Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 3 marzo 2012

Punizione, pagamento, prevenzione. La Grecia di oggi come la Germania di ieri

di Ugo Marani* - sinistrainrete -
La storia di frequente propone ricorsi paradossalmente speculari alle modalità con le quali gli avvenimenti si sono inizialmente presentati. E’ il caso della Germania che si presenta oggi in Europa, nella gestione della crisi del debito sovrano greco e nei preliminari dei nuovi accordi comunitari sulle politiche fiscali, in un ruolo del tutto antitetico a quanto era successo, in ben altro momento, all’indomani della Prima Guerra Mondiale. Il paragone storico sembrerà irriverente; le implicazioni economiche probabilmente no.

Il ventotto giugno del 1919 la delegazione tedesca alla Conferenza di Parigi, guidata dal ministro degli Esteri Brockdorff-Rantzau è chiamata, nel Salone degli Specchi della reggia di Versailles, a firmare il Trattato di Pace con Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. E’ l’atto finale, tragico, che sancisce un trattamento della nazione sconfitta assai più severo di quanto la delegazione tedesca, confinata all’Hotel des Rèservoirs di Versailles, possa immaginare: il bacino della Saar, la Polonia, la Slesia, ovvero il tredici per cento del territorio, il dieci per cento della popolazione e oltre centoventi miliardi di dollari di riparazioni (MacMillan, 2003).

E’ la logica conclusione di un approccio, quello del primo ministro francese Clemenceau di fatto subito da Lloyd George e da Woodrow Wilson, che poggia su due assunti basilari: la Germania va considerata la responsabile unica del conflitto bellico; il Trattato di Pace deve, di conseguenza, caratterizzarsi per i principi di “Punizione-Pagamento-Prevenzione”(d’ora in avanti PPP; Trachtenberg, 1982).

Il principio della responsabilità unica della Germania, da cui discende il rigore delle sanzioni è l’aspetto più criticato dalla società tedesca, anche da quella meno benevola nei confronti del militarismo prussiano. Max Weber afferma: “Noi non neghiamo la responsabilità di coloro che erano al potere prima e durante la guerra; crediamo però che tutte le grandi potenze d’Europa coinvolte nel conflitto siano colpevoli” (Luckau, 1971). Il modello PPP prevale su quello della responsabilità collettiva.

Pochi giorni prima della stipula del Trattato e dopo le sue dimissioni dalla delegazione britannica, Keynes scrive a Lloyd George esprimendo, ancora una volta, tutto il suo dissenso per i contenuti degli accordi: “…ho continuato a sperare che trovaste il modo di fare del Trattato un documento giusto e conveniente. Ma ora è troppo tardi, evidentemente. La battaglia è perduta.” (Skidelsky,1992 e 1994).

E questa insoddisfazione costituirà il retroterra delle memorabili pagine de Le Conseguenze Economiche della Pace e delle meno conosciute, ma forse più importanti, valutazioni, nel biennio che segue la Pace di Parigi, sulle relazioni monetarie internazionali.

Resistenza Partigiana. Agricoltura partigiana. Con Luca Abbà

Fonte: laterratrema
Luca Abbà lo abbiamo conosciuto in Val Susa e a La Terra Trema.
Luca è un agricoltore resistente, un partigiano, che ama il suo territorio e la vita.
Quanto gli è successo la mattina del 27 febbraio a Clarea è responsabilità diretta di chi ha voluto quel blitz, di tutti coloro che vogliono il TAV;
è un attacco vergognoso e ignobile.

FORZA LUCA!
PERCHE’ L’ORTO DEL SOLE E’ NO TAV
di Luca Abbà
“Diverse sono le motivazioni che hanno portato me e i miei collaboratori ad essere negli anni convinti attivisti della causa No Tav. Di seguito proverò ad elencarne le principali per poter rendere l’idea, a chi non si è adeguatamente informato sul tema, del perché la val di Susa sta diventando sempre più un “caso” nazionale.
Si sta parlando da circa venti anni del progetto di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione. Di fatto però non sono state ancora rese pubbliche delle valide motivazioni per costruire questa opera faraonica, si continuano a ripetere slogan tipo “progresso”, “Europa”, “sviluppo del Piemonte” ecc…
D’altro canto il movimento No Tav, affiancato da validi e autorevoli tecnici esperti, ha elaborato numerose ragioni che smentiscono totalmente l’esigenza di una nuova linea ferroviaria; inoltre sono stati evidenziati danni per l’ambiente e rischi per la salute dei territori coinvolti, compresa la città di Torino.
Sostanzialmente i motivi che rendono il TAV un progetto truffa sono di ordine ambientale, economico, trasportistico ed etico.
Danni ambientali: cantieri per almeno 15 anni con rumore, polvere, inquinamento dell’area e disagi alla viabilità; prosciugamento di sorgenti con lo scavo di gallerie, numerose discariche con materiali estratti anche pericolosi (amianto e uranio/radon); distruzione di suolo agrario; dispendio esagerato di risorse energetiche (petrolio e derivati)
Motivazioni economiche: i costi di costruzione esageratamente elevati si ripercuoteranno per anni sulle casse del denaro pubblico, con conseguente indebitamento e tagli ai servizi pubblici; si parla di 120milioni di euro per chilometro di ferrovia costruita, a preventivo e senza aver ancora cominciato i lavori.
Questione trasportistica: i dati reali di traffico danno in diminuzione progressiva la quantità di merce che viaggia tra Italia e Francia; la domanda di trasporto passeggeri è talmente bassa che negli ultimi anni sono stati addirittura annullati i treni che collegano direttamente Torino con Lione; la linea attuale peraltro, opportunamente gestita potrebbe trasportare una quantità di merci tripla rispetto a quella attuale senza il bisogno di una nuova ferrovia.
Ragioni etiche: ultime, ma non certo per importanza sono le ragioni etiche che spingono molti come me a pensare che un mondo senza TAV sarebbe possibile e senz’altro migliore. Infatti il TAV, e tutto l’apparato che lo supporta, rappresenta proprio bene il simbolo di un modello di società basato sulla frenesia, sul consumo, sullo sfruttamento e sullo spreco. Un modello che sacrifica la vivibilità dei territori sull’altare del profitto per pochi, che per nulla rispetta la Madre Terra che quotidianamente da milioni di anni è fonte di vita per uomini ed altri esseri viventi. Inoltre per costruire quest’opera non si esita a passare sulla testa di migliaia di persone che negli anni si sono opposte chiedendo che le loro ragioni venissero prese in considerazione.
Per tutto questo e per altro ancora da molti anni in Valsusa tanta gente impiega il proprio tempo nel discutere, informarsi, partecipare e organizzare iniziative per opporsi allo scempio del proprio territorio. Opponendosi con determinazione si è riusciti fino ad ora ad impedire e disturbare qualsiasi opera connessa al TAV e la questione ha assunto carattere nazionale vista la portata ampia delle motivazioni. Numerose sono state negli anni e soprattutto negli ultimi mesi le attestazioni di solidarietà e partecipazione da varie parti d’Italia.
Consapevoli di non avere altra scelta che vincere, continueremo la nostra battaglia per la libertà e la dignità fino a che il progetto non verrà accantonato definitivamente, e magari il risultato ottenuto allora sarà ancora più soddisfacente. Per quel che mi riguarda sono disponibile per chiarimenti ed approfondimenti”.

La fabbrica dell’uomo indebitato

di Maurizio Lazzarato - materialiresistenti -
La successione delle crisi finanziarie ha portato a emergere una figura soggettiva che ormai occupa tutto lo spazio pubblico: quella dell’uomo indebitato. Il fenomeno del debito non si riduce alle sue manifestazioni economiche. Esso costituisce la chiave di volta dei rapporti sociali in regime neoliberista, poiché opera una duplice espropriazione: quella di un potere politico già debole, concesso dalla democrazia rappresentativa, e quella di una parte crescente della ricchezza che le lotte passate avevano strappato all’accumulazione capitalista; esproprio, soprattutto, dell’avvenire, vale a dire del tempo come portatore di scelte, di possibilità.

La relazione creditore-debitore intensifica in modo trasversale i meccanismi di sfruttamento e di dominio propri del capitalismo. Perché il debito non fa alcuna distinzione fra lavoratore e disoccupato, consumatore e produttore, attivi e inattivi, pensionati e beneficiari del reddito di solidarietà attiva. Esso impone un medesimo rapporto di potere a tutti: perfino le persone troppo impoverite per avere accesso al credito personale partecipano al pagamento degli interessi legati al debito pubblico. La società intera è indebitata, cosa che non impedisce, ma esacerba, le ineguaglianze – che è tempo siano definite «differenze di classe».

Come senza ambiguità lo svela l’attuale crisi, una delle sfide più grandi del neoliberismo è quella della proprietà: la relazione creditore-debitore esprime un rapporto di forze fra proprietari e non proprietari di titoli del capitale. Somme enormi sono trasferite dai debitori (la maggioranza della popolazione) ai creditori (banche, fondi pensione, imprese, economie famigliari più ricche): attraverso il meccanismo dell’accumulo degli interessi l’importo totale del debito dei Paesi in via di sviluppo è passato da 70 miliardi di dollari nel 1970 a 3.545 miliardi nel 2009. nel frattempo questi Paesi avevano pertanto rimborsato l’equivalente di centodieci volte ciò che essi dovevano inizialmente(1).

Il debito secerne d’altronde una morale che gli è peculiare, al tempo stesso differente da e complementare a quella del lavoro. La coppia fatica-ricompensa dell’ideologia del lavoro vede sé stessa superata dalla morale della promessa (quella di onorare il proprio debito) e della colpa (quella di averlo contratto). Come lo sottolinea il filosofo tedesco Friedrich Nietsche nella sua lingua, il concetto di Schuld (colpa) – concetto fondamentale della morale – rimanda al concetto molto materiale di Schulden (debiti) (2). La campagna della stampa tedesca contro i «parassiti greci» testimonia della violenza propria alla logica che l’economia del debito instilla. I media, gli uomini politici, gli economisti sembra non abbiano che un messaggio da trasmettere ad Atene: «Siete colpevoli»,. «siete responsabili». Insomma, i greci si abbronzano al sole mentre i protestanti tedeschi sgobbano per il bene dell’Europa e dell’umanità sotto un tetro cielo. Questa presentazione della realtà non diverge da quella che fa dei disoccupati gli assistiti o dello Stato assistenziale una «mamma» statale.

Caro presidente Draghi, rilegga il suo maestro Federico Caffè

Postato da keynesblog il 3 marzo 2012 in Citazioni e testi classici, Italia, Welfare

“Il problema dello stato garante del benessere sociale (poiché un problema indubbiamente esiste) [è] quello della sua mancata realizzazione; non già quello del suo declino, o del suo superamento”.

(In difesa del Welfare State, 1986).

“Ogni auspicabile guadagno di efficienza richiede (…) una riaffermazione senza equivoci dei principi sui quali si fonda lo Stato del benessere. Non la sua crisi ci porta, oggi, a considerare gli indici di malessere, ma il fatto di aver sempre trovato argomenti per non realizzare in pieno una garanzia valida del benessere sociale, o per ridimensionare quel tanto che era stato faticosamente ottenuto. Una nuova epoca di scelte si apre: ma essa non può comportare opportunistici arretramenti, bensì ferma fedeltà agli ideali del progressismo riformatore; siano essi o meno vendibili sul mercato delle idee correnti”

(L’assistenza negata, in «Rinascita», 13 luglio 1985).

nota: Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, si è laureato con Federico Caffè nel 1970 ed è stato successivamente suo assistente. Caffè è stato uno dei più importanti economisti italiani ed uno dei primi a portare il pensiero keynesiano in Italia. E’ scomparso misteriosamente senza lasciare traccia il 15 aprile 1987.

TAV. La vera posta in gioco.

postato da Zag in ListaSinistra
Con i tassisti, con i camionisti, si fa il duro ma poi subito a far marcia indietro appena il nano fetens minaccia. L'ordine pubblico vale solo per i no tav. Per i tassisti che hanno praticamente messo a fero e fuoco una città, molte città, tutto tranquillo e pacifico, si son tirate giù le braghe. Per i camionisti che hanno paralizzato una intera nazione portandola quasi alla fame non esisteva un problema di ordine pubblico. Il problema diventa l'art 18 e con la No TAV Perché? Perché dietro questi fatti vi sono dei valori simbolici. Cosa vuoi che possa valere poche decine di miliardi della TAV di fronte alle centinaia di miliardi che valeva il Ponte di Messina. o delle Olimpiadi. ?
Perché qui si e la no?
Perché la vi sono dei cittadini che stanno mettendo in discussione il potere e i riti delle istituzioni che non rispondono più ai bisogni e alle esigenze, ai voleri e al comune sentire. Li si sta dicendo basta con il vostro modello di sviluppo, si sta mettendo in discussione la stessa natura e legittimità del loro potere! Quei cittadini stanno mettendo in discussione la legittimità di un processo che ha visto protagonisti decine di istituzioni "democratiche" e che loro ritengono non essere legittimati ad essere tali!
Se fanno passare questa ribellione allora si aprirà una valanga e loro , in questo momento non se lo possono permettere! La loro legittimità , ora, si basa essenzialmente su un rapporto di forza. Da un lato la polizia, l'esercito, gli alpini, difesa ad oltranza dal potere perché oggi rappresenta il loro unico strumento di argine e difesa, a loro è affidata la loro legittimità.
La fiducia dei partiti è data intorno al 4-8% dagli ultimi sondaggi

I professori si trovano a gestire un volere che forse non sarebbe proprio il loro, ma che il potere politico gli impone di eseguire pena la loro piena illegittimità.
Zag(c)

venerdì 2 marzo 2012

Siria: Intervista ad Ossamah Al Tawil del Comitato Esecutivo per il Cambiamento Democratico

Pubblicato Venerdì, 02 Marzo 2012 di Giovanni Sarubbi
- rifondazione -
Intervista a tutto campo con Ossamah Al Tawil membro del Comitato Esecutivo del Coordinamento Nazionale Siriano per il Cambiamento Democratico . Vive in Italia da vent'anni, è italo-siriano, ha 40 anni, lavora come designer, è stato perseguitato in Siria a 18 anni ed è rimasto in Italia perché obiettore di coscienza.

Gli abbiamo posto tutta una serie di domande come se fossimo un lettore qualunque che non sa nulla della Siria e cerca di acquisire le maggiori informazioni possibili per farsi una idea precisa della realtà siriana. Le sue risposte sono precise ed articolate dimostrando di conoscere bene quello di cui parla, fa denunce precise sia verso il governo Assad, sia verso quei gruppi che, a suo dire, stanno fomentando lo scontro armato in Siria con lo scopo di provocare un intervento armato esterno delle grandi potenze. Parla a lungo del processo di formazione del Coordinamento Nazionale Siriano per il Cambiamento Democratico (CNSCD) e del Consiglio Nazionale Siriano (CNS) che dal coordinamento si è scisso dopo un primo momento di unità. Racconta l'evolversi del movimento di opposizione ad Assad.

Spiega i motivi che stanno alla base della crisi siriana, il ruolo dei Fratelli Musulmani, che sarebbero l'unica componente del CNS e la vera natura del cosiddetto “Esercito Siriano Libero”; spiega il ruolo dei paesi del Golfo Persico e quello delle emittenti tv da loro gestite. Racconta il ruolo delle religioni e la loro convivenza pacifica che dura da sempre. Parla del ruolo della Russia e della Cina. Il CNSCD di cui Ossamah Al Tawil è membro propone una via non armata per la risoluzione della crisi siriana. E' il tema su cui occorrerebbe concentrarsi, almeno per chi è impegnato nella realizzazione di un mondo pacifico. Non spetta ovviamente a noi dare un giudizio di merito sulle cose che lui ci ha raccontato. Stiamo svolgendo con lui come con altri esponenti della opposizione siriana il ruolo che dovrebbe essere proprio di qualsiasi mezzo di informazione, quello di far conoscere le posizioni dei vari gruppi esistenti con l'obiettivo di contribuire alla costruzione di percorsi pacifici che portino al superamento della crisi attuale che impediscano l'esplodere di nuove e sanguinose guerre. E' con questo augurio che offriamo ai nostri lettori questa intervista che contiene importanti spunti di riflessione su una realtà, quella siriana, su cui troppe e plateali bugie girano in queste settimane di preparazione dell'ennesima guerra nella quale si vorrebbe trascinare anche il nostro paese.

Domanda:A quale gruppo appartieni e che cosa vi proponete?

Risposta: Faccio parte del Coordinamento Nazionale Siriano per il Cambiamento Democratico, nato nel mese di giugno in Siria e che è composto dalla maggior parte delle forze politiche laiche, con un partito islamico molto moderato, ed alcuni personaggi di nota storia di lotta politica e qualche anno di carcere che ha segnato la loro vita. Il Coordinamento era necessario per unire tutti gli sforzi e le attività per accelerare la caduta del regime e l’avvio di un processo democratico che i siriani hanno aspettato a lungo.

Le tre finestre, parte 2

parte 2, la prima è qui
- finansol -
Ma chi sono i protagonisti dei mercati finanziari, ossia i responsabili dell’attività speculativa?
Anzitutto le grandi banche, i grandi fondi di investimento, le grandi assicurazioni, gli hedge funds (fondi di investimento speculativi). Le prime 1000 banche del mondo gestiscono risorse pari a circa il doppio del Pil mondiale.

Questi soggetti fanno praticamente ciò che vogliono, le regole sono poche e deboli, del tutto insufficienti ad arginare le loro scorribande. Poi quando le borse crollano e accusano pesanti perdite intervengono gli Stati: nessuna grande banca fallisce veramente, poiché ci andrebbero di mezzo milioni di risparmiatori, quindi in caso di perdite vengono quasi sempre soccorse dai soldi pubblici. Che fare dunque? Sintetizzo di seguito alcuni spunti di riflessione e di azione.

- Prendere coscienza che il denaro non produce denaro. E’ una legge fisica. Sembra scontato ma non lo è affatto, dato che milioni di risparmiatori continuano a scommettere sulla finanza per integrare i propri magri salari, mentre i veri speculatori guadagnano miliardi. In questo modo è avvenuta la crisi dei mutui subprime negli Usa.

In altre parole la finanza non produce ricchezza, solo il lavoro ha questo potere. La finanza può semmai spostare ricchezza da alcuni soggetti ad altri o, come dice Gallino, estrarre valore (dal lavoro, dall’ambiente, ecc). Quando compriamo un prodotto finanziario che ci fa guadagnare il 5% all’anno dobbiamo sapere che quel rendimento non nasce magicamente dal nulla, ma viene preso dalla tasche di qualcun altro, siano essi lavoratori o altri risparmiatori. Se compro un titolo a 1 euro e lo rivendo a 2 euro, chi lo compra mi garantisce il guadagno, magari sperando che il valore salga ulteriormente. Ovviamente arriva il momento in cui tutto crolla e l’ultimo ne paga le conseguenze, ma come abbiamo visto a perderci in quel caso sono in tanti, anche i più “virtuosi”. Eticamente si tratta di un gioco di insensato e dannoso per la collettività: non si può guadagnare sul solo possesso e scambio di denaro. Per questo bisogna tornare alle “origini” e dare valore al lavoro come fonte di sostentamento. Cito testualmente le parole di Lanza Del Vasto, che parlando del commercio mette in luce come una visione delle vita centrata sull’uomo lo porti “dapprima a rifiutare ogni gioco sul frutto del lavoro degli altri, e ci proibisce il commercio. Non che il commercio sia illecito o maledetto, né che sia impossibile che un commerciante arrivi alla salvezza; ma quanto a noi, avremmo scrupolo a darci a un affare che ha come movente la concorrenza e come scopo un profitto senza prodotto. Ci è proibito comprare qualcosa per rivenderlo: non ci è proibito vendere quello che abbiamo fatto. Tuttavia la vendita è ridotta al meno possibile e al meno lontano possibile, e tende a rendere sicuri e ridotti gli scambi”.

Perché ci si ostina contro l’art 18

2 marzo 2012 di Zag - Reset -
‘La guerra prossima ventura e’ sul lavoro, e noi stiamo combattendo su minutaglie irrilevanti come l’articolo 18. Io in 54 anni di attivita’ imprenditoriale – continua De Benedetti – non mi sono mai imbattuto nell’articolo 18 …Così esordisce uno dei maggiori imprenditori italiani e come lui la maggior parte degli imprenditori. Allora perché tanto accanimento su questo articoletto, e nemmeno tutto , ma solo sulla parte che parla del possibile reintegro del lavoratore ingiustamente licenziato ?
E’ evidente che la questione non ha nulla di strutturale, di materialmente rilevante. E’ solo una battaglia puramente ideologica e sopratutto voluta fortissimamente dalle centrali finanziarie BCE e FMI , sostanzialmente.
La stessa ministra dalla “lacrima sul viso” qua e la nelle sue esternazioni lo ammette ” E’ l’Europa che ce lo chiede”

Ma cosa vi è di ideologicamente rilevante in quella frase in cui si dice “possibile reintegro” ? ( si perché il lavoratore potrebbe volere anche l’indennizzo e dati alla mano l’85 per cento di quelle pochissime cause per l’art 18 terminano con l’indennizzo perché al lavoratore non interessa lavorare in un clima di ostilità, la vita gli sarebbe difficile, e al datore di lavoro pur di togliersi quel rompicazzo, preferisce indennizzare anche di più.)
Ma perché allora visto anche che in tutti i paesi d’Europa e in gran parte del mondo non si chiama art 18 , ma comunque si afferma l’illeggitimità di un licenziamento per discriminazione e è previsto anche il reintegro?.

Ma perché si manda il messaggio alla figlia perché madre intenda.
Significa, fuor di metafora, che il vero problema è la legge 300 detta anche Statuto dei lavoratori. L’art 18 è il pilastro formale di quella legge, Se cade la breccia cade allora tutta l’impalcatura senza altro colpo ferire. Dietro lo Statuto dei lavoratori vi è una legislazione che protegge e difende i diritti sul posto di lavoro. Libertà di scegliersi il sindacato ( tra l’altro già smantellato dall’art 8 della legge Sacconi) , libertà di esprimere il proprio pensiero, libertà di assemblea, difesa dei rapporti fra lavoro e capitale, divieto di essere monitorizzati, fotografati, auscultati, diritto alle pause di lavoro ecc ecc .
Ma oltre ai fatti sostanziali è l’effetto psicologico, morale che si inferirebbe se cadesse anche questo ultimo baluardo. Sarebbe un altro colpo, alla dignità e alla difesa dei lavoratori.
E’ una battaglia della lotta di classe che si sta conducendo
Ecco perché ci si ostina contro l’art 18 . Ecco perché la ministra dalla lacrima sul viso se ne inventa una al giorno di motivazioni, tutte campate in aria, tutte fasulle , tutte pretestuose. E’ arrivata persino a dire che se si abolisse l’art 18 i salari aumenterebbero! Tutte motivazioni subito ritirate , tra l’altro, perché non reggerebbero un solo minuto in più, nonostante le milizia mediatiche e professorali reclutate a sostegno delle varie tesi.

Giulietto Chiesa: la linea TAV non si farà

Scritto da Giulietto Chiesa Giovedì 01 Marzo 2012 Intervista su Articolotre.com.

Abbiamo recentemente assistito ai tragici fatti accaduti in Val di Susa. Prima le cariche della polizia alla stazione di Porta Nuova a Torino, poi la drammatica caduta di Abbà. Lei cosa ne pensa di quanto sta accadendo in Valle?

Con il nostro “Laboratorio politico - Alternativa” abbiamo mandato un comunicato per esprimere il nostro punto di vista sulla situazione in Val di Susa. Una situazione che sta degenerando grazie alla diretta responsabilità del governo italiano e delle forze politiche che lo sostengono.

Si sta cercando di adottare nei confronti della Val di Susa un atteggiamento punitivo, bellicoso e guerriero. Qualcuno ha detto che il ministro Passera sembra quasi un ministro “spartano” nella sua sintesi. Se è questo comunque il loro modo di fare credo che stiano commettendo un errore drammatico in quanto stanno cercando di imporre all’Italia una cura di lacrime e sangue ma che non potrà essere portata avanti pena una rivolta popolare. Se intendono usare la Valsusa come un’esperimento per verificare la tenuta degli italiani, si accomodino pure. Il progetto della Tav è gia stato fatto a pezzi dalla competenza di ricercatori e scienziati che conoscono il problema, la decisione di fare la Tav era ritenuta sbagliata già vent’anni fa, ma ora è così clamorosamente sbagliata che dire che le decisioni sono già state prese è il più chiaro segno che questa maggioranza non è composta da tecnici, ma da pasticcioni molto simili ai politici incapaci, dei pasticcioni incapaci di correggere i propri errori”.

Ma la Tav, secondo lei, alla fine si farà o no?

“No, non si farà. Innanzitutto piegare la resistenza della Valle non è possibile, se non a prezzo di gravissimi sviluppi che questo governo sta organizzando senza rendersene nemmeno conto. Poi comunque non potrebbero perché ci troviamo in recessione, potranno al massimo fare qualche buco per terra, ma saranno poi costretti a fermarsi perché non ci sono risorse e nemmeno la tenuta di una classe politica ormai devastata moralmente e che non ha direzione nè prospettive politiche”.

Monti in qualche modo non dovrebbe dialogare con i No Tav?

“Monti non dialoga proprio con nessuno perché è stato messo qui a fare gli interessi della finanza internazionale. Non mi interessa tanto che cosa fa Mario Monti, mi interessa il fatto che questo debito è il frutto di una gigantesca truffa orchestrata alle spalle di Italia e popoli europei. Il debito non va pagato e pretendere che questo debito venga pagato equivale a chiederci di suicidarci. La mia risposta è la seguente: siamo di fronte a classi dirigenti nel panico, incapaci di guardare in faccia la realtà. Mi appello a quanto è stato detto da Giulio Tremonti, uno che è stato ministro e che si è seduto allo stesso tavolo con gli autori del disastro; Tremonti ha detto che ci troviamo di fronte a una situazione paragonabile per certi versi a un “Nazismo bianco”. Io ritengo che Tremonti, che è corresponsabile di quanto sta accadendo, in questo caso dica una cosa vera. Quello che sta accadendo è che stanno attaccando la democrazia per imporre la volontà di rapina della finanza internazionale. Un governo fuori dalla costituzione che come tale va combattuto da tutti gli italiani”.

Il governo tecnico resisterà fino al 2013? Se sì, poi cosa accadrà alla politica?

”Non so fare previsioni. Se la situazione dovesse andare avanti come ora, Monti arriverà fino al 2013, ma lo farà in una situazione in cui la politica sarà sempre più screditata con un aperto conflitto sociale. Che cosa avverrà dopo non riesco a prevederlo, ma con questo presidente della Repubblica e con questi partiti non si uscirà dalla crisi. Occorrono nuove elezioni e soprattutto una nuova legge elettorale, ma chi sarà in grado di farla? Questo parlamento è incapace di prendere decisioni razionali, si dovrebbe lanciare una iniziativa parallela mobilitando le forze italiane individuali, intellettuali e personalità al di sopra di ogni sospetto, chiamandole a lavorare per una nuova legge elettorale proporzionale diretta che possa permettere agli italiani di esprimere direttamente i loro nuovi rappresentanti. Si dovrà guidare il Parlamento verso una nuova legge elettorale e temo che nei prossimi mesi saremo coinvolti in nuove misure d’emergenza eccezionali”.
TAV debate table
citizen government

giovedì 1 marzo 2012

Il dottor House alla ricerca del colpevole della crisi europea

Posted by keynesblog on 1 marzo 2012
Un bravo economista, diceva Keynes, è come un medico o un dentista. Deve curare la malattia e far stare meglio il malato. Ma, aggiungiamo noi, prima di prescrivere una medicina deve fare una diagnosi. Il termometro dell’economista sono i dati, riassunti in tabelle e grafici.

Con questo approccio si pone Paul Krugman sul suo blog, cercando di trovare il colpevole della crisi del paesi PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna). Ovviamente ognuno di questi paesi ha dei problemi propri, diversi da quelli degli altri Piigs. Ma la sfida per l’economista-medico-investigatore è cercate una causa comune per la malattia dei paesi periferici. Solo dopo ha senso guardare i fattori aggravanti.

La tesi in voga tra i Repubblicani americani è che questi paesi abbiano una spesa pubblica eccessiva, in particolare nel Welfare. Ma Krugman mostra questo grafico:

Come si vede, tutti i PIIGS hanno una spesa sociale percentualmente più bassa dei principali paesi “virtuosi”, compresa l’Italia che pure si avvicina ai livelli tedeschi.

Messo da parte il primo sospettato, si passa quindi al secondo, accusato dai tedeschi: il deficit pubblico:

Il grafico mostra la media del deficit pubblico come percentuale sul Pil tra il 1999 e il 2007. Qui le cose appaiono più confuse: la Grecia ha deficit relativamente alti, l’Italia è circa al livello francese. Il Portogallo è decisamente più virtuoso di Francia e Germania. L’Irlanda è addirittura in avanzo, risparmiando mediamente circa l’1,5% l’anno. No, neppure il deficit sembra essere il virus che ha infettato i PIIGS.

Infine, Krugman punta l’attenzione sulle bilance commerciali, cioè sulla differenza tra esportazioni e importazioni:

“Bingo!”, direbbe il dottor House. Tutti i Piigs hanno bilance commerciali in passivo, ovvero importano più di quanto esportano. Una analisi che peraltro mette in evidenza anche altri tre Paesi a rischio: Estonia, Slovacchia e Slovenia. L’Estonia in particolare, tra l’altro entrata da poco nell’Euro, ha avuto un calo del Pil tra il 2007 e il 2009 della gigantesca percentuale del 18%.

Poiché tutte le “cure” finora proposte si basano su una diagnosi sbagliata, difficile pensare che porteranno alla guarigione. Anzi, rischiano di aggravare la malattia.

Il blog New Economic Prospectives giunge alle medesime conclusioni, presentando ulteriori dati sia sui PIIGS che sulle economie forti. In più, contesta l’assunzione comune che la competitività tedesca sia da attribuire prevalentemente alle riforme antisindacali di Schröder (l’ “Agenda 2010″) poiché lo sbilanciamento inizia già dall’introduzione dell’Euro e non con l’avvio delle riforme nel 2003.

Ma, soprattutto, il modello tedesco basato sul surplus di esportazioni, se è abbastanza facile da applicare in un solo paese, non potrebbe funzionare facilmente per l’intera Europa, a meno che, aggiungerebbe Krugman, non incominciassimo a commerciare con gli alieni.

La soluzione sta quindi in politiche sul lato della domanda e non dell’offerta.

E’ tempo di assumere la lotta del popolo NoTav come una battaglia generale

di Bruno Giorgini 1 marzo 2012 - eilmensile -
E’ tempo di assumere la lotta del popolo NoTav come una battaglia generale, e non come un semplice episodio di resistenza territoriale a cui portare solidarietà e mostrare simpatia, nonché comprensione. Se in Valsusa fosse confinata, lo Stato non dispiegherebbe una così imponente forza armata, non dichiarerebbe e tratterebbe la zona alla stregua di una servitù militare, non ci sarebbe un moltiplicarsi delle provocazioni verbali e fisiche, non entrerebbe in campo in modo così pesante la magistratura accusatoria tramite un pezzo da novanta come il Procuratore Caselli, non assisteremmo a un così compatto schieramento dei mezzi d’informazione radio, televisioni, giornali, più o meno tutti se si esclude il manifesto e qualche altro, volto a oscurare la verità, spargendo non solo menzogne ma diffamazioni, e quant’altro, l’elenco è veramente lungo, e inquietante, né può mancare l’oligarchia europea a spingere, se sei No Tav, sei contro L’Europa, lo sviluppo, il progresso, la civiltà e chi più ne ha più ne metta. Tutto questo contro quattro montanari ottusi? Tutto questo contro una minoranza estremista? Tutto questo per scavare un buco in una montagna?

La posta è ben più rilevante, si tratta di decidere chi decide sulla propria esistenza, e sul modello di sviluppo nonché di convivenza civile: decidono gli oligarchi, dai banchieri fino ai tecnocrati, oppure i popoli che si auto-organizzano in modo democratico. Da una parte un modello capitalistico finanziario che distrugge territorio, relazioni sociali, comunità, forme di cooperazione in nome del profitto privato, senza produrre nemmeno il progresso nell’ambito dei trasporti, gli studi sono innumerevoli e conclusivi sul piano scientifico: la TAV cambierà di poco o niente le dinamiche di mobilità e trasporti, in compenso costerà, è già costata, moltissimo in termini di denaro pubblico, ancor più in termini di convivenza civile. Dall’altra una società che si costituisce nella resistenza, fondata sull’eguaglianza, con suoi strumenti di democrazia e di conoscenza del problema, con valori precisi sull’ambiente e la natura, nonchè in grado di dialogare direttamente con lo stato e i suoi esperti, perché i tecnici vicini ai NoTav sono bravi e competenti con una analisi quantitativa molto solida, mentre nessuno è riuscito fino a oggi a dimostrare che l’opera sia in un qualche senso fruttuosa, se non dal punto di vista dei profitti di costruttori vari, e francamente fanno un po’ ridere i filo Tav che altro non sanno contrapporre se non che lo ha deciso l’Europa, una specie di Moloch intoccabile e insindacabile. Insomma si tratta di una lotta democratica e auto-organizzata, con forti contenuti ethici, ethos, abitare, rendere abitabile, e cognitivi, vorrei dire scientifici, che dispiega una complessità di azione politica straordinaria.

La Campagna 005 scrive al Presidente Monti

- zerozerocinque -
Pubblichiamo la lettera inviata nei giorni scorsi al Presidente Monti in vista dei prossimi vertici europei, Consiglio Europeo del 1° marzo ed ECOFIN del 13 marzo.

Roma, 24 febbraio 2012
Egregio Presidente
del Consiglio dei Ministri
Sen. Mario Monti

p.c.
Prof. Vittorio Grilli
Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze

OGGETTO: Consiglio Europeo del 1°marzo e Tassa sulle Transazioni Finanziarie

Presidente Monti,

Le scriviamo in vista del prossimo vertice europeo del 1°marzo, per chiederLe di tornare a sostenere con forza in seno al Consiglio l’avanzamento delle discussioni sulla Tassa sulle Transazioni Finanziarie (TTF).

Abbiamo apprezzato l’adesione dell’Italia alla lettera recentemente inviata alla Presidenza Danese da nove Stati Membri dell’Unione Europea per accelerare il processo di introduzione di una TTF. Crediamo che tale volontà politica sia sostenuta fra l’altro da un crescente consenso dell’opinione pubblica italiana ed europea. In Italia, già nel 2002, venne presentata una proposta di legge di iniziativa popolare per l’introduzione della Tobin Tax. Oggi in Europa, oltre il 61% dei cittadini è favorevole alla TTF che potrebbe, in minima parte, compensare l’iniqua situazione per cui i cittadini si trovano a dover pagare i costi di una crisi che non hanno causato, mentre il settore finanziario è esente da qualsiasi forma di risarcimento. La FTT è percepita da una parte crescente dell’opinione pubblica europea come una giusta misura per controbilanciare le pesanti misure di austerità adottate in tutta Europa e per finanziare i beni pubblici globali.

La questione dirimente è ora data sia dal livello di applicazione sia dall’estensione di tale tassa a tutti i prodotti finanziari con una maggiore attenzione a quelli più speculativi. Fin dal Suo insediamento a capo del Governo, Lei ha più volte espresso una posizione favorevole all'introduzione della TTF purché su scala europea. A fronte delle resistenze di alcuni Paesi europei riteniamo tuttavia che sia arrivato il momento di spendersi con coraggio e strategicamente in nome del bene comune. Per questo Le chiediamo di fare in modo che l'Italia si adoperi per introdurre la TTF ricercando una soluzione che veda il consenso del più ampio numero di Stati europei possibile, senza sottostare ad intollerabili posizioni di veto.

In occasione del prossimo Consiglio Europeo chiediamo all’Italia di rinnovare un chiaro sostegno alla TTF sottolineando l’urgenza di questa misura sia per rispondere agli obiettivi di regolamentazione della finanza, sia per reperire risorse da destinare per metà ad obiettivi di sviluppo sociale negli Stati Membri, e per metà alla lotta alla povertà nel mondo e al contrasto ai cambiamenti climatici.

Una Sua rinnovata dichiarazione in tal senso aumenterebbe le probabilità di porre in agenda la TTF al prossimo vertice dell’ECOFIN del 13 marzo. Si tratta di una condizione determinante affinché una decisione sull’introduzione di questa tassa a livello di Unione Europea, di Eurozona o di coalizione di Stati sia assunta al più tardi entro il Consiglio Europeo di giugno.

Ci auguriamo, Presidente, che Lei voglia accogliere la nostra richiesta, con la stessa sollecitudine e determinazione che ha dimostrato in molte altre recenti circostanze. Restiamo a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento.

Cordialmente,
Andrea Baranes
Portavoce della Campagna ZeroZeroCinque

Sicurezza nei cantieri Tav? Ci passiamo sopra

di Massimo Zucchetti - ilfattoquotidiano -
Ho avuto notizia che una persona umana, Luca Abbà, di 37 anni, trovatosi all’interno di un terreno trasformatosi – dopo che lui era entrato – in un cantiere, è rimasto vittima di un grave incidente: arrampicatosi su un traliccio dell’alta tensione che si trovava all’interno del cantiere, sorgente d’altra parte su un terreno che era in parte anche di sua proprietà – è rimasto folgorato, è caduto da un’altezza di circa 15 metri, e si trova ora in coma farmacologico presso l’Ospedale CTO di Torino, in condizioni gravi anche se pare non in pericolo immediato di vita.

Dato che mi trovo ad aver insegnato per oltre un decennio la materia “Sicurezza e Analisi di Rischio” presso la mia Università, vorrei provare in questo pezzo a prendere la questione sotto un aspetto un po’ differente, dato che molto è già stato detto in questi giorni sotto gli altri punti di vista, e credo che la mia opinione sull’Alta Velocità e la mia solidarietà a Luca Abbà siano ben note.

Prendiamo allora per buono quanto ci dicono i sostenitori dell’Alta Velocità: quello sorto in queste ore intorno alla “Baita Clarea”, sopra Chiomonte, Valle di Susa, è un cantiere, e non un fortino militare. Molto bene. Se è un cantiere, deve sottostare alle norme di sicurezza sui cantieri. In particolare, queste sono dettate da una normativa italiana ben precisa: se la Valsusa è in Italia, e non in Afghanistan, si applica la legge, come a gran voce invocano tutti coloro che vogliono che in Valsusa “ritorni la legalità”.

Il Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (TUSL), è l’insieme di norme contenute nel Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 che ha riformato, riunito e armonizzato, abrogandole, le disposizioni dettate da numerose precedenti normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro succedutesi nell’arco di quasi sessant’anni. Il nuovo Testo unico ha previsto l’abrogazione (con differenti modalità temporali) di molte normative, quali il D.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, il D.lgs. 14 agosto 1996, n. 494 e il D.lgs. 19 agosto 2005, n. 187.

La legge prima individua i soggetti responsabili e poi descrive le misure gestionali e gli adeguamenti tecnici necessari per ridurre i rischi lavorativi. Alla fine di ciascun titolo sono indicate le sanzioni in caso di inadempienza. Vorrei in particolare concentrarmi sugli aspetti che riguardano la sospensione dell’attività.

NOTAV

di Zag in - ListaSinistra -
L'operazione è vecchia come il potere. Non ascoltare la protesta dei cittadini, far alzare il livello di incazzatura e di scontro. Provocare la reazione, anche attraverso operazioni di sabotaggio e di intimidazioni ( auto bruciate di alcuni No Tav ad opera di ignoti. Caselli dove sei? Nessuna indagine su questa azione? ) , inseguire su in alto su un traliccio un semplice e pacifico, innocuo contestatore provocandogli la morte e poi invocare al " se le cercata da solo" Campagna mediatica massiccia e all'unisono. dal tema " occorre isolare la violenza, denunciare i violenti" e non una sola parola sulle ragioni della protesta, sulla necessità , affinchè si isoli la violenza, a fare un passo indietro da parte del governo e trovare con i cittadini una base di trattativa e di colloquio fermando nel frattempo i lavori. Cercare il morto per poi smembrare la protesta fra le grida di "terrorismo". Cossiga insegna.
Questa volta è in pentola una posta più alta. Forse non sono più gli intrallazzi e le rapine intorno a quell'opera.
Questa volta è la dimostrazione da parte dello stato che le volontà dei cittadini abitanti di una zona non contano nulla di fronte alle ragioni di stato. Quando il potere decide i cittadini devono abbodire. Non esiste nessun vincolo ambientale, nessuna dimostrazione di costo/beneficio, nessuna valorizzazione dell'utilità pubblica. Il potere deve rispondere solo a se stesso ( e ai suoi mandanti)
TWINSHIPS

mercoledì 29 febbraio 2012

Comunisti dopo il 1989

di Valentino Parlato - Il Manifesto - controlacrisi
Il comunismo è un obiettivo di lungo periodo che richiede lavoro, organizzazione e cultura

Cara Rossana, dopo gli impegnati e utili interventi di Giorgio Ruffolo, Pierluigi Ciocca, Albergo Burgio, Mario Tronti e Luciana Castellina vorrei dire qualcosa anche io. Mi sembra d’obbligo. Il tuo scritto «Un esame di noi stessi», pubblicato il 18 febbraio, impone una seria riflessione sul nostro giornale, che da più di quarant’anni continua a definirsi «quotidiano comunista» e, ovviamente su di me e tutti quanti lavoriamo qui, se non da quarant’anni, da un bel po’ di tempo, e che ora siamo piuttosto nei guai e anche con la Cassa integrazione.
Pensando al giornale tu scrivi «la crisi della sinistra non è diversa dalla nostra», e questo mi convince: siamo a qualcosa di più della crisi di un quotidiano nato nel 1971 in un contesto politico e sociale, e direi anche culturale, del tutto diverso da quello attuale. Allora ci scontravamo con il Pci ed era una fase di crescita della lotta operaia. In tutti i modi questa tua affermazione un po’ mi conforta: se il giornale va male non è solo colpa nostra (anche se rimane forte e deve crescere la nostra responsabilità).
Insomma si tratta di una crisi assai profonda e tu scrivi ancora «non è facile essere comunisti oggi; a più di trent’anni dal 1989. E, appunto sarebbe nostro compito chiarire che cosa intenderemo nel dirci comunisti ancora, o perché non lo si possa dire più». E ancora, si chiede e ci chiede «possiamo davanti a questo mutamento di scena conservare gli strumenti di analisi e di proposta che avevamo nel 1971?». Cruciale mi pare l’interrogativo sugli strumenti di analisi. Insomma il capitalismo è sempre capitalismo, ma è cresciuto e anche cambiato: globalizzazione, finanziarizzazione sono due novità forti e complesse, specialmente la finanza che è diventata parecchio più complessa che ai tempi del buon Hilferding delle nostre letture giovanili. I cambiamenti sono profondi e complicati e anche in questo giornale occorre studiare e studiare: quel che scriviamo dovrà essere almeno contemporaneo.
Ma mi pare utile una considerazione sul presente. Le crisi capitalistiche hanno innanzitutto colpito, e duramente, il movimento operaio e la democrazia. Ricordo solo gli sbocchi di destra che ebbe in Europa la grande crisi del 1929. Il capitalismo in crisi diventa feroce. «L’autunno del capitalismo» è quasi sempre il duro inverno del proletariato. L’unico esempio, a mia memoria, di uscita a sinistra da una crisi è stato quello della Rivoluzione d’ottobre; ma in tutt’altro contesto; sconfitta militare e anche lotta armata.

LA BCE REGALA VALANGHE DI MILIARDI ALLE BANCHE MENTRE L'EUROPA E' ALLA FAME. GRECIA IN SCIOPERO

di fabio sebastiani - controlacrisi -
Alla vigilia del vertice europeo sulla crescita la Bce brucia sull'altare del monetarismo 500 miliardi, che le banche impiegheranno per sopportare il peso dei titoli tossici. Di quale crescita parlerà l'Europa? Intanto prosegue la protesta sindacale. In Grecia si fa sul serio con lo sciopero di ospedali e amminsitrazioni comunali. A Bruxelles la Ces organizza una passerella sotto le finestre della Commissione europea e del Consiglio.

Domani l’Europa, se non si frantumerà sul fondo salva stati e sulla tassa contro i capitali speculativi, dedicherà un vertice alla crescita. Un modo come un altro per lavarsi la coscienza dai disastri del monetarismo liberista che, intanto, oggi ha celebrato un altro giorno fausto. La Bce ha distribuito altre centinaia di miliardi alle banche senza mettere alcuna condizione. O meglio, a parole mister Draghi dice di voler in questo modo favorire il credito e l’acquisto dei titoli di Stato, ma di fatto quelle risorse serviranno a sistemare i bilanci degli istituti bancari entro gli stretti limiti imposti dalle nuove regole “anti-default”. 800 istituti si sono gettati a capofitto sull'asta della Banca centrale europea, stavolta per 530 miliardi (489 a dicembre). L'operazione (in sigla LTRO) a 3 anni con tasso fisso dell'1%, continuerà a drogare a drogare i mercati e a rendere più concreti i pericoli di inflazione. Basta guardare, a questo proposito, come stanno festeggiando gli operatori economici del settore petrolifero con la benzina lanciata verso i due euro al litro.

Una operazione carognesca che con l’obiettivo di bloccare le vie al contagio dei titoli tossici, di fatto sta piegando anche quelle residue speranze di ripresa economica bruciando risorse sull’altare della cosiddetta stabilità monetaria. Le banche europee, che hanno molti "titoli tossici" in pancia, fanno fatica a ripagare i debiti in scadenza, e impegnano quasi tutte le risorse ad acquistare i titoli di stato dei paesi di appartenenza (soprattutto Italia e Spagna) mentre hanno ridotto ai minimi termini i prestiti a famiglie e aziende, che infatti (rispettivamente).

Tra l’altro, la Bce non comunica l'identità delle banche che si sono gettate a capofitto per approfittare dell'occasione unica di prendere denaro in prestito per non “turbare” il mercato.

Siria. Approvata la nuova costituzione, affluenza al 57%

- articolotre -
Il ministro degli Interni siriani ha annunciato che il referendum per l’approvazione della nuova Costituzione sarebbe stato approvato con l’89% delle preferenze. L’affluenza sarebbe al 57%.

-Redazione- 27 febbraio 2012- Sono arrivate le prime notizie dalla Siria in merito ai risultati del referendum sulla nuova Costituzione fortemente voluto da Bashar al-Assad. Il ministro degli Interni siriano Ibrahim al-Shaar ha annunciato in diretta tv che l’89% di coloro che hanno preso parte al referendum hanno votato a favore della nuova Costituzione. Il nuovo testo dovrebbe quindi finalmente porre fine ai cinquant’anni di dominio unico del partito Baath. Il ministro degli Interni ha annunciato i risultati del referendum nel corso di una conferenza stampa, divulgando anche alcuni dati interessanti. Secondo il ministro sui 14 milioni e mezzo di votanti avrebbero deciso di recarsi alle urne ben 8.376000, circa il 57%.

Al-Shaar ha spiegato che alcuni gruppi di opposizione avrebbero tentato di sabotare le operazioni di voto in alcune zone a rischio come Homs e Idlib. Qui ribelli armati sono stati accusati di non aver permesso a diverse migliaia di persone di recarsi alle urne. Al-Shaar si è detto molto soddisfatto dei risultati elettorali e nella conferenza stampa ha dichiarato che “il popolo Siriano, ha fatto la sua scelta”. Il ministro degli Esteri russo ha considerato il risultato del referendum siriano come una prova del fortissimo supporto della maggioranza del popolo siriano nei confronti delle riforme portate avanti da Assad. “Il referendum ha confermato che il corso dei cambiamenti è supportato dal popolo”, ha detto il ministro, ” L’influenza dei gruppi di opposizione che hanno boicottato il referendum è ristretta e non da loro alcun autorizzazione a parlare a nome del popolo siriano”. La Costituzione adottata include 14 nuovi articoli e ben 47 emendati. Le riforme sono state fortemente volute da Assad per fermare le rivolte sanguinose degli ultimi undici mesi e per aprire la via per nuove elezioni libere nel Paese.

I politici occidentali hanno sempre considerato il referendum come una farsa, con il segretario di Stato Hillary Clinton che ha chiamato “un gioco cinico” la tornata elettorale. Allo stesso tempo proprio oggi l’Unione Europea ha colpito il governo siriano con una nuova ondata di sanzioni. Queste sanzioni includono il congelamento di alcuni conti bancari, e un divieto di importazione di metalli preziosi dal paese. A più di un anno dall’inizio delle rivolte, la violenza continua a infierire in alcune zone del Paese; la speranza è che questo referendum possa servire in qualche modo a sopire gli animi.

Maurizio Crozza - "Due mondi totalmente diversi" BALLARO'

Auguri San Precario!

- permalink -
Il 29 febbraio 2004 nasceva San Precario. E non poteva che scegliere come miglior compleanno un giorno intermittente, come l'ultimo giorno di febbraio di un anno bisestile. Avarà quindi otto anni, ma li porta benissimo, sarà perchè col giochetto del bisestile ne ha in effetti solo due! San Precario è apparso in prima assoluta al Supermercato Coop di Via Palmanova a Milano in un brumoso tardo pomeriggio per sostenere la lotta dei precari e delle precarie delle catene commerciali.
Da lì in poi è cresciuto in fretta, ha benedetto il successo dalla MayDay Parade e l'esperienza dell'EuroMayDay, ha contaminato gli aereoporti, icall-center, i luoghi dello spettacolo, gli uffici del Comune, i laboratori della ricerca universitaria come le redazioni e via dicendo.
E' stato punto di riferimento nel costruire un contro-immaginario in grado di dare forza e coscienza ai precari e alle precarie.
Ha generato i Punti San Precario e ha partecipato alle lotte di resistenza operaie
contro le ristrutturazioni negli anni della crisi. E' stato al fianco delle mobilitazioni dei migranti per i diritti di cittadinana e del lavoro.
Ha tracimato l'area milanese e metrolombarda verso l'intero territorio nazionale, partecipoando alla nascita degli Stati Generali della Precarietà. Ancora giovane si è sposato con Santa Insolvenza per dare voce e proposte per il superamento della condizione precaria. Oggi
San Precario compie due anni, ma la sua vita è già leggenda.
Buon compleanno San Precario!

Guarda il video della prima apparizione del Santo!
http://www.youtube.com/watch?v=u_q2oinAuFQ&feature=related

martedì 28 febbraio 2012

La vera malattia che piega l´Europa

di PAUL KRUGMAN - controlacrisi -
La situazione in Portogallo è terribile, ora che la disoccupazione vola addirittura oltre il 13 per cento. Ma va anche peggio in Grecia, Irlanda e probabilmente Spagna. Nel suo complesso tutta l´Europa pare scivolare nuovamente nella recessione. Perché l´Europa è diventata il malato dell´economia mondiale? La risposta è nota a tutti. Purtroppo, però, buona parte di ciò che si sa non è attendibile, e le false voci sui guai europei stanno snaturando il nostro dibattito economico. È assai probabile che chi legge un articolo d´opinione riguardante l´Europa – oppure, troppo spesso, una presunta cronaca giornalistica degli avvenimenti – possa imbattersi in una di due possibili interpretazioni, alle quali penso in termini di variante repubblicana e variante tedesca. In verità, nessuna delle due rispecchia la realtà.

Secondo la versione repubblicana di come stanno le cose – uno dei temi centrali sui quali batte la campagna elettorale di Mitt Romney –, l´Europa si trova nei guai perché ha esagerato nell´aiutare i meno abbienti e i disgraziati, e staremmo quindi assistendo all´agonia del welfare state. Questa versione dei fatti, a proposito, è una delle costanti preferite della destra: già nel 1991, quando la Svezia si angosciò per una crisi delle banche innescata dalla deregulation (vi suona familiare?), il Cato Institute pubblicò un trionfante articolo su come ciò che stava accadendo di fatto confermasse il fallimento dell´intero modello del welfare state.
Vi ho già detto che la Svezia – che ha ancora oggi un generoso welfare – è al momento una delle migliori performer e ha una crescita economica più dinamica di qualsiasi altra ricca nazione? Ma procediamo con sistematicità: pensiamo alle 15 nazioni europee che usano l´euro (lasciando in disparte Malta e Cipro) e proviamo a classificarle in rapporto alla percentuale di Pil che hanno speso in programmi di assistenza sociale prima della crisi. Le nazioni Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) che oggi sono nei guai spiccano davvero in tale classifica per il fatto di avere uno stato assistenziale insolitamente generoso? Niente affatto. Soltanto l´Italia rientra nelle prime cinque posizioni della classifica, ma anche così il suo welfare state è inferiore a quello della Germania. Ne consegue che i problemi non sono stati causati da grandi welfare.

Esperimento Grecia. Lavoratori e pensionati, dopo i tagli.

di Argiris Panagopulos - controlacrisi -
In questi giorni della fine del mese, milioni di greci si sentono ostaggi della «troika» e del premier Papadimos. Si trovano a fare i conti con le tristi sorprese dei nuovi tagli nelle pensioni e negli stipendi, mentre il numero dei disoccupati rischia di superare un milione e mezzo di persone entro l’anno. Per il 36enne Vasilis Tsakalogiannis, che lavora in una ditta di forniture elettriche per costruzioni, la sua vita si è capovolta, ora è costretto a lavorare quasi gratis. «Eravamo sei impiegati, sono rimasto da solo e mi danno giusto i soldi per qualche caffè! Gli incassi della ditta a volte sono 20 o 30 euro al giorno. Meno male che pagano ancora la mia ragazza per il suo lavoro e possiamo sopravvivere con il suo stipendio tagliato e l’aiuto dei nostri genitori». «Uscire la sera non se ne parla da mesi. Solo raramente, per una caffetteria. Il resto è proibitivo. Siamo tornati come quando eravamo ragazzi e andavamo a mangiare a casa dei nostri genitori perché non avevamo soldi», dice Vasilis.
La verità è che le magre pensioni sono diventate l’unico reddito sicuro per intere famiglie e tanti vecchi sono costretti a condividere i loro pochi euro con figli e nipoti. «Se non avessimo i nostri genitori, potremmo morire di fame», dice la 39enne Eleni Taxmatzidou, grafica, disoccupata da quasi due anni e con una figlia alle elementari. Lo stipendio di suo marito è sceso a 900 euro dai 1.300 e solo il mutuo costa 800 euro al mese. «Dopo un anno che non pagavamo le rate, la banca ha proposto di allungarlo per pagare di meno ogni mese. Alla fine lasceremo a nostra figlia un prestito in eredità, perché non è sicuro che riusciremo a estinguerlo. Andiamo avanti solo grazie all’aiuto dei nostri genitori. Il direttore della filiale della Banca Nazionale greca (la più grande del paese) mi ha detto che loro accettano qualsiasi somma dalle persone che hanno ipoteche o prestiti. Siamo tre sorelle e tutte tre abbiamo difficoltà per pagare i mutui». Dopo le pressioni dei partiti di sinistra, di sindacati e associazioni, il governo ha congelato la pratica delle banche di prendere possesso delle case con mutui insolventi. Centinaia di migliaia di famiglie possono stare per il momento al sicuro.

Le tre finestre

- finansol -
Siamo abituati a pensare alla finanza come un mondo lontano, che tutto sommato non ci riguarda. La realtà è diversa. Quello che succede nel mondo finanziario condiziona pesantemente la nostra vita, determina la distribuzione delle risorse, il modello di convivenza, quello che mangiamo e il vestito che indossiamo. La finanza stabilisce anche il destino degli Stati. Se il nostro paese andrà in bancarotta ciò non avverrà a causa del peso abnorme del nostro debito, che resta un grave problema, ma perché il mercato ha deciso che è arrivato il momento di attaccare la nostra economia.

Quando dico “mercato” mi riferisco al mercato finanziario, ossia ad anonimi personaggi in giacca e cravatta che passano le giornate davanti al computer a compare e vendere titoli dai propri uffici a Londra o a New York. Sono professionisti alle dipendenze di grandi banche o fondi di investimento, che decidono la sorte di milioni di persone.

La finanza è la punta più avanzata del sistema capitalista, è un fenomeno che negli ultimi tre decenni ha accelerato, potenziato ed esasperato tutte le distorsioni del capitalismo. Dice Luciano Gallino nel suo ultimo libro (Finzacapitalismo, Einaudi): “Il finanzacapitalismo è una mega macchina che è stata sviluppata nel corso degli ultimi decenni allo scopo di massimizzare e accumulare, sotto forma di capitale e insieme di potere, il valore estraibile sia dal maggior numero possibile di esseri umani, sia dagli ecosistemi”. Gallino non è un economista ma un sociologo dell’economia, che si è occupato molto di finanza e questo gli conferisce una lucidità che normalmente gli economisti non hanno, essendo fortemente indottrinati dal dogma della crescita infinita e a tutti i costi. Sempre Gallino osserva che la finanza ha di fatto eliminato il lavoro dalla creazione di ricchezza, come nessun altro sistema è riuscito a fare. O almeno questo resta l’obiettivo. “Il capitalismo industriale – dice Gallino – accumulava capitale applicando la tradizionale formula D1 – M – D2, che significa investire una data quantità di denaro, D1, nella produzione di merci, M, per ricavare poi dalla vendita di queste ultime una quantità di denaro, D2, maggiore di quella investita. La differenza tra D2 e D1 è un reddito chiamato solitamente profitto o rendita. Per contro il finanzacapitalismo persegue l’accumulazione di capitale facendo tutto il possibile per saltare la fase intermedia, la produzione di merci. Il denaro viene impiegato, investito, fatto circolare sui mercati finanziari allo scopo di produrre immediatamente una maggiore quantità di denaro. La formulazione dell’accumulazione diventa quindi D1 – D2”. Poi vedremo se questo è realmente possibile, e a che prezzo.

Meno finanza per tutti

- finansol -
Se c’è una cosa che ha insegnato la crisi finanziaria è che staremmo tutti meglio con meno finanza.

Dall’agosto del 1971 – quando ha inizio il regime di “cambi flessibili”, che scardinano il sistema creato a Bretton Woods – si sono susseguite decine di crisi finanziarie, alcune di eccezionale gravità, che hanno messo a repentaglio la sicurezza di interi paesi e i diritti acquisiti di milioni di persone. Nel frattempo la finanza ha assunto dimensioni difficili perfino da immaginare, arrivando a condizionare pesantemente le politiche degli stati. Ogni anno vengono scambiati titoli per 1.500.000 miliardi di dollari, pari a circa 4.100 miliardi di dollari al giorno, circa il doppio del Pil italiano prodotto in un anno.

E pensare che nel 1970 tali transazioni si aggiravano tra i 10 e i 20 miliardi di dollari. Oltre il 90% di esse sono di natura speculativa e questo ha accresciuto enormemente la volatilità dei mercati e la possibilità di nuove crisi, arrivando a intaccare l’economia reale. L’illusione che il denaro potesse creare magicamente altro denaro, senza produrre nulla, ha messo alla prova la creatività degli ingegneri finanziari, che ogni giorno mettono a punto nuovi complessi strumenti, talvolta incomprensibili perfino a chi li ha creati. Si possono benissimo comprare e vendere milioni di titoli senza nemmeno possederne uno, scommettendo sulle continue differenze di valore.

Se la finanza nasce come luogo dove chi ha bisogno di capitali può rifornirsi da chi ne ha in eccesso, oggi essa è per lo più una piazza di scommesse. Ma i beni sottostanti sono sempre quelli: azioni, ossia porzioni di aziende, obbligazioni, ossia prestiti ad imprese o a stati, per attività alle quali lavorano persone in carne ed ossa. E quando un titolo scende non ci perde solo l’investitore, ma anche i lavoratori e i consumatori, poiché gli azionisti/investitori faranno di tutto per far riguadagnare valore alle azioni in portafoglio, tagliando costi del personale, spese per la ricerca, servizi al consumatore, misure antinquinamento, oppure intensificando lo sfruttamento del suolo e dell’ambiente, tutte azioni finalizzate a far lievitare i profitti. Ma ciò avviene anche quando il titolo non scende, semplicemente per mostrare un bilancio in attivo alla comunità degli investitori, che per legge deve essere pubblicato ogni trimestre.

Meccanismo Europeo di Stabilità: astensione del nuovo orientamento.

François Hollande e i socialisti rifiutano l'attuale orientamento dell’ Europa, quello che la destra europea impone ai cittadini.

Perché siamo dei pro-europeisti convinti , vogliamo un'altra Europa, una Europa solidale per combattere la crisi e volontà di preparare il dopo-crisi. Nel suo progetto presidenziale (Impegno n 11), F. Hollande dice chiaramente: "Io rinegozierò il trattato europeo termine dall'accordo del 9 dicembre 2011 privilegiando la crescita e l'occupazione, e riorientando il ruolo della BCE in quella direzione."

Questa volontà di rinegoziare il trattato di austerità un domani giustifica l'astensione sul Meccanismo Europeo di Solidarietà (MES) oggi. Si tratta di una astensione di riorientamento.

1) Con questo voto, esprimiamo il nostro impegno per la solidarietà in Europa.
Il MES è il meccanismo progettato per succedere al Fondo Europeo di Stabilità finanziaria (EFSF), una misura di urgenza di fronte alla crisi del debito sovrano che abbiamo approvato.

Questo è uno strumento imperfetto, ma indispensabile per contribuire a stabilizzare la zona Euro in faccia alla speculazione finanziaria garantendo un aiuto finanziario a qualsiasi Stato membro che si trovi di fronte' “a gravi problemi di finanziamento", in modo permanente (e non colpo dopo colpo ),
- e in modo più reattivo (non dopo giorni e notti di chiacchiere tra dirigenti) .

2) Con questo voto, anche noi diciamo il nostro rifiuto alla timidezza di fronte alla speculazione e all’austerità per i popoli.

La timidezza di fronte agli speculatori: il MES è un meccanismo tardivo - viene dopo 16 incontri dell’ultima speranza tra i capi di stato - e ahimè insufficiente – per mancanza di intervento diretto della BCE e non avendo a disposizione di una licenza bancaria, la sua capacità di azione (500 miliardi di €) potrebbe non essere sufficiente in caso di aggravamento della situazione. Inoltre, l'Europa deve rimanere sovrana: la richiesta di fondi esteri - cinese o d’altri - può indebolire l'UE quando, per esempio l’Europa esigerà un maggior rispetto delle norme sociali e ambientali nei scambi commerciali .

Il Governo del 5%

ilfattoquotidiano
Adesso che questo “Governo dei tecnici” ha pubblicato le sue dichiarazioni dei redditi, possiamo concludere, all’ingrosso, che tra la punta alta di una guardasigilli che guadagna sette milioni di euro all’anno e il più “sfigato” del gruppo, che ne guadagna solo 120 mila, la media è decisamente al di sopra dei 200 mila euro annui.

Perché metto l’indice su questa cifra? Perché secondo le statistiche, questa è la barriera oltre la quale si colloca il 5% dei contribuenti italiani. Questo, almeno, è quello che dichiarano. Ma noi sappiamo che abbiamo a che fare con donne e uomini d’onore, e dunque gli crediamo.

Il 5% vuol dire che, al di sopra di quella barriera, si colloca un italiano su venti.

Ora, dalle mie letture giovanili riemerge, per caso, una definizione dell’individuo che Karl Marx formulò da qualche parte: “L’uomo è il punto d’intersezione di tutti i suoi rapporti sociali”. Quando la lessi pensai che andava bene per l’individuo sociale, perché ritenevo che l’uomo fosse una cosa anche assai più complessa. Ma, a grandi linee, direi che è una buona definizione. Cosa voleva dire Marx? Che ognuno riflette l’ambiente in cui vive, le persone che frequenta, il posto e le funzioni lavorative che conosce. Insomma ha un orizzonte, e una coscienza, che – appunto – sono il prodotto di tutte quelle intersezioni.

Dunque, tornando a quel 5%, se si applica la definizione di Marx, si può ragionevolmente immaginare qual’è il loro orizzonte. Bene: abbiamo un governo che rispecchia il loro orizzonte, cioè che rappresenta il 5% della popolazione del paese.

Direi che si vede da molti segnali. Non mi stupisce dunque che Monti si lasci sfuggire una frase come quella che il posto fisso è una gran noia. Lassù, dove non si è mai disoccupati, sicuramente lo è.

Saranno dei tecnici, ammettiamolo, ma stanno anche loro lassù in cima. Come tutti i governi degli ultimi quarant’anni. Del resto vi risulta che ci sia qualche operaio, in parlamento, o lavoratrice, o artigiano? Se c’è è un ex, che si è già dimenticato tutto.

Che rapporto ci potrebbe essere tra il loro orizzonte, di quelli che devono stringere la cinghia, e quello del 5%? E c’è qualcuno che pensa che si possa scendere, con la fantasia, al di sotto di quel loro orizzonte? L’inverso si può fare, fantasticando. Ma scendere è proprio impossibile. Solo la Fornero ha pianto. Per sbaglio.
NO TAV ! (HIGH SPEED TRAIN)
They will destroy a valley to get quicker to Lion !

lunedì 27 febbraio 2012

Altro che crisi !! ...

Hsbc: utili 2011 +28% a 16, 8 miliardi dollari
27 FEB 2012

(AGI) - Londra, 27 feb. - Il colosso bancario Hsbc annuncia un aumento del 28% degli utili netti nel 2011 a 16,8 miliardi di dollari. I profitti prima della tasse erano di 13,2 miliardi di dollari nel 2010. L'amministratore delegato, Stuart Gulliver, definisce il 2011 un "anno di forti progressi". L'anno scorso la banca ha annunciato un programma di ristrutturazione dei costi da 3,5 miliardi di dollari entro il 2013, che prevede il taglio di 30 mila posti di lavoro a livello globale....

Cameriere inciampa e rovescia birra sulla Merkel. Non sara' mica stato greco?! ...



(AGI) - Berlino, 27 feb. - Doccia involontaria di birra per Angela Merkel, che si e' vista rovesciare sul collo un intero boccale da parte di un cameriere che e' inciampato.

Nel corso di una manifestazione della Cdu svoltasi mercoledi' scorso a Demmin, nel Meclemburgo, la Merkel era seduta a un tavolo e si apprestava a pronunciare un discorso. Al momento di servire cinque boccali di birra al suo tavolo un giovane cameriere e' improvvisamente inciampato ed ha innaffiato il cancelliere.

A raccontare l'incidente a Bild e' lo stesso protagonista dell'increscioso episodio, Martin D., 21 anni, subentrato a una collega "troppo emozionata, che mi ha pregato di sostituirla". Arrivato con il vassoio alle spalle della Merkel, "sono stato spinto, ho cercato di salvare i boccali, ma ormai era troppo tardi e ho urlato 'merda'". Investita in pieno dalla doccia, la signora Merkel e' rimasta calmissima, "si e' voltata, mi ha guardato con un ghigno, poi bagnata com'era si e' alzata per andare sul podio".

Italia, paese dai bassi salari: una lettura ragionata


Posted by keynesblog on 27 febbraio 2012 in Europa, Italia, Lavoro
Siamo tra i paesi europei che pagano meno i lavoratori, mentre abbiamo gli orari di lavoro più lunghi. Nonostante ciò la competitività delle nostre imprese è tra le più basse. Il quadro di un paese che ha sbagliato obiettivi e che si appresta a commettere ulteriori errori.

Ieri e oggi i quotidiani hanno riferito la diffusione dei dati Eurostat sui salari medi lordi nei paesi dell’Unione. Tuttavia i dati diffusi, per ciò che riguarda l’Italia, si riferiscono al 2006, mentre per altri paesi si arriva al 2009. Inoltre i dati italiani riguardano le aziende con più di 10 dipendenti, mentre per altri paesi il campione è l’intero mondo del lavoro. Evitiamo quindi di riportare statistiche così disomogenee e ci affidiamo invece all’OCSE che fornisce dati più aggiornati e uniformi.

OCSE: salari medi anno 2002, in US$ 2009 a parità di potere d'acquisto, prezzi correnti

Come si può notare l’Italia è una posizione defilata, ben lontana dal “centro” dell’Europa e vicina ai paesi meno ricchi.

La situazione al 2010 è invece questa:
OCSE: salari medi anno 2010, in US$ 2009 a parità di potere d'acquisto, prezzi correnti

Si può notare che la situazione è peggiorata negli 8 anni trascorsi. L’Italia viene scavalcata dalla Spagna e dalla Finlandia e viene avvicinata dalla Slovenia. In sostanza, l’Italia da ultimo paese dell’Europa “ricca” nel 2002 passa ad essere il secondo dell’Europa “povera”. Da notare anche il modesto incremento dei redditi da lavoro in Germania, paese che ha adottato una politica di stabilità salariale, ma che continua a mantenere un differenziale importante con l’Italia e il resto dei “Pigs”.

Ore lavorate
Mentre i lavoratori italiani sono tra i peggio pagati d’Europa, il numero di ore di lavoro per anno per addeto risulta fra i più alti.

OCSE: ore lavorate per addetto in un anno, anno 2010

Anche qui, si può notare come il nostro paese risulti vicino alle nazioni meno sviluppate d’Europa, piuttosto che alle maggiori economie. Si noti inoltre come la Grecia, spesso dipinta come paese di “fannulloni” risulti invece in testa tra i paesi considerati.

Costo del lavoro
Il costo del lavoro in Italia, inteso come retribuzione, oneri sociali e altre spese, risulta minore rispetto alle grandi economie europee, come si evince da questo grafico:

Eurostat: costo del lavoro totale orario, anno 2010

L’Italia si colloca al di sotto della media della zona Euro. E’ quindi privo di fondamento l’assunto che le imprese italiane paghino il lavoro più di quelle delle economie avanzate europee, ad eccezione della sola Gran Bretagna (dove è particolarmente bassa la componente degli oneri sociali).

Produttività
Il quadro è ribaltato invece quando si considera la produttività. Qui mostreremo la produttività come calcolata dall’OCSE, Prodotto interno lordo (in Euro) per ora lavorata:

OCSE: Produttività (Pil in euro / ore di lavoro) a prezzi costanti

Come si può notare, la produttività italiana risulta bassa in valore assoluto e stagnante, quella Greca è addirittura calante, mentre tutte le altre sono crescenti, sia pure con inclinazioni differenti.

In altre parole, l’Italia è un paese fermo da molti anni. La sua produzione, intesa nel senso più generale, è rimasta poco remunerativa, mentre i partner europei hanno saputo migliorare la capacità di produrre reddito.

Da notare che nel 2003 è intervenuta una significativa modifica del mercato del lavoro, con l’introduzione di nuove forme di lavoro flessibile, ampiamente sfruttate dalle imprese. Ciò però non ha avuto effetti significativi sulla produttività del lavoro.

Conclusioni
Mentre il dibattito pubblico appare tutto concentrato sulla riduzione delle tutele del lavoro, le cui conseguenze più immediate sono il contenimento salariale e l’aumento delle ore di lavoro effettive, i dati mostrano invece che le politiche sinora adottate in questa stessa direzione non hanno avuto l’effetto di ridurre il gap di produttività rispetto alle potenze economiche europee e si sono pertanto dimostrate del tutto inefficaci rispetto agli obiettivi enunciati.

Come abbiamo già evidenziato, il problema della bassa produttività italiana non può addebitarsi al fattore lavoro, che anzi risulta maggiormente a buon mercato che altrove.

Secondo l’UE “la crescita della produttività dipende dalla qualità del capitale fisico, dal miglioramento delle competenze e della manodopera, dai progressi tecnologici e dalle nuove forme di organizzazione.”

Le cause probabili delle scarse performance italiane andrebbero ricercate nella scarsa “produttività del capitale”, vale a dire dei mezzi di produzione, intesi nel senso più ampio, obsoleti o sottoutilizzati, così come nella frammentazione del capitale in moltissime microimprese che non riescono a realizzare quelle economie di scala e quell’innovazione di processo e di prodotto che permettono una maggiore competitività delle stesse e nella specializzazione produttiva. Non sorprende quindi la bassa qualificazione dei lavoratori richiesta nel nostro paese dal tessuto produttivo, che abbiamo già evidenziato in passato.

La discussione pubblica si sta quindi svolgendo sul lato sbagliato dei fattori produttivi. Riforme che tendessero a precarizzare ulteriormente il lavoro e/o ridurre i salari effettivamente percepiti, non avrebbero probabilmente impatti positivi sulla produttività, come non li hanno avuti in passato, mentre risulterebbero nocive sul lato della domanda aggregata.

E’ qui la festa?

di Alessandro Robecchi
Solo un delinquente incallito, i suoi avvocati e i suoi complici potrebbero festeggiare una sentenza come quella emessa ieri dal Tribunale di Milano. Una sentenza che, tradotta in italiano, dice così: la prescrizione è scattata dieci giorni fa, grazie all’ultima disperata mossa perditempo degli on. avv. Ghedini e Longo (la ricusazione dei giudici), dunque non possiamo condannare B.; ma lo sappiamo tutti, visto che l’ha già stabilito la Cassazione, che nel 1999 l’avvocato Mills fu corrotto dalla Fininvest con 600 mila dollari nell’interesse di B., in cambio delle due false testimonianze con cui – come aveva lui stesso confidato al suo commercialista – l’aveva “salvato da un mare di guai”. Cioè gli aveva risparmiato la condanna per le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza.

Condanna che avrebbe fatto di B. un pregiudicato già nel 2001, con devastanti effetti a catena: niente più attenuanti generiche negli altri processi, dunque niente prescrizione dimezzata, ergo una raffica di condanne che oggi farebbero di lui non un candidato al Quirinale, ma un detenuto o un latitante. E se, al netto della falsa testimonianza prezzolata di Mills sulle tangenti alla Gdf, B. sarebbe stato condannato in quel processo, al netto della legge ex Cirielli sarebbe stato condannato anche ieri per avere corrotto Mills. Così come Mills sarebbe stato condannato due anni fa per essere stato corrotto da B. (invece si salvò anche lui grazie alla prescrizione, scattata due mesi prima). Quando infatti fu commesso il reato, nel 1999, la prescrizione per la corruzione giudiziaria scattava dopo 15 anni: dunque il reato si estingueva nel 2014. Ma nel 2005, appena scoprì che la Procura di Milano l’aveva beccato, B. impose la legge ex Cirielli, che tagliava la prescrizione da 15 a 10 anni.

Così il reato si estingueva nel 2009. Per questo la Cassazione, nel febbraio 2010, ha dovuto dichiarare prescritto il reato a carico del corrotto Mills (pur condannandolo a risarcire lo Stato italiano). E per questo ieri il Tribunale ha dovuto fare altrettanto col corruttore B. Fra il calcolo della prescrizione proposto dal pm Fabio de Pasquale e quello suggerito da Ghedini e Longo, il Tribunale ha scelto quello degli avvocati: la miglior prova, l’ennesima, che il Tribunale di Milano non è infestato di assatanate toghe rosse. Anzi, visti i precedenti, se i giudici hanno un pregiudizio, è a favore di B. Il quale, per la sesta volta, incassa una prescrizione a Milano: le altre cinque accertarono che comprò Craxi con 23 miliardi di lire, comprò un giudice per fregarsi la Mondadori e taroccò tre volte i bilanci del gruppo per nascondere giganteschi fondi neri usati per comprare tutto e tutti.

Ora càpita di ascoltare Angelino Jolie, avvocato ripetente, che delira di “folle corsa del pm” (dopo 8 anni di processo!); l’incappucciato Cicchitto che vaneggia di “assoluzione”; e l’imputato impunito che si rammarica (“preferivo l’assoluzione”), ma s’è ben guardato dal rinunciare alla prescrizione per farsi giudicare nel merito. Gasparri, poveretto, vorrebbe cacciare De Pasquale perché ha cercato di non far scattare la prescrizione. Ecco: per lui il compito dei magistrati è assicurare la prescrizione a tutti. Se l’ignoranza si vendesse a chili, sarebbe miliardario.

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