Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

venerdì 23 agosto 2013

Unione bancaria europea, l'ostruzionismo tedesco

di Monica Frassoni , Sven Giegold - sbilanciamoci -

 

 
L'Unione bancaria potrebbe spezzare il legame perverso fra debito pubblico e crisi finanziaria. Ma Angela Merkel, in attesa delle elezioni, si oppone
Siamo di fronte a un “dejà-vu” nella crisi europea? Nel 2010, il mondo e la Ue rimasero stupefatti, ma anche inerti, quando nel 2010 la Cancelliera tedesca Angela Merkel bloccò, per paura degli elettori del Nordrhein-Westfalen, il più popoloso Land tedesco, un intervento decisivo che – ne siamo convinti – avrebbe potuto dare alla crisi greca una traiettoria del tutto diversa. Quest'anno in Germania si vota di nuovo. E la Merkel sta puntando di nuovo i piedi, questa volta sulla questione dell’Unione bancaria, da tutti ritenuta la carta maestra per togliere d’impaccio il sistema bancario europeo e la pressione sui paesi più deboli. Come nel 2010, la paura dell’elettore tedesco potrebbe portare al panico nell’Eurozona.
Sono state due le decisioni prese durante lo scorso autunno che hanno calmato i mercati: l'annuncio di Draghi di “fare tutto il necessario” per salvare l’euro e la decisione del Consiglio di creare al più presto un’Unione bancaria.
L’Unione bancaria è più necessaria che mai: le banche sotto-capitalizzate sono infatti diventate il problema più urgente. L'insolvenza di una grande banca potrebbe causare un altro crollo del sistema finanziario in Europa. E oggi tutti sanno che salvataggi (bail-out) su ampia scala demolirebbero le finanze dello Stato più solido e lo porterebbero al fallimento.
Perciò, siamo in una situazione d’improvvisazione permanente, nella quale si preferisce estendere i tempi di scadenza di crediti che tutti sanno inesigibili invece di cancellarli; e nella quale i controllori delle banche nazionali preferiscono chiudere un occhio, temendo una spirale incontrollabile d’insolvenza delle banche. Noi siamo convinti che continuare in questo modo porterà infallibilmente a un circolo vizioso, già visto in Giappone. Banche “zombie”, più morte che vive, non fanno prestiti a nuove iniziative di business, ma continuano la loro esposizione verso imprese anche loro “zombie”. Più morte che vive pure loro, queste aziende si “ristrutturano” (cioè licenziano) e si fermano, non investono e non creano nuovi posti di lavoro: davanti a sé, l’Eurozona potrebbe dunque avere due decenni a perdere, esattamente come in Giappone.
L’anno scorso, quando si decise di procedere verso l’Unione bancaria, si intendeva rompere questo circolo vizioso: una nuova agenzia di vigilanza europea non avrebbe il problema di mettere le banche di fronte ai loro fallimenti e costringerle ad eliminare i “cattivi” prestiti. Se queste dovessero diventare insolventi, una nuova agenzia europea di liquidazione delle banche in crisi sarebbe in grado di affrontare la situazione in modo più efficiente. Nel caso in cui ci fossero parti che non conviene liquidare, un nuovo fondo avrebbe la possibilità di decidere di ricapitalizzare la parte “buona” della banca e di lasciare fallire quella “cattiva”. Evitati anche i rischi della corsa agli sportelli, grazie a un nuovo sistema europeo di assicurazione per i depositi.
Questo era quello che tutti pensavano fosse stato deciso l’anno scorso. Gli economisti, i politici europei e soprattutto i mercati avevano festeggiato con entusiasmo la decisione sull’Unione bancaria, in particolare perché la Cancelliera Merkel era stata fra i suoi più ferventi sostenitori.
Ma qual è la situazione oggi?
È l'ignoranza, l'arroganza o l’incapacità di dire la verità ai tedeschi che impedisce ai loro politici di capire che un’Unione bancaria è utile anche alla Germania? Guardiamo i fatti: chi ha investito massicciamente nel debito “subprime” negli Stati Uniti, causa prima della crisi bancaria? Le banche spagnole o “gli idioti da Düsseldorf”, come li chiamano gli americani? Nessuno ha letto il rapporto Likkanen (1)? Quali sono le tre banche in Europa con il peggior livello di leverage? Non sono certo banche italiane o spagnole, ma sono tutte e tre tedesche. La fobia tedesca per la mutualizzazione del debito sovrano ha prodotto debito bancario. E nel dibattito pre-elettorale, un regime di assicurazione europea per i futuri rischi bancari è rappresentato come un sistema di trasferimento di risorse permanente dai conti tedeschi a quelli degli scialacquatori del Sud Europa.
La Merkel ancora una volta ha paura che i suoi elettori le voltino le spalle e quindi sta demolendo le parti più importanti dell'Unione bancaria. L'assicurazione dei depositi europea è diventata un assoluto tabù ed è visto come un prelievo diretto dei risparmi tedeschi. Una norma europea per le risoluzioni è considerata auspicabile, ma non senza una modifica dei Trattati: dal momento che la modifica dei trattati durerebbe anni, questo è solo un modo meno diretto per dire no. L'unica cosa che la Merkel ha accettato è la supervisione europea delle più grandi banche, tra cui una dozzina delle oltre 1.500 banche tedesche.
Ma è inutile illudersi: la posizione della Merkel sulle modifiche del Trattato è un imbroglio. Le sue argomentazioni giuridiche sono fragili. Non c'è da stupirsi che non abbia presentato alcun parere legale dettagliato sul motivo per cui il meccanismo unico di risoluzione (Srm) sarebbe contro i trattati attuali. L'argomento che la Commissione starebbe tentando di usurpare nuovi poteri è un diversivo rispetto al problema reale: non è la Commissione che sta guadagnando potere, sono le banche. Senza Srm le banche potranno continuare a ricattare le nostre società con un numero potenzialmente illimitato di sussidi e di bail-out pubblici. Non vi è alcun pericolo che la Corte Suprema tedesca decida contro il meccanismo unico di risoluzione (Srm), perché il potere di bilancio del Parlamento tedesco non è violato. Il Srm è già applicabile: se poi si riformerà il Trattato - magari con una procedura aperta e “costituzionale”, cosa che auspichiamo, anche e soprattutto per rendere la Ue più democratica ed efficiente - sarà anche possibile trasferire i poteri che sono stati previsti per la Commissione in questo campo ad un’agenzia indipendente.
La Cancelliera Merkel non sta solo venendo meno alle promesse ai suoi elettori di non fare loro spendere soldi invano. Sta anche tradendo l’Europa meridionale. Milioni di persone sono disoccupate, vedono i loro salari diminuire, e sono esposte alla povertà: e soprattutto, non vedono alcuna soluzione reale alla spirale della crisi. Senza un sistema bancario ben capitalizzato e senza una vera Unione bancaria, la fiducia non tornerà. Le banche non saranno in grado di rifinanziarsi a condizioni decenti e non saranno in grado di sostenere nuovi investimenti. Inevitabilmente, la recessione durerà ancora più a lungo. Per l’Italia, questa realtà è sempre più evidente. Il tessuto produttivo italiano è sempre meno in grado di ritrovare la strada della ripresa. L'Unione bancaria potrebbe servire per aiutare a spezzare il legame perverso fra debito pubblico e crisi del sistema finanziario. Non si potrà rompere il credit-crunch, che strozza le imprese italiane e ne provoca fallimenti a catena, senza un’Unione bancaria che funzioni. Insomma, in una prospettiva di medio periodo, approvare l'Unione bancaria, fare funzionare la vigilanza europea e una politica per la soluzione delle crisi future di banche in difficoltà, è interesse davvero di tutti. E in particolare della Germania, che facendo la voce grossa, impedendo o ritardando le decisioni non fa altro che prepararsi a pagare molto di più, come è successo nel caso della Grecia.
In tempi normali, si potrebbe dire che mancano solo dieci settimane alle elezioni tedesche, e che, finita la lunga campagna elettorale, il nuovo governo sarà più saggio e non rischierà di arrecare danni gravi non solo ai paesi in crisi, ma anche al suo sistema produttivo. Ma in realtà, le cose potrebbero non essere cosi semplici. Dopo le elezioni, il nuovo governo tedesco dovrà fare ripartire subito il meccanismo di decisione su questo tema a Bruxelles. Se non lo farà e impedirà la decisione sul riavvio dell’Unione bancaria nel corso del Consiglio europeo del prossimo dicembre, non vi sarà alcuna possibilità che questo sia possibile prima delle prossime elezioni europee del 2014 e del rinnovo della Commissione a fine anno; insomma si perderanno mesi preziosissimi. Il Consiglio europeo di fine 2013 dovrebbe perciò, senza ulteriori discussioni e indugi, adottare la proposta del Commissario europeo al Mercato interno Michel Barnier, potendo contare sul sostegno della Germania. Questa è l’unica possibilità perché il meccanismo unico e il fondo di risoluzione, finanziato dal settore bancario, possa essere deciso prima delle elezioni europee. Ed è sempre più evidente che questo sarà possibile solo con un radicale cambio di direzione politica del governo tedesco.

(1) “High Level Expert Group on reforming the structure of the EU banking sector” www.ec.europa.eu

Presidenzialismo via Violantum?

di Leonardo Mazzei - sinistrainrete -

3 agosto. Che quello di Letta fosse un "governicchio", noi, lo avevamo detto subito. La sola cosa che frena i berluscones dal farlo cadere subito è la minaccia del reuccio Napolitano di dimettersi. Quest'ultimo esige che prima di votare si faccia almeno la nuova legge elettorale. Ma quale legge? Leonardo Mazzei, specialista in materia, spiega perché la proposta Violante potrebbe mettere d'accordo Pd e Pdl.
Un sistema ispano-franco-tedesco: ovvero il Super-porcellum presidenzialista di lorsignori

Riuscirà il governo Letta ad arrivare all'autunno? La cosa non è certa, viste le fibrillazioni del campo berlusconiano. E tuttavia non è neppure impossibile, considerato il pressing quirinalizio e la volontà dei «poteri forti», così ben leggibile nell'offensiva mediatica sul bene supremo della «stabilità».

Sia chiaro, quello presieduto dal Nipote dello Zio è e rimarrà un governicchio, un esecutivo destinato a rinviare le scelte di fondo, votato per sua natura alla logica del «comprare tempo». Dalla sua questo governicchio ha però un'arma. Si chiama legge elettorale. Per essere usata essa ha bisogno di una sola condizione: l'accordo oligarchico e bipartisan di una casta ormai delegittimata in termini di consenso.

In altre parole, l'accordo ha da essere conveniente tanto per il Pd quanto per il Pdl. Ma, soprattutto, esso dovrà risultare confacente agli interessi sistemici delle oligarchie dominanti, protese più che mai a far man bassa dei salari, delle pensioni, dei diritti del popolo lavoratore. Tanto meglio, poi, se si troverà un sistema elettorale spacciabile per più democratico. Così quello stesso popolo verrebbe ad un tempo impoverito e turlupinato.

E' a questo che si sta lavorando.
E' per questo che chiedono tempo. Due gli argomenti usati: che la legge attuale, il Porcellum, potrebbe venir dichiarata incostituzionale; che «se si andasse a votare con questa legge non vi sarebbe alcuna certezza di governabilità» (così Luciano Violante sul Corriere del 10 agosto).

Ovviamente a lorsignori sta a cuore solo il secondo argomento, mentre il primo serve unicamente ad attrarre il consenso dei gonzi. Un consenso reso forte da un senso comune costruito ad arte in questi anni, teso a presentare il Porcellum come il male assoluto, esaltando al tempo stesso la sua cornice - il bipolarismo - addirittura come il bene assoluto da preservare.

La realtà è ben diversa. Il Porcellum, al pari del precedente Mattarellum e di quanto si va ora preparando (sembra che possa essere la volta del Violantum), è sostanzialmente una delle tante variabili possibili in un sistema maggioritario. Nello specifico rimando a quanto già scritto diverse volte in passato (vedi, ad esempio, Ma di quale democrazia vanno parlando?). Quello che qui interessa è che si comprenda che lo scopo del lavorio sulla legge elettorale non è finalizzato a renderla più democratica, ma esattamente al suo contrario. Lo scopo è infatti quello di arrivare ad una legge ancor più oligarchica ed antidemocratica. E bene ha fatto Grillo a parlare di un Super-Porcellum in preparazione.

Il fatto è che, dal punto di vista sistemico, la legge calderoliana non regge più. Ed è per questo che la Corte Costituzionale, da sempre ben sensibile e prona alle esigenze del blocco dominante, potrebbe infine svegliarsi dal letargo che da sempre ne caratterizza l'attività. Il Porcellum non regge più per una ragione semplice, semplice: il bipolarismo è finito. E, dunque, una legge disegnata su misura per un sistema bipolare non funziona più, perlomeno non in termini di «governabilità».

Ecco dunque l'esigenza di andare oltre. A suo tempo (2005) il Porcellum aveva ereditato dal Mattarellum un sistema effettivamente bipolare. Certo, con alcune «imperfezioni», ma bipolare. Oggi, nei consensi, il bipolarismo è andato in frantumi. Da qui la volontà di ricostruirlo con meccanismi elettorali ancora più coercitivi della volontà popolare. Ed è qui il comune interesse di Pd e Pdl, quello di ridimensionare il M5S o chiunque altro si presenti con una proposta alternativa al regime bipolare.

giovedì 22 agosto 2013

“servono altri soldi per la Grecia”


In altre parole, ormai li abbiamo spremuti al massimo. O ci fermiamo qui oppure facciamo pagare dalla “comuinita’ “ e noi continuiamo ad incassare. Mica fessi li strozzini.

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Lo scoop del Süddeutsche Zeitung
Germania al voto, “servono altri soldi per la Grecia”

Il tema di un nuovo round di aiuti per Atene entra nella campagna elettorale tedesca con Schäuble



Il terzo salvataggio greco sarà «più contenuto» dei due precedenti e si finanzierà con ogni probabilità, almeno in parte, direttamente attraverso il budget Ue. Questo almeno, stando alle informazioni esclusive a cui ha avuto accesso la Süddeutsche Zeitung, poche ore dopo che il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, rompesse il più grande tabù della campagna elettorale in Germania, ammettendo che ci sarà un nuovo pacchetto di aiuti ad Atene. È questo un tema che il maggiore partito di governo, l’Unione Cristiano Democratica (CDU) di Angela Merkel, aveva sapientemente evitato fino ad ora, a cinque settimane dalle elezioni.

Secondo informazioni della Süddeutsche, il terzo programma di aiuti alla Grecia sarà finanziato in parte attraverso il budget dell’Unione. La discussione verte, al momento, attorno alla possibilità di mettere a disposizione del governo di Atene nuovi mezzi provenienti dal Fondo Strutturale Ue. Con il nuovo salvagente, i greci dovrebbero essere in grado di riattivare l’economia, e allo stesso tempo si libererebbero fondi del bilancio greco per iniziare ad estinguere il debito.

Ieri Schäuble ha annunciato nel corso di un comizio elettorale ad Amburgo un terzo pacchetto di aiuti a partire dal 2015. Nella stessa occasione, ha escluso un taglio del debito. Fonti confidenziali che partecipano ai negoziati avrebbero detto al quotidiano di Monaco che, di fronte al blocco tedesco su quest’ultimo punto, l’unica opzione rimasta è «un vero e proprio trasferimento di denaro dal budget dell’Ue o dai bilanci degli stati soci». La possibilità di nuovi crediti non sarebbe in alcun modo in discussione.

Secondo fonti del governo tedesco, il nuovo programma di aiuti sarà, in quanto a dimensioni, significativamente più piccolo dei precedenti. «Anche la pressione delle riforme sarà significativamente inferiore, visto che la Grecia ha già iniziato molte delle misure richieste». In fin dei conti, si tratterebbe di rendere quanto più “soft” possibile il ritorno di Atene ai mercati finanziari.

Tanto la CDU come i principali rivali socialdemocratici dell’SPD, avevano evitato di portare la Grecia in campagna elettorale. La ragione è piuttosto semplice: le differenze tra le loro vedute su come gestire la crisi dell’Euro si riducono a dettagli e nessuno vuole fare campagna per un governo di larghe intese. Quando il candidato dell’opposizione Peer Steinbrück ha deciso di provare anche questa carta (con 17 punti di svantaggio da Merkel ha poco da perdere), il ministro delle Finanze ha deciso di anticipare la polemica ed ha ammesso subito che ci sarà un nuovo salvataggio.

«Ci sarà un nuovo salvataggio della Grecia», ha detto, «per aiutare il paese a superare la cima della montagna». Già a luglio era apparso chiaro che nell’attuale salvataggio di 172 miliardi, rimaneva un gap di tre o quattro miliardi. Tuttavia gli esponenti del governo tedesco avevano evitato commenti a riguardo, tutti, a partire da Angela Merkel. La cancelliera è rimasta oggi sulla difensiva, nel corso di un’intervista con la televisione Sat1, «non posso dire ora che somma di denaro sarà necessaria — ha detto — si potrà parlare di cifre a metà dell’anno prossimo».

L’uscita di Schäuble è stata interpretata diversamente dagli analisti politici. In generale, l’impressione è che abbia voluto coprire le spalle alla Merkel e attirare su di sé i possibili attacchi degli avversari. La questione greca, infatti, causa certa ansia in Germania dove i cittadini temono di dovere contribuire con i propri risparmi a un salvataggio ad ogni costo. Di fatti l’ammissione di Schäuble rimane contenuta e continua ad ignorare le raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI) che a luglio prevedeva la necessità nuovi aiuti per 11 miliardi e un taglio del debito.

mercoledì 21 agosto 2013

Il discorso di Berlusconi

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Craxi spiegò in Parlamento che se rubava lui, rubavano tutti. Nessuno si alzò in piedi per contestarlo. Silenzio assenso? C'è ora una larga attesa, figlia delle larghe intese, sul discorso che un pregiudicato, amico fraterno, non a caso, di Bottino, farà alle Camere riunite. Di per sé è già un evento che Berlusconi si faccia vedere in aula dato il suo assenteismo cronico emulato solo dal suo avvocato parlamentare, il noto Ghedini. La giustificazione (vera) è che sono affezionati frequentatori dei tribunali della Repubblica, inseparabili. Posso permettermi qualche suggerimento all'evasore fiscale per le parole di commiato ai parlamentari? Due cose così per arricchire la concione che terrà dal suo banco.
"Cari, carissimi (quanto mi siete costati) parlamentari, se oggi sono qui è per mandarvi a fanculo. Certo, non è un linguaggio che mi appartiene, io, abituato alle cene eleganti, però esprime dal cuore quello che penso di voi. Se io sono un delinquente voi siete i servi di questo delinquente, i suoi soci in affari, i suoi dipendenti. Mi rivolgo soprattutto ai banchi della sinistra che mi è stata vicina in tutti questi anni con l'approvazione delle leggi vergogna, dell'indulto, dello Scudo Fiscale. Quanti bei ricordi assieme. E la scorpacciata del Monte dei Paschi? Indimenticabile. E ora vi voltate dall'altra parte, compreso Enrico Letta che spese parole di miele per me invitando a votarmi al posto del M5S (in verità le spese anche per Andreotti e per Monti, è un ragazzo volubile...). Lui che deve tutto a suo zio che a sua volta deve tutto a me. Se io sono colpevole, voi siete colpevoli di avermi tollerato, coperto, aiutato in ogni modo sapendo perfettamente chi ero. Non mi sono mai nascosto, al contrario di voi. Finocchiaro, D'Alema, Violante dove siete? Non potete lasciarmi solo. Potrei essere indotto, più dalla rabbia che dalla disperazione, a rivelare la storia di questi vent'anni agli italiani intontiti dalle televisioni che voi graziosamente mi avete regalato. Senza di me voi non sareste mai esistiti. Senza di voi, che avete ignorato per me qualunque conflitto di interessi, io non sarei mai esistito o forse avrei accompagnato il mio sodale a Hammamet. Siamo legati come gemelli dalla nascita. E ora mi lasciate solo, ai domiciliari o ai servizi sociali per una semplice frode fiscale? A fanculo, dovete andare. Io non sono certo peggio di voi. I padroni, anche i più ributtanti, sono sempre migliori dei loro servi!".

lunedì 19 agosto 2013

Napolitano salverà il Detenuto, se questi avrà pazienza - da senzasoste
Napolitano salverà il Detenuto, se questi avrà pazienza
L'attesa dichiarazione di Giorgio Napolitano sulla condanna definitiva di Berlusconi è arrivata. Ne analizzeremo il contenuto punto per punto, iframezzando – come spesso facciamo – il nostro commento-interpretazione in carattere corsivo. Prima di iniziare, però, non possiamo tacere sul carattere eccezionale, extra istituzionale forse anche anticostituzionale di questo intervento.
Mai infatti si era visto un presidente della Repubblica intervenire su un processo che è chiuso dal lato della “condanna dell'imputato”, ma ancora aperto quanto a pubblicazione delle motivazioni della Cassazione e determinazione del numero di anni di interdizione dai pubblici uffici (la Corte di Appello di Milano ne aveva inflitti cinque, mentre secondo il Procuratore generale potevano essere al massimo tre).
Già questo fatto rappresenta un'invasione di campo motivata unicamente non da articoli sui media (Napolitano a questi, ipocritamente, si riferisce) ma dalle pressioni partitiche congiunte: del Pdl che non vuole né può restare senza padre-padrone e del Pd terrorizzato dal doversi intestare in solitaria l'azione del governo Letta (dopo quella di Monti-Fornero), che nei prossimi mesi si annuncia particolarmente pesante sul piano sociale.
Andiamo ora all'analisi del testo.
***
13/08/2013
Dichiarazione del Presidente Napolitano
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
"La preoccupazione fondamentale, comune alla stragrande maggioranza degli italiani, è lo sviluppo di un'azione di governo che, con l'attivo e qualificato sostegno del Parlamento, guidi il paese sulla via di un deciso rilancio dell'economia e dell'occupazione. In questo senso hanno operato le Camere fino ai giorni scorsi, definendo importanti provvedimenti; ed essenziale è procedere con decisione lungo la strada intrapresa, anche sul terreno delle riforme istituzionali e della rapida ( nei suoi aspetti più urgenti ) revisione della legge elettorale. Solo così si può accrescere la fiducia nell'Italia e nella sua capacità di progresso.
Fatale sarebbe invece una crisi del governo faticosamente formatosi da poco più di 100 giorni; il ricadere del paese nell'instabilità e nell'incertezza ci impedirebbe di cogliere e consolidare le possibilità di ripresa economica finalmente delineatesi, peraltro in un contesto nazionale ed europeo tuttora critico e complesso.
Redazione. Il baricentro è la “stabilità di governo”, imposta dall'Unione europea, che si attende la pedissequa applicazione delle proprie direttive, congiuntamente alla pressione esercitata da Bce e Fondo monetario internazionale. Se questo è l'alfa e l'omega del disegno politico incarnato da Napolitano, ben più che da Letta il Giovane e la sua corte dei miracoli tenuta insieme con lo scotch, l'attività dell'esecutivo – le “riforme strutturali e la distruzione del welfare – non deve essere “turbata” da problemi inesistenti e incomprensibili in altri paesi. Come quello di un imprenditore piduista diventato quattro volte premier che, una volta condannato in via definitiva e in attesa di altre condanne ancora più pesanti, pretende di essere liberato dal peso di questa – per lui – “intollerabile restrizione” all'”agibilità politica”. Napolitano non promette di fare nulla, ma indica con chiarezza la strada che lo porterà a dare al Cavaliere Detenuto ciò che chiede, rispettando – ovvero forzando oltre i limiti già forzati oltre ogni limite – i confini costituzionali e giuridici.
Ho perciò apprezzato vivamente la riaffermazione - da parte di tutte le forze di maggioranza - del sostegno al governo Letta e al suo programma, al di là di polemiche politiche a volte sterili e dannose, e di divergenze specifiche peraltro superabili.
Non mi nascondo, naturalmente, i rischi che possono nascere dalle tensioni politiche insorte a seguito della sentenza definitiva di condanna pronunciata dalla Corte di Cassazione nei confronti di Silvio Berlusconi. Mi riferisco, in particolare, alla tendenza ad agitare, in contrapposizione a quella sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere.
Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto. Ciò vale dunque nel caso oggi al centro dell'attenzione pubblica come in ogni altro.
Red. Incassato il sostegno al governo, Napolitano inizia a tracciare il percorso che Berlusconi dovrebbe seguire per ottenere l'agognato “salvacondotto”. Il primo passo è necessariamente la “presa d'atto” – da parte del Condannato – della sentenza. È il riconoscimento minimo, puramente formale, del principio di diritto per cui la Giustizia è "terza" e la legge è uguale per tutti. Non fare nemmeno questo significherebbe certificare il carattere eversivo – la rottura del patto costituzionale dall'interno stesso del Potere – di qualiasi possibile futuro intervento presidenziale. Più o meno come dare la grazia – o altra commutazione della pena – a un “combattente contro lo Stato” che continui a giurare guerra eterna se rimesso in libertà.
In questo momento è legittimo che si manifestino riserve e dissensi rispetto alle conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione nella scia delle valutazioni già prevalse nei due precedenti gradi di giudizio; ed è comprensibile che emergano - soprattutto nell'area del PdL - turbamento e preoccupazione per la condanna a una pena detentiva di personalità che ha guidato il governo ( fatto peraltro già accaduto in un non lontano passato ) e che è per di più rimasto leader incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza.
Ma nell'esercizio della libertà di opinione e del diritto di critica, non deve mai violarsi il limite del riconoscimento del principio della divisione dei poteri e della funzione essenziale di controllo della legalità che spetta alla magistratura nella sua indipendenza.
Né è accettabile che vengano ventilate forme di ritorsione ai danni del funzionamento delle istituzioni democratiche.
Red. Contrariamente a quanto ripetuto fino alla noia dai bigotti dell'antipolitica (“le sentenze non si commentano”), Napolitano riconosce al Cavaliere Detenuto e ai suoi pitoncini il diritto di dire peste e corna sia delle sentenze che dei giudici, che le hanno prodotte nei vari gradi di giudizio. L'unico limite che pone è la salvaguardia del “principio della divisione dei poteri”, ovvero quello continuamente bypassato da quanti – non solo a destra – sostengono esplicitamente che l'investitura elettorale dovrebbe porre “gli eletti” al di sopra della legge ordinaria, visto cheloro, le leggi, sono chiamati a farle. È una vecchia tentazione oligarchica, quella per cui “le leggi si applicano ai nemici, e si interpretano per gli amici” (citiamo il Giolitti di inizio Novecento per indicarne il “grado di modernità”). Rammentare questo limite è davvero il “minimo sindacale” per un presidente della Repubblica che dovrebbe essere – ma non è mai stato – il ”custode della Costituzione”. L'unica vera preoccupazione di Napolitano, l'unica cosa per lui inaccettabile, è infatti che “vengano ventilate forme di ritorsione ai danni del funzionamento delle istituzioni democratiche”; ridotte a governo e, per necessità “oggettiva”, e Parlamento. Insomma: niente crisi di governo e niente scioglimento immediato delle Camere. Stabilito questo, potete dire e fare quel che volete... Nemmeno Hindemburg avrebbe saputo far meglio.
Intervengo oggi - benché ancora manchino alcuni adempimenti conseguenti alla decisione della Cassazione - in quanto sono stato, da parecchi giorni, chiamato in causa, come Presidente della Repubblica, e in modo spesso pressante e animoso, per risposte o "soluzioni" che dovrei e potrei dare a garanzia di un normale svolgimento, nel prossimo futuro, della dialettica democratica e della competizione politica.
Red. Il tasso di ipocrisia di questo passaggio è davvero inarrivabile. In pratica Napolitano dice di sapere benissimo che il suo intervento in questo momento è altamente irrituale o peggio, ma dichiara di esservi stato “costretto” da quanti lo hanno “chiamato in causa”. Un presidente vero avrebbe mosso tutte le pedine a sua disposizione, con discrezione e determinazione assoluta, per stoppare sul nascere queste “chiamate”; non vi si sarebbe subordinato. Punto.
A proposito della sentenza passata in giudicato, va innanzi tutto ribadito che la normativa vigente esclude che Silvio Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto.
In quanto ad attese alimentate nei miei confronti, va chiarito che nessuna domanda mi è stata indirizzata cui dovessi dare risposta.
Red. Ovvietà sul carcere (il Detenuto ha più di 70 anni, quindi non ci andrebbe nemmeno se fosse un ladro di polli qualsiasi), e un'indicazione precisa sulle “alternative che possono essere modulate” sulla situazione individuale del condannato. In pratica: il Cavaliere potrà chiedere di muoversi con tutto agio sul territorio nazionale; se il Tribunale di sorveglianza di Milano gli riconoscerà la possibilità di viaggiare o andare in tv per impegni legati alla sua “professione” (imprenditore, politico, comunicatore, ecc) tutto andrà a posto immediatamente dopo l'inizio del periodo di "detenzione domiciliare". Quanto alla “grazia”, che diamine!, il Detenuto ancora non l'ha chiesta (né può ancora farlo, visto che non ha neppure iniziato a scontare la pena).
L'articolo 681 del Codice di Procedura Penale, volto a regolare i provvedimenti di clemenza che ai sensi della Costituzione il Presidente della Repubblica può concedere, indica le modalità di presentazione della relativa domanda. La grazia o la commutazione della pena può essere concessa dal Presidente della Repubblica anche in assenza di domanda. Ma nell'esercizio di quel potere, di cui la Corte costituzionale con sentenza del 2006 gli ha confermato l'esclusiva titolarità, il Capo dello Stato non può prescindere da specifiche norme di legge, né dalla giurisprudenza e dalle consuetudini costituzionali nonché dalla prassi seguita in precedenza. E negli ultimi anni, nel considerare, accogliere o lasciar cadere sollecitazioni per provvedimenti di grazia, si è sempre ritenuta essenziale la presentazione di una domanda quale prevista dal già citato articolo del C.p.p.. Ad ogni domanda in tal senso, tocca al Presidente della Repubblica far corrispondere un esame obbiettivo e rigoroso - sulla base dell'istruttoria condotta dal Ministro della Giustizia - per verificare se emergano valutazioni e sussistano condizioni che senza toccare la sostanza e la legittimità della sentenza passata in giudicato, possono motivare un eventuale atto di clemenza individuale che incida sull'esecuzione della pena principale.
Red. Per la precisione: "guarda, Silvio, che io la grazia posso dartela comunque, o trasformarti la condanna in una multa; ma ci sono passaggi tecnico-giuridici che sono appena agli inizi. In ogni caso, l'intervento presidenziale agisce - per legge - solo sulla pena principale (la detenzione), non su quelle accessorie (l'interdizione dai pubblici uffici; un problema grave, in effetti, per chi pretenda di continuare a condizionare la politica di un paese). Comunque, calma e gesso, stiamo lavorando per te...."
Essenziale è che si possa procedere in un clima di comune consapevolezza degli imperativi della giustizia e delle esigenze complessive del Paese.
Red. Traduzione rapida: naturalmente deve essere d'accordo anche il Pd (i montiani sono già d'accordo prima ancora che venga loro fatta la domanda). E magari anche i giornali d'area (a cominciare da Repubblica). Altrimenti nel fare quello che voglio fare (restituire l'”agibilità politica” al Cavaliere) faccio la figura che non voglio fare...
E mentre toccherà a Silvio Berlusconi e al suo partito decidere circa l'ulteriore svolgimento - nei modi che risulteranno legittimamente possibili - della funzione di guida finora a lui attribuita, preminente per tutti dovrà essere la considerazione della prospettiva di cui l'Italia ha bisogno. Una prospettiva di serenità e di coesione, per poter affrontare problemi di fondo dello Stato e della società, compresi quelli di riforma della giustizia da tempo all'ordine del giorno. Tutte le forze politiche dovrebbero concorrere allo sviluppo di una competizione per l'alternanza nella guida del paese che superi le distorsioni da tempo riconosciute di uno scontro distruttivo, e faciliti quell'ascolto reciproco e quelle possibilità di convergenza che l'interesse generale del paese richiede.
Red. Repetita juvant: se il Pdl si trovasse un altro capo, sarebbe tutto più semplice. Anche fare la “riforma della giustizia”. Tanto quello che conta è fare quel che ci ordina la Troika sul piano economico e sociale, a chi volete che importi dell'equilibrio dei poteri?
Ogni gesto di rispetto dei doveri da osservare in uno Stato di diritto, ogni realistica presa d'atto di esigenze più che mature di distensione e di rinnovamento nei rapporti politici, sarà importante per superare l'attuale difficile momento".
Red. Insomma: fate stare in piedi il governo, sappiate pazientare qualche mese (pochi) e vi risolverò il problema. Altrimenti non si può fare niente (senza governo e senza Parlamento). Se questoè un difensore della Costituzione nata dalla Resistenza...
Dante Barontini
tratto da http://www.contropiano.org

domenica 18 agosto 2013

La Merkel contenta di aver massacrato interi popoli: "Su Euro e la Grecia ho vinto io"

Fonte: controlacrisi.org | Autore: Antonio Ferraro
                                
«L'eurocrisi non è ancora finita, ma dalla crisi l'Ue uscirà più forte», a condizione che il suo destino non sia affidato solo «ai bassi tassi». Sono le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel, rilasciate in un'intervista alla Frankfurter Allgemeine e pubblicata oggi da Repubblica. «Oggi vediamo quanto la nostra linea, il mix di responsabilità di ognuno e di solidarietà, sia stato giusto - afferma -. E lo è tuttora. Le riforme cominciano a funzionare, a produrre effetti positivi». «Alla solidarietà europea appartiene anche il principio degli sforzi da compiere da parte di chi viene aiutato - aggiunge sulla Grecia - Mettere semplicemente soldi a disposizione, senza la disponibilità a riforme di fondo dall'altra parte, è una soluzione che giudico sbagliata fin all'inizio della crisi. Sono felice che siamo riusciti a convincere a imboccare un'altra via. Così la Grecia e gli altri Paesi colpiti hanno dovuto intraprendere importanti riforme». Alle porte, prosegue, non vede «un taglio dei debiti per la Grecia» e anzi si «meraviglia» di «quanto se ne parli in modo irresponsabile. Una simile decisione potrebbe causare insicurezze in altri parti dell'Europa. Abbiamo convenuto di riesaminare la situazione greca a fine 2014 o inizio 2015». Non si esauriranno le discussioni sulla moneta unica, ma Merkel è convinta che l'euro sia «molto più di una valuta. È simbolo dell'unificazione europea - spiega - ed è un progetto per il futuro nell'èra della globalizzazione. Proprio una nazione esportatrice come la Germania ha bisogno dell'euro».

Insomma, la Merkel non fa un minimo di autocritica ed elogia se stessa, le sue politiche di austerità che, secondo il suo parere, stanno portando i loro frutti. Per la Merkel è giusto imporre riforme 'lacrime e sangue' in cambio di aiuti, così si mantiene la stabilità e i mercati sono tranquilli. Peccato che a detta di quasi tutti gli osservatori internazionali, compresi autorevoli economisti, queste politiche non portano crescita ma solo recessione, disoccupazione e povertà, come dimostrano anche tutti i dati di questi ultimi mesi. In Europa, ma soprattutto nella parte periferica, quella maggiormente esposta e costretta a fare i compitini a casa dettati dalla Troika (Fmi, Bce e Ue), si sono registrati dati negativi senza precedenti nella storia del continente. Il debito pubblico invece di diminuire è aumentato, il Pil è diminuito, la disoccupazione è schizzata alle stelle, la gente vive per strada e spesso non riesce neanche ad accedere al servizio sanitario. Se questo per la Merkel vuol dire rafforzare l'Europa...

Interrogativi sulle guerre in corso.

da www.sottolebandieredelmarxismo.org

Chi segue gli eventi del Vicino Oriente sulla stampa ufficiale, difficilmente riesce a

farsi un'idea delle vere cause delle lotte. Primavera araba, repressioni del regime,

attentati e bombardamenti, uso delle armi chimiche, linea rossa di Obama... E le

suddivisioni religiose del Levante: solo in Libano, lo stato riconosce ufficialmente 18

confessioni: fra i cristiani, quelle maronita, greco-ortodossa, greco-cattolica

(melchita), armeno apostolica, armeno-cattolica, siriaco-ortodossa, siriaco-cattolica,

protestante, copta, assira, caldea, e la cattolica di rito latino; fra i musulmani, le

comunitΰ sunnita, sciita, ismailita e, in aggiunta, le comunitΰ alauita e drusa. E non

dimentichiamo la comunitΰ ebraica.

In Siria circa il 10% della popolazione θ cristiana, aderenti in buona parte alla chiesa

greco-ortodossa di Antiochia e per il resto cattolici di varie comunitΰ (melchiti,

maroniti, siri, armeno-cattolici, caldei, ecc.). 500.000 appartengono alla Chiesa

ortodossa siriaca, ci sono pure la chiesa apostolica armena, la chiesa assira d'Oriente,

piccole minoranze protestanti. La maggioranza della popolazione θ sunnita (74%), il

13% si divide tra drusi e alauiti. E' bene mettere in rilievo queste divisioni, perchι i

media insistono sul fattore religioso come una delle cause determinanti della guerra,

accanto al dispotismo, il che renderebbe indispensabile una lotta per la democrazia e

per i diritti umani. Ma sono queste le vere cause delle guerre in corso? Per cercare di

capirlo, occorre mettere assieme una serie di fatti di solito esaminati isolatamente,

perchι solo riunendo i vari pezzi di un puzzle si puς cogliere il disegno.

Le motivazioni sono religiose? Allora perchι le linee divisorie non corrispondono

affatto a quelle di fede? Tra i cristiani, abbiamo posizioni diversissime: Padre

Dall'Oglio, schierato con i ribelli, scrive: "

... Ma guardiamo alla cosa dal punto di

vista etico della rivoluzione siriana. Ammettiamo per un istante che ci fossimo

appropriati di armi chimiche sottratte agli arsenali di regime conquistati

eroicamente. Immaginiamo di avere la capacitΰ di usarle contro le forze armate del

regime per risolvere il conflitto a nostro favore e salvare il nostro popolo da morte

certa. Cosa ci sarebbe d'immorale? Tutte le armi possibili sono usate contro di noi.

Θ ampiamente dimostrato che il regime fa esperimenti micidiali d'uso delle armi

chimiche contro i partigiani rivoluzionari e la popolazione civile, proprio per vedere

di superare quella maledetta linea rossa impunemente.

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