suoi chi vince in Grecia, mentre così facendo influenza il voto e il comportamento dei Paesi europei di fronte alle elezioni greche.
Non è un segreto che l’Eurogermania guardi con apprensione al voto ellenico, ma non troppa. Berlino è abbastanza sicura di vincerle queste elezioni: i due partiti di principali, il Pasok (socialisti) e Nea Demokratia (conservatori) avranno la probabilmente la maggioranza. Male che va – la cancelliera e i suoi falchi ne sono persuasi – faranno una “grosse koalition” per tenere fuori le forze antieuropeiste di destra e di sinistra. Tanto soluzioni alternative non ce n’è. Poiché nè il Pasok nè Nea Demokratia potranno sperare di tenere in piedi un governo con forze che vogliono l’uscita della Grecia dalla Ue. E poi, in ogni caso, il prestito contratto tramite Fmi e Bce va restituito, piaccia o no. Altrimenti si chiama furto, e neppure l’Argentina è arrivata a tanto. Prima di sbarazzarsi del Fmi, Buenos Aires ha saldato il suo debito. Ma la Grecia non ha un soldo, cosa può saldare?
Torniamo a Morgan Stanley che conclude dicendo che “se il nuovo parlamento post-elezione non avesse una maggioranza stabile che si impegni a portare avanti le misure di austerity, le conseguenze potrebbero essere disastrose: i prestiti internazionali verrebbero bloccati e alla Grecia non rimarrebbe altra alternativa se non l’uscita dall’area euro, con ritorno alla dracma, un’enorme svalutazione e il ricorso alla stampa incontrollata di nuova moneta. Con tale scenario il contagio ad altri Paesi europei in difficoltà sarebbe inevitabile”. Insomma, non più un default pilotato, come è ora (adesso si può dire che non stanno “salvando la Grecia”) ma un default disordinato. Insomma, la bancarotta.
Joachim Fels, capo del dipartimento ricerche economiche di Morgan Stanley, ricorda agli investitori che questa settimana il mercato dovrà essere in grado di digerire una marea di dati ed eventi, a partire proprio dalle elezioni greche. Poveri mercati, mangeranno pesante. Sarebbe forse meglio, per i loro stomaci, evitare quest’abitudine di andare a votare. E ai greci, dopo il voto, non cambierà molto. I partiti sono sempre quelli, non c’è alternativa perché manca (e non solo in Grecia) un’idea alternativa su come gestire l’attuale situazione. E se ci fosse? Beh, forse vincerebbe le elezioni, e il Paese andrebbe in bancarotta. Ma questa è un’altra storia.

La crisi globale

di Sergio Cesaratto - sinistrainrete -
Lunedì 23 aprile si è svolta a Roma 3 la presentazione dei volumi di Bellofiore e Giacché sulla crisi, Radio radicale l'ha registrata, qui c'è la mia relazione con alcuni postscriptum

Mi occupo solo di uno dei due libri di Bellofiore, La crisi globale, l’altro è più teorico. Devo avanzare una critica di fondo a Bellofiore: l’eccesso di distinguo dalle altrui posizioni attraverso sottigliezze che lasciano il lettore smarrito circa l’argomentazione di fondo [molti l’han notato anche nell’esposizione al dibattito; un esempio è quando Riccardo ha disquisito circa la data di inizio della crisi … il 2008 non gli andava bene, le cause sono anteriori, ma questo è ovvio e non aggiunge molto. Il lettore potrà farsi una propria opinione attraverso la registrazione di Radio Radicale, che ringraziamo]. Tutto questo con amicizia, ma anche con franchezza.

Parto dalle conclusioni. I due volumi convergono nell’idea che una rottura/fuoriuscita dall’UME è improponibile, tanto sarebbero importanti le conseguenze. Non è di questa opinione Paul Krugman:

“What is the alternative? Well, in the 1930s — an era that modern Europe is starting to replicate in ever more faithful detail — the essential condition for recovery was exit from the gold standard. The equivalent move now would be exit from the euro, and restoration of national currencies. You may say that this is inconceivable, and it would indeed be a hugely disruptive event both economically and politically. But continuing on the present course, imposing ever-harsher austerity on countries that are already suffering Depression-era unemployment, is what’s truly inconceivable.”

Comunque, conclude Giacché, se continua così sarà l’Euro a rompersi. L’impegno dei paesi emergenti a sostenere l’intervento del FMI a sostegno dei paesi europei in difficoltà sembra però indicare che ci saranno degli sforzi ad impedirlo. Una lunga pena ci attende, più probabilmente. Ma può darsi che il redde rationem arrivi, ma siamo nel regno delle illazioni.

Mi sembra che anche sul terreno delle diagnosi i due libri non si discostino. Ambedue mettono alla base della crisi americana l’esplosione del debito privato le cui cause fanno risalire alla mutata distribuzione del reddito a sfavore del ceto medio dai tempi di Reagan. Bellofiore mette anche in luce come la memoria storica dell’elevata disoccupazione abbia indebolito la capacità di reazione dei lavoratori americani anche in anni in cui ci si è riavvicinati alla piena occupazione (ma su questo avrà anche inciso la diminuzione dell’occupazione nelle grandi imprese manifatturiere trasferitisi nei paesi emergenti e l’immigrazione). Bellofiore sembra però volere distinguersi:

“Il sottoconsumo è la causa ultima delle crisi, ma non ne spiega nessuna …La vera questione al fondo di questa crisi è che è crollato il consumo ‘autonomo’ a debito del keynesismo privatizzato [OK]. Futile separare cause finanziarie e cause reali della crisi, o prendersela con le disuguaglianze. [e poi, di seguito, si parla d’altro] La crisi è globale: non è possibile, dunque, uscirne con la domanda estera”(p.50). [La lettura mi lasciò confuso. L’intervento dell’autore al dibattito mi ha chiarito che egli ritiene che non tanto la crescente ineguaglianza nella distribuzione del reddito abbia causato la crisi quanto il crollo dei consumi autonomi, quelli finanziati dal credito; questi non possono essere sostituiti dalle esportazioni, data la crisi generale, non rimane che la spesa pubblica. Tutto bene, tranne che da ultimo la necessità di basarsi sulle componenti autonome della domanda (come i consumi finanziati dal credito al consumo o le esportazioni) deriva proprio dalla carenza di domanda dovuto alla ineguale distribuzione del reddito che rimane la contraddizione fondamentale del capitalismo. La mia impressione è che a forza di cercare dei distinguo ci si smarrisca].

ALLE ELEZIONI CON UN COMUNE DISEGNO

Luca Nivarra - ilmanifesto -
L'assemblea del "nuovo soggetto politico" svoltasi il 28 aprile scorso a Firenze si presta ad un bilancio decisamente positivo. Oltre al nome - Alba - impartito a maggioranza dai presenti; oltre alla partecipazione - molto nutrita tenuto conto anche del clima generale di disaffezione nei confronti della politica - ci sono vari elementi che lasciano ben sperare e che sarebbe sciocco non cogliere. Procediamo per ordine, segnalando, in primo luogo, l'assenza di un leader e il carattere decisamente collettivo di un'elaborazione ancora abbozzata ma, appunto, davvero plurale e non calata dall'alto. Certo, prima o poi bisognerà affrontare il problema dell'organizzazione: ma se le premesse sono quelle di Firenze, per la prima volta da molto tempo a questa parte potrebbe affacciarsi sulla scena una forma politica a struttura non proprietaria ma che, viceversa, in perfetta sintonia con il suo retroterra culturale, incarni e rappresenti l'idea stessa di un bene comune.
Sul piano dei contenuti, il dibattito e le due mozioni presentate (la prima contro la riforma dell'art. 81 e l'introduzione del cosiddetto pareggio di bilancio, la seconda contro la riforma del mercato del lavoro, entrambe perseguite dal governo dei padroni e sostenute dal Pd) non lasciano più spazio a dubbi, a meno che non si voglia coltivare la nobile arte del dubbio metodico, che, però, applicata alla politica, è del tutta inappropriata e potrebbe rivelarsi assai meno nobile. Alba si disloca, con grande chiarezza, in un'area antiliberista ed anticapitalista: non è la riedizione dei girotondi, non è la versione meno paludata di "Libertà e Giustizia" et similia, nutre una profonda avversione per il berlusconismo ma, a differenza del Pd(R) (Partito di Repubblica), vede nel berlusconismo, ieri, e nel montismo, oggi, le epifanie della stessa essenza, violenta, sovversiva dell'ordine costituzionale e totalmente asservita al capitale finanziario. E se un merito il governo Monti ce l'ha, è proprio quello di aver fatto cadere il velo di Maja (o di Ruby) dietro al quale il Pd(R) celava la sua finta opposizione a Berlusconi e la sua adesione alle politiche liberiste tradottesi nell'attacco al Ccnl, nella riforma Gelmini, nella privatizzazione dei servizi pubblici. Oggi, a nessuno è consentito di non vedere quale sia la vera natura del Pd, il suo essere un convinto e tenace fautore di quelle stesse politiche, alle quali Alba vuole contrapporsi frontalmente: ed è da questo dato, inoppugnabile, che bisogna ripartire anche in vista delle politiche del 2013.


MONTI BILDERBERG  view at sunset

giovedì 3 maggio 2012

LE BANCHE RIDEPOSITANO IN MASSA PRESSO LA BCE MENTRE LE IMPRESE NON HANNO LIQUIDITA'

- controlacrisi -                                                                             I depositi a scadenza un giorno, demominati overnight, attraverso i quali gli istituti di credito privato depositano i loro soldi presso la Banca centrale europea hanno superato ieri di nuovo il tetto degli 800 miliardi di euro. Non accadeva dallo scorso marzo. Lo ha reso noto stamani la stessa Bce da Francoforte.Rispetto a mercoledì ieri c'è stato un aumento di 14 miliardi di euro nei depositi, saliti complessivamente a 803 miliardi. La BCE ha prestato alle banche private al tasso dell'1%, senza nessun vincolo di destinazione, oltre mille miliardi di euro ad un tasso dell'1%. Le banche private in attesa di ulteriori "pranzi speculativi" sui debiti sovrani li lasciano fermi presso la BCE mentre le imprese e le famiglie sono costrette a rivolgersi agli strozzini. Se invece di prestare questa montagna di soldi alle banche private queste risorse fossero state destinate per la crescita e l'occupazione oggi l'Italia e L'Europa si troverebbero in tutt'altra posizione, giusto?

John Carlos, dal podio olimpico a Occupy Wall Street

 

Alle olimpiade messicane del 1968 alzò sul podio il suo pugno avvolto in un guanto nero insieme all'amico Tommie Smith, contro la discriminazione razziale negli Usa. Quarantaquattro anni dopo, lo sprinter di Harlem è ancora arrabbiato: "Sono stato lasciato solo. Ma a volte i rompiscatole fanno la storia".

di Emanulea Audisio, da Repubblica

 
È l' altro pugno. Quello sinistro. È lui che disse a Tommie: «Bring the gloves». Smith e Carlos. I guanti neri del '68. Quelli che sfondarono il cielo di Città del Messico. John arrivò terzo: si mise la maglia nera, i calzettoni scuri, si slacciò la tuta, abbassò la testa. Alzò il braccio, come Tommie, solo più piegato e da un gradino più basso. L' inno americano suonò, quei pugni lo smascherarono. Non era la terra dei liberi, ma degli schiavi. Carlos aveva 23 anni, oggi ne ha 67. Il ragazzo a cui non piaceva il mondo com' era, oggi è supervisor in una high school di Palm Springs dove si entra passando nel metal-detector. Ha i capelli bianchi, la rabbia è sempre nera. Dice: «Mi sento un sopravvissuto. Per anni nessuno mi ha voluto parlare o avere contatti con me. Sono stato lasciato solo, ero infetto. Poi hanno eletto Obama e tutti volevano sentire la mia storia. Solo che non profumava, non era bella».

Lei veniva da Harlem.
«Sì. Da una famiglia di lavoratori. Mia madre era infermiera notturna, mio padre calzolaio. Aveva combattuto nella I guerra mondiale, l'esercito l' aveva trattato come una merda. Così diceva lui. Harlem era viva e violenta. Al Savoy ci venivano a cantare Armstrong e Ella Fitzgerald e nel quartiere la droga, «King Kong», circolava come acqua dai rubinetti. Però i miei mi facevano rigare dritto, avevo anche due fratelli e una sorella. Correvo veloce, facevo a pugni, mi piaceva Robin Hood, ma il giorno in cui mamma mi beccò a casa con una scorta di marijuana furono dolori. Scelsi lo sport sbagliato, mi piaceva il nuoto, volevo attraversare la Manica, chiesi a mio padre quanti neri avessero vinto alle Olimpiadi».

E lui?
«Rispose: nessuno, figlio mio. I neri non vanno in piscina. Restai deluso, poi capii: i neri non possono andare in piscina. Non ci volevano, lo ricordava anche Harry Belafonte: poteva cantare ed esibirsi, ma sempre entrando dal retro. Se non eri bianco ti toccava la porta di servizio».

Però ora c' è Obama.
«Infatti gliela stanno facendo pagare. La crisi è arrivata con Bush, ma pare che sia lui il responsabile del brutto momento dell'economia, mentre è Bush che ci ha portato sul lastrico. Di cosa vuole che sia contento: Malcom X è su un francobollo, il dottor King è su una tazza di McDonald, Ali è sulle cartoline, io e Smith siamo sulle magliette. La cultura pop ci vende con lo slogan: la rivolta degli atleti neri. Atleti? Eravamo persone. Volevamo dignità e rispetto per tutti. Non solo per gli atleti. Non mi fa schifo la commercializzazione, ma la mancanza di informazione e di conoscenza sulle ragioni di quel gesto. Ci hanno ammazzato e ora siamo una merce da 20 dollari? Non solo mi rubano l' immagine, ma anche la storia dietro».

Sempre arrabbiato?
«Molto. Ribollo, anche 44 anni dopo. Mi dicono di stare calmo che adesso i neri nello sport sono miliardari e guadagnano bene. Ma a me cosa frega? Io vorrei che i neri studiassero, si laureassero di più, che andassero all' università perché c' è chi crede nella loro educazione. Invece c' è chi li illude che lo sport è l' unica scorciatoia possibile, anche se spesso non trovano né una carriera né un diploma. E li chiamano campioni questi che vanno a Londra? Giocano sì, corrono come cavalli bendati, obbedienti al padrone, zitti, per paura di perdere la paga. Mai uno sguardo sulla società, stanno al loro posto, non disturbano lo spettacolo. A parte rare eccezioni: ho ammirato Steve Nash, campione di basket bianco, che si è schierato con i Suns contro la legge razziale sull' immigrazione, ma per il resto da Jordan a Bryant è una pena. E Ozzie Guillen, manager dei Marlins, che a Miami ha dovuto chiedere perdono per aver detto che ammirava Castro? Credevo che in America ci fosse diritto alla libertà di parola. Invece ha dovuto inginocchiarsi e prostrarsi e l' hanno anche sospeso. Ha fatto il bambino cattivo. Ve li immaginate Rosa Parks scusarsi perché sull' autobus voleva restare seduta o Muhammad Ali chiedere perdono per le sue parole contro i bianchi. Ha mai visto qualcuno con la testa schiacciata sotto un piede, chiedere: scusi, per favore, mi può liberare da questo peso?».

Lo sport non fa politica: ve lo dissero anche nel ' 68.
«Nel ' 68 eravamo parte di un movimento che doveva boicottare i Giochi per sensibilizzare l'opinione pubblica. Votammo. Ma un sacco di atleti iniziarono a dire: mia madre ci tiene tanto a vedermi ai Giochi, la mia scuola anche. Insomma, alla fine fecero marcia indietro. Erano le prime Olimpiadi a colori, trasmesse in tutto il mondo. Ioe Tommie ci mettemmo in testa di fare comunque qualcosa».

La moglie di Smith comprò i guanti.
«Sì. Lui si mise anche una sciarpetta nera e io una maglia per coprire la scritta Usa. E Peter Norman, l' australiano, una spilla di solidarietà. Non mi aspettavo niente di buono, per quello il mio braccio è un po' piegato, ero pronto a difendermi da un' aggressione».

Vi diedero dei comunisti.
«Venivo dal ghetto di Harlem, vedevo arrivare Fred Astaire a teatro e con il mio gruppo lo accoglievo con un balletto. Lui mi regalava un dollaro d' argento. È stato il primo a darmi una lezione di vita con la parole: voi fate sempre qualcosa per far divertire il pubblico. Da ragazzo a scuola avevo guidato uno sciopero contro il vitto: ci davano pollo alla salmonella. E io avevo sentito parlare Malcom X».

Vi rovinarono la vita.
«Questo sì. Ce la giurarono. Ci dissero che avevamo finito di vivere. Brundage, presidente del Cio, aveva simpatie naziste. Mandarono Jesse Owens nello spogliatoio a trattare. Jesse arrivò e disse: cosa significano questi guanti neri? non sapete che i calzettoni tirati così alti fanno male alla circolazione? Parlava come se fosse stato ammaestrato. Non ci vidi più e gli dissi: forse signor Owens se lei avesse alzato più la testa nel ' 36, noi non avremmo avuto bisogno di questo ' 68».

Era pur sempre Owens, 4 ori a Berlino.
«Sì, certo, ma al rientro dai Giochi aveva dovuto correre contro un cavallo per guadagnare due lire. L' atleta migliore del mondo ridotto a fare un numero da circo? Owens per me era un eroe, gli avrei perdonato tutto e l' ho fatto, anche perché l' ho incontrato anni dopo in lacrime. Era stato dimenticato in un parcheggio alle tre di notte da gente che lo aveva richiesto come ospite e poi senza nemmeno dargli da mangiare l' aveva abbandonato lì al freddo. Se ne era finalmente accorto anche lui, confessò: per loro sono un fantoccio, mi portano alla presentazioni e poi mi fanno sparire, non ho altra visibilità, avessi fatto di più nel ' 36 vi avrei evitato il ' 68. Alla fine l' ha detto. Mentre Bob Beamon mi mise subito in guardia: ti sei rovinato, ora sei fregato, non troverai più una casa».

Ma fu solidale con la vostra protesta.
«Un po' . Ma non si può essere solo un po' incinta. Ci sono volte in cui o sei dentro o sei fuori. Non quasi dentro. Dico questo: Bob nella finale del lungo ci arrivò all' ultimo salto. Fu a un passo dall' eliminazione. Lo aiutai, lo consigliai: Bob hai visto come fanno gli aeroplani a volare? Prendono velocità. La tua rincorsa fa schifo, è troppo lenta, non andrai da nessuna parte, allenati con noi, vai veloce, aiutati con le braccia e salta. Lo fece e fu record. Non lo sentii più».

E poi ci fu Foreman che alzò le bandierine a stelle e strisce.
«Pappy Gault, il nostro ct della boxe, ci invitò a vedere le finali. Non ci andammo, per un sesto senso, forse. Foreman che era sconosciuto, vinse, gli misero una bandierina tra le mani, l' agitò prima bassa, appena capì che la folla applaudiva l' alzò sempre di più. Ecco il vero eroe che amava il suo paese e non un traditore come Carlos e Smith. I neri tornavano a essere obbedienti e patriottici, l' incubo era finito. God bless America».

Foreman però fu tra i pochi ad aiutarla.
«Sì, lo ricordo anche nel libro scritto con David Zirin, "The John Carlos Story". Quando ero depresso, abbandonato, senza un centesimo, George fu il solo che capì e mi regalò dei soldi. Un altro aiuto venne da Ted Kennedy che mi scrisse una lettera molto commovente». Nessun altro? «No. Quando lavoravo al porto di Los Angeles incontrai Rosi Grier, ex giocatore di football, che mi chiese cosa facessi lì. Risposi che avevo una famiglia da mantenere, avrei pulito anche i cessi. Mi scrisse di contattare un numero, mi rispose Tom Bradley, il sindaco di Los Angeles, che cercò di aiutarmi».

Lei fu spiato e controllato.
«Sì, dall' Fbi. Eravamo sovversivi. Inviarono foto di donne a mia moglie dicendo che erano mie amanti. Non voglio dire che fossi un santo, ma nemmeno uno che saltava da una femmina all' altra. Avevamo figli, mi ero ridotto a dare fuoco ai mobili per riscaldare la casa, ma mia moglie Kim diventò paranoica, entrò in depressione, ci separammo. E quattro anni dopo, nel ' 77, si uccise».

Nel 2006 lei volò in Australia per l'addio a Norman. «Portammo la sua bara con Tommie. Era un ragazzo meraviglioso, un ottimo sprinter, eppure tornato nel suo paese, fecero sentire anche lui un reietto. A nulla servirono le sue lacrime, gli tolsero l'atletica, lo esclusero dalla squadra. Pagava per una spilletta, per il suo senso sociale. Peter iniziò a bere, ad avere problemi, ai Giochi del 2000 a Sydney nemmeno lo chiamarono. Non faceva più parte della famiglia, solo un brutto fantasma. Ricordo che in quei giorni era morto anche Steve Irwin il documentarista australiano sulla natura. Possibile che un uomo che aveva amato gli animali
meritasse affetto e un altro come Peter che aveva amato gli uomini invece no?».

Lei ha rialzato il pugno ad Occupy Wall Street?
«Sì. Ho spiegato a quei ragazzi che io sono loro. Bisogna continuare a lottare: per le nuove generazioni. Sa cosa hanno detto a mio figlio che è nell' esercito? Tu, Carlos, sei figlio di un traditore. Senza fare una piega lui ha risposto: se non fosse per mio padre io oggi non sarei qui. Ecco io non ce la faccio a dire che le cose sono cambiate».

Niente yes we can?
«I can' t. Non posso dimenticare. Non ci aiutò nessuno allora. Ora mi chiamano e fanno gli amici, anche Beamon. Ma dov' erano quando bruciavamo all' inferno? Però una soddisfazione ce l' ho. Dicevano fossi solo un attaccabrighe, ma quasi mezzo secolo dopo il mio nome dice ancora qualcosa. Ai rompiscatole capita di fare la storia».

(2 maggio 2012)

Halevi. "La recessione è globale"

Cinzia Gubbini, Joseph Halevi - ilmanifesto -
Ciao Joseph, lo spread oggi vola di nuovo. Quota 400. Ma non era tutto apposto dopo le riforme di Monti? (ce la raccontano così...)
joseph halevi: Veramente Monti c'entra poco, mentre Draghi c'entra moltissimo. Gli spread sono calati quando Draghi ha deciso di aprire i rubinetti della liquidità, ora anche questa droga si sta esaurendo.
cinziagubbini: Dunque il nostro paese più forte, più credibile, non ha alcun tipo di influenza sull'andamento dei mercati?
joseph halevi: Non é più forte, questa é una finzione mandata avanti dai politici e dai loro governanti tecnici. Non ha influenza, punto e basta.
cinziagubbini: Quindi lo spread si sta rialzando perché di nuovo c'è crisi di liquidità?
joseph halevi: Non penso che sia per questo. E' che le aspettative recessive stanno investendo tutta l'Europa malata e lambiscono la Germania, si cumulano con il fatto che la Cina non tira come dovrebbe sebbene questa era una chimera sin dall'inizio.
cinziagubbini: Dunque, una volta tanto, i mercati rispondono a una reale difficoltà economica?
joseph halevi: Da un po' di tempo i mercati hanno ragione, direi da circa un anno. Vi sono due aspetti: andamenti quotidiani in cui i mercati finanziari e le società hedge cercano di lucrare, poi vi sono le loro valutazioni, diciamo strutturali e il quadro é molto più realistico.
cinziagubbini: Quindi quella di oggi è una "botta" di realismo?
joseph halevi: Sì perché sia dagli Usa che dalla Cina le notizie non sono buone, per la Cina il quadro é più complesso in quanto é la Cina che mostra che il sistema capistalistico si sta mordendo la coda in modo cannibalesco.
cinziagubbini: Infatti la principale imputata del ribasso dei mercati di oggi è proprio la Cina. Ma perché?
joseph halevi: Dunque sia perché le esportazioni cinesi sono diminuite su base mensile, soprattutto verso l'Europa, sia perché le importazioni effettuato dalla Cina hanno subito un rallentamento. Nel primo caso il messaggio é: la domanda non tira quindi la dinamica dell'esport cinese rallenta e ciò ridurrà la crescita cinese la quale ridurrà le importazioni della Cina dal resto del mondo, acuendo la carenza di domanda globale.
cinziagubbini: Già adesso, da quello che dici, le importanzioni della Cina sono rallentate...
joseph halevi: Inoltre i mercati finanziari, soprattutto quelli di Londra, New York, Chicago futures e Nikkei (Tokyo) si reggono sulla bolla cinese che é enorme. Fino ad oggi i cinesi hanno finanziato la bolla ma se la loro crescita diminuisce questo sarà più difficile.
cinziagubbini: Visto che la stiamo vivendo in diretta, ci spieghi esattamente cos'e' la bolla cinese?
oseph halevi: Una enorme bolla speculativa: in Cina ci sono città nuove di zecca completamente vuote, città con più aeroporti e con collegamenti ad alta velocità che aumentano la capacità già di per se eccedentaria degli aeroporti. Il tutto veine finaziato con erogazione di denaro da parte della banca centrale verso il sistema bancario. La bolla é stata ampliata a dismisura con la politica anticiclica varata nel novembre del 2008 per sfuggire dalla recessione meondiale. Ci sono riusciti rimanendo bolla-dipendenti ed hanno tirato sé il Brasile, l'Australia, l'Argentina e una grande fetta degli Usa, nonché l'industria tedesce e dei paesi nordici dell'Europa.
cinziagubbini: Nooo, aspetta e che significa? Ce lo devi spiegare meglio: il problema è che tutto viene finanziato dalla banca centrale cinese ma la produzione non tiene testa all'espansione del paese? E che c'entrano con questo il Brasile e gli Stati uniti?
joseph halevi: La banca centrale cinese ha una politica di denaoro facile, diciamo à la Draghi ma moltiplicato per tantissime volte. La produzione sopravanza la domanda del paese e dipende in effetti dalle esporatzioni che determinano anche una grossa fetta degli investimenti interni. Australia, Brasile, Argentina, Usa soprattutto gli Stati che vanno dal midwest ad ovest, esportano materie prime in quantità crescenti. Considera che la Cina produce oltre 700 milioni di tonnellate di acciaio e olltre 1,2 miliardi di tonnellate di cemento, oltre seicento milioni di cellulari ecc. Ecco da dove viene la domanda di materie prime che sono un elemento centrale nella formazione dei prodotti finanziari derivati.
joseph halevi: Il fatto nuovo dal 2006 in poi é la crescente integrazione del midwest e del west Usa nel ciclo cinese.
joseph halevi: Queste cose sono poco capite in paesi come Italia e Francia mentre lo sono di più in Germania ed assolutamente in Gran Bretagna
cinziagubbini: Però adesso anche la Cina esporta di meno, perché la domanda ovunque diminuisce...e quindi diminuisce anche la loro domanda di materie prime
cinziagubbini: e quindi tutto si blocca, giusto?
joseph halevi: Più o meno é così. Ma bisogna cogliere l'assurdità di questo processo. Infatti se la Cina esporta con gran successo, come é avvenuto fino al 2008, contribuisce ai cosiddetti squilibri nelle bilance dei pagamenti tra le varie zone del mondo. Finalmente oggi c'è un consenso tra gli economisti, perfino quelli delle banche, che tali squilibri sono stati fattori importanti nell'esplosione e propagazione della crisi. Se però la Cina non esporta quanto prima le cose si fermano.
cinziagubbini: Perché se esporta contribusice agli squilibri? Se esporta vuol dire che c'è domanda...no?
joseph halevi: Se esporta senza accumulare eccedenze hai ragione tu. Ma se esporta come come la Cina sta facendo assieme alla Germania ed altri pochi paesi, accumulando eccdenze allora crea i suddetti squilibri oltre che ad indebolire la domanda interna dei paesi verso i quali registra le eccedenze maggiori.
cinziagubbini: Scusa la mancanza di basi, ma che vuol dire accumulare eccedenze?
joseph halevi: Vendi più di quanto compri.
cinziagubbini: Ok, e la situazione degli Usa?
joseph halevi: Con la Cina dentro gli Usa devono essere valutati per parti. Una componente riparte male e debolmente ed é la componente che ora sembra dominare. In genere questa situazione si riferisce agli stati della costa atlantica e di vecchia indutrializzazione nonché la California. Invece vi sono stati che alimentano la crescita cinesee dipendono da essa: sono quelli che producono materie prime e derrate alimentari. Essi si tirano dietro anche zone di stati industriali che producono i macchinari agricoli e quelli per l'estrazione e delle materie prime. Sugli Usa grava anche il fatto che le finanze di una gran parte degli Stati sono in uno stato catastrofico e non usufruiscono dell'appoggio della federal reserve come invece accade per il governo federale.
cinziagubbini: Le cose di cui ci parli si riferiscono a questioni strutturali. Per risolverle non basta "solo" decidere nuove regole per i mercati finanziari, come la Tobin Tax. Di fronte a questa ondata recessiva che investe Cina e Stati uniti, cosa dovrebbe fare, secondo te, l'Unione europea?
joseph halevi: Il cuore della recessione é in Europa, é l'Europa dell'euro che la genera con le sue demenziali politiche fiscali. Quindi l'Europa genera il male non lo subisce. Ora però dato che l'Europa é in crisi paesi come la Germania e quelli del nord e, stupidamente, anche l'Italia (Marcegaglia) pensano che le esportazioni verso la Cina e gli Usa (vedi la Germania il cui export aumenta specialmente verso la Cinausa) possano più che controbilanciare la crisi della domanda europea. Se Cinausa rallenta questa scommessa, già rischiosa, viene persa.

IN EUROPA L'UNICA "CRESCITA" E' DELLA DISOCCUPAZIONE. LA POLITICA DELLA MERKEL HA VINTO

- controlacrisi - Il rigore le classi dominante europee lo hanno fatto. Ora parlano e promettono che faranno la crescita, ma l'unica cosa che cresce epr davvero nel vecchio continente è la dispccupazione. Rispetto al marzo del 2011, gli aumenti più rilevanti nel numero dei senza lavoro sono stati registrati in Spagna (dal 20,8 al 24,1%) e Cipro (dal 6,9 al 10%). La Grecia però ha il record, da gennaio 2011 a gennaio 2012 la disoccupazione è passata dal 14,7 al 21,7%. Per quanto riguarda la disoccupazione fra i giovani sotto i 25 anni, nell'eurozona è salita al 22,1% rispetto al 21,9% di febbraio ed al 20,6% del marzo 2011, mentre nell'Ue a 27 è passata al 22,6%, rispetto al 22,5% del mese precedente ed al 21% di marzo di un anno fa. Il numero minore di disoccupati tra i giovani si registra in Germania (7,9%), Austria (8,6%) e Olanda (9,3%), mentre il più alto in Grecia (51,2% a gennaio) e Spagna (51,1%), seguite da Portogallo (36,1%) e Italia (35,9%). I dati che sono stati comunicati da EuroStat vedono crescere la disoccupazione anche in Italia. A marzo è salita al 9,8%, rispetto al 9,6% di febbraio ed all'8,1% del marzo 2011, mentre la disoccupazione fra i giovani sotto i 25 anni è balzata al 35,9%, rispetto al 33,9% del mese precedente. L'Ufficio statistico dell'Ue stima che a marzo ci fossero 24 milioni 772mila senza lavoro tra uomini e donne, di cui 17 milioni 365mila nell'area euro. Rispetto a febbraio, il numero dei disoccupati è cresciuto di 193mila unità nell'Ue a 27 e di 169mila nell'eurozona, mentre rispetto a marzo di un anno fa sono aumentati rispettivamente di 2 milioni 123mila unità e di un milione 732mila. Fra i Paesi membri, il tasso di disoccupazione più basso è stato registrato in Austria (4%), Olanda (5%), Lussemburgo (5,2%) e Germania (5,6%), mentre quello più alto in Spagna (24,1%) e Grecia (21,7%, il dato è relativo a gennaio). Come si vede la politica della Merkel funziona benissimo. Massacrare socialmente i paesi periferici per avere un esercito di riserva a basso costo per competere nel marcato globale e centralizzare la produzione europea sotto il "marchio" del capitalismo prussiano. In questo quadro il patto d'acciaio Monti - Merkel rende ancora più evidente la sottomissione della nostra classe politica italiana agli interessi forti del capitalismo tedesco che sta utilizzando la crisi per ridurci come il Messico per gli USA.

Primo Maggio nel mondo, soprattutto nel Paese senza confini di Occupy

fabrizio salvatori - controlacrisi -

   “A day without the 99 percent”. Occupy Wall Street è tornata a farsi sentire negli Stati Uniti invitando allo sciopero generale per il primo maggio. La giornata internazionale dei lavoratori, che celebrano il Labor Day a settembre, è una normale giornata di lavoro. Manifestazione e rally si sono avute quindi un tutto il paese, con marce a Washington, proprio nei pressi della Casa Bianca, e a New York, Seattle, Portland ed Oakland. Non sono mancati gli scontri e gli arresti, oltre 35 nella sola New York durante l'intera giornata di proteste per tutta la città. Oltre una 20 gli arresti nelle città della West Coast dove migliaia di persone hanno partecipato ai rally che in alcuni casi sono degenerati in scontri, come a Seattle dove sono state infrante delle vetrine.

“Dobbiamo ricordare alla gente che siamo ancora molto importanti, questo il nostro modo di uscire di nuovo allo scoperto, il risveglio della nostra primavera”, ha detto uno degli animatori di Occupy Wall Street, promettendo quindi la ripresa delle iniziative nelle prossime settimane. Tra le diverse proteste che si sono registrate ieri, lo sciopero degli addetti ai traghetti di San Francisco e degli addetti ai servizi dell'aerporto di Los Angeles. Mentre a New York - la città dove, lo scorso settembre, è nato il movimento con l'occupazione, andata poi avanti per mesi, di Zuccotti Park - il primo appuntamento dei manifestanti è stato di fronte al Grand Central Terminal, con molti dimostranti che brandivano cartelli «Tax the Millionaires», tassiamo i milionari. Poi si sono trasferiti ad Union Square per una marcia verso Wall Street.
Occupy Wall Street è tornata in piazza a New York, ma anche a Londra, Barcellona, Toronto e Atene. E su Twitter si diffondono a macchia d'olio le parole d'ordine del movimento legate a una giornata dal sapore tutto speciale. Per il corteo di New York i nuovi hashtags sono #M1NYC e #NYCGS, nel resto del mondo accamto al tradizionale #OWS, si cinguetta anche #M1GS e #MayDay. Le parole d'ordine sono le stesse del settembre scorso, quando si montarono le prime tende all'interno di Zuccotti Park, a due passi dalla sede della Borsa di New York per contestare lo strapotere della finanza. Occupy lancia da oggi on-line una sorta di mobilitazione popolare non violenta contro lo status quo. “Oggi - si legge in una loro mail - chiediamo a tutti di non comprare nulla, di non andare a scuola, di prendersi un giorno di ferie e inventarsi ogni forma possibile per protestare conto gli abusi degli straricchi e della finanza”.
Proteste e scioperi anche in Grecia dove parecchie decine di migliaia di giovani, lavoratori e pensionati sono scesi in piazza ieri per manifestare in occasione del primo maggio. La principale e più imponente manifestazione della giornata si è tenuta a Aspropyrgos, una località a 35 km da Atene dove sorge una fabbrica siderurgica del gruppo Hellenic Halyvourgia, i cui operai sono in sciopero da diversi mesi per protestare contro i tagli degli stipendi e la diminuzione degli organici. Stando alla polizia, oltre 80 mila militanti del PAME - il Fronte di lotta dei lavoratori espressione del Partito comunista - hanno manifestato provenienti da tutta la Grecia.
Nella capitale invece i cortei sono stati due: uno organizzato dai sindacati maggioritari ha riunito alcune migliaia di persone mentre l'altro, organizzato da gruppi di sinistra e realtà sindacali di base ha sfilato a poca distanza. Cortei analoghi si sono svolti in altre città del paese.
Così come era accaduto lo scorso anno, anche ieri i sindacati dei lavoratori del trasporto marittimo ieri si sono fermati per tutta la giornata, paralizzando i traghetti da e per le isole in tutto il paese. Lo sciopero ha avuto un'adesione totale in particolare al Pireo, il grande porto collegato ad Atene, dove la Federazione Nazionale dei Marittimi, che raggruppa 14 organizzazioni sindacali di base, avevano decino una specifica astensione dal lavoro di quattro ore al mattino.

50 miliardi dai capitali evasi in Svizzera: cosa aspettiamo?

di Vladimiro Giacché - ilfattoquotidiano -

 
Il 17 aprile il Commissario europeo alla fiscalità ha dichiarato la “piena conformità” col diritto comunitario degli accordi stipulati da diversi paesi europei con la Svizzera. Questi accordi prevedono che sui capitali esportati in Svizzera da evasori fiscali sia prelevata una quota sostanziosa che finirà nelle casse dei rispettivi Stati. In cambio, quei capitali potranno restare in Svizzera. L’Austria, che ha siglato un accordo con la Svizzera il 13 aprile, ha fissato l’ammontare di questa una tantum al 30% della cifra complessiva (siamo ben lontani dall’obolo del 5% richiesto a suo tempo da Tremonti). Se l’Italia imponesse un prelievo del genere sulle somme depositate in Svizzera da residenti italiani, nelle casse dello Stato entrerebbero 50 miliardi.
Monti, che in precedenza si era detto favorevole agli accordi con la Svizzera ma “solo nel quadro di un’intesa comunitaria”, ora è diventato disponibile. Ma bisogna fare presto e con tempi certi. Anche perché è sempre più evidente che le misure di finanza straordinaria assunte lo scorso anno (dal governo Berlusconi e poi dal governo Monti) sono inique. Questo è vero in campo fiscale (contro la progressività prevista dall’art. 53 della Costituzione): si pensi all’aumento delle tasse indirette (che ha fatto ripartire l’inflazione), all’Imu, o alle accise sulla benzina. Ma è vero più in generale: si pensi al blocco dell’indicizzazione delle pensioni a partire dai 1.400 euro lordi, al brusco innalzamento dell’età di pensionamento, alla riduzione dei servizi sociali erogati dagli Enti Locali a causa dei tagli di spesa.
Tutte queste misure hanno colpito severamente la capacità di spesa delle famiglie, ridotto la domanda interna e quindi spinto l’Italia in recessione: infatti chiunque produca per il mercato interno ha avuto un crollo del fatturato.
La Banca centrale europea – che farebbe meglio a riflettere su come fare bene il proprio lavoro – pensa che l’Italia dovrebbe raschiare altri 5 miliardi dal fondo del barile accorpando le province. Noi pensiamo che 50 miliardi prelevati agli evasori sarebbero dieci volte quella cifra. E che, a differenza dei tagli alle prestazioni sociali e dell’aumento delle tasse dirette e indirette, non avrebbero alcuna ripercussione sulla domanda, e quindi alcun effetto negativo sull’economia. Non sarebbe stato meglio partire da lì?

mercoledì 2 maggio 2012

La democrazia Imperiale e quella di Asterix*

di Alfio Mastropaolo - sinistrainrete -

Anche in Italia c’è un villaggio di Asterix e di galli irriducibili. Non saranno proprio galli, magari sono celti, magari sono qualcos’altro o non sono niente, ma irriducibili sembrano esserlo di sicuro. Li dove le Alpi si inchinano alla pianura c’è la Val di Susa. Lì finora si sono scornate le legioni di Pompeo (Prodi), quelle di Cesare (Berlusconi) e neanche quelle del regista della grande pax augustea (Monti) sembrano destinate a miglior sorte.

L’oggetto della disputa è arcinoto. I danti causa delle legioni vogliono scavare sotto casa degli irriducibili un buco colossale, la cui escavazione si protrarrà nel tempo per chissà quanto. Gli irriducibili valligiani non ne vogliono sapere. Gli escavatori dichiarano che il buco è assolutamente necessario, che di lì passerà l’avvenire del mondo che governano, quello delle generazioni future, il progresso, la modernità, lo sviluppo, l’occupazione e quant’altro. La replica degli irriducibili è che in questo non c’è nulla di vero, che il buco è superfluo, che costerà somme enormi agli escavatori, ma pure a coloro in nome di quali essi promettono progresso, modernità, sviluppo, occupazione, e che, smentendo le promesse, provocherà inquinamento aggravato, devastazioni ambientali irreversibili, oltre a non meno irreversibili devastazioni sociali.

Dall’una e dall’altra parte sono state mobilitate competenze di altissimo pregio. Si esibiscono studi d’impatto ambientale e di costi/benefici, valutazioni dei flussi di traffico attuali e potenziali. Le competenze esibite dagli uni, ad esser equanimi, non appaiono meno autorevoli di quelle esibite dagli altri. Perché se da un lato gli escavatori hanno dalla loro il potenziale di know-how che possono mobilitare i governi nazionali, cui si somma quello mobilitabile da quella parvenza di governo – in realtà molto efficace – che sono le istituzioni europee, dal canto opposto a fianco degli irriducibili si è mobilitato l’altrettanto imponente know how di coloro, che non sono pochi, né sono tanto meno culturalmente sprovveduti – che mettono severamente in discussione la qualità degli argomenti tecnici degli escavatori e le loro parole d’ordine. Progresso, modernità e sviluppo stanno da un’altra parte, o vanno conseguiti in altro modo. Non scavando altri buchi, ma semmai proteggendo quel poco di territorio che non è stato violentato, in micidiale e geometrica progressione, dalla rivoluzione industriali in avanti. Anzi cominciando a rimediare a tali violenze, laddove si voglia davvero, ammesso che lo meriti, salvaguardare il destino della specie.

Ma le armi con cui i contendenti si fronteggiano non sono solo queste. Gli escavatori hanno dalla loro la potenza dello Stato. Si narra che la statualità è stata ultimamente ridotta a mal partito dalla globalizzazione inesorabile. Ma forse non è poi tanto vero. Non solo gli Stati mobilitano battaglioni di esperti. Possono mobilitare pure battaglioni di giudici e qualche legione di poliziotti. Quando non mettono direttamente in campo l’esercito.

Urss, il continente scomparso

di Mario Tronti - sinistrainrete -

Dal capitalismo al socialismo e ritorno. «L'esperimento profano» di Rita Di Leo ripercorre controcorrente il fiume di una storia rimossa, che illumina lo scontro di oggi fra politica ed economia


Siamo malati di anniversari. Se non ci fossero, per i giornali, bisognerebbe inventarli. E infatti spesso se ne inventano. E altrettanto spesso se ne nascondono. E' passato tutto intero il 2011 e nessuno, o quasi, si è ricordato che, esattamente vent'anni prima, era accaduto quell'evento che si chiama «fine dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche". Si può non avere simpatia per il presidente Putin e in effetti non ne suscita in gran quantità, ma ha detto almeno una volta la cosa essenziale e cioè che la caduta dell'Urss è stata la più grande catastrofe geopolitica del Novecento. Le futili vicende che abbiamo vissuto da allora, mascherate da improbabili accadimenti epocali, ce lo confermano. Ecco un libro che ci riporta, saltando indietro nel tempo che conta, a una vicenda, «un esperimento», si dice, che ha fatto storia e che non a caso alla sua conclusione ha fatto parlare di fine della Storia. Sto parlando di Rita di Leo, L'esperimento profano, sottotitolo eloquente Dal capitalismo al socialismo e viceversa, Ediesse, Citoyens, Roma 2012.

È un testo da leggere, impossibile da riassumere. E' un testo breve, sintetico, con rimandi ad altri approfondimenti analitici della stessa autrice, dimostrazioni empiriche delle tesi teorico-storiche qui presenti, che varrebbe la pena di veder presto pubblicati a parte. Una narrazione, che non si può raccontare di nuovo, si può solo ascoltare. Ne parlo, usando le stesse frasi e parole del libro. 1917-1991: ecco date che stanno in piedi da sole, come corpi in carne ed ossa, non fantasmi evocati dalle pratiche magiche della comunicazione mediatica. Scelgo di dare subito conto, con una citazione di esempio, dello stile e del tono del discorso. A metà libro:

«Dagli anni Cinquanta in poi, in occasione degli incontri internazionali, le facce popolari dei segretari generali del partito comunista sovietico e le loro 'non buone maniere' mostrarono agli occhi del mondo che la seconda potenza strategico-militare aveva al governo uomini che venivano dal popolo. Non che il popolo fosse al potere, come affermerà l'ultimo programma del partito ( 1986 ) ma che la leadership sovietica, o nomenklatura, era figlia o nipote di operai e contadini. Ne conseguiva che la rivoluzione anticapitalistica del 1917 aveva realizzato il rovesciamento sociale promesso».

Fino al 1989 è stata questa l'immagine dominante negli occhi di amici e di nemici. Per smontare questa immagine - dice di Leo - «era al lavoro un esercito di studiosi impegnato in un apposito settore di ricerche e di analisi storiche; la sovietologia, che è poi sparita insieme al muro di Berlino».

Lavoratori precari nella “riforma” Monti-Fornero

di Franco Pinerolo - paneacqua -

Il lavoro precario, che ormai riguarda l’80% delle nuove assunzioni, e circa 7 milioni di persone (dati Isfol), rappresenta una vera emergenza nazionale. Ma nonostante ciò, la riduzione drastica delle 46 modalità contrattuali “atipiche” esistenti, assicurata inizialmente dal Ministro Fornero, è stata incredibilmente accantonata

 
Il lavoro precario, che ormai riguarda l’80% delle nuove assunzioni, e circa 7 milioni di persone (dati Isfol), rappresenta una vera e propria emergenza nazionale, una realtà contrattuale senza tutele e diritti. Ma nonostante ciò, la riduzione drastica delle 46 (!) modalità contrattuali “atipiche” esistenti, assicurata inizialmente dal Ministro Fornero, è stata poi incredibilmente accantonata, per intervenire solo su alcune specifiche tipologie contrattuali sia applicando nuove pratiche amministrative disincentivanti -anche se per certi aspetti carenti-, sia stabilendo nuovi oneri contributivi, che però rischiano di andare a detrimento anziché a vantaggio dei precari, come vedremo.

CONTRATTI A TERMINE (O A TEMPO DETERMINATO)

a) Si tenta lo scoraggiamento di questo tipo di contratti attraverso una penalizzazione, un contributo aggiuntivo dell’1,4%, ma c’è il rischio, per non dire la certezza, che molti (im)prenditori ne scarichino il costo sulle spalle dei lavoratori. Per evitare questo pericolo il governo avrebbe dovuto accompagnare il contributo con un tetto minimo salariale, in modo che i lavoratori non potessero percepire meno di una certa cifra. Nel documento finale della Ministra Fornero, invece, il tetto minimo non c’è.
b) il contributo aggiuntivo dell’1,4% potrebbe avere come conseguenza quella di far ingrossare le fila delle 4 milioni di partite Iva, che diventerebbero per gli imprenditori più convenienti.
c) il contributo aggiuntivo dell’1,4% non si applicherà né ai contratti stipulati per ragioni di carattere sostitutivo (ad es. a chi è assente per maternità) né ai contratti a termine stagionali, né agli apprendisti: in pratica non si applicherà alla stragrande maggioranza dei contratti a termine!
d) Suona come un paradosso beffardo il fatto che il contributo aggiuntivo dell’1,4% vada a finanziare proprio ASpI e mini-ASpI (una sorta di indennità di disoccupazione introdotte con questa riforma), da cui molte tipologie di lavoro precario sono invece tagliate fuori (ne sono esclusi co.co.pro., co.co.co, collaborazioni occasionali, a chiamata, finte partite IVA, associati in partecipazione, ecc..)
e) è grave che al primo contratto a termine di durata non superiore a sei mesi sia stata tolta la causale, che era stata finora il deterrente per l’abuso di
questo tipo di contratto. Il lavoratore potrà così essere sciolto anche senza bisogno di indicare il motivo preciso del licenziamento (di carattere tecnico, produttivo, organizzativo). In questo modo la precarietà complessiva viene notevolmente aumentata e resa lecita, permettendo l’abuso del contratto a termine,reiterabile senza limiti per lo stesso lavoratore, in un’altra mansione o con un’altra impresa. La conseguenza potrà anche essere che un datore di lavoro potrà avere forza lavoro di basso livello anche tutta composta di contratti precari, purché ogni sei mesi li sostituisca previa una breve formazione che gli uscenti dovranno fornire agli entranti, usufruendo pure dei “50 giorni” di sforamento concessi per il passaggio delle consegne. L’assenza di causale per il primo contratto a termine è quindi antitetica alle finalità dell’attuale disegno di legge (art.1) che ribadisce essere il lavoro subordinato a tempo indeterminato la forma comune di rapporto di lavoro.
f) La Ministra Fornero illude che allungando l’intervallo tra la stesura di un contratto a termine e l’altro con lo stesso soggetto si possa evitare che centinaia di migliaia di lavoratori continuino a essere precari. Evidentemente alla Fornero sfugge che la vigente normativa consente ai datori di lavoro di reiterare il ricorso al tempo determinato – non necessariamente con gli stessi soggetti – grazie a “causali” di tipo generico. Inoltre allungando il periodo minimo che deve intercorrere fra la scadenza di un contratto ed il suo rinnovo, si costringe di fatto il lavoratore a rimanere disoccupato per un periodo temporale più lungo.
g) Per sanzionare l’utilizzo improprio di contratti a termine, si continua a privilegiare il canale dell’indennizzo giudiziario con un minimo di 2,5 mensilità, davvero modesto, anziché la forma più logica della conversione del contratto a tempo indeterminato
h) È ridotto il periodo entro il quale si deve depositare il ricorso in Tribunale
i) i contratti a termine vengono ulteriormente penalizzati a causa dell’introduzione del trattamento speciale riservato ai lavoratori «svantaggiati» affittati dalle agenzie interinali alle aziende con uno sconto del 20% sulle tabelle contrattuali.
l) Dopo 36 mesi di contratti a tempo determinato il governo consente di far scattare l’assunzione definitiva, ma questo avveniva anche ora (d. lgs. n. 368 del 2001).
m) per i contratti a termine manca una copertura contributiva nei periodi di non lavoro, cosicchè i precari si ritroveranno in pensione con quasi nulla.

ELEZIONI GRECIA /1 – Andranno perdute due generazioni

Pubblicato da  di Matteo Zola


Cominciamo questa breve serie di appuntamenti sulle elezioni greche, che si svolgeranno il 6 maggio prossimo, diversamente dal solito. Prima di presentare partiti e candidati, programmi e sondaggi, partiamo da un dato concreto. La disoccupazione in Grecia a gennaio ha toccato il tasso record del 21.8% mentre la percentuale di disoccupati fra i giovani con meno di 25 anni ha raggiunto il 48%, ovvero un giovane greco su due non ha lavoro. In questo contesto l’emigrazione giovanile è inevitabile.
Seppure in scala minore rispetto alle grandi migrazioni dei primi anni ’50 e degli anni ’60 causate dalla guerra e dalla povertà, la Grecia – ormai nel quinto anno di recessione – torna ad assistere alla diaspora di migliaia di suoi giovani in cerca di fortuna. Una recente ricerca condotta dall’Università di Salonicco ha infatti dimostrato che la grande maggioranza degli emigranti e degli aspiranti tali appartiene alle generazioni più giovani, interessate a Paesi come Australia, Russia, Cina e Iran. Fuori dall’Europa dunque. Almeno in questo la Grecia lo è già, drammaticamente.
Lasciare il proprio Paese, i propri affetti, i legami fisici e metafisici con luoghi e persone, non è certo cosa facile. E’ scelta disperata, non una vacanza. Da un altro sondaggio condotto per conto dell’Università Panteion di Atene risulta che sette giovani greci su dieci vorrebbero lasciare il Paese devastato dalla crisi, ma meno di uno su cinque ha intrapreso qualche passo per partire davvero. Questo stato di dubbio, di attesa, non potrà durare a lungo. Stando così le cose e con la prospettiva di una ripresa economica che arriverà forse fra dieci anni, è facile prevedere che la fuga di giovani aumenterà.
La nuova diaspora coinvolgerà i greci più giovani e meglio istruiti, coloro che parlano più di una lingua ma che non ce la fanno più a sopravvivere in un Paese con l’economia ormai in caduta libera. Ma ciò che è più drammatico e che, secondo le previsioni, con la crisi economica in Grecia andranno perdute due generazioni. Di questo il nuovo esecutivo che uscirà dalle urne dovrà tener conto. E’ la gente che fa la ricchezza di un Paese, non le speculazioni finanziarie. Se vanno via i giovani, la Grecia è morta.


HELP!

martedì 1 maggio 2012

LAVORARE MENO, LAVORARE TUTTI e TUTTE!

- ListaSinistra -

Il 1° Maggio 1886, a Chicago una grande manifestazione operaia per la riduzione dell’orario di lavoro, venne repressa nel sangue. Da allora, in tutto il mondo, il Primo Maggio è diventato, a livello internazionale, la data simbolica delle lotte dei lavoratori per la riduzione della giornata lavorativa, grazie alle quali, per più di un secolo, i lavoratori e le classi subalterne hanno costantemente migliorato le loro condizioni materiali.

La storia del Primo Maggio testimonia il carattere internazionale della classe operaia, una natura che mescola lingue, tradizioni, movimenti migratori e connette uomini e donne e il loro agire sociale alla loro condizione di classe. La riduzione della giornata lavorativa è stato il risultato dell’azione dei lavoratori in tutto il mondo, al di là di ogni divisione nazionale, etnica o religiosa. La contemporaneità delle manifestazioni del 1° Maggio in tutto il mondo e l’aggiungersi nel tempo di nuovi paesi ne sono la prova.

Ciò che oggi divide i lavoratori e le lavoratrici, non sono le oltre seimila lingue e neppure le tante diversità ideologiche e religiose. A rendere le differenze rilevanti, e spesso devastanti, sono i circa duecento Stati che ancora si contendono i confini e che quasi mai corrispondono a delle nazioni.

L’internazionalismo è oggi più che mai la risposta necessaria contro una borghesia che internazionalizza l’economia ma non riesce a superare lo Stato-nazione che è intrinsecamente connesso alla sua affermazione come classe. Né l’Unione Europea di padroni, finanzieri e speculatori ha dato risposte differenti in questo senso, estendendone gli effetti negativi.

Ogni anno, milioni di nuovi lavoratori salariati entrano sulla scena sociale mondiale, trasformando, insieme ai rapporti tra le potenze, l’equilibrio tra le classi. Coloro che hanno teorizzato la nascita della società postindustriale, con una struttura liquida dalla storia finita e suggellata dal neoliberismo trionfante e una classe operaia vecchia, residuale e in via di estinzione, oggi balbettano di fronte all’enorme processo di proletarizzazione che avviene principalmente in Asia e nel sud del mondo e che determina in Occidente l’impoverimento generalizzato del “ceto medio” e l’arrivo inarrestabile di un nuovo e giovane proletariato immigrato.

La crisi “finanziaria” è solo il sintomo più evidente della decadenza profonda del Capitalismo che, lontano dal riuscire a risolverla, non riesce neanche ad arginarla con i consueti e collaudati strumenti del welfare e/o con riconversioni della produzione in chiave “ecologica”. Crisi economica partita dagli USA e passata in Europa, dove ha accelerato il processo d’impoverimento delle classi subalterne che era già in atto, si è allargata ai paesi della sponda sud del mediterraneo e ad altri paesi poveri del mondo, dai quali, è facile aspettarsi che continueranno a giungere nuove e massicce ondate migratorie.

Oggi è esigenza indispensabile che i lavoratori e i giovani costruiscano una concreta unità di lotta, con i lavoratori immigrati. Solo sul terreno della lotta, dell’azione diretta, indipendente e di massa i lavoratori possono difendersi dagli effetti “sociali” della crisi.

La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, insieme al salario sociale (casa, sanità, istruzione e trasporti gratuiti) possono essere la barriera difensiva all’uso padronale della crisi. La riduzione dell’orario, con il miglioramento dei livelli salariali, presuppone, la sottrazione del tempo di vita allo sfruttamento e una redistribuzione delle ricchezze che, già di per se, minano le fondamenta stesse del Capitalismo.

La diminuzione dell’orario lavorativo, l’accoglienza di tutti i lavoratori stranieri, il salario sociale, non possono essere solo rivendicazioni da fare a qualche governo, bensì necessitano della crescita di percorsi collettivi di lotta, ispirati alla massima solidarietà internazionalista, con la diffusione dell’azione diretta e lo sviluppo di pratiche di autorganizzazione sociale.

SVILUPPIAMO E RAFFORZIAMO LA SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE!
Zag(c)

E’ nata ALBA, lo strano animale

maggio 1st, 2012 ·



- amicoqua -
Siamo partite, siamo partiti, siamo in movimento¦ Lo scorso sabato in un’assemblea di 1400 persone
abbiamo dato avvio al percorso del Soggetto Politico Nuovo, decidendo di darci un nome:
ALBA – soggetto politico nuovo con Alba che sta per Alleanza Lavoro Benicomuni Ambiente.
I dettagli sul nome li trovate qui:
http://www.soggettopoliticonuovo.it/scegliamo-il-nome/
La giornata è stata ricca di interventi, di espressioni e di passioni, di voci eterogenee che hanno espresso
la voglia di costruire uno strumento diverso per riappropriarci della politica, con una mite fermezza nell’entrare ora, subito (non c’è più tempo) nei conflitti sociali, economici, culturali che stanno dilaniando il nostro paese, la nostra Europa, il nostro mondo.
Interventi che sono stati seguiti in sala dalle circa 1400 persone che nel corso della giornata sono state presenti al Mandela Forum, ma anche dalle oltre 2500 persone che si sono collegate via streaming (e che in media lo hanno seguito almeno 30 minuti, certamente non un mordi e fuggi) con una media di visitatori collegati di circa 200 con picchi di 300, segno di un forte interesse.



nella foto Ugo Mattei, Chiara Giunti, Nicoletta Pirotta, Giuliana Beltrame, Paul Ginsborg, Massimo Torelli. I video “grezzi” necessiteranno di diversi giorni di lavoro da parte dei volontari per essere caricati sul nostro canale youtube, ma abbiamo già caricato l’apertura di Marco Revelli e Nicoletta Pirotta
http://www.youtube.com/user/sgpoliticonuovo
e abbiamo reso disponibili i girati “grezzi” sul nostro canale ustream: potete vedervi quindi tutte e due le plenarie
http://www.ustream.tv/channel/soggetto-politico-nuovo
potete trovare il testo di apertura di Marco Revelli qui
http://www.soggettopoliticonuovo.it/2012/04/30/introduzione-di-marco-revelli/
E a questo link i documenti che vogliamo discutere insieme
http://www.soggettopoliticonuovo.it/2012/04/29/materiali-da-firenze28aprile-e-nata-alba/
Abbiamo concordato le regole per il coordinamento nazionale
http://www.soggettopoliticonuovo.it/wp-content/uploads/2012/04/Proposta-su-criteri-per-il-coordinamento-nazionale-ALBA-soggetto-politico-nuovo.pdf
abbiamo avviato gruppi di lavoro, punto di partenza di un cammino che richiede partecipazione, senso di
responsabilità , attività costante e cura delle relazioni.
Ma in un quadro positivo siamo consapevoli anche dei limiti che un’assemblea di grandi dimensioni sempre
mostra e di cui ci scusiamo: non tutte/i hanno potuto parlare e i gruppi di lavoro sono stati anche un prosieguo dell’assemblea generale. E siamo consapevoli che i tratti dell’assemblea generale di lancio del progetto, con la priorità negli interventi data a chi a questo progetto da mesi sta lavorando e agli interlocutori (sia di partito, che di sindacato, che di movimenti e associazioni), non sono stati presentati con la dovuta chiarezza, in maniera da rendere più comprensibile a tutte/i la gestione dell’assemblea.
Ora si cambia: non più assemblee indistinte, ma un percorso di lavoro organizzato sia a livello territoriale che in incontri larghi e orizzontali (attraverso le dinamiche descritte nel Manifesto – gruppi di lavoro, PARTY, ecc.), per organizzare le nostre forme di coordinamento e i contenuti.
Dobbiamo muoverci, ora, adesso, moltiplicando gli incontri territoriali e la costruzione di nodi locali. Chiediamo a tutti coloro che si vogliono attivare localmente di partecipare nel dare avvio ad un processo veramente orizzontale e condiviso. (chi vuole attivare nodi territoriali, scriva a info@soggettopoliticonuovo.it)
Abbiamo condiviso i criteri per un primo coordinamento nazionale, che serva ad avviare le tappe del percorso.
La data è quella di sabato 12 maggio. Al più presto sede, orario e mail per confermare la presenza di un/a per nodo territoriale.
La prossima tappa nazionale al momento è quella di ritrovarsi (ma questo lo fissiamo nel primo incontro del
coordinamento nazionale) in un grande appuntamento di 2 giorni a giugno, con grandi tavoli di lavoro, per iniziare la discussione dei primi punti fermi del nostro programma.
Sul lato economico: sappiamo che grazie al contributo di chi è venuto a Firenze (circa 4000€ ) e di chi lo ha inviato tramite bonifico e paypal siamo riusciti a coprire totalmente le spese sia del 28 che quelle dell’ultimo mese (sito internet) e avere qualcosina per affrontare le prossime spese immediate. Stiamo aspettando la formalizzazione degli ultimi pagamenti (alcuni bonifici necessitano di alcuni giorni per poter risultare) e l’esatto ammontare delle donazioni ricevute al Mandela per pubblicare in modo chiaro e più trasparente possibile il bilancio economico di questo periodo.
Per la logistica generale, chiediamo ancora un po’ di pazienza: tutto questo avviene grazie all’impegno di volontari che si stanno spendendo ogni giorno a rimettere a posto i resoconti, a rispondere alle mail, ad aggiornare il sito internet e via dicendo.
Augurandovi un buon Primo Maggio vi salutiamo rimandando alle prossime mail, sia per avere il tempo necessario a preparare tutto al meglio sia per non inviarvi mail troppo dense di contenuti, sia comunicazioni più precise rispetto al coordinamento nazionale deciso dall’assemblea, sia i risultati del lavoro dei gruppi.
Staff soggettopoliticonuovo.it
http://www.soggettopoliticonuovo.it
http://www.facebook.com/SoggettoPoliticoNuovo
http://twitter.com/#!/sgpoliticonuovo

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