'rifondazione '
Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...
(di classe) :-))
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...
(di classe) :-))
Francobolllo
Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.
Europa, SVEGLIA !!
sabato 22 febbraio 2014
Lista Tsipras, conto alla rovescia sulle candidature
Fonte: Il Manifesto | Autore: Roberto Ciccarelli
Conto alla rovescia per presentare le candidature alla lista «L’altra Europa, con Tsipras» per le elezioni europee. Entro mezzanotte di oggi i moduli scaricabili sul sito www.listatsipras.eu dovranno essere compilati e inviati all’indirizzo mail sostegno@istipras.it. In questa operazione sono impegnati sia i promotori della lista che associazioni, comitati e partiti (Sel e Rifondazione) che hanno deciso di partecipare insieme a questa esperienza elettorale. Stanno partecipando anche gruppi con almeno 50 aderenti che sono stati invitati a presentare le proposte ad un comitato operativo che inizierà a vagliarle subito dopo la scadenza dei termini stabiliti. Ieri sera erano arrivate 48 candidature, 120 quelle stimate in arrivo, mentre dal sito erano state scaricati 2299 moduli. Alla fine verranno decisi 73 candidati da distribuire sulle cinque circoscrizioni nazionali. I criteri della selezione per quelle che i sei garanti della lista (Barbara Spinelli, Andrea Camilleri, Paolo Flores, Guido Viale, Marco Revelli e Luciano Gallino) chiamano «proposte dal basso» sono la notorietà dell’impegno politico del candidato per determinare le cosiddette «teste di lista»; la sua rappresentatività rispetto ai movimenti di opinione e di lotta negli ultimi anni; la parità di genere e la presenza giovanile. L’altro criterio è quello di non essere stati eletti negli ultimi dieci anni.
Sono state ufficializzate le candidature dell’intellettuale ed ex leader del 77 bolognese Franco Berardi Bifo che sostiene di volersi candidare «con Tsipras e contro l’assolutismo finanziario». Tra le altre ci sono quelle di Franco Arminio e Tonino Perna; di esponenti del comitato «Articolo 33» che ha vinto il referendum sulle scuole paritarie a Bologna, del forum dell’acqua e dei comitati No Triv. Hanno comunicato le loro candidature anche gli attivisti No Tav Nicoletta Dosio e Gigi Richetto. Un’adesione significativa, visto che alle ultime elezioni politiche, il movimento No Tav aveva comunicato il suo appoggio al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Entrambi gli attivisti ribadiscono che i NoTav non sono un movimento assimilabile solo al M5S o solo alla lista dell’«altra Europa, con Tsipras». Sembrano certe le candidature dell’ex portavoce delle tute bianche, e dei centri sociali del Nord-Est, Luca Casarini, del giornalista Loris Campetti e di Franco Gesualdi. I giornalisti Curzio Maltese, Andrea Scanzi, Sandra Bonsanti e Vauro hanno già comunicato il loro sostegno alla lista, così come Gustavo Zagrebelsky, la filosofa Roberta De Monticelli e l’intellettuale Pierfranco Pellizzetti.
Prima casualmente, poi in maniera più lenta ma più convinta, la lista sembra crescere in maniera trasversale alle appartenenze politiche, intellettuali, associative e di movimento talvolta distanti tra loro. Un aspetto che i «garanti» hanno preferito ad una caratterizzazione più netta, e più classica, di «sinistra». La decisione di escludere questo concetto dal logo della lista (il suo restyling definitivo dovrebbe terminare oggi) ha provocato polemiche, soprattutto con Rifondazione Comunista che ha spiegato la sua partecipazione in vista della costituzione di uno «spazio pubblico di sinistra» e non solo una «lista civica antiliberista».
Al momento è arrivato un numero ridotto di candidature femminili. I promotori della lista confidano che aumenteranno nelle prossime ore. Da domani, una volta concluse le operazioni di raccolta, inizierà ad entrare in funzione la macchina organizzativa e, entro la prossima settimana, inizierà la raccolta delle firme circorscrizione per circoscrizione. Il coordinamento è stato affidato a Corrado Oddi, una delle anime del gruppo che riuscì nell’impresa storica di raccogliere le firme necessarie ad ottenere il referendum sull’acqua pubblica e poi a vincerlo nel giugno del 2011. Nelle ultime ore si sta definendo l’albero organizzativo di una struttura nazionale basata su responsabili regionali e provinciali. I tempi saranno da cardiopalma, brevissimi. Si inizierà dalla temutissima Val D’aosta dove, considerata la popolazione, sono necessarie tremila firme per presentare i candidati scelti in lista. Sul sito, ma soprattutto su facebook, stanno nascendo comitato proTsipras un po’ ovunque nel paese. Così come crescono le prime iniziative spontanee: da Torino a Caserta. Domenica è prevista un’assemblea del comitato romano al teatro Valle occupato.
Sono state ufficializzate le candidature dell’intellettuale ed ex leader del 77 bolognese Franco Berardi Bifo che sostiene di volersi candidare «con Tsipras e contro l’assolutismo finanziario». Tra le altre ci sono quelle di Franco Arminio e Tonino Perna; di esponenti del comitato «Articolo 33» che ha vinto il referendum sulle scuole paritarie a Bologna, del forum dell’acqua e dei comitati No Triv. Hanno comunicato le loro candidature anche gli attivisti No Tav Nicoletta Dosio e Gigi Richetto. Un’adesione significativa, visto che alle ultime elezioni politiche, il movimento No Tav aveva comunicato il suo appoggio al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Entrambi gli attivisti ribadiscono che i NoTav non sono un movimento assimilabile solo al M5S o solo alla lista dell’«altra Europa, con Tsipras». Sembrano certe le candidature dell’ex portavoce delle tute bianche, e dei centri sociali del Nord-Est, Luca Casarini, del giornalista Loris Campetti e di Franco Gesualdi. I giornalisti Curzio Maltese, Andrea Scanzi, Sandra Bonsanti e Vauro hanno già comunicato il loro sostegno alla lista, così come Gustavo Zagrebelsky, la filosofa Roberta De Monticelli e l’intellettuale Pierfranco Pellizzetti.
Prima casualmente, poi in maniera più lenta ma più convinta, la lista sembra crescere in maniera trasversale alle appartenenze politiche, intellettuali, associative e di movimento talvolta distanti tra loro. Un aspetto che i «garanti» hanno preferito ad una caratterizzazione più netta, e più classica, di «sinistra». La decisione di escludere questo concetto dal logo della lista (il suo restyling definitivo dovrebbe terminare oggi) ha provocato polemiche, soprattutto con Rifondazione Comunista che ha spiegato la sua partecipazione in vista della costituzione di uno «spazio pubblico di sinistra» e non solo una «lista civica antiliberista».
Al momento è arrivato un numero ridotto di candidature femminili. I promotori della lista confidano che aumenteranno nelle prossime ore. Da domani, una volta concluse le operazioni di raccolta, inizierà ad entrare in funzione la macchina organizzativa e, entro la prossima settimana, inizierà la raccolta delle firme circorscrizione per circoscrizione. Il coordinamento è stato affidato a Corrado Oddi, una delle anime del gruppo che riuscì nell’impresa storica di raccogliere le firme necessarie ad ottenere il referendum sull’acqua pubblica e poi a vincerlo nel giugno del 2011. Nelle ultime ore si sta definendo l’albero organizzativo di una struttura nazionale basata su responsabili regionali e provinciali. I tempi saranno da cardiopalma, brevissimi. Si inizierà dalla temutissima Val D’aosta dove, considerata la popolazione, sono necessarie tremila firme per presentare i candidati scelti in lista. Sul sito, ma soprattutto su facebook, stanno nascendo comitato proTsipras un po’ ovunque nel paese. Così come crescono le prime iniziative spontanee: da Torino a Caserta. Domenica è prevista un’assemblea del comitato romano al teatro Valle occupato.
Grecia, a causa dei tagli alla spesa sanitaria aumentano le malattie infettive
Peggioramento della crisi del sistema sanitario pubblico di assistenza e cura, incapacità dei pazienti di accedere al sistema sanitario con conseguente aumento dell'incidenza di malattie infettive, deterioramento globale della salute mentale della popolazione. Questi gli ulteriori effetti dell'austerità imposta alla Grecia per non uscire dall'Ue secondo i dati forniti dallo studio pubblicato su 'Lancet' da studiosi dell'Università di Oxford, Cambridge e dalla London School of Hygiene and Tropical Medicine. Il rapido aumento della disoccupazione verificatosi nel 2009 ha avuto effetti disastrosi su circa 800 mila cittadini, che non hanno più avuto la possibilità della copertura sanitaria e di accedere ai servizi sanitari, evidenzia l'analisi.
Secondo la ricerca, la Grecia è il Paese Ue che ha tagliato di più in sanità e oggi la sua spesa pubblica in servizi per la salute è inferiore a tutti gli altri membri dell'Unione Europea prima del 2004: tra il 2009 e il 2011 il budget per gli ospedali pubblici è stato ridotto del 25%.
L'incidenza di alcune malattie infettive è aumenta negli anni "caldi" della crisi, osserva lo studio: l'infezione da Hiv tra i tossicodipendenti è cresciuta di 10 volte tra il 2009 e il 2012 ; la tubercolosi è raddoppiata nel 2013; la mortalità infantile è cresciuta del 43% tra il 2008 e il 2010; il tasso di depressi nella popolazione è aumentato di 2,5 volte tra il 2008 e il 2011; infine non è da sottovalutare l'impennata dei suicidi, aumentati del 45% tra il 2007 e il 2011.
David Stuckler, co-autore del lavoro, ha sottolineato come il costo dell'austerità in Grecia sia stato sostenuto principalmente dai cittadini, colpiti in maniera devastante dai tagli al settore sanitario. "La speranza è che questo lavoro possa suggerire scelte diverse alla politica e aiutare a dare risposte immediate alla popolazione - ha affermato Stuckler -. Ci sono altri Paesi che hanno superato gravi crisi finanziarie, come l'Islanda e la Finlandia, e questi Stati hanno puntato sul welfare per ripartire. Una possibilità che anche la Greciadovrebbe iniziare a valutare".
Secondo la ricerca, la Grecia è il Paese Ue che ha tagliato di più in sanità e oggi la sua spesa pubblica in servizi per la salute è inferiore a tutti gli altri membri dell'Unione Europea prima del 2004: tra il 2009 e il 2011 il budget per gli ospedali pubblici è stato ridotto del 25%.
L'incidenza di alcune malattie infettive è aumenta negli anni "caldi" della crisi, osserva lo studio: l'infezione da Hiv tra i tossicodipendenti è cresciuta di 10 volte tra il 2009 e il 2012 ; la tubercolosi è raddoppiata nel 2013; la mortalità infantile è cresciuta del 43% tra il 2008 e il 2010; il tasso di depressi nella popolazione è aumentato di 2,5 volte tra il 2008 e il 2011; infine non è da sottovalutare l'impennata dei suicidi, aumentati del 45% tra il 2007 e il 2011.
David Stuckler, co-autore del lavoro, ha sottolineato come il costo dell'austerità in Grecia sia stato sostenuto principalmente dai cittadini, colpiti in maniera devastante dai tagli al settore sanitario. "La speranza è che questo lavoro possa suggerire scelte diverse alla politica e aiutare a dare risposte immediate alla popolazione - ha affermato Stuckler -. Ci sono altri Paesi che hanno superato gravi crisi finanziarie, come l'Islanda e la Finlandia, e questi Stati hanno puntato sul welfare per ripartire. Una possibilità che anche la Greciadovrebbe iniziare a valutare".
giovedì 20 febbraio 2014
**Grecia: prove di economia sociale**
a Unimondo.org - 15 febbraio
Una donna ha in mano due cime di broccoli e una busta di verdura e
dice di non avere i soldi per comprare nemmeno i generi di prima
necessità: “Ho una pensione di 600 euro con cui dobbiamo vivere io
e i miei tre figli disoccupati”. Un uomo, prima elettricista,
afferma di essere disoccupato da tre anni. “Ho fatto di tutto senza
riuscire a trovare un lavoro stabile. Ora con una busta di pomodori e
una cima di broccolo, io e mia moglie, andremo avanti per una
settimana”. E poi “Capita sempre più spesso di vedere persone che
rovistano nei cassonetti alla ricerca di qualcosa ancora buono da
poter mangiare”, anche loro sono parte dell’enorme schiera di
quelle persone, fino a poco tempo fa considerate “normali”,
rimaste *vittime di una crisi economica che ha distrutto migliaia di
famiglie*. Scene e frasi delle cronache greche degli scorsi mesi la
cui economia ha subito un crollo del 25% dal 2008 a oggi. Tradito dal
capitalismo e da un mercato senza regole, oltre che da una notevole
dose di corruzione, una gestione quantomeno allegra delle finanze
pubbliche e da delle richieste di rigore sproporzionato da parte degli
organismi internazionali *la Grecia prova ora a ripartire puntando
sull’iniziativa dei cittadini*.
Perfino il New York Times
lo scorso mese è andato a vedere
cosa succede* a questa parte dell’economia Greca*, *che* *sta
cercando di valorizzare le imprese sociali, i gruppi di acquisto
solidali, i collettivi e il volontariato* *estromettendo dal mercato
qualunque attore tradizionale*, sia esso la grande distribuzione, lo
pubblica amministrazione, le associazioni di categoria o qualunque
altra organizzazione che non siano i produttori e i consumatori
stessi. Gli esempi riusciti non mancano. *Savvas Mavromatis*
proprietario di una piccola azienda familiare che produce detergenti
non ha mai avuto pensieri anticapitalisti ed era molto scettico
davanti ai teoremi di attivisti che lottano “per eliminare i
profittatori del mercato”. Ma, nel tentativo di mantenere la sua
attività a galla, sotto il peso delle fatture non pagate e delle
continue richieste di tangenti ha deciso lo scorso anno di provarci e
*ha iniziato a vendere i suoi prodottiattraverso il Voluntary Action
Group (**un collettivo senza scopo di lucro) *direttamente ai
consumatori invece che ai negozi e ai commercianti come aveva sempre
fatto . Un piccolo e donchisciottesco gruppo quello dei*Voluntary
Action Group*, che non si definisce comunista o anticapitalista, ma
che si propone l’obiettivo di aiutare le persone a sopravvivere e
spesso ci riesce. Quattordici mesi dopo, infatti, Mavromatis può dire
di aver salvato la sua azienda dalla crisi economica grazie a questa
rete contraria agli intermediari che sorprendentemente è riuscita nel
tentativo di ridefinire alcuni termini del commercio.
Le iniziative sperimentali come quelle seguite da Mavromatis, portate
avanti tra l’altro anche dagli attivisti del discusso
partito *Syriza
*, sono sorte ai margini di molte città in varie parti della Grecia.
Anche se non sembrano poter offrire una soluzione a lungo termine, e
sono troppo piccole per alterare la forma complessiva dell’economia,
rappresentano uno sforzo per affrontare una crisi economica ben
diverso dalle strumentalizzazioni politiche della beneficenza di Alba
Dorata
e delle sue distribuzioni di cibo ai soli greci. *Spuntano così qua
e là coordinamenti di consumatori molto simili per certi versi ai
nostri Gruppi di Acquisto Solidale
(Gas), assolutamente non profit, che si rivolgono direttamente ai
produttori e concordano con loro un prezzo basso e fisso per alcuni
prodotti essenziali, accettando pagamenti solo in contanti “per non
ingrassare le banche”. *I soci del coordinamento effettuano gli
ordini su un sito, l’associazione trattiene una piccola parte per le
spese, ma la distribuzione della merce è a costo zero perché è
effettuata da volontari, occupati o disoccupati, che lavorano su
turni.
*“Allo stesso modo si procede per le cure mediche” *ha spiegato
* **Sonia Mitralia*, femminista greca e attivista dei movimenti
anticapitalisti. “È vero che c’è un’emergenza per quanto
riguarda l’accesso ai bisogni fondamentali della popolazione,
sappiamo, per esempio, che ci sono 30.000 tagli di elettricità al
mese, ma *il problema più grave è che ci sono 3 milioni di persone
che non hanno assistenza sanitaria*. Proprio intorno a questo problema
è nato un movimento di solidarietà con iniziative autogestite un
po’ in tutta la Grecia: *ci sono strutture per fornire medicinali e
cure mediche ed esistono anche farmacie popolari e distributori
gratuiti di medicinali*”. Ce ne sono per esempio a Salonicco e ad
Atene. “Io stessa sono attiva in una struttura nell’ex aeroporto
Elleniko che ha dato cure già a diverse migliaia di persone” ha
detto
la Mitralia. Medici e infermieri volontari si alternano inoltre in
strutture mobili poste in parcheggi pubblici e visitano gratis,
distribuendo farmaci donati da privati.
Qualunque sia il settore, lo scopo, assicurano i promotori di queste
reti solidali,* non è distruggere il mercato tradizionale, anche se
**oggi in Grecia certamente**nessuno morirebbe per difendere
l’euro,** ma “metterlo in pausa” in attesa di tempi migliori. E
tutto questo, sottolineano, avviene a costo zero per lo Stato, che
già ha i suoi guai. *“Si tratta di una novità assoluta per la
Grecia e non solo - ha detto al New York Times
*Fiori Zafeiropoulou* esperta di impresa sociale e cooperazione -
Noi siamo abituati alla corruzione, all’incertezza del diritto, a
trattare con lo Stato come se ci dovesse fare un favore, ora qui sono
invece i cittadini che agiscono in prima persona”. Ora non vogliamo
mitizzare il popolo greco più di altri, non stiamo dicendo che
magicamente in qualche cittadina del Peloponneso stanno radunati i
più virtuosi uomini del pianeta. I greci non sono diversi dalle altre
popolazioni del mondo. Il messaggio importante dell’esperienza greca
è un altro. Le notizie “eurocentriche” che ci investono ogni
giorno rischiano di farci dimenticare come dietro a uno stato, o
meglio, davanti, c’è necessariamente un popolo, che *nella sua
ricerca di soluzioni* *si affida sempre più all’economia sociale,
al dono, al non profit* all’interno di unadecrescita
economica forzata, non certo felice, ma certamente utile e sensata.
*L'Europa forse dovrebbe porre più attenzione alle conseguenze di
politiche economiche pensate quasi sempre per salvare gli stati
**anziché i popoli*.
*/Alessandro Graziadei
/*
«Renzinomics», un tiepido liberismo tra i giganti dell’austerità
Pubblicato il 20 feb 2014
di Roberto Ciccarelli – il manifestoLe «piccole intese» a maggioranza variabile con le quali Matteo Renzi intende affrontare l’arduo percorso di un governo di legislatura fino al 2018 saranno costrette a trovare una «quadra» per trovare anche una sola idea per contrastare la disoccupazione giunta al 12,7% (quella giovanile è al 41,7%) destinata ad aumentare nel 2014. Il primo fronte è quello del Pd. La sinistra interna, al netto di Civati, ha presentato ieri un documento critico della «linea mercantilista nell’eurozona» e chiede di contrattare con l’Europa una deviazione temporanea del deficit strutturale dello 0,5% del Pil per tre anni. Un’impresa disperata, allo stato, visto che l’Ecofin e la Commissione Ue sono state chiare: l’Italia, già in predicato di superare il tetto fatale del 3% nel 2014, e a rischio di procedura d’infrazione, non può permetterselo.
Ieri la Corte dei Conti ha disegnato un altro scenario da incubo: il «credit crunch» continuerà nel 2014, le banche non presteranno denaro a famiglie e imprese. La domanda interna, come i consumi, non ripartiranno. Secondo la magistratura contabile ci sarà un buco nel gettito di 13,7 miliardi di euro tra il 2017 e il 2020. Il prossimo governo dovrà realizzare dunque manovre lacrime e sangue già dalla prossima legge di stabilità? Ci si è messo poi quell’uccello del malaugurio del centro studi di Confindustria: il debolissimo rialzo del Pil dello 0,1% nell’ultimo trimestre 2013 (con una perdita annuale dell’1,9%) è inferiore alle attese.
A fine anno la «crescita» potrebbe essere inferiore al dato da prefisso telefonico indicato anche dal Fondo Monetario Internazionale: +0,6%, mentre la disoccupazione aumenterà. Nell’ultimo trimestre dell’anno scorso sono stati persi altri 67 mila posti di lavoro. Questo il quadro di un’economia in recessione, sull’orlo della deflazione. Stando all’agenda dettata da Renzi, il governo inizierà ad affrontare il problema da marzo. Sul lavoro sono in ballo la sua proposta, poco meno di una bozza, quella di Maurizio Sacconi (Nuovo Centro destra) e quella di Pietro Ichino (Scelta Civica). Le ricette sono diverse e accomunate da un liberismo di fondo: meno garanzie in entrata, attraverso lo scambio tra un contratto a tutele crescenti per tre anni in cambio la sterilizzazione dell’articolo 18.
Lì dove non vige l’articolo 18, Renzi potrà accordarsi con gli alfaniani su un’ulteriore deregolamentazione del contratto a termine, estendendo la cosiddetta «acausalità» fino a 36 mesi. Questo significa che i «giovani» fino ai 29 anni, ma anche fino ai 35, potranno essere licenziati in cambio di un rimborso e, si dice, di un sussidio universale di due anni.
Con l’estensione, illegale rispetto alle norme europee, dell’«acausalità» dei contratti, le imprese useranno i contratti a termine (cioè i «mini-jobs» all’italiana) per tutte le assunzioni. Renzi ha anche il problema di accordarsi con Sacconi, portatore di istanze ultra-liberiste, e dovrà provare a moderarle.
Con il «salario minimo orario», ad esempio. Passi la suggestione di Obama, che l’ha aumentato da poco, ma questa misura non esiste in Italia e ha sempre incontrato l’ostilità dei sindacati per i quali essa vale nella contrattazione decentrata. Ovviamente non si parla di «reddito minimo», né di riforma della gestione separata dell’Inps che vessa gli autonomi e freelance. Sembra invece certa la riduzione del numero dei contratti precari, oggi 46, verso la prevalenza dell’apprendistato. Si prevede la riforma dei centri dell’impiego in un’agenzia unica. Su molti di questi punti esiste un sostanziale accordo con la minoranza interna al Pd che propone, tra l’altro, uno «Statuto del lavoro autonomo» e il rilancio delle politiche industriali. La riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro è legata alla spending review da 32 miliardi dell’ex Fmi Carlo Cottarelli. Un’altra incognita all’orizzonte.
martedì 18 febbraio 2014
Valeria Parella: Ora Tsipras, poi costruiamo la Syriza italiana
La scrittrice napoletana aderisce alla lista per le prossime elezioni europee: "Sono con Tsipras per salvare l�idea dell�Europa e costruirne un�altra dei cittadini e non della finanza, capace di recuperare i principi del Manifesto di Ventotene". E, convinta del successo, spera sia da apripista per la nascita in Italia di una sinistra d'alternativa forte, autonoma e non compromessa col Pd.
intervista a Valeria Parrella, di Giacomo Russo Spena
Ha il sorriso stampato in faccia. Entusiasta, �ce la faremo�. Valeria Parrella, nota scrittrice napoletana, aderisce con convinzione all�appello per la lista Tsipras: �Mi sento ateniese per cultura e civiltΰ. Come in antichitΰ la Grecia ci sta facendo da battistrada e Syriza θ un modello da seguire per ricostruire la sinistra anche in Italia�.
Quali sono i motivi che l�hanno spinta ad aderire?
Innanzitutto ringrazio il lavoro svolto finora da Barbara Spinelli e MicroMega, per le prossime elezioni si sta creando una lista della societΰ civile che vede i cittadini parte attiva nel processo di costruzione di una nuova Europa, piω solidale e con piω diritti e giustizia sociale. Di solito alle Europee ho sostenuto il partito a me piω congeniale in quel momento a livello nazionale, ora vi θ la reale possibilitΰ di votare un progetto. Una nuova architettura dell�Ue. Penso che con Tsipras si possa fortemente incidere.
C�θ voluto il �Papa straniero�?
Detesto in politica il leaderismo e il personalismo, una persona da sola non puς migliorare il destino di tutti. Io sono comunista e ho sempre votato in base ai programmi. Ma Tsipras rappresenta un progetto ed θ a capo di Syriza, che in 10 anni θ passata dal 3 per cento ad essere nei sondaggi il primo partito al 30. Arrestando, tra l�altro, l�avanzata dell�estrema destra la quale nei periodi di forte crisi economica e istituzionale trova storicamente terreno fertile.
Inoltre Syriza ha rappresentato una valida alternativa alle politiche di austerity, non trova?
Ovvio. L�enorme consenso θ dovuto a tale fattore. Tsipras rappresenta una terza via tra le forze che hanno costruito l�Europa della Troika e i movimenti euroscettici, come la Lega e il M5S. Bisogna salvare l�idea dell�Europa ma lavorare per costruirne un�altra capace di recuperare i principi del Manifesto di Ventotene. Un�Europa dei cittadini, non della finanza o di quei memorandum che hanno tartassato e distrutto, ad esempio, la Grecia. In Italia, non votando Pd, mi sono accostata a partiti come Sel, Sinistra Critica, il Partito Marxista Leninista, adesso con Tsipras credo sia differente ed θ possibile un grande successo.
La lista puς persino arrivare a doppia cifra?
Se lavoriamo bene, sμ. E inoltre un buon risultato a queste Europee avrebbe delle ricadute a livello nazionale.
Dice che potrebbe finalmente nascere un polo di sinistra vero autonomo dal Pd?
Giΰ esistono partiti veri alla sinistra del Pd. Il fatto che raccolgano pochi consensi e non entrino in Parlamento, causa sbarramento elettorale, non significa non siano veri.
Intendevo piω influenti e con maggior peso politico�
Syriza θ cresciuta in maniera esponenziale in questi anni di forte crisi perchι non θ scesa a compromessi coi socialisti del Pasok. Vorrei che la stessa cosa succedesse in Italia.
Dopo le Europee, auspica quindi la nascita di una Syriza italiana?
Proprio cosμ. L�obiettivo deve essere questo.
(16 febbraio 2014)
intervista a Valeria Parrella, di Giacomo Russo Spena
Ha il sorriso stampato in faccia. Entusiasta, �ce la faremo�. Valeria Parrella, nota scrittrice napoletana, aderisce con convinzione all�appello per la lista Tsipras: �Mi sento ateniese per cultura e civiltΰ. Come in antichitΰ la Grecia ci sta facendo da battistrada e Syriza θ un modello da seguire per ricostruire la sinistra anche in Italia�.
Quali sono i motivi che l�hanno spinta ad aderire?
Innanzitutto ringrazio il lavoro svolto finora da Barbara Spinelli e MicroMega, per le prossime elezioni si sta creando una lista della societΰ civile che vede i cittadini parte attiva nel processo di costruzione di una nuova Europa, piω solidale e con piω diritti e giustizia sociale. Di solito alle Europee ho sostenuto il partito a me piω congeniale in quel momento a livello nazionale, ora vi θ la reale possibilitΰ di votare un progetto. Una nuova architettura dell�Ue. Penso che con Tsipras si possa fortemente incidere.
C�θ voluto il �Papa straniero�?
Detesto in politica il leaderismo e il personalismo, una persona da sola non puς migliorare il destino di tutti. Io sono comunista e ho sempre votato in base ai programmi. Ma Tsipras rappresenta un progetto ed θ a capo di Syriza, che in 10 anni θ passata dal 3 per cento ad essere nei sondaggi il primo partito al 30. Arrestando, tra l�altro, l�avanzata dell�estrema destra la quale nei periodi di forte crisi economica e istituzionale trova storicamente terreno fertile.
Inoltre Syriza ha rappresentato una valida alternativa alle politiche di austerity, non trova?
Ovvio. L�enorme consenso θ dovuto a tale fattore. Tsipras rappresenta una terza via tra le forze che hanno costruito l�Europa della Troika e i movimenti euroscettici, come la Lega e il M5S. Bisogna salvare l�idea dell�Europa ma lavorare per costruirne un�altra capace di recuperare i principi del Manifesto di Ventotene. Un�Europa dei cittadini, non della finanza o di quei memorandum che hanno tartassato e distrutto, ad esempio, la Grecia. In Italia, non votando Pd, mi sono accostata a partiti come Sel, Sinistra Critica, il Partito Marxista Leninista, adesso con Tsipras credo sia differente ed θ possibile un grande successo.
La lista puς persino arrivare a doppia cifra?
Se lavoriamo bene, sμ. E inoltre un buon risultato a queste Europee avrebbe delle ricadute a livello nazionale.
Dice che potrebbe finalmente nascere un polo di sinistra vero autonomo dal Pd?
Giΰ esistono partiti veri alla sinistra del Pd. Il fatto che raccolgano pochi consensi e non entrino in Parlamento, causa sbarramento elettorale, non significa non siano veri.
Intendevo piω influenti e con maggior peso politico�
Syriza θ cresciuta in maniera esponenziale in questi anni di forte crisi perchι non θ scesa a compromessi coi socialisti del Pasok. Vorrei che la stessa cosa succedesse in Italia.
Dopo le Europee, auspica quindi la nascita di una Syriza italiana?
Proprio cosμ. L�obiettivo deve essere questo.
(16 febbraio 2014)
domenica 16 febbraio 2014
ASOR ROSA: SMARRITO? FORSE NON ABBASTANZA
domenica 16 febbraio 2014
di Patrizia Turchi e Franco Astengo
Alberto Asor Rosa ha analizzato ieri, sulle colonne del “Manifesto”, le vicende più
recenti della politica italiana, usando toni molto netti e duri al riguardo
della “resistibile ascesa” di Matteo Renzi.
In conclusione da un lato s’interroga: “Che c’entriamo noi
con l’arroganza e la stupidità del gruppo dirigente del PD?” e, dall’altra
esclama su di “un senso di smarrimento senza pari”, ma soprattutto un "non mi
sarei aspettato".
Non tutti però si sentono stupiti né smarriti (senza alcuna
pretesa di superiorità nella capacità d’analisi): su questo ci sentiamo di
rassicurare Alberto Asor Rosa. Né per quanto riguarda l'apoteosi distruttrice
dell'effetto primarie, così come l'analisi attorno ad un soggetto politico, qual
è il PD e al suo assetto nuovista.
Anzi la situazione in atto, che giudichiamo gravissima
anche dal punto di vista della salute della democrazia, ci conferma in alcune
opzioni di fondo già individuate da tempo.
Non ci riferiamo soltanto ai guasti provocati dal
processo di degrado della politica, esasperati in Italia dallo scioglimento dei
grandi partiti di massa e dall’avanzarsi dei fenomeni della personalizzazione e
della logica del maggioritario o del trasferimento di effettivo potere dalla
politica all’economia.
Ma ad un insieme che ha prodotto -del tutto logicamente- il
risultato di un approccio all’agire politico esclusivamente in funzione della
costruzione di gruppi dirigenti utili soltanto a stare dalla parte della
gestione capitalistica, perché essa possa conseguire l’obiettivo del
rafforzamento dei grandi potentati, dell’impoverimento generale, dello
svilimento culturale.
Risultato realizzatosi grazie anche ad una massiccia
campagna ad hoc, anche mass-mediatica, sul tema della governabilità e
dell'idiozia popolarmente attecchita della certezza del "chi governa già la sera
dell'esito elettorale".
Al contrario di Asor Rosa non siamo smarriti perché ci
siamo resi conto che l’abbandono dei principi fondamentali dell’analisi e della
storia della sinistra avrebbe contribuito a provocare questo disastro.
Non siamo stupiti perché non abbiamo coltivato il sogno di
ricostruire un improbabile centro- sinistra da parte di forze politiche interne
alla logica liberista, alla sopraffazione della Costituzione, all’imitazione –
neppure troppo ben riuscita – dei modelli dell’avversario.
L’assenza di autonomia teorica e politica da parte dei
residui di ciò che era la sinistra italiana ci è parsa ben evidente, da tempo,
così com’è apparsa evidente la tendenza a costruire una vera e propria stretta
autoritaria che già oggi sta entrando in una fase d’inasprimento della quale già
si vedono intenzioni ed effetti come nel caso del progetto di legge elettorale
“Berlusconi/Renzi” e dell’assunzione, in concreto, di una sorta di “vocazione
presidenzialista” da parte di Giorgio Napolitano.
Limitandoci, dal punto di vista delle nostre affermazioni,
alla superficie dell’ “involucro politico”.
Non siamo smarriti, ma preoccupati per l’isolamento in cui
si trovano i tratti più importanti delle insorgenze sociali pur presenti nel
nostro Paese e nella pressoché totale di consapevolezza dell’assenza - esiziale
– di soggettività politica alternativa, di opposizione, anticapitalista.
Inseguire le chimere di un riformismo senza riforme, di
partiti senza militanza, di primarie/spettacolo pericolose per la stessa qualità
della vita democratica, di costruzione di schieramenti inesistenti come i
“governi di cambiamento” e i “nuovi centro-sinistra”: questo ha -volutamente-
provocato smarrimento.
Ci sentiamo totalmente fuori da questo quadro di stupore,
perché sappiamo che la contraddizione agente è sempre quella di classe, che
stiamo vivendo una fase di effettiva limitazione delle libertà democratiche, che
occorre ricercare la via della ricostruzione di una sinistra comunista,
anticapitalista, alternativa sul piano del sistema.
Ad Asor Rosa chiediamo una maggiore riflessione sul proprio
stupore fruendone degli esiti, perché l'età (e dunque l'autorevolezza) e la sua
importante carriera politico/culturale (il prestigio) aiutino i tanti innamorati
della "lista per Tsipras" a non aggiungere altro stupore e smarrimento (sempre
che non si aggiunga anche l'ennesima sconfitta cocente).
Lista Tsipras per la quale -ad esempio- è in queste ore in
atto una kermesse modello "primarie de noantri", via web ... tanto per non
dimenticare che tra la teoria politica invocata e la pratica dovrebbe esserci
sempre connessione stretta.
Perché, diciamolo chiaramente, a leggere gli articoli di
Micro-Mega sul tema europeo sembra che davvero si sia persa la bussola, poiché
manca del tutto (parafrasando Asor Rosa) l'analisi, l'analisi, l'analisi.
L'unica che ci salva e che evita di portare le persone
-come pecore "smarrite", verso l'ennesimo burrone.
Analisi e proposta conseguente: per questi buoni motivi
vale l’impegno e non lo smarrimento
«Una scossa per la democrazia» Intervista a Gustavo Zagrebelsky – Jacopo Rosatelli (Il Manifesto)
«Siamo in un momento cruciale. Ciascuno dia il contributo che è nelle sue possibilità». Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte costituzionale, giurista e intellettuale di fama, guarda con molto interesse all’iniziativa che fa capo ad Alexis Tsipras, in vista delle prossime elezioni europee: «C’è bisogno di un sussulto di consapevolezza. E c’è poco tempo: dedichiamolo a spiegare perché l’Europa ha bisogno di una scossa e a chiarirne i contenuti da presentare agli elettori».
Professore, lei sostiene che questa scossa può venire soltanto da un’affermazione del progetto che incarna il 39enne leader della sinistra greca. Perché?
Prescindiamo un momento dai nomi, guardiamo prima al quadro d’insieme. Alle elezioni di maggio si affronteranno due mastodonti: da una parte, gli antieuropeisti, che sono tali in nome della reazione all’Europa della finanza che sta influendo pesantemente sulle libertà democratiche dei Paesi in difficoltà; dall’altra, l’Europa degli interessi della finanza incarnati dagli Stati forti che impongono la loro legge ai deboli. I primi vogliono il ritorno alle sovranità chiuse, al nazionalismo. Gli altri vogliono il mantenimento dello status quo. Di fronte a questi due giganti, c’è una terza possibilità, rappresentata dall’iniziativa di Tsipras: è il recupero dell’idea di Europa dei padri fondatori, che pensavano che l’integrazione economica fosse solo il primo passo verso una piena integrazione politica. Inoltre, essendo un leader greco, la figura di Tsipras ha anche un aspetto simbolico, sia perché lì stanno le origini della nostra civiltà, sia per la situazione in cui attualmente versa quel Paese: non so se ci rendiamo conto che qualche mese fa ha chiuso l’Università di Atene.
Lei esclude, dunque, che un simile ruolo di rottura possano giocarlo i socialisti guidati dal tedesco Martin Schulz…
Non lo escludo affatto. Temo, però, che se si confronteranno le due forze di cui dicevo — nazionalisti e «mercatisti» — alla fine la socialdemocrazia farà blocco con i conservatori, nella logica delle larghe intese, per far fronte al nemico comune. Sarebbe la paralisi. So bene che quest’iniziativa della lista Tsipras è accusata di essere l’ennesimo tentativo minoritario, settario, che fa il gioco di altri… Ma ormai non se ne può più di questo modo di ragionare. Penso che la questione Europa non si esaurisca nell’allentamento del vincolo del 3% deficit/pil o simili: c’è ben altro in gioco. Intendiamoci: mettere in discussione i rigidi vincoli finanziari, come dicono di voler fare i socialisti, è propedeutico alle necessarie politiche di sviluppo, ma è pur sempre un aggiustamento all’interno della logica che attualmente regge l’Ue. Noi vogliamo riappropriarci dell’idea dei padri fondatori, che non si limitava alla dimensione mercantile, ma mirava a un’idea politico-culturale: l’Europa come punto di riferimento per il mondo, basato sulle sue acquisizioni civili e sociali. E se ciò potesse esistere, sarebbe anche un elemento d’equilibrio nei rapporti internazionali: una dimensione totalmente estranea all’Ue di oggi, che non gioca alcun ruolo nella scena mondiale e che non fa nulla affinché, ad esempio, i diritti sociali siano riconosciuti anche nei Paesi di nuova industrializzazione. Ma per farlo, dovrebbe prima esistere come entità politica: per me, la lista Tsipras, scontrandosi con gli interessi delle nazionalità chiuse e con quelli dei mercati globali de-regolati, è un progetto che ha come primo obbiettivo costruire l’Europa come autentico spazio politico democratico. Siamo persino ancora «al di qua» di una divisione fra destra e sinistra.
Anche lei condivide, come i promotori dell’appello per la lista Tsipras, la necessità di cambiare i trattati, magari attraverso un processo costituente. Sbaglio?
No, non sbaglia. Questo è ciò che dicono giustamente il movimento federalista e, in generale, tutti gli europeisti più avvertiti. Siamo in un momento in cui o si pone seriamente il tema della democratizzazione delle istituzioni europee o andremo incontro a un progressivo deperimento dell’idea di Europa unita».
A proposito del processo costituente non sarebbe come fare una costituzione senza popolo, senza un demos europeo…
Anche secondo me non si può fare una costituzione senza un popolo europeo, che attualmente ancora non c’è. Ma ciò non significa che abbiano ragione coloro che sostengono l’ipotesi «funzionalista». Senza un popolo, c’è solo l’oligarchia. Senza democrazia, c’è solo la tecnocrazia. Non può reggere l’Ue senza una sorta di «patriottismo» europeo, legato alla nostra consapevolezza orgogliosa di quella parte della storia dell’Europa che ha generato tolleranza, diritti civili e sociali, uguale dignità degli esseri umani, amore per scienze e arte, protezione per i deboli, rifiuto di quel darwinismo sociale che, sotto forma di iperliberismo, sta invadendo il mondo. Una storia fatta anche dalle sue culture politiche: illuminismo, socialismo e solidarismo cristiano. Oggi, purtroppo, c’è un impedimento oggettivo alla possibilità di una costituzione europea: l’indisponibilità alla solidarietà fra Paesi. E se non c’è disponibilità dei forti a condividere la fragilità dei deboli, non c’è costituzione che tenga.
Pensa che la Carta dei diritti fondamentali di Nizza sia una leva per aprire delle contraddizioni all’interno del diritto comunitario vigente?
Quella Carta doveva essere la base di tutto, perché fondava la cittadinanza europea. È stata criticata per essere sbilanciata sul piano dei diritti individuali rispetto a quelli sociali, ma il problema è che non è mai entrata davvero nel «sangue» che circola nella Ue: è vigente, ma è anche effettiva? Decisamente più «viva» è la Convenzione europea dei diritti umani, quella su cui vigila la Corte di Strasburgo. Va detto, tuttavia, che il terreno puramente giuridico è importante, ma non è quello determinante: di fronte alla bufera finanziaria, il mondo del diritto non può fare molto. Ha bisogno di essere alimentato dal basso, dalla partecipazione, dal fatto che «si avverta» che le carte e le corti hanno un ruolo. In ogni caso, bisogna certamente insistere sul fatto che una realtà come la troika (Commissione, Bce e Fondo monetario, ndr) non ha alcun fondamento giuridico: in base a cosa vanno a controllare i conti dei Paesi come la Grecia? Non c’è né legittimità né legalità. Eppure, i suoi controlli e responsi contabili contano molto di più dell’Europarlamento, e possono addirittura aprire la strada al fallimento degli stati. Un tema, quello del fallimento, su cui occorre porre molto di più l’attenzione.
In che senso?
Fino a qualche tempo fa, l’accostamento stato-fallimento sarebbe apparso un’aberrazione: lo Stato non poteva fallire. Se oggi non respingiamo questo accostamento è perché accettiamo senza accorgercene la degradazione dello Stato a società commerciale. Ma non può essere così, è una contraddizione in termini: lo Stato è un’altra cosa. Noi non possiamo partecipare a un’istituzione come la Ue se essa prevede, tra i suoi strumenti, il fallimento dei suoi membri: uno strumento capace di annullarne le istituzioni democratiche. Da costituzionalista, osservo che l’adesione dell’Italia alla Ue si fonda sull’art.11 della nostra Costituzione, che dice che si può limitare la sovranità a favore di istituzioni sovranazionali, ma a condizione che esse servano la pace e la giustizia tra i popoli. Se servono non a questi, ma ad altri scopi, che si fa? Diciamo: con la lista Tsipras ci si impegna per sconfiggere i due mastodonti di cui dicevo prima, essendo aperti a ogni possibile collaborazione per una Europa di pace e di giustizia.
C’è chi ha criticato l’idea di questa lista perché sarebbe ostile ai partiti, quasi il frutto di una sorta di grillismo da intellettuali. Come risponde?
Io credo al ruolo insostituibile dei partiti, e penso che la politica — come insegna Max Weber — debba essere anche una professione. Se ci guardiamo attorno, però, dobbiamo dire che in Italia non sempre ciò che si chiama «partito politico», è davvero «politico». Abbiamo idea di che cosa deve essere la politica? Dietro la lista Tsipras, per come la vedo io, c’è invece un’idea pienamente politica di organizzazione di bisogni, interessi e prospettive: mi auguro che questa esperienza possa servire a motivare una parte di elettorato che non va più a votare, sceglie il Movimento 5Stelle o è delusa del partito cui finora ha dato il suo voto. Una parte sempre più grande di popolazione, che — non credo ci sia nemmeno bisogno di dirlo — è composta di molte persone di valore, di una parte buona di società
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