Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 4 dicembre 2010

Intervista a Domenico Losurdo.



di a cura di Sara Milazzo
su l'Ernesto Online del 24/11/2010
Siamo ad Urbino, con il professor Domenico Losurdo, ordinario di storia della filosofia presso l’università “Carlo Bo” di Urbino, filosofo di fama internazionale e presidente dell’associazione Marx XXI. Ci ha gentilmente concesso il suo tempo perché è fondamentale conoscere il punto di vista di un intellettuale in questo momento di congiuntura in cui siamo di fronte ad un attacco del capitale (contro l'intero mondo del lavoro, contro la democrazia, contro la Costituzione nata dalla Resistenza) che è tra i più alti e pericolosi dell'intera nostra storia repubblicana.
Di fronte a tale attacco si distende un deserto, l'assenza di un'opposizione di classe e di massa che possa in qualche modo respingere l'offensiva della reazione e rilanciare una controffensiva.
Quello che io le chiedo è : come è accaduto tutto questo? Cosa manca, come ricostruire una diga, una resistenza, un contrattacco?
D. Losurdo: Possiamo fare una distinzione tra due problemi che accompagnano la storia della Repubblica in tutto il suo arco. Il primo problema è la sperequazione tra nord e sud: già Togliatti ha sottolineato che la «questione meridionale» è una questione nazionale e oggi stiamo vedendo come la mancata soluzione del sottosviluppo nel Sud rischia di mettere in pericolo l’unità nazionale.

Appello da firmare.


Fonte: Partigiana
La crisi economica globale ha catapultato nella povertà e nella disoccupazione oltre 100 milioni di persone, e sta mettendo in serio pericolo il progresso su tutto ciò che ci sta a cuore, inclusa la lotta al cambiamento climatico. Questa settimana, però, potremmo capovolgere la distruzione economica in corso.

In questi giorni Nicolas Sarkozy, neoPresidente del G20, il gruppo dei paesi più ricchi del mondo, sta decidendo l'agenda globale. Alcuni fra i più importanti economisti hanno chiesto al G20 di lanciare un piano coordinato d'investimento globale che potrebbe salvare milioni di persone dalla povertà estrema. Ma i governi stanno facendo l'esatto opposto: agiscono individualmente, fanno tagli drastici, e si attribuiscono la colpa della recessione a vicenda.

venerdì 3 dicembre 2010

Το σκιάχτρο...


του Δημήτρη Μυ Fonte: To pontiki
Το (ελληνικό) χρέος είναι μια οικονομική πραγματικότητα (ή πρακτική αν προτιμάτε) την οποία οι πιστωτές (αγορές) αξιοποιούν για να κατασπαράξουν τον οφειλέτη εξ ολοκλήρου.

Οι πιστωτές δεν γυρεύουν απλώς χρήμα. Αυτό το έχουν εισπράξει διπλό και τρίδιπλο με τα τοκογλυφικά επιτόκια. Αυτό που επιζητούν είναι αυτό ακριβώς που έχει αναλάβει να φέρει σε πέρας η ελληνική κυβέρνηση με τις περιβόητες διαρθρωτικές αλλαγές.
Ο όρος διαρθρωτικές αλλαγές είναι ένα πακέτο που έχει από τη δεκαετία του 1980 επεξεργαστεί το Διεθνές Νομισματικό Ταμείο και το «προσφέρει» σε όποια κυβέρνηση προσφύγει στις ... υπηρεσίες του.

Assemblea di Lettere Occupata. Lettera aperta a Berlusconi.

Caro Presidente del Consiglio,
le scriviamo perché sentiamo l’esigenza e il dovere, da studenti e da cittadini, di spiegare cosa è accaduto ieri.
Ci concederà, spero, questa premessa:molti studenti presenti alla manifestazione non solo non hanno mai messo piede in un centro sociale ma possiedono anche un’ottima media; potremmo presentarle più di un libretto, ma non lo faremo perché noi sappiamo chi siamo e questo è sufficiente.
Ma torniamo al fine di questa lettera e lo facciamo con una domanda che lei tante volte si sarà posto:perché queste persone - studenti, lavoratori, artisti, ecc - manifestano?
In genere la risposta è che le rivolte sono rivolte di “pancia”, di fame, dovute alla crisi economica globale. Certamente.

La politica prevalente dei nostri tempi, premiare i colpevoli e punire gli innocenti.



Dopo un breve periodo di destabilizzazione, auto giustificazione e occasionali mea culpa, gli stessi uomini e le stesse istituzioni che hanno precipitato il mondo nella crisi sono riemersi sani e salvi come fonte della verità e di ogni politica ragionevole.

Ricordate come le dottrine dell’onniscienza, infallibilità e autoregolazione dei mercati e dei pericolo dell’ingerenza statale nell’industria finanziaria si sono improvvisamente rivelate dei miti ingannevoli?
Come i banchieri di investimento hanno smesso di dire in giro come si guadagnavano da vivere?
Come la rabbia del pubblico contro i giganteschi salvataggi e bonus sembrasse per un momento pronta ad esplodere in direzioni imprevedibili?
Il pubblico aveva ragione. Grazie a due funzionari della Bank of England sappiamo che per la fine del 2009 i governi europeo, inglese e americano avevano regalato più di 14 trilioni di dollari (14.000.000.000.000 di dollari) alle banche in una varietà di pacchetti di sostegno. Nel caso dell’Inghilterra e degli Stati Uniti questa prodigalità riversata su istituzioni finanziarie spericolate e irresponsabili è stata pari a tre quarti del loro PIL.

giovedì 2 dicembre 2010

Wikileaks e America Latina, un primo bilancio.


di Gennaro Carotenuto - Fonte: Giornalismo partecipativo

E’ impressionante leggere come nel giugno 2009 l’ambasciatore statunitense in Honduras considerasse “totalmente illegittimo” in privato il golpe che in pubblico difendeva a spada tratta. Colpisce leggere che si chieda un rapporto sulla salute mentale di un presidente, quella argentina, colpevole di resistere a lusinghe lobbystiche. Nella difficoltà di poter già scandagliare direttamente l’archivio di Wikileaks, ancora largamente indisponibile, si possono solo fare dei bilanci parziali su cosa sia contenuto nei documenti "declassificati" rispetto all’America latina.

Tuttavia molto di importante e contestuale viene già fuori, a partire da quel punto dolente che è la chiara prosecuzione, anche durante il governo di Barack Obama, di una doppia morale da guerra fredda per quanto concerne il golpe in Honduras del giugno 2009 o del riflesso condizionato, nei casi argentino, venezuelano, boliviano ci sono già i primi documenti, di chi non ha ancora elaborato il lutto per la fine del “Washington consensus” e che ritiene che i dirigenti politici che non rispondono alle logiche e agli interessi statunitensi siano “pazzi”.

SLAVOJ ZIZEK: Emergenza permanente.


di SLAVOJ ZIZEK - Fonte: Informarexresistere.
Durante le proteste scoppiate quest’anno contro le misure di austerità nella zona euro (in Grecia e, in misura minore, in Irlanda, Italia e Spagna), abbiamo visto imporsi due versioni.

Quella dell’establishment propone una visione “naturale” e depoliticizzata della crisi.
Le misure di regolamentazione sono presentate non come decisioni fondate su scelte politiche, ma come imperativi dettati da una logica finanziaria neutra: se vogliamo stabilizzare le nostre economie, dobbiamo ingoiare il boccone amaro.
L’altra versione – quella dei lavoratori, degli studenti e dei pensionati – presenta le misure di austerità come l’ennesimo tentativo da parte del capitale finanziario internazionale di smantellare ciò che resta dello stato sociale.

Per i primi, il Fondo monetario internazionale è un custode neutrale della disciplina e dell’ordine; per gli altri, è l’oppressivo agente del capitale globale.
Versioni discordanti Anche se ogni versione racchiude un pizzico di verità, entrambe sono fondamentalmente false.
Quella dell’establishment europeo passa sotto silenzio i motivi per cui gli enormi deficit si sono accumulati: i numerosi salvataggi di aziende del settore finanziario e il calo delle entrate dei governi durante la recessione.

Monicelli: Ci vorrebbe un’altra rivoluzione. Ma chi potrebbe farla?


Fonte: Micromega
Il primo regista con il quale ho lavorato era un cecoslovacco, si chiamava Machaty´.
Era il 1934. L’anno prima aveva vinto a Venezia con un film «scandalo»: Ecstasy. A dire la verità non si trattava di una grande pellicola, ma fece molto scalpore perché conteneva la prima scena di nudo della storia del cinema. L’attrice in questione, Dorothy Lamarr, veniva immortalata mentre passeggiava senza veli per i boschi della Boemia.
L’effetto sul pubblico fu tale che il film ebbe la Coppa Mussolini e il regista fu chiamato a Hollywood. Proprio quando era in procinto di trasferirsi negli Stati Uniti dalla Cecoslovacchia, il nostro ministero della Cultura popolare – il famigerato Minculpop – intercettò Machaty´ e gli chiese di fare un film in Italia. Lui era qui con tutta la sua piccola troupe composta dalla prima attrice, un assistente, un montatore, un direttore delle luci… cinque o sei persone in tutto. Girarono un film che si intitolava Ballerine.

mercoledì 1 dicembre 2010

In memoria di un rivoluzionario.


- Liberazione mercoledì 1 dicembre 2010

di Paolo Ferrero
Mario Monicelli ha deciso di non essere più in mezzo a noi. Attraverso il cinema questo esile e grande uomo, con dignità e senso dell’umorismo, si è battuto sempre per la giustizia e l’uguaglianza. Ha parlato di guerra, di amicizia, di comunismo, di storia, di femminismo, e ancora pochi mesi fa di “rivoluzione”. Il suo sguardo è sempre stato quello degli umili, di chi combatte.
Per questo non bisogna essere particolarmente colti o appassionati di cinema per amare questo grande regista. La rassegnazione di Capannelle che si mette a mangiare pasta e ceci dopo aver sbagliato a fare il buco nel muro, ne I soliti ignoti, ce la ricordiamo tutti. Così come tutti ci ricordiamo della simpatia e della forza vitale di Monica Vitti, ne La ragazza con la pistola. O della disperazione di Alberto Sordi quando, in Un borghese piccolo piccolo, vede morire il figlio a causa di una rapina.

Il capitalismo è morto.


di Paolo Giussani - Fonte: Sinistrainrete
Capitalism is dead but we still dance with the corpse.
Joe Bageant
1.Anche se la crisi esplosa tre anni fa è solo una manifestazione acuta di una patologia cronica crescente iniziatasi con la fine del boom postbellico negli anni ’70, segna comunque uno spartiacque fra due fasi distinte perché è la prima manifestazione di un crollo generalizzato. Senza il fenomenale intervento pubblico cui abbiamo assistito e continuiamo ad assistere, ora il capitalismo mondiale comincerebbe già a essere un ricordo.
2.Negli anni ’70 la diminuzione del saggio del profitto che ha accompagnato tutta la grande espansione del dopoguerra produce i suoi effetti attraverso una serie di recessioni mondiali. Da questo momento l’accumulazione comincia a procedere in maniera perturbata, seguendo un percorso tendenzialmente declinante e molto oscillante. Le difficoltà in cui finiscono molti settori e aziende e la formazione di vasti capitali liquidi inattivi unite al basso livello dei valori azionari provocano un enorme movimento di fusioni e concentrazioni che fa scattare in alto gli indici di borsa, e di qui, verso l’inizio degli anni ’80, prende il via il grande movimento di spostamento del capitale monetario dalla sfera produttiva a quella speculativa. Una volta create le premesse, un boom speculativo, ovvero la tendenza a trasferire verso la sfera speculativa i capitali monetari generati nella sfera produttiva, è praticamente automatico e non si inverte spontaneamente, essendo tanto un eccellente antagonista della diminuzione del saggio del profitto quanto il tipo di accumulazione e crescita che corrisponde meglio alla struttura della società per azioni.

martedì 30 novembre 2010

NanoWikileaks.


di Marco Travaglio. - Fonte -
Buongiorno a tutti, è una grande giornata questa per l’informazione perché grazie a Wikileaks si allontana il modello della politica schizofrenica e anche della politica bugiarda che dice pubblicamente una cosa e privatamente il suo contrario.

Una nuova diplomazia mondiale
D’ora in avanti quali che siano le conseguenze di questa ondata interminabile che durerà per mesi, pubblicazione di rapporti più o meno riservati delle diplomazie occidentali, sicuramente chiunque faccia politica nei vari stati e nei rapporti internazionali, dovrà sapere e saprà che ciò che dice in pubblico, potrà essere smentito immediatamente da ciò che magari ha detto in privato lo stesso giorno o il giorno prima perché nelle diplomazie c’è sempre la possibilità di una talpa che in un nanosecondo invia qualche file a questo sito e a altri che magari sorgeranno per emulazione.

Raffaele Simone: “Perchè l’Europa si schiera a destra”


Fonte: Italiadallestero - Articolo di , pubblicato domenica 12 settembre 2010 in Francia. [Le Monde]
Come spiegare il crollo della sinistra europea, proprio quando il continente subisce i contraccolpi della crisi finanziaria nata dagli eccessi del liberalismo ?

Il saggio dell’italiano Raffaele Simone Il Mostro Mite. Perchè l’Occidente non va a sinistra, finalmente pubblicato anche in Francia da Gallimard, ci aiuta a capire.
Linguista di fama internazionale, filosofo simpatizzante della sinistra, Raffaele Simone ha pubblicato in Italia diverse opere ed articoli di critica, fra cui ricordiamo Il Paese del Pressappoco, Garzanti Libri 2005.
La sua analisi è severa. Secondo lui, la sinistra non è più portatrice di un grande progetto “all’altezza del (suo) tempo”. Al contrario, la nuova destra prevale perché ha capito la nostra epoca consumistica, individualista, frenetica e mediatica, e sa mostrarsi pragmatica e senza ideologia. Questa destra pigliatutto si è alleata agli imprenditori ed ai signori dei media per promuovere una società basata sul divertimento e sulla difesa degli interessi a breve termine, promettendo, allo stesso tempo, la sicurezza e la lotta all’immigrazione. Un progetto che Raffaele Simone definisce “il mostro mite”.

Vieni via con me ...


Uno scrittore fornisce la sua visione della scuola italiana: l’elenco del peggio e del meglio della scuola letto da Domenico Starnone.

1. La scuola peggiore è quella che si limita a individuare capacità e meriti evidenti. La scuola migliore è quella che scopre capacità e meriti lì dove sembrava che non ce ne fossero.
2. La scuola peggiore è quella che esclama: meno male, ne abbiamo bocciati sette, finalmente abbiamo una bella classetta. La scuola migliore è quella che dice: che bella classe, non ne abbiamo perso nemmeno uno.

3. La scuola peggiore è quella che dice: qui si parla solo se interrogati. La scuola migliore è quella che dice: qui si impara a fare domande.

4. La scuola peggiore è quella che dice: c’è chi è nato per zappare e c’è chi è nato per studiare. La scuola migliore è quella che dimostra: questo è un concetto veramente stupido.

lunedì 29 novembre 2010

Guglielmo Forges Davanzati: La spirale perversa delle delocalizzazioni.


Fonte: Controlacrisi
I commenti critici alle recenti dichiarazioni dell’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, in ordine alla scarsa redditività degli stabilimenti Fiat in Italia e alla conseguente necessità delle delocalizzazioni, si sono - per lo più - concentrati sulle capacità gestionali del management dell’azienda e sulla censurabilità di quelle dichiarazioni alla luce dei cospicui finanziamenti pubblici ricevuti in passato da Fiat.

Si tratta di rilievi condivisibili che, tuttavia, sembrano non tener conto di una considerazione che prescinde dal singolo caso e che può porsi nei seguenti termini: l’accelerazione dei processi di delocalizzazione industriale conferma che il capitalismo contemporaneo è sempre più caratterizzato dalla piena sovranità della grande impresa. Una piena sovranità che si manifesta anche mediante il potere che essa esercita sulle scelte di politica economica e, in particolare, di politica del lavoro[1]. Sono in molti a ritenere che gli assetti istituzionali e decisionali ereditati dal Novecento siano oggi inadeguati e che le norme giuridiche debbano adeguarsi alle ‘nuove’ esigenze di competizione delle imprese nell’economia globale. A ben vedere, si tratta di una opzione ideologica; d’altronde, non sempre ciò che è nuovo è necessariamente meglio di ciò che lo ha preceduto[2].

Schematicamente, le scelte di delocalizzazione vengono ricondotte a due ordini di fattori.

domenica 28 novembre 2010

Wikileaks e il dossier Italia-USA.


di Beppe Grillo - Fonte: il suo Blog


In queste ore il governo italiano teme la fuga di notizie presenti in rapporti segreti dell'amministrazione americana che saranno divulgate da Wikileaks.
Gli Stati Uniti, che devono per forza conoscere i contenuti, hanno avvertito l'Italia dei danni che deriveranno all'immagine internazionale del nostro Paese. Le rivelazioni devono essere molto gravi per sputtanare l'Italia più di adesso.

Attendiamo fiduciosi che dagli archivi si sappia che Fini è un uomo degli americani e De Benedetti pure, che Berlusconi ha stretto accordi anche personali con Putin e Gheddafi, che il Nigergate, con la bufala delle armi di distruzioni di massa in Iraq, fu un parto dei governi italiano e americano, che il coraggio della D'Addario, sola contro l'uomo più potente d'Italia, le venga da un protettore più potente di un semplice magnaccia, che il sostegno ai gasdotti russo South Stream e libico Greenstream costerà il posto a Berlusconi, che gli americani sanno in tempo reale, tramite i loro servizi, quello che avviene in Consiglio dei ministri, che la guerra in Iraq servì solo agli interessi petroliferi americani e dell'ENI, che la Seconda Repubblica è ormai finita e le potenze internazionali, con gli Stati Uniti in prima fila, stanno muovendo le loro pedine sullo scacchiere della penisola come fecero nel 1992, che le mafie saranno ripagate per l'eventuale lavoro sporco, che la massoneria sta scegliendo i sempreverdi uomini nuovi.

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