di Fabrizio Tringali – Fonte: Megachip.
Un interessante articolo di Rodolfo Monacelli su Megachip che descrive i "sei stadi dell'umanitarismo bombardatore" merita qualche considerazione aggiuntiva . L'articolo sottolinea che la "difesa dei diritti umani" è diventata il leitmotiv della strategia di manipolazione mediatica e comunicativa messa in atto dalle potenze che preparano un attacco militare. E' utile ragionare sui motivi per i quali questa strategia - pur mossa da altri fini - si è finora rivelata purtroppo efficace, in modo da capire come provare a gettare le basi per un’altrettanto efficace opposizione all'escalation militare e alla moltiplicazione dei conflitti armati. L'opinione pubblica in genere è contraria alle guerre. Per molti motivi, che possono essere morali, politici o anche economici. Dunque le potenze hanno sempre avuto bisogno di offrire “buoni” motivi per le conquiste desiderate dai ceti dominanti.
L'esperienza ha insegnato che il miglior casus belli, cioè quello comunemente più accettato dai cittadini, riguarda i diritti umani e la difesa della popolazione civile sotto l'attacco di un tiranno.
Agli occidentali piacerà sempre pensarsi come "liberatori", mentre difficilmente essi abboccherebbero ancora a stupidaggini palesemente inventate come le armi di distruzione di massa di Saddam.
Anche adesso che tutti sanno che quelle armi non sono mai esistite, il mainstream difende comunque le ragioni della guerra ricordando che Saddam era un dittatore, e sostenendo che quindi è stato un bene levarlo di mezzo.
Questa menzogna (“la guerra era giusta”) funziona ancora perché si collega ad una verità (“Saddam era un dittatore”). Le strategie di manipolazione mediatica dell'impero si sono affinate nel momento in cui è diventato chiaro che le menzogne che funzionano meglio sono quelle che si collegano a delle verità. La complessità del sistema informativo-comunicativo moderno fa sì che una menzogna che non ha nessun collegamento, nemmeno lontano, con fatti accertati (o che presentino almeno un fondo di verità) rischia, prima o poi, di venire a galla. Con il conseguente discredito e perdita di credibilità per chi ha diffuso la balla.
Se invece si riesce a collegare le menzogne a qualcosa di reale, anche la balla può restare in piedi.
Accade perciò che quando l'impero decide di conquistare Paesi governati da regimi autoritari preferisce utilizzare lo schema indicato da Monacelli e costruire una "emergenza umanitaria", anziché puntare su questioni che oramai avrebbero molto meno appeal presso l'opinione pubblica, come ad esempio la presunta pericolosità per il pianeta di Stati che hanno invece pochissima forza militare. Fatto questo, si possono poi utilizzare ulteriori menzogne, anche colossali, per sostenere le ragioni della guerra. E quel che ha fatto la NATO nel caso della Libia, diffondendo a mani larghe notizie inventate di massacri mai avvenuti, di fosse comuni mai esistite e così via.
Il punto è che queste falsità sono davvero efficaci proprio perché si basano su un fondo di verità. La propaganda della NATO attacca quei regimi che mette sotto tiro sul piano in cui essi sono effettivamente attaccabili (il loro carattere oppressivo), e non su uno nel quale in realtà non lo sono (la loro pericolosità militare).
La stragrande maggioranza delle popolazioni occidentali ha (giustamente) interiorizzato la difesa dei diritti umani e delle libertà civili come un dovere civico. Per questo, chi prova ancora ad opporsi alla guerra, può essere tentato di chiudere un occhio verso le dittature, e porsi sulla difensiva negando o minimizzando il carattere autoritario dei regimi che di volta in volta vengono inquadrati dal mirino della NATO, nel tentativo di disinnescare le ragioni degli interventisti.
Poiché spesso le caratteristiche di quei regimi sono ampiamente note, l'unico effetto che si può ottenere in questo modo è quello di rafforzare ulteriormente le ragioni della guerra, poiché chi vi si oppone sembra voler difendere dei dittatori.
I caratteri oppressivi di un regime non dovrebbero mai essere negati da chi ha a cuore le ragioni della pace e della democrazia. Del resto, le guerre della NATO sono un rimedio che ha sempre ulteriormente peggiorato il male delle dittature che avrebbero dovuto combattere. Le ragioni per essere contrari a qualsiasi "intervento umanitario" sono molteplici, ma il miglior modo per rafforzare la causa della Pace è mettere in luce le conseguenze che gli interventi militari hanno prodotto per le popolazioni che li hanno subiti.
Tutti possono facilmente comprendere che prima di compiere una determinata azione, è utile guardare agli effetti prodotti da altre azioni simili, e già messe in atto.
Dunque è sufficiente guardare la situazione attuale dei Paesi che hanno subito i più recenti interventi militari NATO per vedere con chiarezza che nessuna "emergenza umanitaria" può essere risolta con i cacciabombardieri.
Se l'emergenza esiste, i bombardamenti la peggiorano.
Se è stata inventata, i bombardamenti la creano.
L'Afghanistan è stato attaccato 10 anni fa con il mantra della liberazione delle donne dai taliban e dai burka, e oramai gli effetti dell'invasione sono sotto gli occhi di tutti: un numero incalcolabile di lutti, in un Paese in mano a criminali che ha ancora più problemi di quanti ne avesse prima dell'intervento. E cosa altrettanto ovvia, le donne sono ancora sotto i burka.
Ragionamenti simili possono essere fatti per l'Iraq o per la stessa Libia, che sta vivendo una guerra sanguinosissima, la quale probabilmente sfocerà in un lungo scontro interno tra le forze che appoggiano il CNT e quelle che vi si oppongono, perché fedeli a Gheddafi oppure semplicemente perché rifiutano di mettere il loro Paese in mani straniere.
Ora nel mirino c'è la Siria, da tempo c'è l'Iran. Due regimi autoritari rispetto ai quali il giochetto spiegato da Monacelli può funzionare alla perfezione. Non è ancora stato messo in opera solo perché questi Paesi sono ben più forti di quelli attaccati finora, e perché godono di significative relazioni internazionali.
La Libia era sostanzialmente isolata, mentre Assad e Ahmadinejad hanno buoni rapporti con Russia e Cina, che finora si sono sempre opposte alle bozze di risoluzioni ONU presentate dagli USA o da altri Paesi occidentali, e che avrebbero potuto aprire lo scenario a possibili interventi militari.
Per tentare di porre un freno alla macchina infernale della "guerra infinita" è essenziale affermare con la massima forza e determinazione che è sempre inaccettabile intervenire militarmente per rovesciare un governo, o fomentare dall'esterno rivolte armate contro il potere, anche di fronte a regimi repressivi e dittatoriali. Gli "interventi umanitari" non sono mai stati realizzati in nome delle esigenze delle popolazioni colpite, né mai lo saranno. La guerra ha sempre e solo una finalità: realizzare gli interessi di chi la fa.
Un interessante articolo di Rodolfo Monacelli su Megachip che descrive i "sei stadi dell'umanitarismo bombardatore" merita qualche considerazione aggiuntiva . L'articolo sottolinea che la "difesa dei diritti umani" è diventata il leitmotiv della strategia di manipolazione mediatica e comunicativa messa in atto dalle potenze che preparano un attacco militare. E' utile ragionare sui motivi per i quali questa strategia - pur mossa da altri fini - si è finora rivelata purtroppo efficace, in modo da capire come provare a gettare le basi per un’altrettanto efficace opposizione all'escalation militare e alla moltiplicazione dei conflitti armati. L'opinione pubblica in genere è contraria alle guerre. Per molti motivi, che possono essere morali, politici o anche economici. Dunque le potenze hanno sempre avuto bisogno di offrire “buoni” motivi per le conquiste desiderate dai ceti dominanti.
L'esperienza ha insegnato che il miglior casus belli, cioè quello comunemente più accettato dai cittadini, riguarda i diritti umani e la difesa della popolazione civile sotto l'attacco di un tiranno.
Agli occidentali piacerà sempre pensarsi come "liberatori", mentre difficilmente essi abboccherebbero ancora a stupidaggini palesemente inventate come le armi di distruzione di massa di Saddam.
Anche adesso che tutti sanno che quelle armi non sono mai esistite, il mainstream difende comunque le ragioni della guerra ricordando che Saddam era un dittatore, e sostenendo che quindi è stato un bene levarlo di mezzo.
Questa menzogna (“la guerra era giusta”) funziona ancora perché si collega ad una verità (“Saddam era un dittatore”). Le strategie di manipolazione mediatica dell'impero si sono affinate nel momento in cui è diventato chiaro che le menzogne che funzionano meglio sono quelle che si collegano a delle verità. La complessità del sistema informativo-comunicativo moderno fa sì che una menzogna che non ha nessun collegamento, nemmeno lontano, con fatti accertati (o che presentino almeno un fondo di verità) rischia, prima o poi, di venire a galla. Con il conseguente discredito e perdita di credibilità per chi ha diffuso la balla.
Se invece si riesce a collegare le menzogne a qualcosa di reale, anche la balla può restare in piedi.
Accade perciò che quando l'impero decide di conquistare Paesi governati da regimi autoritari preferisce utilizzare lo schema indicato da Monacelli e costruire una "emergenza umanitaria", anziché puntare su questioni che oramai avrebbero molto meno appeal presso l'opinione pubblica, come ad esempio la presunta pericolosità per il pianeta di Stati che hanno invece pochissima forza militare. Fatto questo, si possono poi utilizzare ulteriori menzogne, anche colossali, per sostenere le ragioni della guerra. E quel che ha fatto la NATO nel caso della Libia, diffondendo a mani larghe notizie inventate di massacri mai avvenuti, di fosse comuni mai esistite e così via.
Il punto è che queste falsità sono davvero efficaci proprio perché si basano su un fondo di verità. La propaganda della NATO attacca quei regimi che mette sotto tiro sul piano in cui essi sono effettivamente attaccabili (il loro carattere oppressivo), e non su uno nel quale in realtà non lo sono (la loro pericolosità militare).
La stragrande maggioranza delle popolazioni occidentali ha (giustamente) interiorizzato la difesa dei diritti umani e delle libertà civili come un dovere civico. Per questo, chi prova ancora ad opporsi alla guerra, può essere tentato di chiudere un occhio verso le dittature, e porsi sulla difensiva negando o minimizzando il carattere autoritario dei regimi che di volta in volta vengono inquadrati dal mirino della NATO, nel tentativo di disinnescare le ragioni degli interventisti.
Poiché spesso le caratteristiche di quei regimi sono ampiamente note, l'unico effetto che si può ottenere in questo modo è quello di rafforzare ulteriormente le ragioni della guerra, poiché chi vi si oppone sembra voler difendere dei dittatori.
I caratteri oppressivi di un regime non dovrebbero mai essere negati da chi ha a cuore le ragioni della pace e della democrazia. Del resto, le guerre della NATO sono un rimedio che ha sempre ulteriormente peggiorato il male delle dittature che avrebbero dovuto combattere. Le ragioni per essere contrari a qualsiasi "intervento umanitario" sono molteplici, ma il miglior modo per rafforzare la causa della Pace è mettere in luce le conseguenze che gli interventi militari hanno prodotto per le popolazioni che li hanno subiti.
Tutti possono facilmente comprendere che prima di compiere una determinata azione, è utile guardare agli effetti prodotti da altre azioni simili, e già messe in atto.
Dunque è sufficiente guardare la situazione attuale dei Paesi che hanno subito i più recenti interventi militari NATO per vedere con chiarezza che nessuna "emergenza umanitaria" può essere risolta con i cacciabombardieri.
Se l'emergenza esiste, i bombardamenti la peggiorano.
Se è stata inventata, i bombardamenti la creano.
L'Afghanistan è stato attaccato 10 anni fa con il mantra della liberazione delle donne dai taliban e dai burka, e oramai gli effetti dell'invasione sono sotto gli occhi di tutti: un numero incalcolabile di lutti, in un Paese in mano a criminali che ha ancora più problemi di quanti ne avesse prima dell'intervento. E cosa altrettanto ovvia, le donne sono ancora sotto i burka.
Ragionamenti simili possono essere fatti per l'Iraq o per la stessa Libia, che sta vivendo una guerra sanguinosissima, la quale probabilmente sfocerà in un lungo scontro interno tra le forze che appoggiano il CNT e quelle che vi si oppongono, perché fedeli a Gheddafi oppure semplicemente perché rifiutano di mettere il loro Paese in mani straniere.
Ora nel mirino c'è la Siria, da tempo c'è l'Iran. Due regimi autoritari rispetto ai quali il giochetto spiegato da Monacelli può funzionare alla perfezione. Non è ancora stato messo in opera solo perché questi Paesi sono ben più forti di quelli attaccati finora, e perché godono di significative relazioni internazionali.
La Libia era sostanzialmente isolata, mentre Assad e Ahmadinejad hanno buoni rapporti con Russia e Cina, che finora si sono sempre opposte alle bozze di risoluzioni ONU presentate dagli USA o da altri Paesi occidentali, e che avrebbero potuto aprire lo scenario a possibili interventi militari.
Per tentare di porre un freno alla macchina infernale della "guerra infinita" è essenziale affermare con la massima forza e determinazione che è sempre inaccettabile intervenire militarmente per rovesciare un governo, o fomentare dall'esterno rivolte armate contro il potere, anche di fronte a regimi repressivi e dittatoriali. Gli "interventi umanitari" non sono mai stati realizzati in nome delle esigenze delle popolazioni colpite, né mai lo saranno. La guerra ha sempre e solo una finalità: realizzare gli interessi di chi la fa.
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