Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

venerdì 4 febbraio 2011

Non si mangia con l’anoressia culturale.


di Umberto Eco Fonte: alfabeta2
Gentile ministro Tremonti,
scrivo a Lei perché qualcuno, probabilmente uno sciocco e un suo nemico, le ha attribuito la frase che la cultura non si mangia, o qualcosa di simile. Non mi risulta che Lei, a salvaguardia della Sua reputazione, abbia energicamente smentito, e quindi dovrà portarsi dietro questa leggenda metropolitana sinché vive. Si figuri che io mi trascino dietro la diceria che scrivevo le domande per Lascia o Raddoppia, e benché chi le scriveva davvero abbia a suo tempo pubblicamente smentito; ma tant’è, ritrovo questa notizia ora qui ora là, e pazienza, perché al postutto, non c’era nulla di vergognoso a inventare la domanda sul controfagotto o quella sull’uccello sul quale, a detta di Mike Bongiorno, era caduta la signora Longari. Ma cadere sulla cultura è disdicevole.

E quindi indirizzo questa lettera a Lei e, se Ella è vergine di tanto oltraggio, la passi a chi di competenza – e amici come prima.

Una sola cosa voglio precisare. Fingendo che l’autore dell’infausta boutade sia stato Lei, parlerò non come si parla a un poeta ma come si parla a un economista, o addirittura a un diplomato in Scienze economiche e commerciali. Parlerò cioè in termini di Soldi, non di Valori spirituali. Farò finta che Dante e l’università, Raffaello e il liceo classico e scientifico, Morandi e Calvino, siano solo una pania per i gonzi (mi pare che lei a proposito degli insegnamenti umanistici abbia parlato un giorno di aria fritta). Non importa, mi chiederò solo quanto si mangia con Raffaello e Giuseppe Verdi.

Ricostruire il partito comunista, con passione.


febbraio 3, 2011 di Simone Oggionni. Fonte: reblab.
Sono appena tornato dalla mostra “Avanti popolo” organizzata a Roma per celebrare la storia del Partito comunista italiano.

Non mi vergogno a dire che ho pianto. Mi sono commosso di fronte ai Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, ai racconti dei tanti partigiani comunisti che nella Resistenza hanno preso sulle proprie spalle la responsabilità di cacciare il fascismo, di porre fine alla guerra, di restituire all’Italia, al nostro Paese che vent’anni di Berlusconi ci stanno facendo odiare, la libertà, la pace e quindi una speranza.
Mi sono commosso di fronte ai tanti manifesti del partito che raccontavano di tante battaglie, di tante lotte per il salario, per i diritti dei lavoratori, per le donne, per le conquiste civili.
Mi sono commosso ascoltando i discorsi di Togliatti e la narrazione di quel grande partito nuovo che ha educato decine di milioni di lavoratori alla democrazia e alla politica.
Mi sono commosso guardando gli spot elettorali con Ninetto Davoli e Venditti che spiegavano, davanti al sindaco Petroselli, che quello era un sindaco compagno, e non un principe né un re (mentre oggi il sindaco di Roma si chiama Alemanno e nel chiuso del suo palazzo favorisce gli stessi poteri forti di trent’anni fa).
Ho pianto di fronte al video dei funerali di Enrico Berlinguer, ritrovando in lui e nel popolo che lo salutava un’umanità che è merce rara nella politica di oggi e che quando c’è, a volte, viene esibita soltanto per strappare qualche voto in più.
Mi sono commosso ascoltando le discussioni nelle sezioni dopo la Svolta, percependo lo shock di una comunità colpita al cuore dalle decisioni irresponsabili di un gruppo dirigente ormai non più comunista.
E ho pensato che questa mia commozione, che ho intravisto anche negli occhi di molti compagni e compagne che tentavano di nasconderla con il mio stesso pudore, non può rimanere chiusa nel “privato” di ciascuno.

Presidente Napolitano, ecco come salvare l’Italia dalla catastrofe annunciata.


Quattro consigli (solo consigli) per il Quirinale: La Valle: si denunci la distruzione dell'ordine costituzionale; Pasquino: usi lo strumento dei messaggi alle Camere; Spadon: la chiave forse nel recupero della storia istituzionale; Lenzi: alla ricerca della centralità parlamentare perduta

di Raniero La Valle, Gianfranco Pasquino, Gino Spadon e Riccardo Lenzi. Fonte: arcoiris
Denunciare la distruzione dell’Ordine Costituzionale
di Raniero La Valle

Non si può dire in astratto che cosa potrebbe fare il presidente della Repubblica, in una condizione di grave emergenza come la nostra. Certo, dandosene seri motivi, ha i poteri di sciogliere le Camere, pur con un governo non dimissionario: ma con la menzogna al potere e la destra eversiva che c’è, difficilmente sfuggirebbe all’accusa di abuso di potere se non addirittura di “golpe”.

Quello che il presidente della Repubblica deve fare è di rivendicare il suo ruolo di rappresentante dell’unità nazionale e dell’unità dei distinti poteri e delle diverse funzioni dello Stato: il potere esecutivo che deriva dalle sue nomine, il potere legislativo condizionato dalle sue autorizzazioni e promulgazioni, la magistratura, di cui presiede il Consiglio Superiore, le Forze Armate di cui ha il comando, presiedendo anche il Consiglio Supremo di Difesa. Rompendo l’unità dell’ordinamento, sottraendosi come imputato al controllo di legalità, mettendo il governo contro l’ordine giudiziario e lanciando i ministri nell’esercizio delle loro funzioni contro il presidente della Camera, Berlusconi rompe anche l’unità rappresentata dal presidente della Repubblica e dunque obiettivamente si pone in alternativa a lui.

il Papi desnudo.

Fonte: ilfattoquotidiano
E' cominciata la riffa sulle foto senza veli di B. Avvocati e agenzie pronti a vendere lo scoop.
Le foto del bunga-bunga ci sono, sono sul mercato e valgono tantissimo. In almeno una di queste, Silvio Berlusconi è ritratto senza vestiti e circondato da alcune ragazze.
Il presidente del Consiglio sa dell’esistenza di queste immagini e trema. È terrorizzato dalla possibilità che questi scatti decisamente compromettenti siano pubblicati. Teme quasi di più le immagini che circolano, incontrollate, che non il processo.
Le foto sono state scattate, in più occasioni, nelle residenze del presidente del Consiglio dai cellulari delle sue tante ospiti. In queste ore sono in corso trattative fra agenzie specializzate e alcuni settimanali per aggiudicarsi lo scoop che è forse destinato a cambiare la storia politica del Paese.
Un primo tentativo di piazzare sul mercato le foto c’è stato recentemente, ma è fallito. Qualcuno si è presentato presso un’agenzia del settore per vendere pochi scatti, ma eloquenti, pretendendo oltre un milione di euro. Era un intermediario che agiva per conto di una delle tantissime “papi girl” entrate in questi anni nelle residenze del premier. In una delle foto che intendeva piazzare, Berlusconi appare senza vestiti, circondato da alcune ragazze, in un momento in cui non ci sono atti sessuali espliciti. In altre foto che circolano in una sorta di asta sotterranea, il presidente del Consiglio è in compagnia anche di giovanissime.

giovedì 3 febbraio 2011

... e ora la finiamo? ...


Febbraio 3rd, 2011 di Claudio Grassi.
Il 3 febbraio 1991 a Rimini nasce ufficialmente il Movimento della Rifondazione Comunista. L’evento ha luogo in una sala della Fiera di Rimini. Si è da poco concluso il XX congresso del Pci. La maggioranza delle delegate e dei delegati ha deciso di dare vita a un nuovo partito: il Pds. Una parte di quello che al XIX e XX Congresso viene definito “fronte del no” decide di non aderire al Pds e di iniziare un percorso “per evitare che in Italia venga cancellata una presenza organizzata dei comunisti”. Garavini, Cossutta, Cappelloni, Libertini, Salvato, Serri, Vendola, Volponi, Bracci Torsi, Crippa, assieme a una sessantina di delegati e invitati, tengono una conferenza stampa per illustrare le ragioni di quella scelta e per annunciare il primo appuntamento pubblico nazionale di chiamata a raccolta degli aderenti al Movimento: il 10 febbraio al Teatro Brancaccio di Roma.
Il Movimento della Rifondazione Comunista parte con una evidente difficoltà ma, contemporaneamente, con una grande possibilità. La difficoltà nasce dalla spaccatura del “fronte del no”.
Come è noto, una parte rilevante dei contrari allo scioglimento del Pci, in particolare dopo il discorso di Ingrao ad Arco di Trento (“dobbiamo rimanere nel gorgo”), decide di rimanere, seppure con una posizione critica, nel Pds. Si tratta di un errore storico che da un lato indebolisce e rende meno attrattiva l’impresa della Rifondazione Comunista, dall’altro non produce alcun risultato positivo. È lo stesso Ingrao a riconoscerlo quando, dopo pochi anni, decide di non iscriversi più al Pds.
Ma il Movimento ha anche una grande potenzialità: nella base militante e nell’elettorato comunista è assai diffuso, molto più di quanto pensano i vari Occhetto, D’Alema e Veltroni, il rifiuto di omologarsi e di cancellare una storia che, pur con tutti i suoi limiti, legittima l’orgoglio di chi vi ha preso parte.

De Andre' riformato: lo chiamavano bocca mafiosa ....

Uomini e cani.


di Giorgio Cremaschi (Liberazione del 3 febbraio 2011)
Il massacro di 100 cani husky in Canada è una rappresentazione del capitalismo selvaggio di oggi. Anche il Corriere della Sera titola in prima pagina “Il massacro dei cani disoccupati”, dando così una dimensione sociale collocata nell’attuale sistema economico. Il bell’articolo dell’etologo Danilo Mainardi coglie soprattutto l’aspetto della ferocia dell’uomo verso il suo migliore amico animale, ma tralascia la dimensione umana che pure è nel titolo.
La storia è questa. Una delle attività collaterali, l’indotto, delle Olimpiadi canadesi era costituita dal portare in giro i turisti in slitta. I cani husky erano il motore. Finito il successo dell’iniziativa, l’imprenditore, un giovane rampante di 29 anni, si è trovato con 100 bocche canine improduttive da sfamare.
Allora ha deciso di liquidare l’investimento e ha affidato al suo dipendente, che era anche l’allevatore a cui i cani erano affezionati, il compito di ucciderli tutti. Puntando al massimo risparmio, visto che una puntura per una morte dolce costa 100 dollari a cane, e usando tutta la sua autorità imprenditoriale sul suo dipendente, ha quindi imposto un barbaro massacro. Gli husky sono stati così uccisi a coltellate e la notizia si è saputa perché il loro carnefice non ha retto agli incubi successivi e ha chiesto i danni per lo stress psicologico.
Sono sicuro che adesso ci diranno che riflettere su questo terribile episodio significa abbandonarsi alle solite generalizzazioni dei comunisti, che vedono profitto e mercato dappertutto. Il problema è che profitto e mercato sono davvero dappertutto e hanno trasformato tutto in merce, anzi, in merce usa e getta. I cani sono stati soppressi perché improduttivi, nel civilissimo Canada, uno degli otto paesi più ricchi al mondo.

Ο αραβικός κόσμος σε ξεσηκωμό.



Ο διεθνής παράγοντας (ΗΠΑ και ΕΕ) δεν φαίνεται να είναι σε θέση να επικαθορίσει τα επόμενα βήματα. Αυτές τις στιγμές γίνεται καταφανές το πόσο είναι αναγκαία η αποπυρηνικοποίηση της Μ. Ανατολής για την ειρήνη στην περιοχή και τον κόσμο
Της Αλίκης Παπαδομιχελάκη
Έχουν περάσει πάνω από δυο βδομάδες από την φυγή του Μπεν Αλί από την Τυνησία, μετά τις μαζικές διαδηλώσεις του τυνησιακού λαού, και έχει περάσει ένας μήνας από την αρχή των γεγονότων. Κι όμως οι διαμαρτυρίες, οι καταλήψεις και οι πορείες συνεχίζονται σε μια σειρά από πόλεις.
Οι Τυνήσιοι έχουν καταλάβει καλά ότι με το να φύγει ο Μπεν Αλί (Μπαμπά) και να μείνουν οι σαράντα κλέφτες δεν θα αλλάξει η κατάσταση στην χώρα τους. Σοφή εμπειρία. Οι κινητοποιήσεις, λοιπόν, συνεχίζονται και βαθαίνουν οι επεξεργασίες των αιτημάτων των κοινωνικών φορέων και των πολιτικών σχηματισμών. Κάποιοι είχαν σχεδιάσει, με την προτροπή ξένων διπλωματών, να θυσιάσουν τον Μπεν Αλί για να διασώσουν τον Μπεναλισμό. Αυτός ο κίνδυνος φαίνεται να έχει, προς το παρόν, υποχωρήσει.

mercoledì 2 febbraio 2011

I nemici della crescita e i nemici del genere umano.


Scritto da Marino Badiale. Fonte: megacip

Raccomandiamo la lettura del fondo di Angelo Panebianco su “I nemici della crescita” («Corriere della Sera» del 27 gennaio) a chiunque nutra dei dubbi sull'assurdità della crescita. Per sostenere la necessità della crescita e dei sacrifici in suo nome Panebianco è costretto a omissioni, ammissioni e a vere e proprie assurdità, che nel complesso mostrano come sia impossibile sostenere in modo razionale il mito della crescita, nella situazione attuale.
Cominciamo dalle assurdità: la crescita è necessaria, ci spiega Panebianco, perché “senza crescita, una società consuma più ricchezza di quanta ne produce e finisce su un piano inclinato al termine del quale ci può essere solo un impoverimento complessivo”.
Si tratta di affermazioni evidentemente false: è ovvio che una società si impoverisce se consuma più di quanto produce, ma questo non c'entra nulla con la crescita, c'entra appunto con la differenza fra la produzione e il consumo. Se un anno produco 100 e consumo 100, non mi impoverisco, che ci sia stata crescita oppure no rispetto all'anno precedente. Se un anno produco 100 e l'anno successivo produco 120 ma consumo 130, c'è stata crescita ma mi sono impoverito. E' perfettamente possibile pensare ad una società stazionaria, nella quale ogni anno si produce la stessa ricchezza dell'anno precedente e se ne consuma un po' meno: non c'è crescita, ma la società si arricchisce.

eurogermania

di Beppe Grillo.
Che fine ha fatto l'Europa? E' mai esistita? In principio fu l'euro e in seguito non c'è stato altro. Se l'Europa è solo una moneta, in assenza di questa non esiste neppure l'Europa.
Dal 2008, l'anno della crisi, negli incontri europei si discute di debito pubblico, spread tra i diversi titoli, tenuta delle banche, default e triple A.
L'Unione Bancaria Europea si è sostituita nell'immaginario all'Unione Europea.Non c'è traccia di una politica estera comune. Il Mediterraneo è in fiamme e l'Europa è muta, come sempre in questi casi. Eppure la sorte dell'Egitto, e più in generale del Nord Africa, può portare a una nuova guerra dei Paesi Arabi con Israele e a un aumento del prezzo del petrolio non sostenibile dalle economie nazionali già in ginocchio dei Pigs.
Dall'altra parte dell'Atlantico interviene Obama, in sostanza per liquidare Mubarak, mentre l'Europa, al massimo, può far emettere un comunicato a Trichet sull'esposizione delle banche europee verso l'Egitto.

Lettere ad Arcoiris.

Siamo tutte prostitute? Siamo tutti papponi?
Fonte: arcoiris
I numerosi cartelli che c'erano al flash mob di Torino con su scritto 'Cavaliere, l'Italia non è una repubblica fondata sulla prostituzione. Dimissioni' sono sembrati efficaci alla maggior parte di noi a Genova, che infatti li hanno ripresi al flash mob genovese. Qualcuna ha sostenuto che quella scritta dava adito ad una 'colpevolizzazione' della prostituzione, e rischiava di spostare l'attenzione sul centro del problema, ovvero sul fatto che siamo governate e rappresentate da una classe politica corrotta e iniqua. Alcune hanno sottolineato, anche sulla stampa, che se qualcuna si vuole vendere per scelta è libera di farlo e che sono fatti suoi.
Mi sento di dire che liquidare la questione del mercimonio delle giovani (e del consenso dei padri, madri e fidanzate, come ho scritto nel pezzo dal titolo Magari, uscito su Liberazione la scorsa settimana ) come fatti privati è pericoloso.
'Sono fatti loro' è una frase ambigua: il pensiero e la pratica femminista si è lungamente interrogata sul valore simbolico delle scelte, laddove non solo i grandi mutamenti legislativi ma prima di essi i comportamenti che da individuali diventano esempio collettivo e rompono la tradizione spesso assumono importanza centrale.

La democrazia ai tempi dell’autoritarismo.


di Mauro Ravarino in Il Manifesto.
Il punto esclamativo sottolinea l’urgenza della questione. Vuota, smarrita, sovvertita, ma anche un orizzonte strategico, la battaglia su cui fondarsi. È di democrazia che parliamo, anzi Democrazia! (come Fiom e Micromega hanno intitolato il seminario di ieri a Torino). Dopo Pomigliano, dopo Mirafiori – qualcuno direbbe anche dopo la Tunisia e l’Egitto – è il problema all’ordine del giorno.
E il referendum del 14 gennaio, quello del «vota sì se no ti chiudo la fabbrica», è stata la più chiara rappresentazione. Sul tema si sono confrontati sindacalisti, analisti, studenti, ricercatori, gente di movimento. Giuristi come Gustavo Zagrebelsky, studiosi come Luciano Gallino e Marco Revelli, magistrati come Antonio Ingroia. «Il popolo dell’Altra Italia» sintetizza una voce dal pubblico, una platea stipata all’inverosimile nella Fabbrica del Gruppo Abele.
Tocca a Maurizio Landini, leader della Fiom, rompere il ghiaccio: «Le leggi di questo governo in sintonia con Confindustria, gli accordi separati, gli attacchi di Marchionne segnano uno scarto, un passaggio d’epoca, il tentativo modificare il sistema di regole.
Non si vuole permettere alle persone di decidere sulle proprie condizioni ma solo imporle. E se il modello autoritario passa in fabbrica, rischia di estendersi anche fuori». Anche per il sociologo Luciano Gallino «la riduzione dei diritti dei lavoratori preannuncia la sottomissione a un potere totale nella società.
La grande impresa non è mai stata così libera di decidere cosa produrre, dove produrre e pure di causare effetti negativi sulla società e sull’economia».

Landini al convegno "Democrazia" di Torino.

martedì 1 febbraio 2011

Il Paese provinciale che siamo diventati.


di Annamaria Rivera - (Liberazione del 1 febbraio 2011)
«Voglio partecipare alla manifestazione, fosse l’ultima cosa che faccio nella mia vita!». Sono le parole di un egiziano di 90 anni, che l’inviata di Libération, Elodie Auffray, ha raccolto durante la grande protesta del 28 gennaio al Cairo, come sempre repressa nel sangue. Sarebbe bello trovare un novantenne italiano (uno qualsiasi, non un ex partigiano) che, impugnando un cartello con “Berluska dégage!”, frema per raggiungere un corteo. Potremmo morire contenti. Purtroppo non sembra che in Italia ci siano anziani disposti a sfidare lacrimogeni e proiettili per cacciare il despota mediocre e dissoluto.
Perfino i giovani che il 14 dicembre scorso avevano sconvolto la città di Roma “con la loro rabbia” paiono poco reattivi di fronte al grande sommovimento politico che scuote l’area del Mediterraneo e oltre: dalla Tunisia all’Egitto, dall’Algeria allo Yemen, dalla Giordania all’Albania. Eppure con i coetanei in rivolta condividono non solo “la rabbia” ma anche la condizione sociale: forza-lavoro istruita, declassata, umiliata, destinata alla precarietà o alla disoccupazione. Scendere in piazza, magari proclamare uno sciopero generale, in solidarietà con la grande insurrezione popolare che serpeggia nell’area sud-orientale del Mare nostrum significherebbe, qui e ora, cogliere l’occasione storica per ricucire i legami –ignorati, dimenticati o recisi- che annodano il nostro destino a quello di altri Paesi mediterranei.
Significherebbe, al tempo stesso, sfidare il nostro regime, “equivalente funzionale e postmoderno del fascismo” (la bella formula sintetica è di Paolo Flores d’Arcais): non molto dissimile, se non nelle forme, dai regimi che crollano o vacillano, travolti dalle grandi sollevazioni popolari.

PARTHENOPE

L'Italia è una repubblica fondata sulla mafia.


di Marco Travaglio.
Buongiorno a tutti, oggi usciamo dai Bunga Bunga, tanto ormai quello che c’era da capire l’abbiamo capito fin troppo bene, gli stessi berlusconiani ormai sono rassegnati al fatto che gli italiani hanno capito, tant’è che l’unica cosa che riescono a dire è che la competenza non è del Tribunale ordinario di Milano, ma del Tribunale dei Ministri, naturalmente Berlusconi mentendo dice che lui si presenterà al suo giudice naturale che è il Tribunale dei Ministri, a parte che l’abbiamo già spiegato la settimana scorsa, la competenza è del Tribunale ordinario in quanto il reato di concussione e tanto più quello di favoreggiamento della prostituzione minorile, non può certamente essere stato commesso nell’esercizio delle funzioni di Presidente del Consiglio, anche perché il Presidente del Consiglio non ha tra le sue funzioni quello di chiamare le questure per dire chi deve uscire, chi deve entrare né tanto meno ha il compito di pagare minorenni perché vadano a Arcore a fare quello che sappiamo.

lunedì 31 gennaio 2011

Il risveglio del gigante.


di Marco Hamam Fonte: Repubblica
La storica rivoluzione giovanile egiziana che nasce su Facebook. Il regalo di compleanno al rais Mubarak. Da nord a sud, da est a ovest. Il caso di Suez. E ora? Chi si metterà a capo della rivolta?
“Heyya fawda!, E’ caos!”. Questo il titolo dell’ultimo lungometraggio del regista egiziano Youssef Chahine che descriveva, nel 2007, lo stato caotico e ingovernabile al quale è giunto l’Egitto la cui vita civile è da decenni ostaggio degli umori degli ufficiali e dei commissariati di polizia.
Una “mafia” dentro il regime, che nessuno è mai riuscito a governare. Il protagonista del film, Hatem, un ufficiale di polizia, appunto, impone le sue voglie a tutti con la minaccia continua della galera e della tortura. Persino l’amore Hatem vorrebbe imporre alla bella Nur, la sola a non aver paura del boss della polizia. Ma Hatem non sa cosa vuol dire essere rifiutato e pensa che violentandola otterrà quell’amore che nessuno gli aveva mai dato e che lui aveva sempre intimamente desiderato… Profetico il titolo, profetica la trama del film di Chahine, malgrado non creda che il regista scomparso si sarebbe mai immaginato che in Egitto esplodesse un caos di tutt’altro tipo.

I Diktat del FMI: come la politica economica provoca povertà e disoccupazione in tutto il mondo.


Articolo di Michel Chossudovsky. Fonte: stampalibera.
Il generale Zine el Abidine Ben Ali, l’ex presidente deposto della Tunisia è definito dai media occidentali, in coro, come un dittatore.
Il movimento di protesta tunisino è descritto distrattamente come l’effetto di un regime antidemocratico e autoritario, che sfida le norme della “comunità internazionale”.
Ma Ben Ali non era un “dittatore”. I dittatori decidono e comandano. Ben Ali era un servo degli interessi economci occidentali, un fedele burattino politico che obbediva agli ordini, con il sostegno attivo della comunità internazionale.
L’ingerenza straniera negli affari interni della Tunisia non è menzionata nei report dei media.
Gli aumenti dei prezzi alimentari nion erano “imposti” dal governmo di Ben Ali. Erano imposti da Wall Street e dal FMI.
Il ruolo del governo di Ben Ali è stato di far rispettare la micidiale ricetta economica del FMI, che in un periodo di oltre 20 anni ha portato al risultato di destabilizzare la economia nazionale e impoverire la popolazione tunisina.
Ben Ali come capo di stato non ha deciso nulla di sostanziale. La sovranità nazionale era già perduta. Nel 1987, al culmine della crisi del debito, il governo di sinistra di Habib Bourguiba è stato sostituito da un nuovo regime, fortemente impegnato sulle riforme del “libero mercato”.La gestione macroeconomica sotto la guida del FMI era oramai nelle mani dei creditori esteri della Tunisia. Nel corso degli ultimi 23 anni, la politica economica e sociale della Tunisia è stata dettata dal “Washington Consensus”.

domenica 30 gennaio 2011

Pover' homo, lavorare di notte non e' uno scherzo, la resistenza umana ha un limite.

L’ECONOMIST CONFERMA: SÌ, L’ÉLITE DELLA POTENTE GLOBOCRAZIA COMANDA IL MONDO E NON È UNA COSPIRAZIONE.


di Steve Watson - prisonplanet.com. Da megachipinfo.

L’agenda per il sistema centralizzato di controllo globale è pubblica

Si è spesso parlato della spinta verso un sistema centralizzato di controllo del governo mondiale come di una “cospirazione pubblica”. Gruppi come Bilderberg, la Commissione Trilaterale e il Council on Foreign Relations sono i perni di questa agenda, stabiliscono le misure prese dai politici e dai broker del potere che questi gruppi hanno di fatto comprato.

Un articolo piuttosto eccentrico apparso da poco sull’Economist fa riferimento a questa struttura di potere non come a una teoria della cospirazione, ma semplicemente confermando che ‘l’élite cosmopolita” si ritrova effettivamente in quei meeting in club esclusivi per forgiare il mondo nel quale la “superclasse” desidera abitare.

Ovviamente, l’Economist è il posto ideale dove ostentare una cospirazione, dato che il suo editore è un abituale frequentatore della conferenza annuale del gruppo Bilderberg, un’ammissione che l’articolo rivendica con orgoglio nei primi paragrafi.

In modo ironico, l’articolo descrive Bilderberg come “una cospirazione del male tesa a dominare il mondo” e poi finisce con l’affermare che sì, il gruppo effettivamente domina gli eventi nel mondo.

Tassare i ricchi, per disarmare il regime dei padroni.


di Giorgio Cremaschi. Fonte: sinistrainrete.
Mentre Berlusconi è invischiato nei suoi scandali finanziari e sessuali, Marchionne sta conducendo un attacco che è anche più brutale di quello di Berlusconi ai diritti sociali e ai diritti dei lavoratori. Diciamo che c’è una specie di passaggio di testimone: Berlusconi può essere nei guai ma Marchionne continua una politica che è anche più aggressiva che portò qualche anno fa all’attacco articolo 18 dello statuto dei lavoratori. In fondo Marchionne che cosa dice? O mangiate questa minestra o saltate dalla finestra. O rinunciate al contratto nazionale, al diritto di sciopero, alle libertà sindacali, al diritto di scegliere il sindacato che volete – quindi, o rinunciate a tutto, oppure io vado da un’altra parte.

Questa è la più brutale delle aggressioni ai diritti del lavoro dal ’45 a oggi. Perché “regime dei padroni”? Padroni: chi sono i padroni? Non sono i proprietari, non è il padroncino che è proprietario di una piccola azienda artigiana che è andato dalle banche come un lavoratore ricattato da Marchionne; non è il piccolo proprietario, non è quello che “ha qualche cosa da parte”. I padroni sono i padroni delle nostre vite. Cioè quelli che decidono della nostra vita. E sono una precisa casta: sono un sistema di manager, di banchieri, di finanzieri, di persone collegate a loro, che con la globalizzazione – soprattutto in Europa e nell’Occidente – hanno preso il posto della democrazia.

"Avanti popolo" - La mostra di Roma sul Pci.



"Avanti popolo" Comunisti italiani, la mostra di Roma sul Pci
Alla Casa dell'Architettura, sino al 6 febbraio, documenti d'archivio, libri, manifesti, foto e filmati che raccontano il nesso strettissimo, lungo tutto il "secolo breve", tra partito comunista e storia d'Italia
di Giovanni Rispoli

"Il sistema pare funzioni, e non bisogna lasciarlo cadere: appena avrà finito il Croce bisognerà fornirgli un altro argomento. Hai qualche idea? Cosa diresti dei libri di De Man? Bisogna, naturalmente, trovare un argomento in cui il contenuto politico possa essere fatto passare sotto veste di letteratura. Ci vedremo a fine giugno. Cordiali saluti P.".
È il 4 maggio del '32. Gramsci è in carcere ormai dal novembre del '26; alcuni mesi dopo il suo amico Piero Sraffa, accogliendo l'invito di Keynes, lascerà l'Italia fascistizzata per l'Inghilterra, trasferendosi a Cambridge.
L'uomo di cui la lettera parla è appunto Gramsci, a scriverne Sraffa, destinatario della missiva Togliatti. Il futuro autore di Produzione di merci a mezzo di merci, insieme a Tatiana Schucht, cognata di Gramsci, è l'unico tramite tra questi e il Pci. Scrive a Togliatti per chiedergli consiglio sui libri da procurare nella cella di Turi.
La preoccupazione, come si vede, è politica: "Per vent'anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare", aveva detto il pubblico ministero Isgrò concludendo nel processo la sua requisitoria; e a Gramsci, che nel '29 ha iniziato in carcere la stesura dei Quaderni, alla sua straordinaria intelligenza, guardano i compagni costretti alla clandestinità e all'esilio per ricevere sia pure in maniera dissimulata indicazioni, suggerimenti, consigli.
Avanti Popolo. Il Pci nella storia d'Italia, la bella mostra organizzata a Roma (sino al 6 febbraio) presso la Casa dell'Architettura da Fondazione Gramsci e Fondazione Cespe sui settant'anni di storia del Pci – dall'atto di nascita, a Livorno, il 21 gennaio del 1921 allo scioglimento a Rimini il 4 febbraio del '91 (http://www.ilpcinellastoriaditalia.it/) –, può essere occasione per una catena infinita di associazioni. Tra inchiostri e lettere, note redatte con vecchie Olivetti, giornali, video, manifesti, libri, materiali digitalizzati – i Quaderni del carcere, gli originali, sono lì e si possono sfogliare sfiorando un touchscreen –, le occasioni per navigare nel passato e ragionare sul presente sono davvero tante.

E ORA SCIOPERO GENERALE!


Fonte: controlacrisi

Una importante e riuscita giornata di lotta quella del 28 gennaio 2011. Anche USB ha indetto lo sciopero tra i metalmeccanici ed ha partecipato alle iniziative ed alle manifestazioni che si sono svolte in molte città italiane. Una mobilitazione della categoria dei metalmeccanici che si sta contrapponendo alle iniziative di Marchionne che ha ormai assunto il ruolo di testa di ariete per sostenere ciò che il governo, gli industriali e gran parte delle forze politiche italiane ha ormai come obiettivo: ridimensionare i diritti, aumentare lo sfruttamento e ridurre i salari reali dei lavoratori.
Proprio per questo motivo è fondamentale che la lotta di una categoria si trasformi nella mobilitazione di tutti i lavoratori pubblici e privati del nostro paese. Lo sciopero generale diventa quindi una tappa importante per tutti quei lavoratori che non riescono più a sostenere dignitosamente le proprie famiglie, ormai segnate dalla disoccupazione, dalla cassa integrazione e dalla precarietà.

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