Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 4 giugno 2011

Siamo al FantaCapitalismo...



Scritto da Santaruina. Fonte: pressante
Si stima che in Cina esistano circa 64 milioni di appartamenti di nuova costruzione non occupati. In altre parole, l'intera popolazione italiana e spagnola vi potrebbe trovare posto, e magari rimarrebbero anche qualche milione di case per i greci.
Si tratta di edifici che compongono città moderne, come Kangbashi, attentamente pianificate e dotate di tutti i servizi necessari alla popolazione: uffici pubblici, metropolitane, biblioteche, enormi centri commerciali. Tutti vuoti.
Questo processo fa parte di un enorme piano di sviluppo coordinato dal governo centrale cinese, nel tentativo di investire gli enormi capitali a disposizione delle casse statali e sopratutto nella necessità di avere un pil in costante espansione. Un boom immobiliare che nelle analisi macroeconomiche è indice della grande vitalità dello sviluppo dell'economia cinese, ma che in fin dei conti rappresenta solo una immensa bolla destinata prima o poi a frantumarsi in un enorme botto. In altre parole... si tratta dello stesso processo già sperimentato anche in Europa e negli Stati Uniti, ma in una scala assai più grande.
L'intera operazione è sintomo e conferma, se mai ce ne fosse bisogno, della follia dei tempi in cui stiamo vivendo, una follia pianificata dove si edificano città per un milione di abitanti e le si tengono tirate a lucido senza che nessuno vi vada ad abitare. Paradossalmente, molti di questi appartamenti sono già stati venduti, acquistati da "investitori" convinti di poter ottenere grandi guadagni con la loro rivendita.
Eppure, la stragrande maggioranza dei cinesi è del tutto impossibilitata ad avvicinarsi a queste nuove costruzioni, dal momento che i prezzi richiesti sono del tutto sproporzionati se confrontati con il reddito medio delle famiglie. Questo però non ferma l'immensa macchina dello sviluppo edilizio, e nuove città continuano ad essere costruite, ad un ritmo di dieci all'anno.
Se mai vi sarà un'umanità rinsavita in futuro, guarderà indietro al nostro tempo e si chiederà quale sorta di follia avesse investito l'intero globo.

Referendum – L’abrogazione del “legittimo impedimento” fa tremare il Cavaliere: non si rassegna a diventare un cittadino come noi.


Se il "sì" che cancella le centrali nucleari evita tragedie e salva il futuro delle giovani generazioni, il "sì" che annulla la legge ad personam difende la Costituzione, la dignità dei cittadini e permette alla magistratura di capire cosa nascondono i misteri d'Italia
di Giancarla Codrignani. Fonte: arcoiris
Non si capisce perché, ma c’è un referendum che resta nell’ombra. Eppure riguarda direttamente Berlusconi e, a partire da lui, l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Forse le formule giuridiche non sono il massimo della chiarezza, ma il senso è evidente: dietro la richiesta di “abrogazione dell’art.1, commi 1, 2, 3, 5, 6 nonché dell’art.1 della legga 7 aprile 2010 numero 51 recante “disposizioni di impedimento a comparire in udienza…”, sta una delle solite leggi ad personam.

Forse – una ripassata non fa male – sarà bene citarne qualcuna: limitazione delle rogatorie (per coprire movimenti finanziari illeciti), abolizione dell’imposta di successione per i grandi patrimoni, depenalizzazione del falso in bilancio, legittimazione del “sospetto” sui giudice, il condono fiscale “tombale” del 2003 (con beneficio per Mediaset), il sistema integrato delle comunicazioni (la “Gasparri”, che in soldoni significa un guadagno netto di oltre un miliardo di euro), il condono edilizio del 2004, riduzione della prescrizione, sospensione dei processi per le alte cariche (dichiarata incostituzionale), scudo fiscale… Se aggiungiamo altre leggi a proprio beneficio fiscale, la storia delle frequenze tv e di rete4, il decreto “salvacalcio”, il segreto di stato su Villa Certosa… non c’è più nessuno che possa dubitare con quali intenti e a vantaggio di chi governi l’ “eletto dal popolo”.

Sui referendum, fuori dai denti.


di Gennaro Carotenuto, sabato 4 giugno

La breve campagna referendaria sta rivelandosi particolarmente triste. Soprattutto sul merito del nucleare il cittadino che volesse farsi un’opinione senza pregiudizi, che è poi l’essenza dell’istituto referendario, si scontra più che con argomenti con una sorta di teledolore che non merita. L’ottimo Mario Lusi ha impeccabilmente commentato la trasmissione di Anno Zero di giovedì sera. Questa, come spesso accade, è riuscita a sintetizzare l’interfaccia che la classe dirigente di destra e di sinistra offre ai cittadini, ovvero un popolo bue al quale ammannire umori e sensazioni (mai fatti o analisi) per spostare il branco dentro o fuori della stalla secondo la convenienza del momento.
L’impeto, quello che è stato inadeguatamente definito “vento del nord”, è in questo momento favorevole per quanto si suppone essere “di sinistra”. E’ una novità positiva dopo 30 anni di egemonia culturale di destra. E’ una novità fragile, che si poggia sugli umori più che sulle ragioni: no al Signor B., no alla signora M., no al nucleare. Se prima e senza Fukushima ciò non sarebbe successo, trattare l’energia nucleare da una parte come fosse l’Apocalisse di San Giovanni e dall’altra come se l’unica alternativa all’atomo fosse il medioevo, non serve a formare quello che in campo sanitario si chiama “consenso informato”.
Sì può accettare di farne una questione di vita o di morte usando il "Re degli ignoranti" Adriano Celentano? E i nuclearisti possono rispondere con personaggini come il prof. Battaglia o Chicco Testa che insultano gli italiani spergiurando che loro a Chernobyl andrebbero in vacanza?
METEO OBAMA: THE ARAB SPRING

ABU MAZEN: THE PALESTINIAN WINTER

venerdì 3 giugno 2011

La Grecia in cerca di una nuova "agorà".



Scritto da Karin Munck. Fonte: megachip


Un piccolo gruppo di studiosi e sostenitori della decrescita ha accompagnato Serge Latouche in un giro di conferenze a Creta e ad Atene. L’idea nasce dall’architetto e archeologo di passione Piero Meogrossi di Roma, che da alcuni anni cerca di portare Latouche in Grecia per coinvolgerlo in un affascinante progetto sulla decrescita a Lentas, paesino affacciato su un mare splendido, dimenticato dal mondo.

In fondo si tratta di riportare le idee della decrescita a Creta, dove in qualche modo quei temi hanno avuto origine. La decrescita è infatti da molti considerata come figlia dalla «phronesis», la saggezza greca che, nel corso della storia, è stata violentata dal «logos», cioè dalla razionalità e dal calcolo economico, che ne hanno fatto perdere le radici.
Prima di definire le date del viaggio, riceviamo varie messaggi da parte di Giorgos Kallis [greco, ricercatore all’Università autonoma di Barcellona] e collaboratore di Giorgos Lieros [veterinario, impegnato in vari movimenti ambientalisti ad Atene], che propongono una conferenza sulla decrescita al Politecnico di Atene. Insomma, non solo Creta, ma anche il centro del paese – ci spiegano – cerca soluzioni alla crisi attraverso i temi della decrescita. Un po’ sorpreso da tanta insistenza, Serge Latouche accetta la proposta.

Già all’aeroporto di Atene incontriamo i primi attivisti in compagnia di alcuni giornalisti e fotografi. Vogliono intervistare Latouche, in modo da poter uscire subito con articoli e servizi per far precedere la conferenza al Politecnico con un vasto «tam tam» informativo. Ripartiamo quindi per Heraklion, la capitale di Creta, dove ci aspetta Costas Manidakis con alcuni amici. Volti noti, sorridenti, degni di un film di Pier Paolo Pasolini. A parte il solito «kalimera, kalimera», molti ci dicono qualche parola in italiano. Costas ha studiato geologia a Modena, parla perfettamente italiano ed è da sempre un sostenitore della decrescita. Durante la dittatura dei colonnelli, da giovane si è ritirato in uno dei luoghi più abbandonati di Creta, Lentas. È lui ad aver organizzato con altri gli incontri conviviali con la società civile cretese, la conferenza all’università di Heraklion e una passeggiata con esperti di archeologia.

La sera siamo invitati a cena con alcuni intellettuali cretesi in una casa tipica della media borghesia europea. Molti parlano italiano, anche loro hanno studiato a Modena, Bologna e Roma e si respira un’atmosfera di «solidarietà mediterranea». Le donne, attivissime, architetti e urbanisti, hanno preparato una cena profumatissima con le specialità dell’isola. Senza tanti preamboli si entra subito nel vivo del tema della serata, che poi sarà il tema centrale di tutti gli incontri pubblici e privati: il debito e il disastro sociale ed economico della Grecia. Un debito complessivo di 110 miliardi di euro: tutti pensano che il governo non abbia saputo difendere il paese dal gioco al massacro imposto da banche, Fondo monetario internazionale e Unione europea. La maggior parte della popolazione valuta la politica economica di Papandreou negativamente e molti sono convinti che il Fondo monetario dovrebbe essere cacciato dal paese. Ci dicono che solo un quarto della popolazione vuole ripagare il debito, mentre l’altra parte chiede di ritrattarlo. Quasi tutti sono convinti che la Banca centrale europea abbia molte responsabilità nel disastro economico greco e una parte della popolazione è favorevole alla fuoruscita dall’euro e un ritorno alla Dracma.

Atene, l'euro e il consenso di Berlino.


di Vincenzo Comito. Fonte: sbilanciamoci
Le agenzie di rating imperversano. Hanno di nuovo bocciato la Grecia, spingendola alla ristrutturazione del debito. Dopo, però, chi comprerà le merci tedesche?

Le vicende caotiche e affannose degli ultimi mesi relative alle difficoltà finanziarie di alcuni paesi europei, dalla Grecia all’Irlanda, dal Portogallo alla Spagna, con sullo sfondo le minacce di destabilizzazione dell’euro, ci spingono a cercare di mettere, per quanto possibile, alcuni punti fermi sulle questioni in gioco, cosa peraltro abbastanza difficile. Nel testo faremo riferimento in particolare, tra l’altro, a quanto è sinora emerso in proposito sulla grande stampa internazionale, nonché a un pamphlet pubblicato di recente con la firma di un certo numero di economisti francesi, testo che peraltro metteremo presto a disposizione dei lettori del sito. Riprenderemo, inoltre, alcuni concetti già espressi in un articolo scritto per questo stesso sito circa un anno fa, in data 12 maggio 2010 e che ci sembra che restino ancora validi.

Analizziamo quindi brevemente i punti che ci sembrano rilevanti.>
1) Come risposta alle grandi difficoltà in atto, la strategia portata avanti nell’eurozona tende a spingere tutti i paesi a tagliare pesantemente i deficit pubblici, mentre peraltro la crisi di alcuni paesi non è, o è dovuta solo in parte, a deficit di bilancio elevati. In certi casi, ad esempio per quanto riguarda la Spagna e l’Irlanda, e anche in parte il Portogallo, il problema è quello invece della crisi delle banche e del settore immobiliare. Così, si sta combattendo, almeno in parte, una battaglia sbagliata, come hanno sottolineato da tempo diversi commentatori;

2) per altro verso, le autorità di Bruxelles stanno trattando il caso greco come se esso si riducesse a una crisi di liquidità, di mancanza cioè solo temporanea di risorse finanziarie. Nella sostanza, invece, si tratta di una crisi di solvibilità, nonostante il diverso parere di qualche isolato esperto finanziario, come il nostro Bini Smaghi; in altri termini, il paese non possiede apparentemente attività sufficienti per ripagare tutti i debiti o, almeno, si trova in una situazione in cui sarebbe difficilissimo alienare in un tempo relativamente breve, come sarebbe necessario, tutte le attività. Quindi, anche da questo punto di vista, sembra che si stia combattendo una battaglia sbagliata;

Rischi e opportunità dopo il voto.

di Marino Badiale – Fonte: Megachip.
Il dato fondamentale dei risultati elettorali delle amministrative è ovvio e viene in questi giorni rilevato da molti commentatori: essi segnano l'inizio della fine del berlusconismo. Si può facilmente pronosticare la caduta del governo Berlusconi e la sua sostituzione con un governo sostenuto (anche) dal centrosinistra. È più difficile prevedere con precisione i tempi e i modi di questo processo, e la forma precisa del governo che sostituirà l'attuale (governo tecnico? Governo di unità nazionale? Con la Lega o senza?).Ma è chiaro ciò che il prossimo governo sarà chiamato a fare: gestire la fase finale della distruzione di quel poco che resta in Italia di Stato sociale, secondo le durissime direttive economiche che l'Europa ci impone.
La sinistra non si tirerà naturalmente indietro, continuando l'opera di distruzione dell'economia pubblica, dei beni comuni, della scuola pubblica, dei diritti dei lavoratori, svolta nei periodi in cui ha governato.
L'attacco generalizzato ai livelli di vita della maggioranza della popolazione, necessario per adempiere alle direttive europee, produrrà un ulteriore e drammatico impoverimento, e questo a sua volta proteste e tensioni sociali. Il rischio è di vedere tali proteste egemonizzate da qualche “frammento” dell'attuale destra. Magari molto peggiore di Berlusconi.
2 JUNE COMMEMORATION IN LIBYA

giovedì 2 giugno 2011

Grecia e l'esempio Islanda: storia di una rivolta contro il neoliberismo


Islanda: storia di una rivolta contro il neoliberismo
di Francesco Caruso. Fonte: looponline

L’attenzione mediatica verso le rivolte del Maghreb è parte del dispositivo post-coloniale di governance della triade sicurezza-territorio-popolazione, dispositivo che sul campo, nel contenimento della materialità dei corpi insorgenti, viene demandato agli apparati militari. Si tratta di un ordine discorsivo volto a traghettare i vascelli tumultuosi della ribellione popolare dai sentieri scoscesi del sottosviluppo e dell’oscurantismo politico verso le autostrade illuminate della modernizzazione europea e i porti accoglienti delle mature democrazie occidentali: il tutto rigorosamente a debita distanza, perché, semmai qualcuno decidesse di sfidare il mare che lo separa dalla civile Europa, scoprirebbe sulla propria pelle la potenza pervasiva della mistificazione occidentale. Mentre si cerca di “europeizzare” le rivolte maghrebine (ponendo la democrazia rappresentativa occidentale come loro aspirazione massima, oppure decantando il ruolo della comunicazione telematica, fondamentalmente proiettata verso l’esterno, a detrimento della potenza di Al Jazeera e Al Arabiya quali strumenti di circolazione delle lotte), all’opposto si cerca di “deuropeizzare” la rivolta in Islanda, nel tentativo di isolare il virus dell’insorgenza popolare contro il potere finanziario globale ed evitare che si estenda, anche minimamente, a livello transnazionale. Si assiste a una razzializzazione del tutto particolare, una sorta di “orientalismo nordico”, attraverso cui relativizzare e deoccidentalizzare l’Islanda e il suo moto di ribellione: il moderno Stato islandese, per anni in cima alla classifica dell’astruso Human Development Index dell’Onu, che lo descriveva come il più florido del pianeta, diventa così una piccolissima nazione di poche centinaia di migliaia di pescatori accampati su uno scoglio remoto e gelido ai “confini” del mondo. Insomma, si può cancellare facilmente l’Islanda dalla mappa dell’Europa, come esortano gli stessi illustri commentatori dei quotidiani finanziari che fino a pochissimi anni fa ne tessevano le lodi facendone un esempio virtuoso di neoliberismo realizzato in cui l’“effervescenza” finanziaria conviveva e permetteva un aumento generalizzato del benessere. Alla favola del “lupo buono” gli islandesi credono fino a quando nel 2008 il castello di sabbia della forsennata finanziarizzazione crolla in tutto il mondo.
L’Islanda è uno dei paesi più drammaticamente coinvolti: la borsa locale perde il 74 per cento, la corona islandese precipita sui mercati valutari e il paese finisce letteralmente sull’orlo della bancarotta.

L’assurdo vivere quotidiano del consumismo usa e getta.



di Carla Ravaioli. Fonte: eddyburg

Rileggere oggi l’austerità di Enrico Berlinguer. Una riflessione a partire dagli anni nei quali le radici della crisi di oggi era stata individuata – con un pensiero presto gettato alle ortiche. Urania, 29 maggio 2011

“Uno sviluppo fondato sull’incessante aumento dei redditi, dei beni e dei consumi individuali, da un lato non arriva a coprire le necessità di tutti, e dall’altro non soddisfa vaste parti della società che pur ne usufruiscono, perché è uno sviluppo che non migliora la qualità della vita.” Queste parole sono parte di un articolo pubblicato su l’Unità del 21 settembre 1981; titolo, “Con forza e con fiducia”; firma, Enrico Berlinguer. Un evidente antefatto del famoso discorso su “L’austerità”, peraltro – come noto – pochissimo apprezzato dalla base del Pci, già allora anch’essa sedotta dal produttivismo che a ritmi accelerati andava imponendosi nel mondo.

La posizione di Berlinguer si trovava d’altronde in sintonia con un ampio dibattito che sul finire degli anni Settanta era andato elaborando una severa critica di una realtà sociale sempre più orientata a identificarsi col binomio produzione/consumo. Ne erano partecipi grossi cervelli, quali Agnes Heller, Ralph Dahrendorf, Jaques Attali, Hanna Arendt, Ferenc Féher, Jurgen Habermas, ecc. che da prospettive diverse mettevano a fuoco le più gravi contraddizioni in atto: dalle disuguaglianze perduranti nonostante l’euforia produttivistica, al concetto stesso di “crescita” centrato su dimensioni puramente quantitative, dunque a un falso “progresso” fondato sulla moltiplicazione di merci e mercati; e tutti già ne indicavano il nesso con i “limiti dello sviluppo”, da un decennio denunciati dall’Mit e dal Club di Roma, di fronte alla sempre più preoccupante crisi ecologica. Un discorso ricco e profondo, fermo nell’auspicio di una possibile espressione dell’”umano” più vera e polivalente di quella che si trovavano a vivere.

Auspicio, ahimé, clamorosamente mancato. Più che mai, un trentennio dopo, la società è dominata, anzi definita dal binomio produzione/mercato, non solo nei suoi obiettivi espliciti e immediati, ma nella sua dimensione più profonda, nella sua stessa razionalità. Quella che (orchestrata dalla comunicazione di massa, orientata dal clamore pubblicitario, promossa praticamente senza eccezione dalla politica) è riuscita a sedurre per larghissima parte la popolazione del mondo, a indurne l’identificazione con oggetti da acquistare e velocemente scartare, per sostituirli con nuovi sempre più desiderabili: in una illusione di straripante abbondanza, certo prima o dopo alla portata di tutti…

La predazione della vita.


di Riccardo Petrella. Fonte: controlacrisi
Nel mondo della finanza la chiamano “The Ultimate Commodity” l’ultima merce, la merce finale, nello stesso senso di quando si dice “l’ultima sponda”. Parlano dell’acqua. La considerano la sponda finale del processo di mercificazione della vita e del Pianeta Terra. (1)
Una merce che genera profitti elevati. Secondo il “libro bianco” 2Opportunity . Il “capitalismo verde” sarebbe, sempre secondo detti pontefici di cui numerosi sono i “servitori” cresciuti di recente in tante università italiane, la testimonianza evidente della perenne capacità di rinnovamento del sistema capitalista. per l’appunto: un business formidabile, una notevole opportunità di profitto nel contesto della nuova (supposta e sperata) crescita economica mondiale che sarebbe alimentata, secondo i pontefici attuali dell’economia capitalista mondiale, dalla nuova “economia verde” sotto l’egida del nuovo L’ Il “capitalismo verde”, nella scia del quale si situa il “capitalismo blu”, pretende di rappresentare un mutamento strutturale del capitalismo perché starebbe trasformando l’economia mondiale fondata sull’utilizzo non sostenibile di risorse fossili e di altre risorse naturali, anche rinnovabili, in un’economia fondata sull’utilizzo “sostenibile” di risorse rinnovabili e naturali “amichevoli per la vita sul Pianeta, nell’interesse anche delle generazioni future.

Al centro di siffatto mutamento ci sarebbe, in particolare, la presa di coscienza della finitezza delle risorse idriche, (per quanto rinnovabili) e, quindi, dell’importanza di saperne gestire la scarsezza affinchè i bisogni attuali e futuri di acqua buona per usi umani della popolazione mondiale siano soddisfatti in maniera ottimale, soprattutto dal punto di vista dei rendimenti economici.

Fermiamo l’attacco ai diritti democratici e sociali in Europa!



Petizione Europea Fonte: Attac

La crisi finanziaria ha provocato una rilevante crescita del debito pubblico. Invece di mandare il conto alle banche e agli operatori del sistema finanziario, i governi europei e la Commissione europea stanno decidendo di farla pagare a normali cittadini : lavoratori, famiglie, giovani , persone come te!

La crisi dell’euro ha offerto l’occasione per mettere a punto una governance economica di stampo neoliberale attraverso cui imporre negli anni a venire misure di austerità nei diversi paesi dell’UE. Nel contempo si affida alla Commissione europea un potere smisurato di applicare gravose sanzioni finanziarie ai paesi che non daranno attuazione a queste misure.

Ci sono alternative percorribili a questi pacchetti neoliberali di austerità, ad esempio l’introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie o la regolazione dei mercati finanziari. Ti chiediamo di attivarti per chiedere ai membri del Parlamento europeo di bloccare il voto di tali misure previsto per il prossimo 8 giugno.

VAI ALLA PETIZIONE
http://www.oureurope.org/9479.html

La bolla universitaria


Malcolm Harris, n+1, Stati Uniti. Fonte: internazionale
Negli Stati Uniti andare all’università è sempre più costoso. E anche se ottenere un finanziamento per pagarsi gli studi è facilissimo, la laurea non è più una garanzia per trovare un posto di lavoro. Così il debito degli studenti aumenta.
Il Project on student debt, che valuta i costi dell’istruzione negli Stati Uniti, ha calcolato che nel 2009 gli studenti statunitensi si sono laureati con un debito medio di 24mila dollari. Nell’agosto del 2010 i prestiti agli studenti hanno superato le carte di credito come maggiore fonte di debito del paese, avvicinandosi a mille miliardi di dollari. Quando si parla del debito al consumo, i politici, sia democratici sia repubblicani, assumono subito un atteggiamento moralistico. Ma nessuno ha il coraggio di dire che l’istruzione universitaria è un cattivo investimento. La convinzione che una laurea rappresenta un vantaggio per la società americana ha permesso la crescita di una bolla dell’istruzione universitaria che adesso sta quasi per scoppiare.

'Nucleare ad personam'

Fonte: controlacrisi
Togliamoci i Chicchi dalla Testa, basta con le atomosfere Veronesi, gli unici funghi che ci piacciono sono quelli con cui preparare tagliatelle o altre pietanze, con tante condoglianze per Impregilo queste centrali nucleari non si hanno da fare. Bocciato da quel covo di comunisti primordiali che è la Corte di cassazione – ci riporteranno all’età della pietra, signora mia – il tentativo maldestro e maldestramente scritto di rifare le sospensioni ai provvedimenti legislativi, il referendum si farà anche se molti voteranno in base ad una emozione.

L’emozione successiva alla catastrofe di Fukushima? Ma via, è accaduto tanto tempo fa, chi se la ricorda. Ora ci sono cose più importanti con cui costruire i palinsesti dell’informazione, dall’enigma di Avetrana all’inaspettata e “inconcepibile” vicenda del calcio scommesse.
È quello che ci emoziona e ci fa palpitare e il richiamo al nucleare è inevitabile: se ad Avetrana ci fosse stata una centrale? Se gli indagati atleti fossero stati tentati anche dalla barra di plutonio clandestina?
2 JUNE
THEY march! The victimes of the ones who are on the stand and should be at the AJA instead

mercoledì 1 giugno 2011

GIORGIO LUNGHINI: Le radici sociali della crisi economica.


«Pesa su tutto, secondo la definizione di Chomsky, il "senato virtuale" costituito da prestatori di fondi, investitori internazionali e agenzie di rating»
Negli ultimi decenni c'è stato un cospicuo spostamento, nella distribuzione del reddito dai salari ai profitti e alle rendite, che ha prodotto insufficienza di domanda effettiva e disoccupazione crescente.
intervista di Valentino Parlato a Giorgio Lunghini - il Manifesto - Fonte: sinistraeuropea

Rispetto all'intervista a Ciocca, apparsa sul manifesto di domenica 22 maggio aggiungeresti qualcosa? A quali aspetti daresti più importanza?

Sono d'accordo su tutto quanto ha scritto Pierluigi Ciocca, ma circa le cause della crisi attuale del capitalismo occidentale, versione italiana compresa, io insisto soprattutto sulla stretta e inscindibile interconnessione, in un sistema capitalistico, tra gli elementi reali e gli elementi monetari. Un sistema economico capitalistico potrebbe riprodursi senza crisi; ma se e soltanto se la distribuzione del prodotto sociale tra lavoratori, capitalisti e rentier fosse tale da non generare crisi di realizzazione, di «sovrapproduzione» rispetto alla capacità d'acquisto; e se e soltanto se moneta, banca e finanza fossero al servizio del processo di produzione e riproduzione del sistema, e non dessero invece luogo a sovraspeculazione e a crisi di tesaurizzazione.
Negli ultimi anni (decenni) si è invece avuto un cospicuo spostamento, nella distribuzione del reddito, dai salari ai profitti e alle rendite, e dunque si è determinata una insufficienza di domanda effettiva e una disoccupazione crescente. D'altra parte la finanza è diventata un gioco fine a se stesso. In condizioni normali la finanza è un gioco a somma zero: c'è chi guadagna e chi perde; ma quando essa assume le forme patologiche di una ingegneria finanziaria alla Frankestein, ci perdono tutti: anche e soprattutto quelli che non hanno partecipato al gioco.

Vince l'alternatività.


di Pietro Ancona. Fonte: medioevosociale
Un primo sommario esame del risultato elettorale - uno squarcio di luce nella tetra involuta inquietante situazione italiana - mette in risalto novità importanti che potranno guidare la politica della sinistra nei prossimi mesi.
In primo luogo vince l'idea del rinnovamento sui vecchi oligarchi della politica. Il PD in parte per forza maggiore trascinato dalle primarie in parte per il buon senso di Bersani che preferisce vincere senza essere il protagonista principale piuttosto che perdere essendolo ha compiuto una operazione politica di leale collaborazione con i candidati Pisapia e De Magistris (anche quando questo ne ha rifiutato l'apparentamento) e con gli altri candidati del Sel o dell'Italia dei Valori. Si è mostrato saggio ed ha mostrato la saggezza dei forti.
I risultati elettorali dimostrano che i moderati possono trovarsi benissimo a sostenere la radicalità di scelte politiche. Non è vero che i moderati votano soltanto programmi moderati. Votano per scelte programmatiche e politiche di convincente buon senso legate e rispettose dello spirito e della lettera della Costituzione.

Marco Revelli: «Ora è la destra che non capisce i cambiamenti della società».


di Tonino Bucci su Liberazione.
Intervista a Marco Revelli, storico e sociologo, docente all'università Piemonte orientale

Il giocattolo si è rotto. C'è chi parla di rischio balcanizzazione all'interno del Pdl, chi di rottura del blocco che aveva tenuto assieme le anime e gli interessi sociali della destra, berlusconismo da un lato, leghismo dall'altro. Una novità incomprensibile, in primis, alla stessa classe politica del centrodestra, orami disabituata da anni alla sconfitta. Cosa ha prodotto la fine di un ciclo? Come si riassesterà l'intero sistema politico italiano? Cosa cambia a sinistra? Lo abbiamo chiesto a Marco Revelli, storico e sociologo, docente presso l'Università degli studi Piemonte Orientale.

Negli ultimi anni la destra ha avuto la convinzione d'essere in simbiosi con la società italiana, con le sue pulsioni profonde, con la pancia del paese. Pensavamo che fosse un blocco sociale e invece, ora, ci viene il dubbio che fosse solo un agglomerato di interessi. E' così?

Se dovessi sintetizzare quello che è accaduto direi: un'altra Italia è possibile. Questo voto dà un senso profondo di liberazione e la possibilità di riconciliarsi col proprio paese. Non era scontato. Un mese fa ero convinto che questa fosse l'ultima spiaggia di riscatto, altrimenti questo paese sarebbe stato irredimibile. Se, dopo tutte le messe in pubblico dei limiti del berlusconismo, gli italiani avessero confermato l'egemonia berlusconiana, non ci sarebbe stato più nulla da fare. E invece, no. Per fortuna è venuta fuori un'altra Italia. Non che sia venuta fuori un'alternativa politica, però è emerso un altro modello umano, un altro modo di essere italiani che sembrava sconfitto, un'altra antropologia.

La federazione della Sinistra vince e scompare dai media.


Fonte: navilewordpress
Scomparsi di nuovo dai giornali e tv. Per molti commentatori addirittura a Napoli De Magistris era sostenuto da SEL e non dalla Federazione della Sinistra, se poi SEL non elegge e la FDS porta a casa 6 consiglieri comunali questo non fa notizia, la retorica continua. Del sostegno a Pisapia poi nemmeno a parlarne, contano più i radicali. C'è una sinistra in Italia che non deve apparire mai. Ci sono simboli e nomi che devono essere cancellati dal dibatitto pubblico non solo dalla stampa di regime ma anche da quei giornalisti che si professano tali. Così capita spesso che quella libertà di stampa che difendi è la stessa che ti nega parola e visibilità, è la stessa che ti censura. Fuori misura l'atteggiamento di personaggi del calibro di Santoro e Floris che in una stagione televisiva non hanno mai invitato un esponente della FDS. Altrettanto l'atteggiamento di Fabio Fazio che prima ha pubblicamente detto che non esistevamo e poi, ha spiegato a tutti che non capivamo le battute.

Lettera aperta al futuro governo senza B.


di Giulietto Chiesa in Megachip. Fonte: ilfattoquotidiano

Il voto di maggio 2011 ha aperto una nuova fase della politica italiana. I suoi effetti, insieme al risultato dei referendum di giugno, possono imprimere una spallata decisiva per un cambio politico.

Questa svolta contiene grandi speranze, perchè esprime risultati che vanno contro la casta politica e indicano un risveglio popolare. Ma contiene anche grandi pericoli, perché può nutrire illusioni mentre è chiaro che le classi dominanti cercano di riorganizzarsi per meglio realizzare la macelleria sociale che si propongono di fare. Anche usando, ancora una volta, la sinistra.Il tutto avviene all’interno di un gravissimo avvitamento della crisi internazionale e della crisi dell’Europa. Che è crisi di sovranità nazionali, crisi finanziaria, crisi dell’Europa in quanto istituzione e filosofia.

Tempi che cambiano. Chi scrive è autorizzato dal Cln.



di Alessandro Robecchi. Pubblicato in Il Manifesto.
I tempi stanno cambiando. Stanno cambiando così rapidamente che per la prima volta il 25 aprile è caduto il 30 maggio. Questa è la cronaca di alcune decisive ore della giornata di ieri. Chi scrive è autorizzato dal Cln.
Ore 15.00. Chiusura delle urne a Napoli. Compaiono i primi banchetti di magliette con la scritta “Viva o’ sindaco” e la faccia di De Magistris.
Ore 15,07. Una nota casa farmaceutica svizzera dichiara che testerà i suoi nuovi ritrovati contro l’ulcera su Maurizio Lupi.
Ore 15.25. Primi dati da Milano: Matteo Salvini tenta un gesto estremo: legge un libro. Ricoverato d’urgenza.
Ore 15.38. La Brigata Rosi Bindi entra trionfalmente a Pavia.
Ore 15.42. Una colonna di mezzi blindati della Lega lascia Gallarate sventolando bandiera bianca. Ore 15.51. Silvio Berlusconi dalla Romania dichiara: “Elezioni in Italia? Non ne so nulla, stavo vedendo il Tg1”.
Ore 16.00. A Milano Giuliano Pisapia annuncia l’amnistia per i ladri d’auto e concede un salvacondotto a Letizia Moratti, che potrà lasciare Palazzo Marino protetta dalla speciale permanente in tungsteno.
Ore 16.15. Le brigate Emilio Lussu espugnano Cagliari senza sparare un colpo.
Ore 16.26. Milano. Maurizio Belpietro si scippa da solo, ma la polizia non interviene perché sta festeggiando il nuovo sindaco in piazza del Duomo.
Ore 16.32. Milano. Daniela Santanché di ritorno dall’estetista implora il tassista di evitare Piazzale Loreto.
Ore 16.45. Napoli. Antonio Lettieri vince un terno al lotto giocando i numeri della Smorfia corrispondenti a “sconfitta”, “tracollo” e “figur’emmierda”.
Ore 17.10. Silvio Berlusconi dalla Romania dichiara: “Elezioni in Italia? Non ne so nulla, stavo vedendo il Tg5”.
Ore 17.25. La Brigata Ugo Tognazzi entra trionfalmente a Mantova e lancia tortelli di zucca alla popolazione festante.
Ore 17.28. Il sindaco leghista di Varese chiude le porte della città e annuncia che non accoglierà i profughi padani che arrivano su enormi barconi da Desio e Gallarate.
Ore 17.45. Novara. Il sindaco uscente (lega Nord) prende contatto con l’organizzazione Odessa per rifugiarsi sotto falso nome a Bariloche.
Ore 18.01. Giuliano Pisapia è ufficialmente il nuovo sindaco di Milano. Telegramma di felicitazioni di Pertini
Ore 18.22. In una nota riservata indirizzata ai Cln di Napoli e Milano, la direzione del Pd chiede se può levare il bavaglio a Massimo D’Alema e Walter Veltroni, ora che non si temono più loro dichiarazioni autolesioniste.
Ore 18.23. I Cln di Napoli e Milano rispondono con una nota telegrafica: “No”.
Ore 18.25. La brigata Beppe Viola libera la cittadina di Arcore, in Lombardia.
Ore 18.30. Silvio Berlusconi in una nota dalla Romania si rivolge a Barak Obama: a Milano hanno votato soltanto magistrati.
Ore 18.32. La nostra cronaca finisce qui. Vado alla festa.

martedì 31 maggio 2011

La disfatta di Berlusconi e Bossi, il riscatto dell'Italia. Ora i referendum.


Alessandro Cardulli, Fonte: paneacqua
Politica Non c'è parola che, meglio di " disfatta", racconti la caduta, devastante, del berlusconismo che lascia dietro di sé un cumulo di macerie mentre a Bossi non resta che leccarsi le ferite. Il segnale è chiaro: l'alleanza fra Pd, Sinistra e Libertà, Idv, altre forze della sinistra, costituisce il nucleo fondante di una alternativa, ora a portata di mano, al berlusconismo, al patto fra Berlusconi e Bossi
Emile Zola nel 1892 scrisse un celebre libro "La Débacle", che racconta in modo crudo la caduta del Secondo impero francese, leggesi Napoleone III.. "La disfatta" è il titolo italiano di un libro fra i più noti del grande autore francese. Non c'è parola che, meglio di " disfatta", racconti la caduta, devastante, del berlusconismo che lascia dietro di sé un cumulo di macerie mentre a Bossi non resta che leccarsi le ferite.
Radio Padania manda in onda "Bandiera Rossa", un po' per ridere un po' per non morire. Da Milano a Napoli, da Trieste a Cagliari, da Novara a Pavia e Mantova, a Grosseto, da Pordenone a Crotone,alla Provincia di Macerata, in tanti comuni i numeri parlano chiaro, non si tratta di striminzite affermazioni al limite del filo di lana ma di successi pieni del candidati del centrosinistra, di sconfitte del centrodestra che lasciano il segno, bruciano. Bruciano la " presa " di Arcore, l'ex feudo di " papi," di Gallarate ex feudo leghista da parte del centrosinistra.
THE PAPER HAMMER

lunedì 30 maggio 2011

Ieri quasi 100.000 gli indignati a Sindagma (Atene)








Σχεδόν 100.000 Αγανακτισμένοι στο Σύνταγμα Μία από τις πιο μεγαλειώδεις διαδηλώσεις των τελευταίων ετών βρίσκεται σε εξέλιξη στην καρδιά της Αθήνας, στην πλατεία Συντάγματος. Ένα πολύχρωμο πλήθος όλων των ηλικιών που βρίσκεται στο Σύνταγμα ξεπερνά το ύψος της Βουκουρεστίου, στην Πανεπιστημίου και τη Σταδίου, γέμισε και τη Φιλελλήνων, ενώ το Μετρό φτάνει μέχρι τον σταθμό του Ευαγγελισμού.
Η πρόσβαση στο κέντρο είναι αδύνατη. Μια ειρηνική λαοθάλασσα, χωρίς επεισόδια, διαμαρτύρεται κατά των μέτρων λιτότητας και της ανεργίας, που μαστίζουν όλη την Ευρώπη.
Περισσότεροι από 60.000 Έλληνες πολίτες, ανταποκρινόμενοι στο πανευρωπαϊκό κάλεσμα, πλημμύρισαν την πλατεία Συντάγματος, ενώ χιλιάδες είναι οι πολίτες που διαδηλώνουν σε πλατείες πολλών ελληνικών πόλεων. Παράλληλα, εκατομμύρια πολίτες της Γηραιάς Ηπείρου βροντοφωνάζουν ένα ηχηρό «όχι» στα οικονομικά μέτρα κατά τη διάρκεια συγκεντρώσεων που διοργανώθηκαν μέσω του Facebook σε πλατείες 26 ευρωπαϊκών χωρών, μεταξύ αυτών της Ισπανίας, Ουγγαρίας, Ιταλίας, Πορτογαλίας, Ιταλίας, Βρετανίας, Ιρλανδίας. Σήμερα, χιλιάδες Έλληνες, οι οποίοι διαδηλώνουν για 5η ημέρα, ενώνουν τη «φωνή» τους με όλους τους κατοίκους της Γηραιάς Ηπείρου.
Last minute request to all non voting italians, disgusted by politic:

Vote now in order to save italy from the clown that ridiculises us at home and abroad.

domenica 29 maggio 2011

Lettera da Madrid


Il movimento 15maggio in assemblea a Madrid, 29 maggio 2011

di Mariangela Casalucci. Fonte: bellaciaogrecia
29 maggio 2011
Oggi 29 maggio si è svolta a Madrid in Puerta del Sol l’assemblea generale di tutte le assemblee di quartiere e di paese che si sono svolte ieri 28 maggio nella Comunità di Madrid. È stata un’esperienza forte e, non vi nego, emozionante.
Ieri si sono svolte più di 100 assemblee con una partecipazione differenziata che va da gruppi di 10 a 1600 persone in ogni assemblea è che si sono svolte in quartieri operai come in centro come in quartieri di nuova urbanizzazione.
Almeno 50.000 persone, uomini e donne hanno partecipato alle assemblee di ieri. Un evento straordinario sulla strada della partecipazione a questo movimento inedito.
Io mi sono chiesta, io che non sono particolarmente giovane, ma quando ho visto nella mia vita un’assemblea di più di 50.000 persone in una città e non ho saputo rispondere perché davvero non credo fino ad ora ci sia stato. Una rivoluzione reale e di forma inedita quella che stiamo vivendo e di cui soprattutto ci sentiamo insieme padron@ senza leader a spiegarci la via.

Vivere al di sotto delle proprie possibilità.


di Angelo Locatelli. Fonte: sinistrainrete

“Primo saignare, deinde purgare, postea clysterium donare”. Così rispondeva sistematicamente l'austero Argante molièriano alla commissione esaminante.

Il paziente non dà a vedere alcun segnale di miglioramento? “Resaignare, repurgare, reclysterare!”.

La parola d'ordine che da qualche tempo a questa parte ha investito le economie dei Paesi avanzati, sia di qua che di là dall'Atlantico, come noto, è: “Austerità!”.

Un insieme di misure improntate a tutt'altro che immaginari sacrifici, anche parecchio invasivi, a cui i governanti di (quasi) tutti i Paesi stanno assoggettando tutti (o quasi) i connazionali (in particolare quelli appartenenti alle fasce meno abbienti). Il tutto finalizzato al ripristino di una maggior sostenibilità dei debiti pubblici e della correlata preservazione di un minimo grado di solvibilità dei sistemi finanziari.

Trattasi indubitabilmente di una sorta di indirizzo terapeutico che nell'immediato presenta evidenti spiacevoli inconvenienti collaterali di difficile accettazione (prova ne siano i tentativi di rigetto che si sono avuti dapprima in Grecia e quindi in Portogallo; o anche la indisponibilità dei contribuenti islandesi ad assumersi gli impegni risarcitori derivanti dal dissesto del loro sistema bancario). Ne corrisponderanno a fronte, più in là nel tempo, com'è auspicabile, benefici di portata sufficientemente risolutiva? Oppure sono tutte privazioni e patimenti inutili, perché siffatti rimedi si riveleranno non idonei in rapporto alla gravità della patologia e si dovrà pertanto comunque, prima o poi, ricorrere a misure (appariscentemente) più drastiche?
BULLETIN meteoroLOGIC
Today and tomorrow you make it

I nuovi poveri.



Messi ai margini in abbigliamento casual «I nuovi poveri», un libro di Chiara Saraceno e Pierluigi Dovis La discesa agli inferi dell'indigenza manda in pezzi status e rapporti affettivi. È stato sempre così, ma la crisi economica ha fatto deflagare lo stile di vita del ceto medio, che si è scoperto improvvisamente povero

Non è difficile cadere. E cadendo, rimanere invischiati in quella sofferenza muta, pressoché invisibile che, con un termine evocativo, il sociologo francese Robert Castel ha proposto di chiamare désaffiliation. Altri termini sono stati proposti - nuove povertà, sofferenza sociale, sofferenza urbana - ma désaffiliation rende forse meglio non solo il frantumarsi improvviso di un legame, ma la sua più lenta, eppure non meno radicale disarticolazione. Disarticolazione che coinvolge un intero mondo di relazioni che all'improvviso si scoprono fragili, vulnerabili, flessibili al ribasso. Nel 2005 fu Costantin Costa-Gavras, in un suo film ingiustamente sottovalutato, Il cacciatore di teste, a mettere a nudo questo sistema. E a metterlo a nudo - qui sta il punto - «dall'alto». Che cosa succede quando un manager o un lavoratore iper-professionalizzato della conoscenza perdono il lavoro? Quanto resiste una moglie? Quanto i figli? Quanto reggono le relazioni di prossimità, con vicini, amici, parenti? La concorrenza al ribasso.

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