Antonio Negri - uninomade -
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In realtà continuiamo a spendere parole troppo importanti per dir poco o niente. “Costituente” è una di queste parole. Per trasformare il Senato in Camera delle autonomie, non dovrebbe esser necessario il ricorso allo spirito costituente. E neppure per fare una nuova legge elettorale, e neppure per realizzare il riconoscimento dei sindacati, e neppure per abolire le province, e tantomeno per stabilire i criteri del fiscal compact (che, d’altra parte, la Commissione europea ha già statuito), ecc.. Non sembra che in tal modo il desiderio costituente e l’ansia di corrispondere a tempi nuovi siano esaltati – ormai si parla sempre di più di “costituente” ma sempre di più si opera, in realtà, sul terreno amministrativo. Si pensi a quanto avviene sul livello europeo – se “l’Europa non è uno Stato”, non è neppure un ambito costituente, anche se ognuno dei mille produttori di norme e dei mille attori di governance che agiscono dentro il terreno comunitario, si pretendesse costituente. Iniziativa costituente significa invece creare “incidenti democratici di base”, “produzioni istituzionali di democrazia dal basso” e non determinare semplicemente atti amministrativi nell’alto dei cieli della politica dei partiti.
Le forze politiche presenti in parlamento non vanno oltre quell’alto livello amministrativo.
Adorano la vecchia Costituzione – e questo sentimento invade l’animo anche di quelle forze che si pretendono nuove, dei rappresentanti M5S, per esempio. Si potrebbe – dicono – andare avanti anche senza governo, con un’amministrazione governata dal parlamento: davvero? Comunque a loro basta la trasparenza della vita istituzionale, lucidare la Costituzione a questo scopo –cosa sacrosanta; o piuttosto metterla a nuovo? Ma questo significa prendere in mano, interloquire, lavorare la Costituzione “materiale”, cioè gli interessi produttivi, gli intrecci politici e sociali, i nuovi diritti, la domanda di “comune”, l’ecologia storica che sta dentro ad ogni costituzione e che la rende efficace e viva. Questa Costituzione che abbiamo, non è invece più né efficace, né viva: questo tutti lo sanno ma nessuno ne parla. Intanto, quasi fosse per cambiar discorso, i nuovi “costituzionalisti” ci dicono che i parlamentari devono essere pagati come un operaio: cosa sacrosanta. Tanto più che lo diceva anche la Comune di Parigi, che però aggiungeva (perché a quei deputati interessava la materialità della costituzione) che non solo le paghe ma anche i redditi dei rappresentanti dovevano essere uguali; insomma, che la giustizia distributiva doveva impiantarsi su quella commutativa e che i ricchi, se volevano essere deputati rappresentanti, dovevano lasciare i loro patrimoni all’Erario. Perché altrimenti solo i ricchi avrebbero potuto far politica (ed è quello che l’ultima sentenza della corte suprema americana ha stabilito alla maniera neoliberale, e cioè che sono i soldi che fanno la rappresentanza – che è esattamente il contrario di quello che volevano i communardi). Si può procedere dall’affermazione che se si vuole essere liberi (e cioè capaci di rappresentanza fuori da conflitti d’interesse), si deve essere uguali? Che cosa potrà essere “costituente” oggi se non costituirà un nuovo equilibrio fra libertà ed uguaglianza, calibrato sulle condizioni comuni della produzione sociale?
La Costituzione del ’48 era indubbiamente una buona Costituzione – una costituzione fordista però, nulla più di questo, che chiedeva al capitalista una qualche lealtà nell’organizzare la fabbrica per produrre società; allo Stato di garantire che la paga dell’operaio che costruiva la 500 Fiat, gli permettesse di comperarla (e le strade per correre con la macchinetta); e all’operaio di accontentarsi di questo. Si sa com’è andata a finire! Gli operai non ne hanno potuto più di quella società e i padroni non ne hanno potuto più di quegli operai. D’altra parte, dopo che le costituzioni nazional-socialiste e quelle sovietiche “di tutto il popolo” – tipiche costituzioni fordiste in materia laborista – si erano sfasciate, come pretendere che questa nostra Costituzione sopravvivesse?