- lavorincorsoasinistra - 26 gennaio 2013-

Una visione particolarmente caricaturale di Rivoluzione Civile, ovviamente confezionata e fatta circolare dai suoi numerosi nemici politici, è quella che vorrebbe far passare tale formazione per una sorta di taxi d’emergenza su cui si sono affrettati a salire esponenti di forze politiche tra loro irriducibilmente diverse, animate solo dall’intento di salvare la pelle politicamente parlando e di riguadagnare qualche poltrona.
Vero è che le elezioni si avvicinano e che tutte le argomentazioni, anche le più scorrette, sembrano essere ammesse, mentre si arroventa il clima della campagna elettorale. Ma questa visione è destituita a ben vedere del minimo fondamento.
Tu sei buono e ti tirano le pietre, sei cattivo e ti tirano le pietre, cantava Antoine. Così è per le forze della sinistra: se si dividono vengono giustamente bollate come litigiose e perdenti, se si unificano, come nel caso di Rivoluzione civile, deve essere necessariamente per qualche scopo poco nobile e senza alcuna prospettiva.
Bisogna invece sostenere con energia e coerenza che questa unificazione è stato un fatto positivo, anche perché ha posto le premesse di un futuro sviluppo di un gruppo parlamentare e di un’aggregazione politica unitaria di opposizione e alternativa, della quale l’Italia ha bisogno come dell’aria per respirare.
Gli anni difficili e tormentati da cui proveniamo non possono peraltro non aver aperto gli occhi a tutti o quasi gli italiani. Mostrando loro le bassezze del signor BungaBunga che ha tentato di trasformare quello che resta dello Stato italiano in una sua personale macchina di arricchimento e ha sfidato in modo arrogante ogni regola nella speranza di poter godere dell’impunità più o meno assoluta che deriva dal potere. Ma anche, la via senza uscita del montismo, contrassegnato dall’intento di salvaguardare gli equilibri e le strutture di potere esistente e dall’illusione di superare la crisi e rilanciare l’economia senza mettere mano ai privilegi reali e alle ricchezze esagerate della parte più ricca della nostra società. Ma anche la sostanziale acquiescenza a tali scelte da parte del Pd, per quanto si agiti e si sbracci oggi il buon Nichi nel lodevole intento di trascinare via tale partito dal mortifero abbraccio con i montiani, oramai elevati a loro volta a partito.
Accà nisciuno è fesso, dicono a Napoli. E questo viene voglia di ripetere vedendo Bersani che scopre improvvisamente i danni del montismo sulla questione degli esodati o si trasforma di colpo in nemico degli F-35.
di Fabio Marcelli – Il Fatto Quotidiano
Non di sceneggiate preelettorali abbiamo bisogno, ma di una forza che sappia mettere in mdo coerente le questioni fondamentali, difesa intransigente della Costituzione, pace, lavoro, ambiente, legalità, al centro dell’agenda politica. Per questo è nata Rivoluzione civile.
In un’intervista che mi è stata fatta a seguito della mia decisione di accettare la mia candidatura nelle liste di tale formazione, ho sostenuto quanto segue:
“Penso in effetti che sia necessario tentare di riappropriarsi della sfera politica a partire dalle esigenze del 90% della società che è escluso dai circoli del potere. In questi anni le varie esperienze che ho fatto, come cittadino, come giurista, come ricercatore, mi portano a ritenere necessario un luogo di elaborazione e di difesa degli interessi diffusi all’insegna di politiche nuove non subalterne agli interessi dominanti. Ho voluto essere dentro Rivoluzione civile per verificare fino in fondo la fattibilità di questa prospettiva, che a mio avviso è l’unica oggi praticabile per cambiare le cose. Ben al di là della scadenza elettorale che ha posto peraltro alcune urgenze oggettive cui si è cercato di far fronte nel migliore dei modi possibili date le circostanze”.
E’ punto che vale la pena di riaffermare. C’è gran parte della società che si trova oggi priva di rappresentanza politica per l’impossibilità di riconoscersi nelle scelte sbagliate fatte dalla maggioranza stragrande della classe politica uscente. Semplificando, potremmo dire che al 90% della società corrisponde ben meno del 10% dello sciagurato Parlamento che ci avviamo fortunatamente a sostituire il 24 e 25 febbraio.
Rivoluzione civile nasce dall’intento di dare rappresentanza a questo 90% ma a tale fine va progettato un lavoro di lunga durata di cui le prossime elezioni costituiranno solo la prima tappa.
Voglio aggiungere che un intento analogo è espresso, sia pure su di un terreno diverso, dall’Associazione dei giuristi democratici. Si presenta alle prossime elezioni al collegio di Piemonte per Rivoluzione civile il presidente dei giuristi democratici, Roberto Lamacchia, che potrà portare in Parlamento le ragioni di una lotta ultradecennale per la giustizia sua personale e dell’associazione che rappresenta. Ricordo poi una nostra prestigiosa iscritta, la costituzionalista Marilisa D’Amico, di cui è noto l’impegno per i diritti civili, che si presenta invece nelle file del Pd a Milano. E vari altri che si candidano ancora con Rivoluzione civile, e con SEL. A testimonianza di un impegno dei giuristi democratici che aspira a unificare, sulle questioni concrete, le migliori energie del Parlamento che ci accingiamo ad eleggere. Convergendo in questo con Rivoluzione Civile e chiunque altro voglia battere le strade difficili ma necessarie dell’alternativa sui vari piani.













Iniziamo dagli Stati Uniti. Tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013, le cronache sono state dominate dal terrore del fiscal cliff e poi dall’accordo in extremis raggiunto da democratici e repubblicani, ancora una volta spaccati. Il debito pubblico americano è però sempre più grande e il baratro della recessione resta all’ordine del giorno. Cosa ci dice questa situazione sul prossimo futuro degli Stati Uniti e sull’amministrazione Obama, e quali conseguenze ha dal punto di vista globale?
Se c'è un elemento caratteristico dell'attuale fase politica, questo è la potenza determinante del sistema mediatico. L'Italia, l'Europa, tutto il mondo capitalistico sono nella morsa di una crisi che sta scomponendo le società. Da una parte, la povertà vera. Strutturale, dilagante, senza prospettive di riscatto. Dall'altra, la concentrazione in poche mani di ricchezze immense, intraducibili in misure concrete. In mezzo, aree sociali precarizzate, che vedono messi a rischio i fondamenti stessi della propria condizione di vita: il reddito, l'occupazione, i diritti essenziali.
Il 2012 si chiude per l’Italia con un bilancio economico disastroso. Come ampiamente prevedibile, le politiche di austerity si sono rilevate un’autentica “macelleria sociale”. Per quanto possa valere come indicatore, il Pil si contrarrà a fine anno di oltre il 2,5%. Ciò significa che per raggiungere i livelli di ricchezza pre-crisi, ovvero della metà 2007, bisognerà attendere come minimo una decina d’anni a patto che l’economia cresca ad un saggio dell’1,5% annuo (fatto assai improbabile, visto che le previsioni per il 2013 vedono ancora un segno negativo). A fronte di un tasso d’inflazione medio del 3% annuo (con punte del 4,3% per quanto riguarda i beni di prima necessità), le retribuzioni sono mediamente aumentate di solo la metà, con un ulteriore perdita del potere d’acquisto dei redditi da lavoro. Il tasso di disoccupazione “ufficiale” ha superato l’11%; quello reale (tenendo conto anche dei cd. lavoratori scoraggiati, dei cassa integrati e dei sottoccupati involontari) supera il 20% e va aumentando
