di Giacomo Gabellini - Fonte: eurasia
Il progressivo acuirsi della tensione all’interno del mondo arabo ha inoppugnabilmente conferito alla religione – in specie dall’11 settembre 2001 in poi – un ruolo cruciale nello scatenamento dei conflitti ed esaltato una presunta incompatibilità fra civiltà islamica e civiltà occidentale sostenuta in tempi non sospetti dal celebre politologo Samuel Huntington.
Ciò che Huntington e i numerosi propugnatori dell’imminente scontro di civiltà si sono guardati dal considerare, tuttavia, è un altro fattore.
Il fatto, cioè, che il fenomeno più assiduamente preso di mira dalle potenze anglosassoni interessate ad imporre la propria egemonia sul Vicino e Medio Oriente sia espressione della più evidente vocazione europea.
Si tratta del nazionalismo arabo propugnato da uomini politici di notevole spessore animati dalla volontà di riscattare i propri paesi vessati e umiliati da decenni di imperialismo europeo e statunitense.
Non è frutto del caso il fatto che ogni forma e versione della spinta nazionalista – da Mossadeq a Nasser, da Saddam Hussein alla stirpe degli Assad – sia stata duramente colpita fino a scomparire dall’orizzonte politico mediorientale.
Con un’eccezione, che corrisponde alla Siria baathista.
Il Baath è un partito che affonda le radici in Europa dove Michel Aflaq, il suo ideologo principale, si era recato per approfondire la propria conoscenza del Vecchio Continente e studiare filosofia.
Si iscrisse alla Sorbona, dove ebbe modo di leggere le opere di Marx, Lenin, Nietzsche e Mazzini e di assistere all’ascesa al potere di Hitler.
Tornò in patria dopo aver maturato una complessa concezione ideologica frutto dell’assimilazione di svariate componenti del leninismo e del fascismo.
Aflaq concentrò tutti i propri sforzi nella fondazione del partito Baath, incardinato sulle intuizioni della precedente fase europea.
Finì in galera diverse volte a cavallo tra la fine degli anni ’40 e l’inzio degli anni ’50 ma riuscì infine nell’impresa di fondere il Baath con il partito socialista siriano, dando vita a una nuova formazione politica di cui si accingeva ad assumere il ruolo di segretario generale.
Il programma della nuova organizzazione prevedeva la rinascita del mondo arabo, la formazione di un’unica nazione araba basata sui modelli europei di cui i singoli paesi sarebbero divenuti province, la scolarizzazione delle masse imperniata sui principi di solidarietà e progressismo.
La struttura portante della nazione unitaria di cui Michel Aflaq e il suo compagno Akram Hurani intendevano promuovere la costruzione sarebbe dovuta scaturire dalla sintesi di elementi storici, culturali e geopolitici fusi in totale, armonica compenetrazione.
Da greco – ortodosso quale era, Aflaq sapeva che la realizzazione di un progetto tanto ambizioso non avrebbe mai potuto contemplare qualsiasi discriminazione di natura confessionale e infatti si premurò di esaltare il carattere laico dello Stato da costruire escludendo qualsiasi riferimento alla religione.
Il progressivo acuirsi della tensione all’interno del mondo arabo ha inoppugnabilmente conferito alla religione – in specie dall’11 settembre 2001 in poi – un ruolo cruciale nello scatenamento dei conflitti ed esaltato una presunta incompatibilità fra civiltà islamica e civiltà occidentale sostenuta in tempi non sospetti dal celebre politologo Samuel Huntington.
Ciò che Huntington e i numerosi propugnatori dell’imminente scontro di civiltà si sono guardati dal considerare, tuttavia, è un altro fattore.
Il fatto, cioè, che il fenomeno più assiduamente preso di mira dalle potenze anglosassoni interessate ad imporre la propria egemonia sul Vicino e Medio Oriente sia espressione della più evidente vocazione europea.
Si tratta del nazionalismo arabo propugnato da uomini politici di notevole spessore animati dalla volontà di riscattare i propri paesi vessati e umiliati da decenni di imperialismo europeo e statunitense.
Non è frutto del caso il fatto che ogni forma e versione della spinta nazionalista – da Mossadeq a Nasser, da Saddam Hussein alla stirpe degli Assad – sia stata duramente colpita fino a scomparire dall’orizzonte politico mediorientale.
Con un’eccezione, che corrisponde alla Siria baathista.
Il Baath è un partito che affonda le radici in Europa dove Michel Aflaq, il suo ideologo principale, si era recato per approfondire la propria conoscenza del Vecchio Continente e studiare filosofia.
Si iscrisse alla Sorbona, dove ebbe modo di leggere le opere di Marx, Lenin, Nietzsche e Mazzini e di assistere all’ascesa al potere di Hitler.
Tornò in patria dopo aver maturato una complessa concezione ideologica frutto dell’assimilazione di svariate componenti del leninismo e del fascismo.
Aflaq concentrò tutti i propri sforzi nella fondazione del partito Baath, incardinato sulle intuizioni della precedente fase europea.
Finì in galera diverse volte a cavallo tra la fine degli anni ’40 e l’inzio degli anni ’50 ma riuscì infine nell’impresa di fondere il Baath con il partito socialista siriano, dando vita a una nuova formazione politica di cui si accingeva ad assumere il ruolo di segretario generale.
Il programma della nuova organizzazione prevedeva la rinascita del mondo arabo, la formazione di un’unica nazione araba basata sui modelli europei di cui i singoli paesi sarebbero divenuti province, la scolarizzazione delle masse imperniata sui principi di solidarietà e progressismo.
La struttura portante della nazione unitaria di cui Michel Aflaq e il suo compagno Akram Hurani intendevano promuovere la costruzione sarebbe dovuta scaturire dalla sintesi di elementi storici, culturali e geopolitici fusi in totale, armonica compenetrazione.
Da greco – ortodosso quale era, Aflaq sapeva che la realizzazione di un progetto tanto ambizioso non avrebbe mai potuto contemplare qualsiasi discriminazione di natura confessionale e infatti si premurò di esaltare il carattere laico dello Stato da costruire escludendo qualsiasi riferimento alla religione.