di Leonardo Mazzei - sinistrainrete -
3 agosto. Che quello di Letta fosse un "governicchio", noi, lo avevamo detto subito. La sola cosa che frena i berluscones dal farlo cadere subito è la minaccia del reuccio Napolitano di dimettersi. Quest'ultimo esige che prima di votare si faccia almeno la nuova legge elettorale. Ma quale legge? Leonardo Mazzei, specialista in materia, spiega perché la proposta Violante potrebbe mettere d'accordo Pd e Pdl.
Un sistema ispano-franco-tedesco: ovvero il Super-porcellum presidenzialista di lorsignori
Riuscirà il governo Letta ad arrivare all'autunno? La cosa non è certa, viste le fibrillazioni del campo berlusconiano. E tuttavia non è neppure impossibile, considerato il pressing quirinalizio e la volontà dei «poteri forti», così ben leggibile nell'offensiva mediatica sul bene supremo della «stabilità».
Sia chiaro, quello presieduto dal Nipote dello Zio è e rimarrà un governicchio, un esecutivo destinato a rinviare le scelte di fondo, votato per sua natura alla logica del «comprare tempo». Dalla sua questo governicchio ha però un'arma. Si chiama legge elettorale. Per essere usata essa ha bisogno di una sola condizione: l'accordo oligarchico e bipartisan di una casta ormai delegittimata in termini di consenso.
In altre parole, l'accordo ha da essere conveniente tanto per il Pd quanto per il Pdl. Ma, soprattutto, esso dovrà risultare confacente agli interessi sistemici delle oligarchie dominanti, protese più che mai a far man bassa dei salari, delle pensioni, dei diritti del popolo lavoratore. Tanto meglio, poi, se si troverà un sistema elettorale spacciabile per più democratico. Così quello stesso popolo verrebbe ad un tempo impoverito e turlupinato.
E' a questo che si sta lavorando. E' per questo che chiedono tempo. Due gli argomenti usati: che la legge attuale, il Porcellum, potrebbe venir dichiarata incostituzionale; che «se si andasse a votare con questa legge non vi sarebbe alcuna certezza di governabilità» (così Luciano Violante sul Corriere del 10 agosto).
Ovviamente a lorsignori sta a cuore solo il secondo argomento, mentre il primo serve unicamente ad attrarre il consenso dei gonzi. Un consenso reso forte da un senso comune costruito ad arte in questi anni, teso a presentare il Porcellum come il male assoluto, esaltando al tempo stesso la sua cornice - il bipolarismo - addirittura come il bene assoluto da preservare.
La realtà è ben diversa. Il Porcellum, al pari del precedente Mattarellum e di quanto si va ora preparando (sembra che possa essere la volta del Violantum), è sostanzialmente una delle tante variabili possibili in un sistema maggioritario. Nello specifico rimando a quanto già scritto diverse volte in passato (vedi, ad esempio, Ma di quale democrazia vanno parlando?). Quello che qui interessa è che si comprenda che lo scopo del lavorio sulla legge elettorale non è finalizzato a renderla più democratica, ma esattamente al suo contrario. Lo scopo è infatti quello di arrivare ad una legge ancor più oligarchica ed antidemocratica. E bene ha fatto Grillo a parlare di un Super-Porcellum in preparazione.
Il fatto è che, dal punto di vista sistemico, la legge calderoliana non regge più. Ed è per questo che la Corte Costituzionale, da sempre ben sensibile e prona alle esigenze del blocco dominante, potrebbe infine svegliarsi dal letargo che da sempre ne caratterizza l'attività. Il Porcellum non regge più per una ragione semplice, semplice: il bipolarismo è finito. E, dunque, una legge disegnata su misura per un sistema bipolare non funziona più, perlomeno non in termini di «governabilità».
Ecco dunque l'esigenza di andare oltre. A suo tempo (2005) il Porcellum aveva ereditato dal Mattarellum un sistema effettivamente bipolare. Certo, con alcune «imperfezioni», ma bipolare. Oggi, nei consensi, il bipolarismo è andato in frantumi. Da qui la volontà di ricostruirlo con meccanismi elettorali ancora più coercitivi della volontà popolare. Ed è qui il comune interesse di Pd e Pdl, quello di ridimensionare il M5S o chiunque altro si presenti con una proposta alternativa al regime bipolare.
Fino ad oggi, però, la quadra non era stata trovata. Del resto, come abbiamo detto più volte, lo stesso blocco dominante è percorso da una feroce guerra per bande, ed anche quel che sembra razionale dal punto di vista del sistema nel suo insieme, non è necessariamente conforme agli immediati interessi di tutte le sue componenti principali. E queste contraddizioni hanno sinora impedito la deriva presidenzialista, che necessariamente dovrà accompagnarsi all'ulteriore torsione antidemocratica del sistema istituzionale, di cui la legge elettorale è solo una parte, benché assolutamente essenziale.
Oggi, però, la situazione sta cambiando. Certo, nell'attuale crisi della classe dirigente, non è affatto sicuro che si arrivi alla nuova legge elettorale. Gli interessi tra i due contraenti fondamentali del patto di governo non potranno mai coincidere del tutto, e uno scontro interno è in atto sia nel Pd (in maniera più visibile) sia nel Pdl (in maniera più sotterranea). E, tuttavia, un fugace ma sostanziale matrimonio di interessi potrebbe in effetti aver luogo proprio sul terreno della legge elettorale.
Dunque, sempre avendo ben presente che la possibilità che tutto salti in aria è tutt'altro che remota, conviene dare un'occhiata a quel che si va preparando nelle cucine governative, e più precisamente nella «Commissione per le riforme istituzionali» insediata da Letta. Dopo tanta melina, la sensazione è che la svolta possa essere rappresentata dalla proposta di Luciano Violante, dallo stesso brevemente illustrata in un'intervista al Corriere della sera del 10 agosto.
Il Violantum
Andiamo dunque a vedere di cosa si tratta.
Violante lo sintetizza in poche ingannevoli parole: «Sistema proporzionale, con una preferenza; una eventuale seconda preferenza di genere. Poi: sbarramento al 5% per tutti, senza sottosoglie; premio di maggioranza per ottenere il 55% dei seggi assegnato alla forza che conquista il 40/45% dei consensi delle due Camere». E: «se nessuno lo raggiunge, si andrebbe al ballottaggio fra le due principali coalizioni».
L'inganno fondamentale della proposta sta proprio nel fatto che essa viene presentata come proporzionale, mentre si configura in realtà come ultra-maggioritaria. In questo esattamente uguale al Porcellum, anch'esso su base proporzionale, ma vistosamente corretto dal premio di maggioranza. Un premio completamente confermato dal Violantum, anche nella sua entità.
In breve, 5 sarebbero le novità introdotte dalla nuova legge.
Di queste, una (la reintroduzione delle preferenze) va incontro ad un diffuso sentire, senza che abbia però una vera incidenza sui meccanismi di selezione della classe politica. Diciamo che potrà forse sfavorire i grigi uomini d'apparato, favorendo però i candidati più ricchi e maggiormente appoggiati dai poteri forti. Insomma, se non è zuppa è pan bagnato.
Decisive sono invece altre tre novità. Due esplicitate da Violante (lo sbarramento al 5% ed il ballottaggio); la terza invece non dichiarata, ma che sappiamo far parte del pacchetto che si va cucinando, consiste nella modifica del sistema di assegnazione dei seggi sulla base dei risultati dei singoli collegi anziché, come ora, del collegio unico nazionale.
La chiave di volta risiede ovviamente nel ballottaggio, un meccanismo giustificato dalla necessità (è questa la quinta novità) di introdurre una soglia di accesso al premio di maggioranza. In astratto un'esigenza «democratica» minima (le virgolette sono obbligatorie, dato che qualunque alterazione del principio proporzionale è di per sé antidemocratica). In realtà, l'intento apparentemente «democratico» di questa soglia serve nei fatti a propinare l'assenza di qualunque soglia. Un risultato reso possibile dall'imbroglio del ballottaggio.
Facciamo un esempio. Se in febbraio si fosse votato con il Violantum, sarebbero andati al ballottaggio i due schieramenti capeggiati da Bersani (29,54%) e Berlusconi (29,13%). Chi avrebbe vinto si sarebbe aggiudicato il 55% dei seggi, esattamente come avvenuto con il vituperato Porcellum. E con ogni probabilità avrebbe conseguito questo risultato in entrambe le camere. Un 29% trasformato in 55% non è male (alla faccia della proporzionalità), ma siccome non gli basta mai, anche perché un contentino va dato pure agli amici/nemici di volta in volta sconfitti, ecco le altre due innovazioni.
Restando all'esempio delle ultime elezioni, con lo sbarramento secco al 5% sarebbero fuori dal parlamento anche Sel, la Lega e Fratelli d'Italia. Un danno assai lieve, direte. Vero, peccato che quei seggi sarebbero andati in larga parte a Pd e Pdl. Ma la volontà di avvantaggiare in tutti i modi le forze maggiori sembra non conoscere limiti. Ecco allora il sistema di assegnazione dei seggi collegio per collegio, non più su base nazionale. Un trucchetto (la Spagna insegna) che può rivelarsi micidiale specie in caso di rimpiccolimento dei collegi attuali. Un imbroglio con il quale si può arrivare a far fuori quasi del tutto anche forze attorno al 10%.
Ecco la democraticissima svolta del Violantum. Un Super-porcellum a tutti gli effetti. Il quale, però, porta con se un'altra polpetta avvelenata: il presidenzialismo.
Il presidenzialismo
Presidenzialismo non significa necessariamente più poteri al presidente della repubblica. C'è un'altra forma di presidenzialismo, solo apparentemente più soft, che consiste nell'assegnazione di maggiori poteri al presidente del consiglio. Alcuni vorranno magari chiamarlo premierato, ma la sostanza non è molto diversa.
Scrivevamo il 3 giugno scorso (Il presidenzialismo: l'ultima trincea delle canaglie): «E' lì che andranno a parare. Il presidenzialismo non è solo il passaggio finale di un processo di accentramento e rafforzamento del potere esecutivo iniziato vent'anni fa. Non è solo la pietra tombale su quel che resta (poco in verità) del sistema parlamentare. E' anche il modo in cui la casta dei politicanti espressione delle oligarchie dominanti punta a salvare se stessa».
Il succo del presidenzialismo sta nell'accentramento massimo dei poteri nelle mani di una persona, di fatto non più sfiduciabile dalla propria maggioranza parlamentare. E dunque assai libera di fare e disfare nell'arco del suo mandato.
Che le cose stiano così, che sia quello il vero obiettivo, ben al di là del Porcellum, ce lo dichiara candidamente lo stesso Violante quando, nell'intervista già citata, conclude l'esposizione della sua proposta affermando che: «la vera stabilità può venire soltanto da una riforma costituzionale».
Eccoli lì i veri sfasciatori della Costituzione. Tutti insieme all'opera, ed in questo assai uniti, mentre in molti a sinistra continuano a pensare che lo sfasciatore sia uno e soltanto uno.
Per portare avanti la loro opera stanno progettando un sistema che è un mix del peggio dei sistemi tedesco (lo sbarramento al 5%), spagnolo (l'attribuzione dei seggi per collegio), e soprattutto francese (il ballottaggio).
A nessuno sfuggirà che se avremo il ballottaggio esso sarà, come già avviene per i comuni, una partita tra i candidati premier più che tra le forze politiche. E così come già abbiamo i sindaci/podestà, avremmo allora qualcosa di molto simile ad un premier/duce. Eccoci servito il presidenzialismo di fatto, al quale prima o poi si dovrà far corrispondere (con la relativa modifica costituzionale) un nuovo assetto dei poteri istituzionali.
Conclusione
Che questo disegno riesca ad andare in porto è tutto da vedere. Le convulsioni politiche seguite alla conferma della condanna di Berlusconi potrebbero arrestare, ancora una volta, il progetto presidenzialista. Ma, prima o poi - e forse più prima che poi - è con questo progetto che ci si dovrà misurare.
Avendo ben chiaro che è questa l'altra faccia della politica antisociale che sta strangolando il paese ed impoverendo progressivamente, in tanti casi letteralmente affamando, il popolo lavoratore. La politica del massacro sociale ha infatti bisogno di un diverso quadro istituzionale, di un diverso assetto politico, di una maggiore coesione nel blocco dominante. Un sistema ultra-maggioritario mascherato da proporzionale, un presidenzialismo mascherato non si sa ancora bene come, potrebbero essere gli strumenti decisivi per imporre una svolta anti-popolare ancora più profonda.
Questa è la partita che lorsignori stanno conducendo. Occorre fermarli in tutti i modi.
Riuscirà il governo Letta ad arrivare all'autunno? La cosa non è certa, viste le fibrillazioni del campo berlusconiano. E tuttavia non è neppure impossibile, considerato il pressing quirinalizio e la volontà dei «poteri forti», così ben leggibile nell'offensiva mediatica sul bene supremo della «stabilità».
Sia chiaro, quello presieduto dal Nipote dello Zio è e rimarrà un governicchio, un esecutivo destinato a rinviare le scelte di fondo, votato per sua natura alla logica del «comprare tempo». Dalla sua questo governicchio ha però un'arma. Si chiama legge elettorale. Per essere usata essa ha bisogno di una sola condizione: l'accordo oligarchico e bipartisan di una casta ormai delegittimata in termini di consenso.
In altre parole, l'accordo ha da essere conveniente tanto per il Pd quanto per il Pdl. Ma, soprattutto, esso dovrà risultare confacente agli interessi sistemici delle oligarchie dominanti, protese più che mai a far man bassa dei salari, delle pensioni, dei diritti del popolo lavoratore. Tanto meglio, poi, se si troverà un sistema elettorale spacciabile per più democratico. Così quello stesso popolo verrebbe ad un tempo impoverito e turlupinato.
E' a questo che si sta lavorando. E' per questo che chiedono tempo. Due gli argomenti usati: che la legge attuale, il Porcellum, potrebbe venir dichiarata incostituzionale; che «se si andasse a votare con questa legge non vi sarebbe alcuna certezza di governabilità» (così Luciano Violante sul Corriere del 10 agosto).
Ovviamente a lorsignori sta a cuore solo il secondo argomento, mentre il primo serve unicamente ad attrarre il consenso dei gonzi. Un consenso reso forte da un senso comune costruito ad arte in questi anni, teso a presentare il Porcellum come il male assoluto, esaltando al tempo stesso la sua cornice - il bipolarismo - addirittura come il bene assoluto da preservare.
La realtà è ben diversa. Il Porcellum, al pari del precedente Mattarellum e di quanto si va ora preparando (sembra che possa essere la volta del Violantum), è sostanzialmente una delle tante variabili possibili in un sistema maggioritario. Nello specifico rimando a quanto già scritto diverse volte in passato (vedi, ad esempio, Ma di quale democrazia vanno parlando?). Quello che qui interessa è che si comprenda che lo scopo del lavorio sulla legge elettorale non è finalizzato a renderla più democratica, ma esattamente al suo contrario. Lo scopo è infatti quello di arrivare ad una legge ancor più oligarchica ed antidemocratica. E bene ha fatto Grillo a parlare di un Super-Porcellum in preparazione.
Il fatto è che, dal punto di vista sistemico, la legge calderoliana non regge più. Ed è per questo che la Corte Costituzionale, da sempre ben sensibile e prona alle esigenze del blocco dominante, potrebbe infine svegliarsi dal letargo che da sempre ne caratterizza l'attività. Il Porcellum non regge più per una ragione semplice, semplice: il bipolarismo è finito. E, dunque, una legge disegnata su misura per un sistema bipolare non funziona più, perlomeno non in termini di «governabilità».
Ecco dunque l'esigenza di andare oltre. A suo tempo (2005) il Porcellum aveva ereditato dal Mattarellum un sistema effettivamente bipolare. Certo, con alcune «imperfezioni», ma bipolare. Oggi, nei consensi, il bipolarismo è andato in frantumi. Da qui la volontà di ricostruirlo con meccanismi elettorali ancora più coercitivi della volontà popolare. Ed è qui il comune interesse di Pd e Pdl, quello di ridimensionare il M5S o chiunque altro si presenti con una proposta alternativa al regime bipolare.
Fino ad oggi, però, la quadra non era stata trovata. Del resto, come abbiamo detto più volte, lo stesso blocco dominante è percorso da una feroce guerra per bande, ed anche quel che sembra razionale dal punto di vista del sistema nel suo insieme, non è necessariamente conforme agli immediati interessi di tutte le sue componenti principali. E queste contraddizioni hanno sinora impedito la deriva presidenzialista, che necessariamente dovrà accompagnarsi all'ulteriore torsione antidemocratica del sistema istituzionale, di cui la legge elettorale è solo una parte, benché assolutamente essenziale.
Oggi, però, la situazione sta cambiando. Certo, nell'attuale crisi della classe dirigente, non è affatto sicuro che si arrivi alla nuova legge elettorale. Gli interessi tra i due contraenti fondamentali del patto di governo non potranno mai coincidere del tutto, e uno scontro interno è in atto sia nel Pd (in maniera più visibile) sia nel Pdl (in maniera più sotterranea). E, tuttavia, un fugace ma sostanziale matrimonio di interessi potrebbe in effetti aver luogo proprio sul terreno della legge elettorale.
Dunque, sempre avendo ben presente che la possibilità che tutto salti in aria è tutt'altro che remota, conviene dare un'occhiata a quel che si va preparando nelle cucine governative, e più precisamente nella «Commissione per le riforme istituzionali» insediata da Letta. Dopo tanta melina, la sensazione è che la svolta possa essere rappresentata dalla proposta di Luciano Violante, dallo stesso brevemente illustrata in un'intervista al Corriere della sera del 10 agosto.
Il Violantum
Andiamo dunque a vedere di cosa si tratta.
Violante lo sintetizza in poche ingannevoli parole: «Sistema proporzionale, con una preferenza; una eventuale seconda preferenza di genere. Poi: sbarramento al 5% per tutti, senza sottosoglie; premio di maggioranza per ottenere il 55% dei seggi assegnato alla forza che conquista il 40/45% dei consensi delle due Camere». E: «se nessuno lo raggiunge, si andrebbe al ballottaggio fra le due principali coalizioni».
L'inganno fondamentale della proposta sta proprio nel fatto che essa viene presentata come proporzionale, mentre si configura in realtà come ultra-maggioritaria. In questo esattamente uguale al Porcellum, anch'esso su base proporzionale, ma vistosamente corretto dal premio di maggioranza. Un premio completamente confermato dal Violantum, anche nella sua entità.
In breve, 5 sarebbero le novità introdotte dalla nuova legge.
Di queste, una (la reintroduzione delle preferenze) va incontro ad un diffuso sentire, senza che abbia però una vera incidenza sui meccanismi di selezione della classe politica. Diciamo che potrà forse sfavorire i grigi uomini d'apparato, favorendo però i candidati più ricchi e maggiormente appoggiati dai poteri forti. Insomma, se non è zuppa è pan bagnato.
Decisive sono invece altre tre novità. Due esplicitate da Violante (lo sbarramento al 5% ed il ballottaggio); la terza invece non dichiarata, ma che sappiamo far parte del pacchetto che si va cucinando, consiste nella modifica del sistema di assegnazione dei seggi sulla base dei risultati dei singoli collegi anziché, come ora, del collegio unico nazionale.
La chiave di volta risiede ovviamente nel ballottaggio, un meccanismo giustificato dalla necessità (è questa la quinta novità) di introdurre una soglia di accesso al premio di maggioranza. In astratto un'esigenza «democratica» minima (le virgolette sono obbligatorie, dato che qualunque alterazione del principio proporzionale è di per sé antidemocratica). In realtà, l'intento apparentemente «democratico» di questa soglia serve nei fatti a propinare l'assenza di qualunque soglia. Un risultato reso possibile dall'imbroglio del ballottaggio.
Facciamo un esempio. Se in febbraio si fosse votato con il Violantum, sarebbero andati al ballottaggio i due schieramenti capeggiati da Bersani (29,54%) e Berlusconi (29,13%). Chi avrebbe vinto si sarebbe aggiudicato il 55% dei seggi, esattamente come avvenuto con il vituperato Porcellum. E con ogni probabilità avrebbe conseguito questo risultato in entrambe le camere. Un 29% trasformato in 55% non è male (alla faccia della proporzionalità), ma siccome non gli basta mai, anche perché un contentino va dato pure agli amici/nemici di volta in volta sconfitti, ecco le altre due innovazioni.
Restando all'esempio delle ultime elezioni, con lo sbarramento secco al 5% sarebbero fuori dal parlamento anche Sel, la Lega e Fratelli d'Italia. Un danno assai lieve, direte. Vero, peccato che quei seggi sarebbero andati in larga parte a Pd e Pdl. Ma la volontà di avvantaggiare in tutti i modi le forze maggiori sembra non conoscere limiti. Ecco allora il sistema di assegnazione dei seggi collegio per collegio, non più su base nazionale. Un trucchetto (la Spagna insegna) che può rivelarsi micidiale specie in caso di rimpiccolimento dei collegi attuali. Un imbroglio con il quale si può arrivare a far fuori quasi del tutto anche forze attorno al 10%.
Ecco la democraticissima svolta del Violantum. Un Super-porcellum a tutti gli effetti. Il quale, però, porta con se un'altra polpetta avvelenata: il presidenzialismo.
Il presidenzialismo
Presidenzialismo non significa necessariamente più poteri al presidente della repubblica. C'è un'altra forma di presidenzialismo, solo apparentemente più soft, che consiste nell'assegnazione di maggiori poteri al presidente del consiglio. Alcuni vorranno magari chiamarlo premierato, ma la sostanza non è molto diversa.
Scrivevamo il 3 giugno scorso (Il presidenzialismo: l'ultima trincea delle canaglie): «E' lì che andranno a parare. Il presidenzialismo non è solo il passaggio finale di un processo di accentramento e rafforzamento del potere esecutivo iniziato vent'anni fa. Non è solo la pietra tombale su quel che resta (poco in verità) del sistema parlamentare. E' anche il modo in cui la casta dei politicanti espressione delle oligarchie dominanti punta a salvare se stessa».
Il succo del presidenzialismo sta nell'accentramento massimo dei poteri nelle mani di una persona, di fatto non più sfiduciabile dalla propria maggioranza parlamentare. E dunque assai libera di fare e disfare nell'arco del suo mandato.
Che le cose stiano così, che sia quello il vero obiettivo, ben al di là del Porcellum, ce lo dichiara candidamente lo stesso Violante quando, nell'intervista già citata, conclude l'esposizione della sua proposta affermando che: «la vera stabilità può venire soltanto da una riforma costituzionale».
Eccoli lì i veri sfasciatori della Costituzione. Tutti insieme all'opera, ed in questo assai uniti, mentre in molti a sinistra continuano a pensare che lo sfasciatore sia uno e soltanto uno.
Per portare avanti la loro opera stanno progettando un sistema che è un mix del peggio dei sistemi tedesco (lo sbarramento al 5%), spagnolo (l'attribuzione dei seggi per collegio), e soprattutto francese (il ballottaggio).
A nessuno sfuggirà che se avremo il ballottaggio esso sarà, come già avviene per i comuni, una partita tra i candidati premier più che tra le forze politiche. E così come già abbiamo i sindaci/podestà, avremmo allora qualcosa di molto simile ad un premier/duce. Eccoci servito il presidenzialismo di fatto, al quale prima o poi si dovrà far corrispondere (con la relativa modifica costituzionale) un nuovo assetto dei poteri istituzionali.
Conclusione
Che questo disegno riesca ad andare in porto è tutto da vedere. Le convulsioni politiche seguite alla conferma della condanna di Berlusconi potrebbero arrestare, ancora una volta, il progetto presidenzialista. Ma, prima o poi - e forse più prima che poi - è con questo progetto che ci si dovrà misurare.
Avendo ben chiaro che è questa l'altra faccia della politica antisociale che sta strangolando il paese ed impoverendo progressivamente, in tanti casi letteralmente affamando, il popolo lavoratore. La politica del massacro sociale ha infatti bisogno di un diverso quadro istituzionale, di un diverso assetto politico, di una maggiore coesione nel blocco dominante. Un sistema ultra-maggioritario mascherato da proporzionale, un presidenzialismo mascherato non si sa ancora bene come, potrebbero essere gli strumenti decisivi per imporre una svolta anti-popolare ancora più profonda.
Questa è la partita che lorsignori stanno conducendo. Occorre fermarli in tutti i modi.
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