Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 18 gennaio 2014

La distruzione della Grecia: un modello europeo

- micromega -


Pubblichiamo la prefazione di Alexis Tsipras al volume di Slavoj Žižek e Srećko Horvat, “Cosa vuole l’Europa?”, in questi giorni in libreria per Ombre corte.

di Alexis Tsipras

Dalla metà degli anni Novanta, e per quasi tutto il decennio del 2000, la Grecia era in piena crescita. Questa espansione economica aveva due caratteristiche principali: un gigantesco aumento dei profitti non tassabili per i ricchi, un sovraindebitamento e un aumento della disoccupazione per i poveri. Il denaro pubblico è stato depredato in molti modi diversi, e il sistema economico si è limitato essenzialmente a favorire il consumo di beni importati dai paesi europei ricchi. Il modello “denaro a buon mercato, manodopera a basso costo” è stato presentato dalle agenzie di rating come un esempio da seguire per ogni economia emergente dinamica.

Ma la crisi del 2008 ha cambiato tutto. Le banche, dopo le loro scommesse speculative, si sono trovate pericolosamente indebitate, e hanno potuto salvarsi solo grazie al denaro pubblico; ma è sulle loro società che gli Stati hanno poi scaricato il peso del salvataggio di queste banche. Il distorto modello di sviluppo della Grecia è crollato e il paese, non potendo più chiedere prestiti sul mercato, si è trovato a dipendere dai prestiti del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale europea, accompagnati da misure draconiane.

Tale programma, che i governi greci hanno adottato senza battere ciglio, è composto di due parti: quella della “stabilizzazione” e quella delle “riforme”. Termini la cui connotazione positiva è destinata a mascherare la catastrofe sociale che essi producono. Così, la parte della “stabilizzazione” prevede una fiscalità indiretta devastante, tagli alla spesa pubblica senza precedenti, smantellamento dello stato sociale, in particolare nel campo della sanità, dell’istruzione e della sicurezza sociale, così come numerose privatizzazioni, comprese quelle di beni pubblici di base come l’acqua e l’energia. La parte delle “riforme”, invece, invoca la liberalizzazione dei licenziamenti, l’eliminazione dei contratti collettivi, la creazione di “zone economiche speciali” e, in generale, l’istituzione di regolamenti che dovrebbero permettere a potenti interessi economici di investire in Grecia in modo propriamente coloniale, degno del Sud Sudan. Tutto questo è solo una piccola parte di ciò che prevede il “memorandum” greco, vale a dire l’accordo firmato dalla Grecia con il Fondo monetario internazionale, l’Unione europea e la Banca centrale europea.

Queste misure avrebbero dovuto aprire la strada a un’uscita dalla crisi. Il rigoroso programma di “stabilizzazione” doveva condurre a un avanzo di bilancio – consentendo alla Grecia non solo di non aver bisogno di chiedere prestiti, ma anche di ripagare il proprio debito pubblico; mentre le “riforme” dovevano permettere di riconquistare la fiducia dei mercati che, vedendo smantellato lo stato sociale e il mercato del lavoro riempito di lavoratori a basso costo, disperati e senza protezione, si sarebbero precipitati a investire i loro capitali in Grecia. Così si sarebbe determinata una nuova “crescita” – quella che non esiste da nessuna parte, se non nei libri sacri e nelle menti più perverse del neoliberismo globale.

Questo programma doveva essere applicato in modo rapido e immediato, per permettere alla Grecia di ritrovare velocemente la strada della crescita. Ma tre anni dopo la firma del memorandum, la situazione va di male in peggio. L’economia sprofonda nella crisi e, naturalmente, le tasse non vengono pagate – semplicemente perché le persone non hanno i soldi per farlo. I tagli di spesa hanno raggiunto il cuore stesso della coesione sociale, creando le condizioni per una vera e propria crisi umanitaria. Per essere chiari, stiamo parlando di persone che rovistano tra i rifiuti per mangiare e che dormono sui marciapiedi, di pensionati che non possono nemmeno comprare il pane, di famiglie senza elettricità, di pazienti che non hanno accesso né ai farmaci né alle cure. E tutto questo, all’interno dell’eurozona.

Gli investitori, evidentemente, non si sono visti, dal momento che un “default disordinato” del paese rimane ancora possibile. E gli autori di questo memorandum, di fronte a ogni tragico fallimento, tornano a imporre sempre più tasse e tagli alle spese. L’economia greca è entrata in un circolo vizioso di recessione incontrollata, che non porta a nulla se non al completo disastro.

Il piano di “salvataggio” greco (un altro bel termine per descrivere la devastazione in corso) ignora un principio fondamentale: l’economia è come una mucca. Si nutre di erba e produce latte. È impossibile ridurre la sua razione d’erba di tre quarti e pretendere che produca quattro volte più latte. Essa ne morirebbe, semplicemente. E questo è esattamente ciò che accade oggi all’economia greca.

La sinistra in Grecia ha capito fin dall’inizio che l’austerità avrebbe peggiorato la crisi, invece di curarla. Quando qualcuno sta annegando, gli si lancia un salvagente, non dei pesi. Quanto ai talebani del neoliberismo, insistono nel dire, ancora oggi, che tutto andrà bene. Mentono, e lo sanno – tranne i più stupidi di loro, naturalmente. Ma non si tratta di stupidità o di dogmatismo. Alti dirigenti dello stesso fmi hanno parlato di “errore” nel concepimento del programma di rigore greco: non può portare da nessuna parte, dal momento che la recessione che esso genera è semplicemente incontrollabile. Eppure si continua ad applicare quel programma con una tenacia e una caparbietà che non ha precedenti, e si inasprisce sempre di più. È dunque d’altro che si tratta.

La realtà è che la crisi dell’economia greca non è ciò che interessa all’Europa, né al fmi. Il loro obiettivo principale è di fare del programma imposto alla Grecia il modello da seguire per tutte le economie europee in crisi. Questo programma mette definitivamente fine a ciò che, nell’Europa del dopo guerra, era conosciuto come “contratto sociale”. Non importa se la Grecia alla fine fallisce e sprofonda nella miseria. Ciò che conta è che, in un paese della zona euro, ora si discuta apertamente di salari alla cinese, di abolizione del diritto del lavoro, di dissoluzione della sicurezza sociale e dello stato sociale, e di completa privatizzazione dei beni pubblici. Con il pretesto di combattere la crisi, il sogno neoliberista delle menti più perverse – che, dopo gli anni Novanta, ha dovuto affrontare una forte resistenza da parte delle società europee – diventa finalmente realtà.

La Grecia, comunque, è solo il primo passo. Già la crisi del debito si è estesa ad altri paesi dell’Europa meridionale e penetra sempre più in profondità nel cuore dell’Ue. Ecco dunque cosa significa il grande esempio greco: l’unica cosa di cui sono capaci coloro che fanno fronte agli attacchi speculativi dei mercati è di distruggere completamente ogni traccia dello stato sociale, come è oggi il caso della Grecia. In Spagna e in Portogallo, i rispettivi memorandum già stanno promuovendo cambiamenti di questo tipo. Ma è nel “Trattato europeo di stabilità”, che la Germania vorrebbe vedere applicato all’intera Ue, che questa strategia si rivela in tutta la sua portata: gli Stati membri non sono più liberi di scegliere la loro politica economica, le principali istituzioni dell’Unione hanno ora il diritto di intervenire nelle scelte di bilancio e di imporre drastiche misure fiscali per ridurre i deficit pubblici. Tanto peggio per le scuole, gli asili, le università, gli ospedali pubblici, i programmi sociali. E se i popoli usano la democrazia come uno scudo contro l’austerità, come recentemente in Italia, tanto peggio per la stessa democrazia.

Cerchiamo di essere chiari. Questo modello europeo generalizzato non è il salvataggio della Grecia, ma la sua distruzione. Il futuro europeo, fatto di banchieri felici e di società infelici, è già programmato. In questo modello di sviluppo, il capitale è il cavaliere e le società il cavallo. Si tratta di un progetto ambizioso – ma che non andrà molto lontano, perché nessun progetto può essere realizzato senza il consenso della società e le garanzie per i più deboli. Questo, l’attuale classe dirigente europea sembra averlo dimenticato. Essa tuttavia vi si scontrerà prima di quanto non pensi.

La fine del “capitalismo neoliberale reale” – vale a dire del capitalismo più aggressivo che abbia mai conosciuto l’umanità, e che trionfa da due decenni – è già iniziata. Dopo il naufragio di Lehman Brothers, due strategie opposte di uscita dalla crisi offrono due approcci diversi all’economia globale: la strategia dell’espansione finanziaria, dell’aumento della massa monetaria, della nazionalizzazione delle banche e dell’aumento delle tasse ai ricchi; e quella dell’austerità, del trasferimento del peso del debito bancario agli Stati – e sulle spalle delle classi medie e popolari, sovratassate per consentire ai più ricchi di eludere il fisco. I leader europei hanno scelto la seconda strategia, ma sono già di fronte ai vicoli ciechi ai quali essa conduce, e al conflitto storico che essa provoca in Europa. Questo scontro assume una parvenza geografica – Nord contro Sud – ma è fondamentalmente uno scontro di classe, che si riferisce alle due strategie opposte sopra descritte. La seconda strategia, infatti, difende il dominio assoluto, incondizionato, del capitale, senza preoccuparsi della coesione e del benessere sociale; la prima difende l’Europa della democrazia e dei bisogni sociali. Lo scontro è già iniziato.

Di fronte alla crisi, vi è dunque un’alternativa: le società europee devono proteggersi contro la speculazione del capitale finanziario, l’economia reale deve emanciparsi dall’imperativo del profitto, il monetarismo e la politica fiscale autoritaria debbono finire, la crescita deve essere ripensata secondo il criterio dall’interesse sociale, va inventato un nuovo modello di produzione basato su un lavoro dignitoso, sull’espansione dei beni pubblici e sulla protezione dell’ambiente. Questa prospettiva, ovviamente, non è all’ordine del giorno delle discussioni dei leader europei. Spetta ai popoli, ai lavoratori europei, ai movimenti degli “indignati” imprimere il loro marchio al corso della storia, e impedire il saccheggio e la distruzione su larga scala.

L’esperienza degli anni precedenti porta alla seguente conclusione: c’è un’etica della politica, e un’etica dell’economia. Dopo il 1989, l’etica dell’economia ha cominciato a dominare l’etica della politica e della democrazia. Tutto ciò che era nell’interesse di due, cinque, dieci gruppi economici potenti è stato considerato come legittimo, anche se si dimostrava contrario ai più elementari diritti umani. Oggi, il nostro dovere è di ripristinare l’egemonia dei principi etici politici e sociali, contro la logica del profitto.

Come ci arriveremo? Grazie alla dinamica delle lotte sociali. In primo luogo, spezzando una volta per tutte le catene della passività sociale sulle quali si è fondata la costruzione europea dopo il 1989. Il coinvolgimento attivo delle masse in politica è proprio ciò che temono le élite al potere in Europa e nel resto del mondo. Facciamo in modo allora che le loro paure diventino realtà.

La direzione scelta dagli ambienti economici dominanti è chiara; elaboriamo dunque il nostro orientamento politico e sociale. E difendiamolo con tutti i mezzi, sia a livello centrale sia a livello locale. Dai luoghi di lavoro, dalle università, dai quartieri, fino all’azione congiunta e coordinata in tutti i paesi europei. È una lotta di resistenza, che avrà successo solo se porterà a un programma alternativo per l’Europa. Oggi l’opposizione non è tra paesi in deficit e paesi in surplus, né tra popoli disciplinati e popoli ansiosi. L’opposizione è tra gli interessi delle società europee e l’esigenza del capitale di realizzare costantemente profitti.

Dobbiamo difendere l’interesse sociale europeo. In caso contrario, il futuro, per noi e per i nostri figli, si rivelerà infausto, incerto, e supererà tutte le nostre paure dei decenni precedenti. Il modello di sviluppo costruito sulla “libertà dei mercati” è fallito. Ora le forze dominanti attaccano la società, le sue conquiste e la sua coesione. Questo è ciò che sta accadendo in questo momento in Grecia, e questo è il piano voluto per il resto dell’Europa. Cerchiamo quindi di difenderci con tutti i mezzi necessari. E trasformiamo le resistenze sociali che continuano a emergere e a crescere in una occasione di solidarietà e di strategia collettiva per tutti i popoli d’Europa.

Il futuro non appartiene al neoliberismo, né ai banchieri, né a qualche dozzina di potenti multinazionali. Il futuro appartiene ai popoli e alle società. E il momento di aprire la strada a una Europa democratica, sociale e libera. Perché questa è l’unica soluzione sostenibile, realistica e realizzabile per uscire dalla crisi attuale.

(13 gennaio 2014)

giovedì 16 gennaio 2014

La legge elettorale c'è. Ed è proporzionale

- controlacrisi -
Democrazia alterata, premio irragionevole, discriminazioni geografiche. Contrariamente al detto popolare, del Porcellum la Consulta butta via quasi tutto. Sono finalmente state rese note le motivazioni della sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha bocciato ciò che rendeva una porcata la legge elettorale in vigore. Ventisei pagine, depositate dopo quattro ore di camera di consiglio dai 15 giudici costituzionali che spiegano perché quel sistema elettorale va riformato. Storture per altro che per esempio Rifondazione comunista ha denunciato, inascoltata, fin da prima della sua approvazione e che avevano l'unico scopo non certo di garantire il libero e democratico confronto tra partiti ad "armi pari", ma, al contrario, quello di costruire un bipolarismo coatto e artificiale (che oltretutto non ha nemmeno garantito la governabilità): o dentro, diluendo ogni differenza; o fuori.Dunque, per la Consulta, il primo ad essere sul banco degli imputati è il premio di maggioranza del Porcellum, che «è foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione» e può produrre «una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica» (ma va?), perché non prevede «il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista».

Quindi, dice la Corte Costituzionale, il Porcellum delinea «un meccanismo premiale manifestamente irragionevole, il quale, da un lato, incentivando il raggiungimento di accordi tra le liste al fine di accedere al premio, si porrebbe in contraddizione con l'esigenza di assicurare la governabilità, stante la possibilità che, anche immediatamente dopo le elezioni, la coalizione beneficiaria del premio si sciolga o uno o più partiti che ne facevano parte ne escano; dall'altro, provocherebbe una alterazione degli equilibri istituzionali, tenuto conto che la maggioranza beneficiaria del premio sarebbe in grado di eleggere gli organi di garanzia che, tra l'altro, restano in carica per un tempo più lungo della legislatura». Persino peggio, insomma, della Legge Truffa del 1953.

Ma non basta, perché la legge cisì come congeniata contrasta con gli articoli 3 e 48 secondo comma della Costituzione «in quanto, posto che l’entità del premio, in favore della lista o coalizione che ha ottenuto più voti, varia da Regione a Regione ed è maggiore nelle Regioni più grandi e popolose, il peso del voto (che dovrebbe essere uguale e contare allo stesso modo ai fini della traduzione in seggi) sarebbe diverso a seconda della collocazione geografica dei cittadini elettori». Non fa una piega.

Poi c'è la questione delle liste bloccate, anche questa censurata dalla Consulta, che mette delle condizioni. Così come previste dal Porcellum, sono tali da alterare per l'intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza tra elettori ed eletti e coartano la libertà degli elettori nell'elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, pertanto queste condizioni «rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l'effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l'effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali)». Dunque, se bloccate devono essere, almeno le liste siano corte.

La Consulta spiega che con questa sentenza il paese non resta senza legge elettorale, perché essa è autoapplicativa: una volta cancellato il vecchio sistema elettorale, resta in vigore un proporzionale puro, quindi senza premio di maggioranza e con la possibilità per l'elettore di esprimere una sola preferenza. Un sistema perfettamente legittimato, dunque, con il quale si potrebbe votare anche domani nel pieno rispetto della Costituzione e che non ha bisogno necessariamente di alcuna riforma (qualcuno lo dica a Napolitano).

A Grillo, comunque, la Consulta manda a dire la sentenza non è retroattiva e pertanto non esiste un problema di legittimità del Parlamento eletto: «Il principio fondamentale della continuità dello Stato - si legge nelle motivazioni - non è un'astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento» e tale principio prevale. La sentenza «pertanto - precisa ancora la Consulta - non tocca in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto».

mercoledì 15 gennaio 2014

Appello intellettuali italiani: "Il greco Tsipras presidente Ue per una nuova Europa"

Fonte: La Repubblica | Autore: Carmine Saviano                                 
Da Camilleri a Spinelli, il leader di Syriza è il candidato ideale per riunire la sinistra e per dire basta alle soluzioni neoliberiste per uscire dalla crisi

Una speranza, un'occasione, una possibilità. Non solo per ricompattare la sinistra italiana, ma per tradurre in Europa le ragioni di chi non crede nelle ricette neo-liberiste per uscire dalla crisi economica. E tutto passa attraverso la persona di Alexis Tsipras, presidente trentanovenne del partito greco Syriza. Da qualche settimana, infatti, intellettuali ed esponenti della società civile italiana, da Andrea Camilleri a Barbara Spinelli chiedono la costituzione di una lista che appoggi la candidatura del capo della sinistra greca alla presidenza della Commissione Europea. La proposta alimenta la discussione aperta anche sui siti di Micromega e di Alba.
L'ultimo intervento, in ordine di tempo, è quello del creatore del Commissario Montalbano. In un'intervista rilasciata oggi al quotidiano greco Avgi, Camilleri afferma che la la composizione di una lista transnazionale per Tsipras sarebbe "una cosa meravigliosa, un modo per celebrare di nuovo l'Europa unita". Le parole di Camilleri partono da un'analisi della situazione politica italiana, che "vive una fase di stallo", con un sistema del tutto "bloccato". Al centro della critica, le politiche economiche del governo guidato da Enrico Letta. Sostiene Camilleri: "Dobbiamo fermarli. Perché i libri dei contabili parlano solo di un dare e avere. Non ci sono altre voci. Manca la voce: società. L'Europa non può continuare a vivere ricattata solo dal valore dell'euro". L'obiettivo è una nuova Europa, "diversa, un'Europa che appartenga ai suoi popoli e che si prenda cura dei loro interessi".
L'intervento di Andrea Camilleri era stato preceduto da analoghe dichiarazioni di Barbara Spinelli e di Paolo Flores D'Arcais. Proprio il direttore di Micromega, spiegando le motivazione della richiesta al leader di Syriza, aveva affrontato il tema del declino "a livello politico organizzato" della sinistra italiana. Con il Pd "non più di sinistra" e con Sel e gli altri piccoli partiti che "non contano più nulla".
Il tema è come convogliare su un obiettivo comune le forze di sinistra presenti nella società italiana. Qui entra in gioco il modello greco: "Per tutti noi che abbiamo partecipato negli ultimi quindici anni a tutti i movimenti possibili di lotta della società civile - scrive Flore D'Arcais - , c'è oggi una sola forza politica di sinistra in Europa e si chiama Syriza. Per questo pensiamo che una lista rigorosamente della società civile con Tsipras potrebbe avere un buon risultato". Un'avventura difficile, "perché dal punto di vista mediatico tutto ciò che non è contro l'establishment è focalizzato sul nuovo segretario del Pd e tutto ciò che è opposizione dal punto di vista mediatico è focalizzato su Beppe Grillo e il suo movimento".
Un percorso in salita, insomma. Tra Grillo e Renzi. Ma ricco di speranze per il rilancio della sinistra italiana. Scrisse Barbara Spinelli, il 22 dicembre: "Vorremmo che in Italia ci fosse una lista civica, di cittadini attivi, una lista di persone della società civile che scelgono Tsipras come candidato alla presidenza della Commissione Europea. Non è semplice, perché abbiamo pochissimo tempo per creare qualcosa. Per farlo ci vorrà tutta l'intelligenza di Alexis Tsipras, come quella che gli ha permesso di formare una coalizione tra le anime della sinistra radicale greca". Una coalizione con paletti ben definiti. Ancora: "E' chiaro che non dovrebbe essere una coalizione dei vecchi partiti della sinistra radicale, perché non avrebbe alcuna possibilità di successo. Abbiamo bisogno di qualcosa di più grande, qualcosa per scuotere la coscienza della società, superando i margini molto stretti delle formazioni politiche della sinistra radicale. Con l'obiettivo di unire le forze della società colpite dalla crisi".
E, in questi giorni, l'ipotesi Tsipras fa discutere proprio gli esponenti dei partiti della sinistra italiana. Quella di Nichi Vendola è quasi una terza via. Il presidente di Sel, infatti, ha più volte dichiarato che compito di Sinistra e Libertà è "presidiare il terreno che va da Schulz a Tsipras" per rimescolare le famiglie della sinistra europea. Per Vendola, Tsipras ha "il fascino del più coerente critico nei confronti del sadismo della tecnocrazia europea, ma sempre ha cercato di emanciparsi dal minoritarismo e dall'estremismo". Una totale apertura di credito, e l'eventuale appoggio elettorale, arriva da Rifondazione Comunista. Per Paolo Ferrero è necessario puntare "alla massima unità di movimenti, associazioni e forze politiche per rovesciare le politiche di austerità" e per promuovere "la ricostruzione dell'Europa in nuove basi".

domenica 12 gennaio 2014

"Tsipras è la risposta unitaria per fermare l'Europa dell'austerità". Intervista ad Andrea Camilleri

Fonte: micromega on line | Autore: Argiris Panagopoulos              

 
Come vede la situazione politica in Italia?
Sembra che l'Italia stia vivendo una fase di stallo e il sistema politico è bloccato da troppo tempo. Possiamo dire che si possono fare pochissime cose. Le elezioni hanno portato tre partiti ad avere quasi la stessa percentuale ed è difficile costruire una maggioranza veramente solida. Oggi la maggioranza è formata da residui di dissidenti del Popolo della Libertà di Berlusconi che permettono al governo di continuare ad esistere, ma senza essere in grado di governare e di fare cose importanti.
Il governo Letta continua ad applicare una ingiusta austerità?
Il problema dell’austerità è un problema che riguarda l’Europa in generale. Per questo motivo alcuni di noi stanno cercando di creare una lista sovranazionale e transnazionale per affrontare le elezioni europee. Da un lato stiamo cercando di combattere il riflusso antieuropeo che sembra che sarà espresso nelle prossime elezioni. Ritengo fondamentale proteggere il nostro essere europei, nonostante le evidenti mancanze della macchina europea che durante questa lunga e tragica crisi, ha continuato a lavorare facendo pagare un prezzo altissimo, un prezzo che non possiamo nemmeno immaginare, a decine di milioni di cittadini. C’è bisogno di una radicale revisione di tutti gli accordi europei di questa macchina. Una revisione che non può basarsi solamente e ancora una volta sui libri di contabilità. I ragionieri distruggono l'Europa. Dobbiamo fermarli. Perché i libri dei contabili parlano solo di un dare e avere. Non ci sono altre voci. Manca la voce: società. L'Europa non può continuare a vivere ricattata solo dal valore dell'euro. L'Europa deve condividere gli stessi ideali per essere unita. Ideali a cui devono partecipare la stragrande maggioranza dei suoi cittadini. In caso contrario non sarà in grado di continuare ad esistere. La prossima guerra, perché questa crisi è stata una guerra, lascerà sul campo molto più che paesi come la Grecia o altri colpiti mortalmente dalla crisi attuale. Per questo motivo dobbiamo dare una risposta europea unitaria a questa crisi sostenendo Alexis Tsipras per la presidenza della Commissione Europea. Per dire che vogliamo un'Europa diversa, un’Europa che appartenga ai suoi popoli e che prenda cura dei loro interessi.
Una volta in Italia c’era la più grande sinistra in Occidente, mentre oggi si fa fatica a trovare il giusto passo. Per molto tempo l’Italia è stata sinonimo di idee progressite.
La sinistra italiana era forte quando c’ era il vecchio Partito Comunista. Poi è arrivato il centro-sinistra, che non ha potuto mantenere nulla dai grandi valori che aveva ereditato. E’ stato creato il partito di Rifondazione Comunista, ma si è sempre fermato ad un piccolo consenso. Ci siamo trovati in questa situazione perché abbiamo assistito ad un periodo di conflitto all'interno di questi piccoli partiti della sinistra. Mancano persone che traccino insieme un denominatore comune tra questi partiti frammentati, il popolo della sinistra e della disobbedienza, per unificare queste forze ed avere una sinistra sana. Per questo insisto su una lista per le elezioni europee, perché può portarci a qualcosa di buono. Questi partiti così come sono oggi non hanno peso, non hanno le percentuali per entrare in parlamento. Abbiamo bisogno di far rivivere la speranza del popolo della sinistra e delle forze vive della società nella prospettiva di cambiare la nostra vita quotidiana. L'esempio della sinistra greca è molto importante.
Lei è un uomo di cultura, un intellettuale. Cosa l’ha spinto ad avere una posizione cosi chiara contro la crisi e ad unirsi con altri nel tentativo di ricomporre la sinistra?
Ho sempre preso una posizione. La cultura è soprattutto un modo di vita e di prendere posizione. Ancor più di fronte ad una crisi come questa che distrugge la società e i suoi valori. Una cultura che vive ai margini e guarda solo ai fatti è una cultura sterile. Io sono un uomo che scrive romanzi, un raccontastorie. Ma io sono anche un cittadino italiano e un cittadino europeo. Devo partecipare obbligatoriamente a tutto ciò che accade nel mio paese, l'Italia e l'Europa.
Lei è anche un siciliano di Porto Empedocle, di Agrigento e della valle dei templi greci. Ha vissuto nella sua vita quotidiana una parte importante della Magna Grecia. Qual è l'idea che ha su quanto accaduto in Grecia?
Ritengo che quello che è successo in Grecia sia il termometro degli errori europei. Inizialmente hanno cercato di creare un’unione attraverso le nostre comuni radici ebraiche e cristiane. Questo non può funzionare. Quello che abbiamo in comune è la nostra cultura. Una cultura che nasce in Grecia, su cui abbiamo speculato e che ancora sfruttiamo. Il modo in cui l’Europa ha trattato la Grecia è come se avesse maltrattato le sue stesse radici. È come se non avessimo tratto insegnamento da queste migliaia di anni. L’Europa ha dimostrato di non capire nulla di ciò che è nella realtà l'Europa. L'Europa è il Partenone. L’Europa sono i templi di Agrigento. L'Europa è la cultura e la civiltà. La culla della cultura e della civiltà in questo mondo.In questo senso l'Europa ancora oggi può essere un motore trainante per correre nelle gare e non una macchina stanca che trascina solo un fardello, come è stato fatto fino ad oggi. Con le elezioni europee dobbiamo coltivare la speranza del cambiamento. L'Europa della contabilità uccide ogni iniziativa e qualsiasi cosa che trova nel suo cammino. L'Europa è stata il regno della fantasia e della creatività. Il regno dell'arte. Se ci fosse anche un po' di questo estro anche all’interno della politica europea le cose sarebbero diverse. Non possiamo fondarci solo sui principi economici. Dobbiamo costruire ideali e valori, dobbiamo riconoscere la nostra cultura. Oggi alcuni pensano che queste siano cose inutili. Al contrario sono un elemento chiave per qualsiasi idea di Europa. Dobbiamo aprire la strada ad un'Europa più vicina a noi. Un'Europa che è sempre più consapevole dei problemi che l’hanno circondata. 
Io mi auguro di essere ancora vivo il giorno in cui dovranno scusarsi con la Grecia per il modo in cui si sono comportati. Perché è come se avessero maltrattato la loro stessa madre e l’avessero buttata per strada. La Grecia è la culla della civiltà, alla quale io appartengo. Ci sono le basi dell'Europa. Tutto il resto è superfluo.
A volte l'Europa ha avuto tendenze autodistruttive ...
Stiamo cercando di evitarle. L'Europa di oggi è uscita da una guerra che abbiamo vinto pagando un prezzo pesante per ottenere la libertà, per vivere in società democratiche e con sistemi di protezione sociale. Non dobbiamo permettere il ritorno ad un periodo di insicurezza e di annullamento dei nostri diritti. A maggio dobbiamo scegliere il futuro, la ricostruzione dell'Europa sulla base della giustizia, la solidarietà e i fondamenti democratici. Per questo motivo dobbiamo fare tutti noi uno sforzo congiunto con Alexis Tsipras.
Perché sostiene la creazione di una lista transnazionale in Italia con capolista un greco?
Mi sembra qualcosa di meraviglioso. E’ un modo per celebrare di nuovo l’Europa unita. Dobbiamo uscire dagli stretti confini nazionali e dai loro limiti. Se in Italia e in Grecia ci sono persone che hanno ideali comuni è completamente inutile continuare a parlare di Grecia e Italia. Parliamo di Europa e di questi ideali comuni, che rappresentano una vera e propria forza di cambiamento. Dopo tutti questi anni in questo mondo non abbiamo ancora capito che non siamo divisi da confini e lingue, ma che ci unisce una civiltà comune?
In Grecia il suo lavoro è molto noto e ha molti ammiratori. Molti si chiederanno cosa farebbe in questo caso il commissario Montalbano…
Ma Montalbano è stato accusato di comunismo perché è onesto e giusto! E’ un poliziotto che si distingue dagli altri per la qualità del suo carattere. Anche quando è stato costretto a mandare la polizia contro i lavoratori ha chiesto che andassero i carabinieri e non la polizia. Montalbano non colpisce la società. Esce fuori dalla stretta concezione che possiamo avere di un commissario di polizia, ed è sopra tutto un cittadino. Per questo sono sicuro che oggi sarebbe al nostro fianco.

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