fonte
Possibile che il mare, la bellezza della natura e la storia che si respira in migliaia di siti archeologici sparsi lungo i 15 mila chilometri di coste ancora poco cementificate della Grecia possano diventare proprietà privata di pochi? Pare di sì! Negli scorsi mesi nell’arcipelago greco delle Ioniche, tutto il braccio nord-sud dell’isola di Meganisi è stato venduto a uno dei maggiori banchieri americani per costruire ville e villaggi. Skorpio è stata comprata per 100 anni da un russo come le isole a nord di Itaca e in questo caso “sul fondo” pare ci sia anche il petrolio. Lo sceicco Hamad bin Khalifa Al-Thani, dopo il recente acquisto dell’isolotto greco di Oxia, nel Mare Ionio, sta pensando di acquistare altre sette isole situate nell’arcipelago delle Echinadi, sempre nello Ionio. Ma non basta. La crisi non molla, la Troika preme e allora l’Ente ellenico per la valorizzazione delle proprietà dello Stato (Taiped) mette in vendita altre 110 spiagge e per renderle ancora più appetibili il Governo greco sta varando una legge che permetterà di costruire direttamente in vicinanza del mare quando non addirittura dentro il mare.
Un autentico furto di beni comuni alla luce del sole orchestrato dal Taiped, un ente creato dallo Stato greco (su consiglio della Troika) incaricato di “valorizzare” o meglio monetizzare i beni pubblici e gestire le vendite di spiagge, isole, siti archeologici e lotti di terreno in generale, nel quadro del maxi piano di privatizzazioni lanciato per rimborsare i 240 miliardi di euro di prestiti accordati dal 2011 al Paese, stremato dalle misure di austerità imposte dai creditori internazionali. Misure che hanno consentito al governo di centrodestra di Antonis Samaras di riprendere le redini delle finanze greche con il ritorno sui mercati internazionali dopo quattro anni di esilio grazie a un surplus di bilancio dello 0,8% del Pil. Ma a che costo? Questo: l’Argolida e in generale tutto il Peloponneso sono stati presi particolarmente di mira e tra gli ultimi paradisi messi in vendita ci sono finite adesso anche alcune delle più belle spiagge del Mediterraneo, come per esempio Aghios Prokopios sull’isola di Naxos e 175 acri delle spiagge gemelle di Sarakiniko e Simos sull’isola di Elafonisos (Isola dei cervi), venti chilometri quadrati situati a 300 metri dalla costa meridionale del Peloponneso e abitati da circa 1.500 persone.
Lo scorso anno, il quotidiano britannico The Guardian mise Elafonisos al primo posto in una lista delle 10 migliori isole con le più belle spiagge della Grecia, mentre la rivista tedesca Geo-Saison ha definito l’isola “un paradiso sulla terra” eppure le parole d’ordine dell’Ente greco pare siano chiare: “Bisogna vendere queste terre – ha detto un dipendente del Taiped a GreekReporter – dite alla Russia e al Qatar di fare in fretta!” perché “Siamo come una casalinga in bancarotta che è costretta a vendere il suo argento per salvare la propria famiglia” ha drammaticamente sintetizzato una sua collega. Ma i residenti e varie organizzazioni ambientaliste greche e internazionali protestano contro la vendita di una parte di questa bellissima isola sostenendo che l’area è sotto la protezione del programma europeo Natura 2000 a causa delle numerose specie vegetali endemiche esistenti sulle spiagge dell’isola e in tutta Elafonisos. Abitanti ed ecologisti ritengono inoltre che lo sfruttamento turistico incontrollato dell’isola non violerebbe soltanto ecosistema e tradizioni, ma finirebbe per danneggiare la stessa economia locale. “Fino ad oggi, infatti, abitazioni, attività e piccole strutture ricettive si concentravano nell’area del porto, lasciando intatto il fascino vergine dell’Isola, ma se si moltiplicassero residenze private e grandi hotel su queste spiagge che abbiamo voluto mantenere selvagge – ha spiegato il sindaco di Elafonisos Panagiotis Psaromatis in una lettera inviata al presidente del Taiped e al ministro delle Finanze greco, Yiannis Stournaras – i visitatori sarebbero i primi a fuggire […]. Per questo continueremo a proteggere, con tutti i mezzi a nostra disposizione, il nostro unico e fragile ambiente naturale”.
A sostegno della comunità locale di Elafonissos lo scorso 24 giugno è avvenuta anche la prima occupazione pacifica e simbolica dell’isola. A dire no alla vendita delle isole e delle spiagge esponendo un grande striscione con la scritta: This Island Is Ours è stata Mediterranea un ketch armato a cutter di 60 piedi con il suo equipaggio capitanato da Simone Perotti (l’autore tra gli altri di Adesso Basta e Uffico di Scollocamento) salpati lo scorso 17 maggio da S. Benedetto del Tronto per dare vita ad un progetto nautico, culturale, scientifico, di relazione tra i popoli del Mediterraneo lungo 5 anni. Con questa azione dimostrativa Progetto Mediterranea intende sostenere la campagna “Protect the Greek coastline” per il boicottaggio delle spiagge a pagamento e per la tutela del mare come bene comune e ha deciso di ospitare sul suo sito anche la petizione on line di Maria Peteinaki, architetto, co-portavoce del partito dei verdi ecologisti in Grecia, fondatrice di Alternative Tours Athens, animatrice del Falafel Networ, promotrice del movimento degli orti urbani e in questo momento impegnata nel far conoscere la battaglia delle comunità greche nella difesa del proprio patrimonio naturale e culturale.
Nella lista del Taiped, infatti, oltre alle spiagge da sogno ci sono anche siti archeologici di rilevante valore, come il castello di Akronafplia, situato nella parte più storica e panoramica della città di Nafplio. Si tratta di una grossa area archeologica nelle cui antiche mura si possono riconoscere le varie epoche della storia a partire dalle ciclopiche costruzioni micenee, per passare al medioevo e all’intervento che rimane tutt’ora il più visibile, quello che durante l’occupazione veneziana trasformo questo vecchio insediamento in una fortezza. Tutt’attorno spiagge destinate ad essere vendute per far spazio a costruzioni turistiche private che, organizzate in enormi aree con al loro interno tutto ciò che può interessare ad un turista, rischiano di mettere definitivamente in ginocchio l’economia locale, perché tutti i soldi verranno raccolti in un unica tasca, quella dell’investitore (quasi sicuramente straniero) che godrà di un trattamento fiscale privilegiato, come prevede già una recente legge del governo Samaras.
L’impressione è che, se non sarà fermata, la svendita del patrimonio naturale e culturale della Grecia possa alla lunga portare ad un’ulteriore perdita di lavoro e di diritti sindacali, realtà fondamentali che si possono riconquistare e ricostruire solo se anche i beni comuni dei greci non saranno privatizzati e persi per sempre. Così in un Paese che ha forgiato il proprio destino sulla cultura e dove il libero accesso al mare è un diritto sancito dalla Costituzione si riaccende il dibattito sulle contraddizioni di un modello di sviluppo e di “salvataggio” economico che non tiene conto di vincoli ambientali e culturali e aggiunge tensione a un quadro sociale già esasperato.
unimondo.org
Un autentico furto di beni comuni alla luce del sole orchestrato dal Taiped, un ente creato dallo Stato greco (su consiglio della Troika) incaricato di “valorizzare” o meglio monetizzare i beni pubblici e gestire le vendite di spiagge, isole, siti archeologici e lotti di terreno in generale, nel quadro del maxi piano di privatizzazioni lanciato per rimborsare i 240 miliardi di euro di prestiti accordati dal 2011 al Paese, stremato dalle misure di austerità imposte dai creditori internazionali. Misure che hanno consentito al governo di centrodestra di Antonis Samaras di riprendere le redini delle finanze greche con il ritorno sui mercati internazionali dopo quattro anni di esilio grazie a un surplus di bilancio dello 0,8% del Pil. Ma a che costo? Questo: l’Argolida e in generale tutto il Peloponneso sono stati presi particolarmente di mira e tra gli ultimi paradisi messi in vendita ci sono finite adesso anche alcune delle più belle spiagge del Mediterraneo, come per esempio Aghios Prokopios sull’isola di Naxos e 175 acri delle spiagge gemelle di Sarakiniko e Simos sull’isola di Elafonisos (Isola dei cervi), venti chilometri quadrati situati a 300 metri dalla costa meridionale del Peloponneso e abitati da circa 1.500 persone.
Lo scorso anno, il quotidiano britannico The Guardian mise Elafonisos al primo posto in una lista delle 10 migliori isole con le più belle spiagge della Grecia, mentre la rivista tedesca Geo-Saison ha definito l’isola “un paradiso sulla terra” eppure le parole d’ordine dell’Ente greco pare siano chiare: “Bisogna vendere queste terre – ha detto un dipendente del Taiped a GreekReporter – dite alla Russia e al Qatar di fare in fretta!” perché “Siamo come una casalinga in bancarotta che è costretta a vendere il suo argento per salvare la propria famiglia” ha drammaticamente sintetizzato una sua collega. Ma i residenti e varie organizzazioni ambientaliste greche e internazionali protestano contro la vendita di una parte di questa bellissima isola sostenendo che l’area è sotto la protezione del programma europeo Natura 2000 a causa delle numerose specie vegetali endemiche esistenti sulle spiagge dell’isola e in tutta Elafonisos. Abitanti ed ecologisti ritengono inoltre che lo sfruttamento turistico incontrollato dell’isola non violerebbe soltanto ecosistema e tradizioni, ma finirebbe per danneggiare la stessa economia locale. “Fino ad oggi, infatti, abitazioni, attività e piccole strutture ricettive si concentravano nell’area del porto, lasciando intatto il fascino vergine dell’Isola, ma se si moltiplicassero residenze private e grandi hotel su queste spiagge che abbiamo voluto mantenere selvagge – ha spiegato il sindaco di Elafonisos Panagiotis Psaromatis in una lettera inviata al presidente del Taiped e al ministro delle Finanze greco, Yiannis Stournaras – i visitatori sarebbero i primi a fuggire […]. Per questo continueremo a proteggere, con tutti i mezzi a nostra disposizione, il nostro unico e fragile ambiente naturale”.
A sostegno della comunità locale di Elafonissos lo scorso 24 giugno è avvenuta anche la prima occupazione pacifica e simbolica dell’isola. A dire no alla vendita delle isole e delle spiagge esponendo un grande striscione con la scritta: This Island Is Ours è stata Mediterranea un ketch armato a cutter di 60 piedi con il suo equipaggio capitanato da Simone Perotti (l’autore tra gli altri di Adesso Basta e Uffico di Scollocamento) salpati lo scorso 17 maggio da S. Benedetto del Tronto per dare vita ad un progetto nautico, culturale, scientifico, di relazione tra i popoli del Mediterraneo lungo 5 anni. Con questa azione dimostrativa Progetto Mediterranea intende sostenere la campagna “Protect the Greek coastline” per il boicottaggio delle spiagge a pagamento e per la tutela del mare come bene comune e ha deciso di ospitare sul suo sito anche la petizione on line di Maria Peteinaki, architetto, co-portavoce del partito dei verdi ecologisti in Grecia, fondatrice di Alternative Tours Athens, animatrice del Falafel Networ, promotrice del movimento degli orti urbani e in questo momento impegnata nel far conoscere la battaglia delle comunità greche nella difesa del proprio patrimonio naturale e culturale.
Nella lista del Taiped, infatti, oltre alle spiagge da sogno ci sono anche siti archeologici di rilevante valore, come il castello di Akronafplia, situato nella parte più storica e panoramica della città di Nafplio. Si tratta di una grossa area archeologica nelle cui antiche mura si possono riconoscere le varie epoche della storia a partire dalle ciclopiche costruzioni micenee, per passare al medioevo e all’intervento che rimane tutt’ora il più visibile, quello che durante l’occupazione veneziana trasformo questo vecchio insediamento in una fortezza. Tutt’attorno spiagge destinate ad essere vendute per far spazio a costruzioni turistiche private che, organizzate in enormi aree con al loro interno tutto ciò che può interessare ad un turista, rischiano di mettere definitivamente in ginocchio l’economia locale, perché tutti i soldi verranno raccolti in un unica tasca, quella dell’investitore (quasi sicuramente straniero) che godrà di un trattamento fiscale privilegiato, come prevede già una recente legge del governo Samaras.
L’impressione è che, se non sarà fermata, la svendita del patrimonio naturale e culturale della Grecia possa alla lunga portare ad un’ulteriore perdita di lavoro e di diritti sindacali, realtà fondamentali che si possono riconquistare e ricostruire solo se anche i beni comuni dei greci non saranno privatizzati e persi per sempre. Così in un Paese che ha forgiato il proprio destino sulla cultura e dove il libero accesso al mare è un diritto sancito dalla Costituzione si riaccende il dibattito sulle contraddizioni di un modello di sviluppo e di “salvataggio” economico che non tiene conto di vincoli ambientali e culturali e aggiunge tensione a un quadro sociale già esasperato.
unimondo.org