Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 26 febbraio 2011

Occhio, la Libia è un'altra cosa.


di Fulvio Grimaldi. Fonte: sinistrainrete
Noi siamo la razza che governa il mondo... Non rinunceremo al nostro ruolo nella missione della nostra razza, grazie a Dio, per la civilizzazione del mondo... Dio ci ha fatto il suo popolo eletto... ci ha reso tanto capaci di governare da poter gestire governi tra popoli selvaggi e senili.
(Senatore Usa Alfred Beveridge)
La stampa è tanto potente nella creazione di immagini da poter far sembrare una vittima il criminale e mostrare la vittima come fosse il criminale. Questa è la stampa, una stampa irresponsabile. Se non stai attento, i giornali ti faranno odiare la gente che è oppressa e amare coloro che opprimono.
(Malcolm X, "Discorsi e dichiarazioni selezionati")

C'è da aspettarsi che i progressi in fisiologia e psicologia diano ai governi molto più controllo sulla mentalità dell'individuo di quanto non ne abbiano perfino gli Stati totalitari. Fichte disse che l'educazione dovrebbe puntare alla distruzione del libero arbitrio in modo che, quando gli studenti hanno lasciato la scuola, siano incapaci per il resto della vita di pensare o agire diversamente da quanto avrebbero voluto i loro maestri.
(Bertrand Russell, "L'impatto della Scienza sulla Società")

Fatta la tara al sistema mediatico occidentale e magari ascoltata l'emittente dell'America libera, Telesur, e anche la problematicità di Al Jazira, deprechiamo pure il bagno di sangue in Libia, con la repressione dei settori fedeli a Gheddafi, ma anche con l'ambiguità di un'informazione le cui contraddizioni tra commenti e immagini sfida la logica. E le cui motivazioni e i cui burattinai dovrebbero sollecitarci qualche riflessone. Non arrendiamoci al sanguinolento Grand Guignol che tutta la stampa, destra e "sionistra", in quell'unanimità che fa sempre gioco alla destra, spara sulla Libia e contro Gheddafi.
Bombardamenti aerei sulla popolazione, mercenari stragisti, defezioni di militari, aviazione, ambasciatori, feriti sparati negli ospedali, testimoni rientrati che hanno "sentito colpi di fucile", migliaia di cadaveri per le strade, "esperti" tv fuorusciti da trent'anni dalla Libia che invocano la democrazia occidentale, mosche su quella patacca che passa per viva ed è già putrescente e ancora vorrebbe infettare i popoli che ne sono esenti... In Iraq cianciavano di fosse comuni di Saddam, mai trovate, mentre ne allestivano per migliaia, oggi un po' per volta scoperte con cadaveri datati dal 2003 in qua.

Le vere cause delle rivolte in Nord Africa.


di Domenico Moro. Fonte: sinistrainrete

Le rivolte che, partite dalla Tunisia, si sono estese in tutto il Nord Africa sono state spiegate dai media nostrani, secondo l’ideologia democratica occidentale, come rivolte contro il dispotismo. Tale categoria, però, non spiega perché “despoti” al potere da quaranta anni siano stati messi fuori gioco in poco tempo, né la diffusione rapidissima del contagio in un’area molto vasta.
Le cause di quanto sta avvenendo sono senza dubbio molteplici e complesse, ma certamente vi giocano un ruolo importante il modo in cui sono state gestite la crisi mondiale e la globalizzazione.Il centro del sistema capitalistico mondiale, gli Usa, ha scelto di risolvere la crisi, di cui è stato epicentro nel 2007, mantenendo i tassi d’interesse sul denaro vicini allo zero e procedendo all’immissione di una massa enorme di denaro nel sistema economico mediante il cosiddetto “quantitative easing”.
Questo consiste nell’acquisto di titoli del Tesoro per 600 miliardi di dollari da parte della Banca centrale Usa, cui è stata aggiunta la proroga, per 800 miliardi di dollari, degli sgravi fiscali dell’epoca Bush. In questo modo lo Stato Usa ha rilanciato il Pil (nel 4° trimestre 2010 al 3,2%) e i profitti delle imprese (+35%) e delle borse, specie di Wall street, che non chiudeva in rialzo per nove settimane di fila dal ’95.[1] Si tratta però, come accaduto a seguito della crisi del 2001, di una crescita drogata che non risolve la crisi, anzi la aggrava, aumentando il gigantesco debito pubblico, e lasciando inalterata la forte disoccupazione (10%).[2] Il quantitative easing non risolve la crisi ma soprattutto la estende agli altri paesi, essendo gli Usa al centro del sistema finanziario internazionale.

Libia. Verso un'altra guerra «umanitaria».


di Tommaso Di Francesco. Fonte: il manifesto
Siamo ai prodromi di un'altra guerra umanitaria. Che andrebbe ad aggiungersi a quella già sul campo. Stavolta in Libia. La Nato dichiara che «non è all'ordine del giorno, per ora», l'Unione europea che «nemmeno ci pensa», il ministro della difesa italiano La Russa che «non è nei nostri pensieri, però...». Ma ci stanno pensando, ci ragionano, e soprattutto si attivano forze e strumenti istituzionali di copertura. Sanzioni, no fly zone.
Diciamo questo perché, ben aldilà del disfacimento evidente del regime di Gheddafi, delle sue drammatiche responsabilità e del suo delirio, emerge la disinformazione. Si rende cioè evidente un significativo livello di menzogne da parte dei media ancora una volta embedded: fosse comuni che appaiono, quando in realtà sono fosse individuali; un salto improbabile in 12 ore dalle mille alle diecimila vittime, secondo l'americanissima televisione Al Arabya; flash di foto di corpi senza vita; l'invenzione di un inesistente membro libico della Corte penale internazionale rigorosamente antiregime che moltiplica per 50mila il numero delle vittime e dei feriti.
Quasi un déjà vu balcanico: per il Kosovo, quando ci fu poi la verifica sul campo dei medici legali del Tribunale dell'Aja risultò falso il numero delle vittime e inventata la strage di Racak.
Ma fu ben utile, nell'immediato, per 78 giorni di bombardamenti aerei della Nato che provocarono 3.500 vittime civili. Volute, non «effetti collaterali», denunciò un'inchiesta di Amnesty International. Dimenticate, anzi cancellate da ogni memoria.
Giacché la guerra doveva essere «umanitaria». E a quell'enfasi di menzogne partecipò un'intera schiera di media.

venerdì 25 febbraio 2011

Venti di guerra.


di Claudio Grassi. Fonte QUI
Le vicende che stanno avvenendo nel Nord Africa sono entrate nel dibattito del blog. Diversi compagne e compagne hanno espresso il loro punto di vista, altri hanno fatto cenno ai pronunciamenti di Fidel e di Chavez.
La situazione è molto complessa, le generalizzazioni e le semplificazioni non servono. E’ già stato detto, ma giova ricordarlo, che vi è una differenza sostanziale tra quanto è successo in Tunisia ed in Egitto e quanto sta avvenendo in Libia. Nel primo caso la rivolta è stata scatenata da una condizione di miseria paurosa, oltre che dall’insopportabilità di regimi dittatoriali, mentre nel secondo caso la ribellione è principalmente contro il regime di Gheddafi.Distinguere e approfondire le differenze che esistono non significa giustificare.
Sono intollerabili e da condannare le repressioni avvenute in Egitto e Tunisia, così come quelle che stanno avvenendo il Libia. Così come sono da condannare sistemi che si reggono su dittature personali, accentramento vergognoso di ricchezza e di potere, e questo vale sia per la Libia che per l’Egitto e la Tunisia, ma anche per l’Arabia Saudita (fedele alleato Usa) e, purtroppo, molti altri Paesi, africani e non solo. Così come è giusto, e lo stiamo facendo, manifestare in questi giorni affinchè cessino i massacri in corso il Libia e si condannino inequivocabilmente i deliranti messaggi di Gheddafi.
Detto questo vorrei, però, che ragionassimo anche su un altro aspetto. Mi pare stia partendo in grande stile una operazione che ben conosciamo. L’abbiamo vista in Iraq e l’abbiamo vista nella ex-Jugoslavia.

giovedì 24 febbraio 2011

150 anni d’Italia, ma il vero compleanno è il 1948.


È triste l'anniversario di una nazione tormentata da falsità che ingannano i cittadini. Ma l'Italia non si arrende. "Qualcosa in lei combatte per non morire"
150 anni d’Italia, ma il vero compleanno è il 1948 quando comincia la Costituzione e diventiamo un Paese civile.
di Enrico Peyretti - Fonte: arcoiris

Trieste, piazza dell'Unità d'Italia - Foto di Elido TurcoIl 17 marzo 1961, per i festeggiamenti del centenario dell’unità, non ci fu festa né vacanza. Per tutto l’anno ci furono celebrazioni a Italia ’61 – un intero quartiere costruito ex novo a Torino – che, come possiamo ancora constatare, esaltava soprattutto il lavoro (articolo 1 della Costituzione) e il progresso tecnico e sociale. Ci fu però la visita della regina Elisabetta e le dichiarazioni di Kennedy sull’«antica Torino».
Vacanza o no, festeggeremo anche noi il 17 marzo, senza speciale solennità né entusiasmo. Vediamo perché. Festeggiamo quel giorno perché dall’Italia e dalla sua storia abbiamo ricevuto molto, in bene e in male, di ciò che siamo, e perché per il bene di questo nostro paese siamo da sempre impegnati. Senza troppa solennità, perché non è la più bella o la più importante delle date storiche nazionali.
Del 17 marzo 1861 rimane la bandiera tricolore, che è anche nella Costituzione. Non c’è più il regno, né i Savoia, né terre «irredente», né leggi discriminanti tra italiani, né suffragio elettorale ristretto, né religione di stato. Grazie a Dio.
Quell’evento fu opera di qualche azione popolare, ma soprattutto delle armi dei Savoia, dei francesi, dei prussiani e di Garibaldi (avversari-alleati), e dei maneggi di Cavour, a spese dei soldati-contadini costretti (2000 morti di colera in Crimea), e di borghesi idealisti e nazionalisti. Eppure fu anche un seme, un iniziale evento di libertà, tutta da realizzare nella vita quotidiana dei più poveri e sprovveduti.
Le date più importanti, vergognose o gloriose, che ci fanno cara l’Italia, sono altre. La vera unità d’Italia è il 1° gennaio 1948, quando entrò in vigore la Costituzione, l’opera più civile e umana della nostra storia, nel concerto degli altri popoli. Anche questo è un evento-promessa-impegno, è il dovere profondo del nostro popolo, sotto tutti i tradimenti, le barbarie, le ignoranze, le trame, le cadute e le riprese di questi 63 anni.

P2: nessuno ha spiegato ai ragazzi cosa è successo...


LE INCHIESTE DEGLI STUDENTI – P2: nessuno ha spiegato ai ragazzi cosa è successo e cosa sono diventati i protagonisti della loggia segreta.
di studenti inchiesta P2, terza puntata: Anna Caria, Cecilia Cerri, Pietro Fornari e Alessia Marazzi Fonte: arcoiris

Davvero la P2 è lo scandalo che ha sconvolto l’Italia e “programmato” l’Italia dei nostri giorni ? Noi che siamo nati dopo non riusciamo a capire come sia potuto succedere e come mai nessuno abbia voluto spiegarla alle nuove generazioni obbligate a gestirne le conseguenze. Si pensa, forse che la P2 faccia parte della storia e nessuno la ritiene più attuale ? In realtà dobbiamo capire,come spiega lo scrittore Alessandro Perissinotto (“La Vendetta”) “che non esistono contraddizioni tra il far parte della storia e l’attualità di un certo fatto; la P2 fa parte della storia e come tale deve servire come monito per l’oggi”.
Per questo ci siamo chiesti quanto realmente sia conosciuta la storia P2 intervistando giovani e adulti: i primi non sapevano e le risposte sono state, tra anche molto divertenti, P2=Proteina, P2=Pub, Parcheggio eccetera. Alcuni ci hanno saputo consolare rispondendo “Loggia Massonica”. Forse non tutto è perduto ma solo pochi hanno saputo dare informazioni precise, nomi, i piani e programmi. I secondi (la nostra speranza), che dovevano aver vissuto lo scandalo, quindi solo ricordare quegli anni, hanno legato la P2 alla solita malavita che colpisce e investe i politici. Significativa ci è sembrata la (non) risposta di due poliziotti municipali trentenni: “no; non so cosa sia”, in quanto è proprio in chi indossa una divisa, e più in generale nelle forze armate, il numero maggiore di coloro che detenevano la tessera della P2 o che, venivano arruolati come militanti di numerose organizzazioni neofasciste appoggiate dalla P2.

mercoledì 23 febbraio 2011

Utilità del clown.


di Alessandro Robecchi. Pubblicato in Il Manifesto
Giornata intensa e laboriosa per il Presidente del Consiglio italiano. Purtroppo qualcosa si è ingarbugliato nel reparto spedizioni di Palazzo Grazioli e alcuni regali del premier sono finiti nelle mani sbagliate.
Una spogliarellista ucraina di diciannove anni si è vista recapitare a casa un’intera base aeronautica americana con tanto di bombardieri.
All’ambasciatore americano è stato spedito il contratto per un bilocale in via Olgettina, a Milano.
In Vaticano sono giunte due buste chiuse con ventimila euro, qualche braccialetto e due cd di Apicella.
L’onorevole Scilipoti ha avuto in dono un pacchetto di leggi eticamente sensibili, compresa quella sul fine vita.
Al colonnello Gheddafi sono arrivati alcuni battaglioni della Folgore e in Afghanistan sono sbarcate da un C130 ottantuno signorine con il camice da infermiera, le autoreggenti bianche e nient’altro.
La confusione è risultata evidente nel primo pomeriggio, quando un telegramma dagli Stati Uniti è giunto sul tavolo del premier: “C’è un errore, a noi serviva la base di Vicenza, non un bilocale in periferia”. Il Vaticano ha rispedito i cd di Apicella, chiedendo che fine avessero fatto le leggi eticamente sensibili da tempo richieste.
Frenetico giro di telefonate del Premier, molto seccato con Nicole Minetti: “Come ti permetti di chiamarmi clown!”. Risposta: “Guarda che io ti ho chiamato culo flaccido, clown te l’hanno detto gli americani!”.
Gheddafi ha chiamato verso le 16 e trenta per lamentare la scarsa femminilità dei parà della folgore: “Silvio, credevo potessi far meglio!”.
Alle 17 ha chiamato una ballerina bielorussa di 18 anni: “Papi, grazie per il federalismo che mi hai mandato, ma preferivo la solita busta di soldi!”. Alla stessa ora Calderoli si rigirava per le mani un reggiseno rosso e due giarrettiere, perplesso.
Alla fine della giornata Obama, Lega, senatori tornati all’ovile, signorine piacenti, Gheddafi e vescovi hanno spedito a Wikileaks un comunicato congiunto: “E’ proprio un fesso, ma ci può sempre tornare utile”.

John Pilger. “Giornalisti spesso complici dei governi nel giustificare guerre e stragi di civili”.

Fonte: ilfattoquotidiano.

Secondo il reporter John Pilger, regista del documentario 'The war you don't see', l'informazione manipolata è responsabile delle vittime dei conflitti in Iraq e Afghanistan. Sotto accusa il giornalismo embedded. "Tra i pochi a salvarsi c'è il fondatore di Wikileaks Julian Assange"
“Il cattivo giornalismo è responsabile della morte di migliaia di persone nei conflitti in Iraq e Afghanistan”, sostiene il giornalista e regista John Pilger. Nel suo ultimo documentario The war you don’t see, attraverso le interviste ai reporter dei principali network tv e ai commissari dell’Onu, Pilger dimostra quanto l’informazione sia stata manipolata da chi ha promosso i conflitti, perché interessato allo sfruttamento delle risorse naturali e non all’esportazione della democrazia. Secondo Pilger, a Baghdad ci sarebbe stato il 90% di morti in meno, se i cronisti avessero investigato su menzogne come le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein e non avessero accettato supini le dichiarazioni dei portavoce governativi.

Bloccato lo spot del Forum-Nucleare


Bloccato lo spot del Forum Nucleare. Giurì: è ingannevole. Fonte: greenpeace
La risposta di Greenpeace

Entra in azione
News - 22 febbraio, 2011
Lo spot promosso dal Forum Nucleare è ingannevole. Noi lo abbiamo denunciato subito, ma ora al nostro parere si è aggiunto quello del Giurì dell'Autodisciplina Pubblicitaria che ha chiesto il blocco della messa in onda dello spot.
Lo spot, trasmesso a dicembre su tutte le televisioni nazionali, usava la metafora della partita a scacchi in cui due opposte visioni si affrontano: una favorevole al nucleare e l'altra contraria.L'intenzione apparente era quella di promuovere un dibattito aperto e spregiudicato sul tema nucleare. L'inganno reale era invece che lo spot cercava di pilotare un'opinione precisa creando un pregiudizio pronucleare.
Andando a vedere chi erano i finanziatori dell'iniziativa - furbamente non dichiarati all'interno dello spot - si intuisce facilmente a quale mulino lo spot voleva tirare. Tra i soci del Forum Nucleare, ufficialmente un' associazione no-profit, troviamo i nomi noti dell'industria nucleare: Enel, Edf (Électricité de France), Ansaldo Nucleare, E.On Italia... Sono loro ad aver investito i 6 milioni di euro necessari per "stimolare" il dibattito nelle case degli italiani.

martedì 22 febbraio 2011

Un fantasma si aggira per il mondo arabo.


Scritto da Giulietto Chiesa Martedì 22 Febbraio Democrazia nella comunicazione

Non è quello del comunismo. E, per ora, non lo si può chiamare “fantasma della democrazia”.
E’ una rivolta da fine dell’Impero. E’ uno dei sintomi della crisi globale del pianeta, che progressivamente sta sostituendo, e sostituirà completamente in pochi anni, tutte le agiografie adoranti della globalizzazione imperiale.
E’ un figlio di molti fattori, che non possono essere ridotti a uno, come gran parte della stampa occidentale sta scribacchiando in questi giorni.Non è la rivoluzione dei “social network” americani, anche se vi hanno contribuito. Non è la rivoluzione democratica all’occidentale, anche se questo aspetto fa capolino, per esempio in Egitto.
E’ piuttosto la rivoluzione di Al Jazeera. Nel senso che milioni di arabi, e non solo arabi, stanno ormai guardando quelle notizie prima d’ogni altre, e capiscono di non essere isolati. Ma è soprattutto la rivoluzione di milioni di giovani, nati guardando Al Jazeera, che vedono le ingiustizie del mondo e guardano all’occidente con disincanto, perchè l’occidente è stato amico e sodale dei loro aguzzini. Ed è anche la rivoluzione dei disperati – che in larga parte coincidono con i giovani – senza lavoro, senza cibo, senza speranza per il futuro.
E’ un fantasma inedito, che non ha una teoria, o una ideologia a sostenerlo, ma che sembra avere una sensibilità acuta: capisce che non c’è più un centro di comando capace di fermarlo. Gl’imperi che crollano lasciano aperti molti varchi. Wikileaks è uno di questi. La rivolta della gioventù araba è un altro sintomo.
Ovvio che adesso le truppe imperiali rimaste cercheranno di mettere ordine, dove possibile. Ma non potranno farlo “democraticamente”. Non ci sono, sul terreno, le forze politiche e sociali organizzate. Gli amici dittatori dell’Impero hanno fatto terra bruciata per 30 anni, in Egitto e in Tunisia; per 40 anni in Libia.
Analoga situazione negli Emirati, in Algeria, in Marocco. Washington e Israele stanno costruendo barriere per difendere l’Arabia Saudita, perchè se crollasse anche quella tutto il mondo sarabbe soll’orlo della catastrofe petrolifera .
In Libia è esplosa una cosa che chiamare guerra civile è improprio, perché in realtà è guerra con molti fronti, tribali, di classe. Ma dovunque, dove più, dove meno, mancano leadership dotate di prospettiva. I militari egiziani non potranno tenere a lungo l’ordine marziale. Ed è la situazione meno pericolante tra quelle che si sono aperte. Tutte le altre appaiono peggiori. Una via d’uscita rapida non c’è.
Di rapido c’è solo la catastrofe umanitaria che si riverserà sull’Europa. E alla quale l’Europa è totalmente impreparata, perchè non ha saputo e voluto vedere, e prevedere. Che fare? Certo si dovranno prendere misure urgenti per fare fronte all’emergenza. Ma, altrettanto certamente, si deve cambiare modo di pensare. Perché la tempesta sarà più grande.

In ginocchio da te.

Quando Silvio faceva il baciamano a Gheddafi
di Alessandro Robecchi pubblicato in Varie & eventuali

Un vero statista, nonostante la statura. Un primo ministro europeo che bacia la mano a un dittatore africano, che in questi giorni non esista a bombardare con l’aviazione i propri cittadini. Non solo le feste, le tende, l’accoglienza strepitosa, gli harem di hostess pagate per andare a sentire il verbo del Colonnello, gli affari, le figuracce internazionali.
Tutte cose già dette su Silvio e Muammar, compresa la strabiliante affermazione dei giorni scorsi quando Berlusconi disse di "non voler disturbare" chiamando Gheddafi. Intanto, il ras di Tripoli faceva sparare sulla folla, anche con aerei e armi anticarro, senza che nessun organo di stampa italiano ci dicesse quante di quelle armi pesantie quanti di quegli aerei usati per la repressione fossero gentilmente forniti dal governo italiano.
Del resto, Gheddafi è recentemente diventato azionista di Finmeccanica, la grande azienda di armi italiana. Mentre il mondo chiede che cessino le violenze in Libia, mentre i cittadini libici tentano di rovesciare un regime che dura da quarant’anni, il ministro degli esteri italiano, il famoso maestro di sci dei figli di Berlusconi Frattini e il suo capo, se ne stanno zitti.
Questa foto (per vedere il video completo clicca qui) ci dice tutta la saggezza e la lungimiranza del nostro attuale premier: un baciamano, un inchino al più grottesco dittatore del Mediterraneo, una vergogna mondiale lui e chi gli fa il baciamano. Bravo Silvio, sù, ora puoi rialzarti.
Per apprezzare in pieno la grandezza del nostro premier e la sua ferma condanna delle dittature, metti un giubbotto antiproiettile e clicca sulla foto. Se vuoi vedere il video del delizioso baciamano di Silvio a Gheddafi clicca qui

DIRITTI SENZA RISORSE, RISORSE SENZA DIRITTI.


di Roberto Tamborini. Fonte: nelMerito.
Politica e Istituzioni
Economia e Diritto sono due parole dense del nostro tempo. Sono due discipline egemoni della scienza e del governo della società. Sono due modalità diverse, distinte, ma intersecate, con cui la società si organizza e si rappresenta.
I loro reciproci estremi caricaturali, Mercato e Stato, hanno catalizzato le passioni e le ideologie del Novecento.
Come ha scritto Martha Nussbaum, la seconda metà del Novecento è stata l'epoca dell'espansione dei diritti, personali, civili, politici, sociali, economici. Espansione significa il loro crescente numero e status giuridico fino (per alcuni) al rango costituzionale. La costituzione repubblicana del nostro paese, nata all'inizio di tale epoca, ne è emblematica.
In essa sono inscritti, o da essa discendono, una molteplicità di diritti che s'innervano profondamente nella sfera economica della società: diritto al lavoro, diritto alla salute, diritto all'istruzione, diritto alla casa, e molto ancora. I cittadini nati e cresciuti vigente questa carta costituzionale, per non parlare della generazione che ha combattuto per ottenerla, tendono a identificare e a misurare la loro cittadinanza, e forse la loro stessa appartenenza alla comunità nazionale, con la realizzazione di tali diritti nella propria vita concreta.
Ma l'espansione dei diritti, per realizzarsi con la "forza della legge", deve prevedere una pari espansione dei doveri. Si risale alla nota distinzione tra "diritti positivi" e "diritti negativi".
Se ad un soggetto avente un diritto non corrisponde un soggetto avente il corrispettivo dovere, tale diritto rischia di rimanere una pura petizione di principio. Senza sminuire minimamente l'importanza delle petizioni di principio: qual è il soggetto che ha il dovere di dare lavoro, salute, istruzione, casa, …, a chi, si dice, ne ha diritto?

lunedì 21 febbraio 2011

Milano da rubare.


di Marco Travaglio
Buongiorno a tutti, è stata la settimana di Sanremo, la settimana nella quale gli italiani hanno ritrovato improvvisamente il loro amore per la patria, grazie all’ora o quasi di performance di Roberto Benigni sull’inno nazionale e dintorni, naturalmente non è qua in discussione la bravura di Benigni che è stato sicuramente bravissimo, soltanto un grande attore può tenere incollati per 50 minuti milioni e milioni di italiani, il cui livello di attenzione, grazie a questo modello televisivo è pari a quello di un lombrico, incollati al video per parlare di Risorgimento, di Mameli, di valori, di storia, di cultura, quindi non è in discussione sicuramente Benigni che ha fatto una grandissima performance.

Orgogliosi di essere italiani?
In discussione magari è il messaggio che è uscito da quella performance, a me quando l’ho rivista il giorno dopo su You Tube aveva lasciato in qualche modo perplesso il messaggio che ne usciva, anche se non riuscivo bene a esprimere quel disagio che sentivo nel riascoltare Benigni.

Afghanistan, destra e sinistra trova le differenze.



I cablo di WikiLeaks pubblicati da Repubblica e L'Espresso non solo non svelano nulla di nuovo riguardo all'asservimento del governo Berlusconi all'alleato statunitense, ma celano una realtà scomoda per il gruppo editoriale di riferimento del Pd: ovvero che il precedente governo Prodi non fu da meno in termini di servilismo verso gli Usa, con l'aggravante che tutto veniva fatto in segreto.
Non era un mistero che il Cavaliere e il suo scudiero Ignazio, pur di non perdere il sostegno della Casa Bianca, siano stati più lealisti del re, mettendosi sull'attenti e rispondendo signorsì ad ogni ordine del Pentagono: lo si è sempre saputo. PeaceReporter, come tutta la grande stampa nazionale, ha raccontato ogni tappa di questa triste storia.
Nel maggio 2008, il neo-insediato governo Berlusconi inviava un chiaro messaggio alla Casa Bianca, dove ancora sedeva Bush: ''L'Italia è pronta a discutere con la Nato la revisione dei caveat al fine di garantire una maggiore efficacia e flessibilità di impiego delle nostre truppe''

Benigni e «Fratelli d'Italia», dubbi su una lezione di storia. (1)

di Zag in ListaSinistra
Fatto salva la professionalità e la bravura dell'attore che sa provocare
emozioni ed entusiasmi, che sa suscitare sentimenti e passioni , pur
tuttavia o forse nonostante, Benigni ha fatto sua la ricerca di ideali,
e di cariche altre alla ricerca in casa d'altri di un qualcosa che non
si trova più , o non si vuol trovare, in casa propria. Ora si va
cercando nel peggior nazionalismo, idealistico, nel becero patriottismo
alla ricerca di un qualcosa "la Patria" nozione epistemologica già non
più corrispondente nel novecento, con la fine del nazionalismo e
l'avvento della globalizzazione detta più prosaicamente internazionalismo.

Non una parola, non un cenno a cosa ha significato per le masse
contadine, i cafoni, mezzadri, i meridionali per tutto la seconda metà
dell'ottocento e per buona parte del novecento l'invasione di un altro
esercito straniero. Tale era considerato l'esertito piemontese, con
l'aggravante che i francesi, gli spagnoli non imponevano con la forza la
loro lingua, la loro cultura a differenza dei piemontesi. E non solo!.
Cosa ha rappresentato per le classi dominanti la ricca borghesia
terriera, l'aristocrazia borbonica, la ricchezza della Napoli capitale
Europea, Caserta residenza reale che poteva gareggiare alla pari con le
più grandi capitali europee. Certo l'avvento della borghesia
industriale, piemontese ha rappresentato storicamente un progresso
perché ha liberato le forze produttive sopite dall'aristocrazia, ma
perché non un cenno? perché invece di fare apologia del niente
continuare nella retorica stantia e mistificante?

Questa è la rappresentazione della decadenza di quel che rimane della
cultura della "sinistra". Abbandonati i suoi valori fondanti,
caratteristici, fondativi,, alla ricerca di un appiglio ci si aggrappa a
concetti e valori fuori dal tempo e dalla storia.

Zag(c)

Benigni e «Fratelli d'Italia», dubbi su una lezione di storia. (2)


di Alberto Mario Banti - Fonte: il manifesto
Roberto Benigni a Sanremo: ma certo, quello che voleva bene a Berlinguer! Quello che - con gentile soavità - insieme a Troisi scherzava su Fratelli d'Italia ... Che trasformazione! Sorprendente! Eh sì, giacché giovedì 17 febbraio «sul palco dell'Ariston», come si dice in queste circostanze, non ha fatto solo l'esegesi dell'Inno di Mameli. Ha fatto di più. Ha fatto un'apologia appassionata dei valori politici e morali proposti dall'Inno. E - come ha detto qualcuno - ci ha anche impartito una lezione di storia. Una «memorabile» lezione di storia, se volessimo usare il lessico del comico.
Bene. E che cosa abbiamo imparato da questa lezione di storia? Che noi italiani e italiane del 2011 discendiamo addirittura dai Romani, i quali si sono distinti per aver posseduto un esercito bellissimo, che incuteva paura a tutti. Che discendiamo anche dai combattenti della Lega lombarda (1176); dai palermitani che si sono ribellati agli angioini nel Vespro del lunedì di Pasqua del 1282; da Francesco Ferrucci, morto nel 1530 nella difesa di Firenze; e da Balilla, ragazzino che nel 1746 avvia una rivolta a Genova contro gli austriaci. Interessante. Da storico, francamente non lo sapevo.
Cioè non sapevo che tutte queste persone, che ritenevo avessero combattuto per tutt'altri motivi, in realtà avessero combattuto già per la costruzione della nazione italiana. Pensavo che questa fosse la versione distorta della storia nazionale offerta dai leader e dagli intellettuali nazionalisti dell'Ottocento. E che un secolo di ricerca storica avesse mostrato l'infondatezza di tale pretesa. E invece, vedi un po' che si va a scoprire in una sola serata televisiva.

domenica 20 febbraio 2011


**Veto Onu, la prima volta di Obama è contro i palestinesi****

DIPLOMAZIA Gli Usa bloccano, soli contro tutti gli altri Statimembri, una risoluzione che condanna le colonie ebraiche**Michelangelo Cocco «Israele apprezza profondamente la decisione del presidente Obamadi porre il veto alla risoluzione del Consiglio di sicurezza».

Così ieri, in un comunicato ufficiale, il premier israeliano BenjaminNetanyahu ha salutato il no statunitense che alle Nazioni Unite habloccato il documento - sottoscritto invece da tutti e 14 gli altrimembri del massimo organismo dell'Onu - che condanna la colonizzazioneebraica dei Territori palestinesi occupati, definendola «ilprincipale ostacolo al raggiungimento di una pace giusta, duratura ecompleta». In tutto 130 paesi hanno sostenuto questa tesi ma, in baseai regolamenti Onu, è bastata la bocciatura americana per bloccaretutto. Si è trattato del primo veto Onu di Obama.

Il potere dei soldi.


Fonte: Valentino Parlato - il manifesto.

A scuola, all'università ci spiegavano (e dovevamo farci gli esami) che nello Stato c'erano tre poteri: il legislativo, cioè il parlamento, l'esecutivo, cioè il governo, il giudiziario, cioè la magistratura. Ma nelle nostre università, quelle della Repubblica italiana fondata sul lavoro, continua un bel silenzio sul potere dei soldi. Il quarto potere, che non sta scritto nella Costituzione, ma che c'è e decide.
Oggi Berlusconi è nei guai seri, la stampa internazionale lo indica come un governante impresentabile, ma il presidente del consiglio resiste e non solo al potere giudiziario, l'unico che cerca di metterlo di fronte alle sue responsabilità. Stando le cose come stanno anche noi del manifesto dovremmo scrivere che Berlusconi sta vincendo.
La ribellione dell'antagonista Fini è agli stracci, il potere legislativo è in vendita, oggetto di acquisti, singoli e di gruppo. Sarebbe bello e democratico conoscere il prezzo dei singoli parlamentari. Il povero Fini ne sta facendo le spese. Futuro e Libertà è in vendita e penso che Fini abbia oggi una nostalgia del Msi e anche del fascismo, dove i soldi correvano, ma c'era una dittatura. I soldi. Pensiamo ai soldi.
Pensiamo a un Silvio Berlusconi senza denari: sarebbe già in galera per non so quanti reati. Anzi non sarebbe neppure in Tribunale, sarebbe stato cancellato. Ma c'è il mercato e il mercato è il luogo delle vendite e degli acquisti e la sua legge è incrollabile: chi può comprare compra e chi non può comprare svende. Il potere legislativo, una volta che i parlamentari sono stati eletti, è anch'esso mercato, come vediamo in queste settimane.
Il nostro Cavaliere può comprare le escort e anche gli eletti dal popolo. E se si va al processo, avanzato dal potere giudiziario, il potere dei soldi può comprare anche i testimoni. Qualcuno può pensare che una escort, che abbia detto di aver avuto rapporti con Berlusconi da minorenne, non smentirà in tribunale la precedente affermazione?
E il potere giudiziario potrà far altro (a parte allungare i processi) che tenere in debito conto la nuova testimonianza? Rischio di apparire paleomarxista, ma immaginatevi un po' come andrebbero le cose se Berlusconi fosse povero, o avesse anche un buon stipendio e basta.
Provate a immaginare.

Non solo bunga bunga pornografici ...

di Zag in ListaSinistra
Nei giorni di venerdì e sabato 18 e 19/2 si è tenuto a Roma la
conferenza Nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori dei call center
organizzata da SLC CGIL, il principale sindacato del settore, dal titolo
'Salario, diritti, futuro. Quadriamo i conti'.
Ho ascoltato da osservatore estraneo quel mondo di cui tanto si parla,
ma di cui poco si sa. Un mondo del lavoro che ha subito una profonda
trasformazione.
Da occasione per giovani studenti universitari che
cercavano di occupare del tempo con profitto, nei ritagli di tempo, è
diventato sempre più una occasione di lavoro per chi non ha più
venticinque, trent'anni, che ha famiglia, che in precedenza ha perso un
altro lavoro e che trova in questo settore un modo per tirare avanti.

Il pagliaccio va alla guerra.

di Manlio Dinucci in Il Manifesto.
Un leader debole e incapace,che ha offeso il suo Paese e creato difficoltà agli alleati europei. Non avrebbe potuto essere più spietato il ritratto che Ronald Spogli, ex ambasciatore Usa in Italia, fa di Silvio Berlusconi nelle sue relazioni a Barak Obama e Hilary Clinton e rese note da WikiLeaks.
Il leader italiano viene descritto come un uomo che incappa in «frequenti gaffe» e con «una povera scelta di parole», un politico che, scrive Spogli, «è diventato il simbolo dell'incapacità e inefficacia dei governi italiani nell'affrontare i problemi del paese».
Ma anche, ed è l'aspetto che cinicamente interessa di più Washington, un alleato fedele, a lquale poter chiedere tutto, da un maggiore impegno militare in Afghanistan alla possibilità di avere carta bianca per quanto riguarda le basi Usa sul nostro territorio.
E proprio per questo da difendere.Che l'Italia sia «una piattaforma strategica unica per le truppe statunitensi» lo sapevamo già prima che ce lo dicessero i cablogrammi dell'ambasciata Usa a Roma filtrati attraverso WikiLeaks, di cui La Repubblica e L'Espresso hanno riportato ieri alcuni brani.
Lo confermano i dati ufficiali dell'ultimo inventario delle basi militari (Base Structure Report 2010), pubblicato dal dipartimento Usa della difesa: in Italia il Pentagono possiede 1408 edifici e ne ha in affitto o concessione altri 881, per una superficie complessiva di oltre un milione e mezzo di metri quadri. Essi sono distribuiti in 41 siti principali, cui se ne aggiungono altri minori portando il totale a circa 70.

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