Posted by keynesblog on 1 marzo 2012
Un bravo economista, diceva Keynes, è come un medico o un dentista. Deve curare la malattia e far stare meglio il malato. Ma, aggiungiamo noi, prima di prescrivere una medicina deve fare una diagnosi. Il termometro dell’economista sono i dati, riassunti in tabelle e grafici.
Con questo approccio si pone Paul Krugman sul suo blog, cercando di trovare il colpevole della crisi del paesi PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna). Ovviamente ognuno di questi paesi ha dei problemi propri, diversi da quelli degli altri Piigs. Ma la sfida per l’economista-medico-investigatore è cercate una causa comune per la malattia dei paesi periferici. Solo dopo ha senso guardare i fattori aggravanti.
La tesi in voga tra i Repubblicani americani è che questi paesi abbiano una spesa pubblica eccessiva, in particolare nel Welfare. Ma Krugman mostra questo grafico:
Come si vede, tutti i PIIGS hanno una spesa sociale percentualmente più bassa dei principali paesi “virtuosi”, compresa l’Italia che pure si avvicina ai livelli tedeschi.
Messo da parte il primo sospettato, si passa quindi al secondo, accusato dai tedeschi: il deficit pubblico:
Il grafico mostra la media del deficit pubblico come percentuale sul Pil tra il 1999 e il 2007. Qui le cose appaiono più confuse: la Grecia ha deficit relativamente alti, l’Italia è circa al livello francese. Il Portogallo è decisamente più virtuoso di Francia e Germania. L’Irlanda è addirittura in avanzo, risparmiando mediamente circa l’1,5% l’anno. No, neppure il deficit sembra essere il virus che ha infettato i PIIGS.
Infine, Krugman punta l’attenzione sulle bilance commerciali, cioè sulla differenza tra esportazioni e importazioni:
“Bingo!”, direbbe il dottor House. Tutti i Piigs hanno bilance commerciali in passivo, ovvero importano più di quanto esportano. Una analisi che peraltro mette in evidenza anche altri tre Paesi a rischio: Estonia, Slovacchia e Slovenia. L’Estonia in particolare, tra l’altro entrata da poco nell’Euro, ha avuto un calo del Pil tra il 2007 e il 2009 della gigantesca percentuale del 18%.
Poiché tutte le “cure” finora proposte si basano su una diagnosi sbagliata, difficile pensare che porteranno alla guarigione. Anzi, rischiano di aggravare la malattia.
Il blog New Economic Prospectives giunge alle medesime conclusioni, presentando ulteriori dati sia sui PIIGS che sulle economie forti. In più, contesta l’assunzione comune che la competitività tedesca sia da attribuire prevalentemente alle riforme antisindacali di Schröder (l’ “Agenda 2010″) poiché lo sbilanciamento inizia già dall’introduzione dell’Euro e non con l’avvio delle riforme nel 2003.
Ma, soprattutto, il modello tedesco basato sul surplus di esportazioni, se è abbastanza facile da applicare in un solo paese, non potrebbe funzionare facilmente per l’intera Europa, a meno che, aggiungerebbe Krugman, non incominciassimo a commerciare con gli alieni.
La soluzione sta quindi in politiche sul lato della domanda e non dell’offerta.
Un bravo economista, diceva Keynes, è come un medico o un dentista. Deve curare la malattia e far stare meglio il malato. Ma, aggiungiamo noi, prima di prescrivere una medicina deve fare una diagnosi. Il termometro dell’economista sono i dati, riassunti in tabelle e grafici.
Con questo approccio si pone Paul Krugman sul suo blog, cercando di trovare il colpevole della crisi del paesi PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna). Ovviamente ognuno di questi paesi ha dei problemi propri, diversi da quelli degli altri Piigs. Ma la sfida per l’economista-medico-investigatore è cercate una causa comune per la malattia dei paesi periferici. Solo dopo ha senso guardare i fattori aggravanti.
La tesi in voga tra i Repubblicani americani è che questi paesi abbiano una spesa pubblica eccessiva, in particolare nel Welfare. Ma Krugman mostra questo grafico:
Come si vede, tutti i PIIGS hanno una spesa sociale percentualmente più bassa dei principali paesi “virtuosi”, compresa l’Italia che pure si avvicina ai livelli tedeschi.
Messo da parte il primo sospettato, si passa quindi al secondo, accusato dai tedeschi: il deficit pubblico:
Il grafico mostra la media del deficit pubblico come percentuale sul Pil tra il 1999 e il 2007. Qui le cose appaiono più confuse: la Grecia ha deficit relativamente alti, l’Italia è circa al livello francese. Il Portogallo è decisamente più virtuoso di Francia e Germania. L’Irlanda è addirittura in avanzo, risparmiando mediamente circa l’1,5% l’anno. No, neppure il deficit sembra essere il virus che ha infettato i PIIGS.
Infine, Krugman punta l’attenzione sulle bilance commerciali, cioè sulla differenza tra esportazioni e importazioni:
“Bingo!”, direbbe il dottor House. Tutti i Piigs hanno bilance commerciali in passivo, ovvero importano più di quanto esportano. Una analisi che peraltro mette in evidenza anche altri tre Paesi a rischio: Estonia, Slovacchia e Slovenia. L’Estonia in particolare, tra l’altro entrata da poco nell’Euro, ha avuto un calo del Pil tra il 2007 e il 2009 della gigantesca percentuale del 18%.
Poiché tutte le “cure” finora proposte si basano su una diagnosi sbagliata, difficile pensare che porteranno alla guarigione. Anzi, rischiano di aggravare la malattia.
Il blog New Economic Prospectives giunge alle medesime conclusioni, presentando ulteriori dati sia sui PIIGS che sulle economie forti. In più, contesta l’assunzione comune che la competitività tedesca sia da attribuire prevalentemente alle riforme antisindacali di Schröder (l’ “Agenda 2010″) poiché lo sbilanciamento inizia già dall’introduzione dell’Euro e non con l’avvio delle riforme nel 2003.
Ma, soprattutto, il modello tedesco basato sul surplus di esportazioni, se è abbastanza facile da applicare in un solo paese, non potrebbe funzionare facilmente per l’intera Europa, a meno che, aggiungerebbe Krugman, non incominciassimo a commerciare con gli alieni.
La soluzione sta quindi in politiche sul lato della domanda e non dell’offerta.
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