Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 19 marzo 2011

Prima che sia troppo tardi.


Fonte: ilmanifesto.
Usciamo dalla partita doppia dell'alternativa tra il tiranno libico che deve uscire di scena e i bombardieri «umanitari» della Nato. Diciamo chiaro quello che sta avvenendo. La decisione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, presa con cinque astensioni e dieci voti a favore - sotto pressione della Francia e della Gran Bretagna che torna in Medio oriente, e alla fine con i recalcitranti Stati uniti - è un intervento militare. Non devono esserci dubbi. Anche se è camuffata ancora una volta da intervento umanitario per «proteggere i civili» e anche se esclude, per ora, l'occupazione da terra.
La no-fly zone infatti, decisa senza alcun rapporto con Tripoli, deve essere per questo imposta, con i bombardamenti. In queste occasioni si preferisce dire che verranno usati obiettivi mirati e target «chirurgici». Con la possibilità cioè di nuove stragi di civili come è avvenuto in Iraq e in Afghanistan, come abbiamo visto nei Balcani. Abbiamo una serie infinita di prove di questa enorme menzogna.
Eppure dalla Russia e dalla Germania, paesi che si sono astenuti al Palazzo di Vetro, è stata espressa proprio questa preoccupazione, con l'inserimento all'ultimo momento della necessità, prima, di una dichiarazione di cessate il fuoco per entrambe le parti in conflitto. Non è un caso che ora la Germania motivi il suo rifiuto alla no-fly zone per i «considerevoli pericoli e rischi» che comporta. Pericoli e rischi confermati del resto dal fatto che, appena il cessate il fuoco è stato accettato a Tripoli, subito si è gridato al «bluff».

Nonostante l'ONU Bengasi e' sola.


di Gennaro Carotenuto. Fonte: gennarocarotenuto

Chi avrebbe la legittimità di bombardare Tripoli? Nicolas Sarkozy, cha appena poche settimane fa offriva truppe francesi al dittatore tunisino Ben Alì per soffocare (nel sangue) la protesta? Silvio “baciamo le mani” Berlusconi, che fino a ieri proclamava il massacratore di migranti Muammar Gheddafi “campione della libertà”? Non è l'unica domanda da porsi sui fatti libici ma non è una domanda pleonastica. L’Occidente continua ad autolegittimarsi come gendarme del mondo senza averne la dignità, né per il passato né per il presente. Quelle astensioni pesanti, Brasile, India, la stessa Germania, che è di gran lunga il paese occidentale più avanti nel pensare se stesso in un mondo multipolare, oltre a quelle di Cina e Russia, testimoniano il disagio persistente verso paesi che pretendono di essere arbitri in partite dove sono innanzitutto giocatori.

L’argomento principale di quanti difendono i bombardamenti che stanno per piovere su Tripoli è l’urgenza. L’urgenza di salvare vite umane. Chi può negarsi? Peccato che era urgente salvare vite umane anche 15 giorni fa ma chissà perché all’epoca le condizioni non erano date. Peccato che la cosa più ovvia da fare per salvare i militanti di una ribellione armata sconfitta sarebbe negoziarne l’uscita con un enorme ponte aereo e dare a tutti lo status di rifugiati politici (orrore!). Improvvisamente invece è urgente bombardare e son già tutti lì schierati nei tg i generaloni della lobby della guerra: ci riammanniscono per l’ennesima volta il piattino di bombardamenti chirurgici, missili intelligenti e di interventi umanitari col calunnioso corollario che i grilli parlanti che criticano l’intervento sarebbero amici di Gheddafi come ieri erano amici di Saddam Hussein o di Slobodan Milosevic o del Mullah Omar o Osama Bin Laden.

La realtà (giova sempre ricordarlo) è che non sono i “pacifisti” ad essere amici di Gheddafi. Sono i Berlusconi e i David Cameron a far affari con il dittatore e ad avergli appaltato per anni il massacro dei migranti. E’ Sarkozy che voleva massacrare i manifestanti a Tunisi e che oggi gioca la sua partita a Bengasi. Era Donald Rumsfeld a stringere la mano a Saddam Hussein. Erano i servizi statunitensi e pakistani a foraggiare i talebani in Afghanistan prima che il gioco sfuggisse loro di mano.

Ritorno alla modernità : l'idea di un diverso modello di sviluppo.


di Franco Astengo, 18 marzo 2011. Fonte: paneacqua
La riflessione La tragedia giapponese ha sicuramente scosso molte coscienze in tutto il mondo. Una obiettiva valutazione dei fatti dovrebbe però consentirci una analisi lucida e spietata intorno agli errori della post-modernità e richiamarci per intero all'idea della necessità, inderogabile, di ritornare all'idea di un diverso modello di sviluppo che abbia alla sua base l'idea del "mondo" come nazione comune, senza cedere alle sirene che ci hanno ammaliato in questo ultimo ventennio
Il Giappone presenta sicuramente una situazione particolare per tanti fattori, da assumere però quale metafora per l'intero globo.E' stato concesso troppo, nel corso di questi ultimi decenni segnati da quella che abbiamo definito "globalizzazione", all'idea del liberismo senza freni e dello sviluppo tecnologico orientato esclusivamente alla crescita dei consumi, senza far nulla perché l'innovazione mutasse (o almeno spostasse) alcune coordinate di fondo nel modo di vivere e di usufruire delle risorse disponibili.Anche coloro, singoli e associati, che hanno avuto maggiore sensibilità e coerenze rispetto all'individuare il baratro verso il quale ci si stava avviando hanno aperto spazi al procedere dell'avversario: le idee di contrasto al pensiero dominante sono risultate frammentate e episodiche (pensiamo alle vicende della contestazione ai vari vertici dei grandi della terra, a partire da quella del cosiddetto "popolo di Seattle", o all'assunzione di riferimenti internazionali deboli, ambigui, posti su terreni non in grado di far sortire il frutto di una proposta alternativa).

venerdì 18 marzo 2011

Acqua o nucleare, la logica è la stessa.


di Ugo Mattei. Fonte: ilmanifesto
Sovente ripetiamo che per poter essere difesi i beni comuni devono essere riconosciuti come tali e che per riconoscerli occorre praticare il pensiero critico. Per esempio, tutti diamo per scontato che la terra sia ferma perché è proprio la terraferma ad averci garantito la possibilità di sviluppare il nostro modello di vita stanziale. La sismicità è rimossa dalla collettività, ma chi ha responsabilità di governo del bene comune «territorio» deve necessariamente tenerne conto. Male gestisce i beni comuni chi miri al profitto o alla concentrazione del potere, ed è per questo che essi devono essere governati in modo partecipato e diffuso da quanti ne assorbono i benefici e ne subiscono i costi. In questo modo, i beni comuni non rispondono alla logica della produzione ma, guardando alla sostenibilità di lungo periodo (ossia anche all' interesse delle generazioni future) devono rispondere alla logica della riproduzione: la logica eco-logica che è qualitativa e non quantitativa.

Chi mira al profitto e alla concentrazione del potere investe in modo sostanziale nell'occultamento dei beni comuni, proprio perché profitto privato e potere politico si soddisfano entrambi nel loro saccheggio. È interesse convergente tanto del potere economico quanto di quello politico, che ne è sempre più servo, indebolirne le difese democratiche (come per esempio il referendum). I beni comuni divengono molto più facilmente riconoscibili quando posti a rischio letale e la loro emersione pubblica ne facilita enormemente la difesa. In questi momenti , il potere mette in campo, disordinatamente, ogni possibile tattica per occultare la verità.

E Garibaldi salpa da Marsala per difendere in Libia i combattenti della libertà.


di Emuanuele Biazzi Vergani. Fonte: arcoiris
Finalmente apriamo l’ombrello per proteggere i combattenti della libertà di Bengasi, armati soprattutto di buona volontà, un po’ rivoltosi e un po’ utopisti nel giudizio di noi che abitiamo l’altra sponda del Mediterraneo e osserviamo le loro sofferenze con l’occhio superiore di chi non sopporta l’invasione dell’”ignoranza straniera” (parole Lega Nord). Finalmente i “rivoltosi” non vengono lasciati morire o costretti all’esodo della disperazione.
Ci siamo decisi a riconoscere che esistono e che sventolano le libertà della quale riempiamo la la bocca delle nostre abitudini.
D’accordo, gli diamo la mano. Mano floscia, umidiccia, di cortesia obbligata anche se dalla Germania al Brasile in tanti non si sentono obbligati. I 150 anni d’ Italia giocano su due tamburi: petrolio appena rigarantito e basi per gli aerei che vanno a pattugliare e – se serve -a bombardare il nostro amico dell’oro nero. Siamo in guerra, ma non siamo in guerra. Siamo amici dei ragazzi con la testa pulita, ma restiamo amici del vecchio attore cinema muto che da Tripoli ordina di eliminarli. Insomma, i dubbi continuano. L’ Eni sta per riaprire i rubinetti, le piste siciliane sono pronte e caricare i missili delle sentinelle dei cieli mentre noi cerchiamo di caèpire – ma davvero – chi siamo e cosa vogliamo oltre tornaconto cash.

Nucleare, la tragedia 'contamina' tutti, nel bene e nel male.


di Stefano Galieni per controlacrisi.org
Cedono i presidenti di Regione, persino l’ottuso Cota, cedono cinesi e statunitensi, svizzeri e tedeschi, persino il segretario del Pd Bersani ha dichiarato: «Uee ragassi. Sono cose da passi, andate a votare i referendum che mica stiamo qui a rammendare ragnatele!!». Balbetta la Prestigiacomo, tace mister Bunga, Zaia e Lombardo, dal Veneto alla Sicilia sono uniti da un solo afflato: queste centrali non si debbono fare. Riappaiono i manifesti sbiaditi col sole che ride, commuovono le scritte “No nuke”, si toglie al “Chicco” la “Testa”, tristi e muti stanno i CdA di Impregilo, gli Anemone, i Calducci, si mangiano le mani camorristi, mafiosi e speculatori di ogni tipo. Insomma l’affare del millennio, la costruzione di nuove centrali nucleari sembra cadere nel dimenticatoio, in lontananza c’è lo spettro di un referendum egoista in cui le persone pretendono di decidere per la propria salute, roba da non credersi, manco fossimo nella Tunisia liberata.
Ma qualcuno anche in Italia ha il coraggio di non prendere posizione, l’intelligenza di non lasciarsi sopraffare dall’emotività, di restare impassibili come la Sfinge egizia (oddio che esempio pericoloso). Si parla del più grande sindacato nazionale che nonostante Fukushima rifiuta di dare indicazioni per il referendum sulle energie rinnovabili.
Viene da pensare. C’è un motivo o trattasi di semplice sciatteria. C’è chi adora le radiazioni – infatti vorrebbe anche radiare le categorie e i sindacalisti troppo combattivi- o forse chi vede nelle centrali una possibilità di riconversione degli stabilimenti Fiat che abbandonerà Marchionne? Ah saperlo. C’è forse anche nel grande sindacato chi ha il timore che si raggiunga il quorum anche nei referendum per i beni comuni, acqua in primis? C’è chi teme una ingovernabile svolta estremista? C’è chi è occupato a ritessere accordi con i Bonanni e gli Angeletti che in una centrale ci andrebbero a vivere? Si vuole dare un segnale di affidabilità alla povera e sconsolata Margegaglia?
Diciamocelo senza troppa enfasi, manteniamo un contegno ma alla segreteria nazionale della Cgil, con cui condivideremo le piazze del 6 maggio per Otto ore (otto non quattro avete capitoooooooooo?), stavolta avete perso un'ottima occasione per segnare un punto di credibilità. Ma quel referendum, quei referendum cara compagna Camusso, lo vinceremo ugualmente, malgrado te. Gli iscritti e le iscritte Cgil in tasca hanno una tessera ma in testa hanno un cervello.

La trappola radioattiva.


Lettera di Adriano Celentano. Fonte: corriere.it

Studenti, leghisti, fascisti e comunisti, per il vostro bene non disertate il referendum.

Ora sarebbe un suicidio
Caro Direttore,settantamila case distrutte, un milione di sfollati e cinquemila dispersi in quel florido Giappone che nel giro di 6 minuti è improvvisamente precipitato nel buio più scuro. Ma soprattutto migliaia di radiazioni sulla testa dei giapponesi. Ora io non vorrei neanche parlare del clamoroso fuori-tempo (non solo musicale) esternato da Chicco Testa, ospite della bravissima Lilli Gruber dalla voce affascinante. Non vorrei ma come si fa, poi la gente pensa davvero che lui parli per il bene dei cittadini. «Gli impianti nucleari hanno dimostrato di tenere botta». Ha detto il nostro Chicco ormai appassito per mancanza di clorofilla e quindi non più in grado di catturare quell'ENERGIA SOLARE di cui un tempo si nutriva.
Un'immagine dal video «Sognando Chrenobyl»«Chi trae spunto dalla tragedia del Giappone per dare vita a una polemica politica è uno sciacallo». Ha sentenziato. Dopo neanche un'ora esplode la centrale nucleare di Fukushima. Un tempismo davvero sorprendente quello del Chicco. Ma la cosa più incredibile che più di tutti impressiona, è lo stato di ipnosi in cui versano gli italiani di fronte ai fatti sconcertanti di una politica che non è più neanche politica. Ma piuttosto un qualcosa di maleodorante e che di proposito vorrebbe trastullarci in uno stato confusionale. Dove sempre di meno si potrà distinguere il bene dal male, le cose giuste da quelle ingiuste. Sparisce quindi quel campanello d'allarme che ci mette in guardia quando c'è qualcosa che non quadra nei comportamenti di un individuo. Un qualcosa che detto in una parola si chiama SOSPETTO.
E di sospetti sul nostro presidente del Consiglio, tanto per fare un esempio, ce ne sono abbastanza.

giovedì 17 marzo 2011

Quale festa.


da Il Fatto Quotidiano
Dopo soli centocinquant’anni l’Italia sta per finire. In molti partecipano alla distruzione: un capo di governo e capo popolo ricco di misteriosa ricchezza, membro di una misteriosa organizzazione detta P2, da cui ha ereditato fino ai dettagli il programma e il modo di governare; la criminalità organizzata che ha ormai invaso e infettato ogni parte d’Italia; la corruzione che, per esempio, consente di comprare pubblicamente maggioranze parlamentari, se quelle di prima si esauriscono; e una corte sterminata, diffusa fra politici, giornalisti e manager che si presta ad approvare e a celebrare qualunque cosa che offra un ragionevole margine di guadagno. La distruzione è in corso, e l’Italia in cui stiamo vivendo è adesso molto simile alla Libia. Stessa parola d’ordine del gruppo che si proclama “il governo”: distruggere per conquistare. Distruggere in modo dettagliato e meticoloso ogni cosa che abbia a che fare con l’informazione, l’insegnamento, la cultura, la giustizia. Occorre che si senta, nel Paese, una voce sola, poi la voce dei servi. Occorre che il divertimento sia la barzelletta del capo, quando non è intento a soddisfare i suoi bisogni corporali di fronte alla corte ammirata dei suoi sudditi a tassametro. Capite subito che, se questo è lo stato in cui versa l’Italia, il solo patriottismo possibile è il pronto soccorso. Salvare il Paese è il tema, molto prima che dichiarare di amarlo e fare finta di celebrarlo.

Vi sarete accorti che, nel fare la lista del male che affligge il Paese, non ho citato la Lega. Non sto pensando che sia migliore. Ha fatto il suo buon lavoro per spaccare il Paese, per far dilagare divisione, risentimento, separazione tra italiani (anni di insulti e disprezzo per il Sud) e verso i nuovi venuti, legali o illegali. Abbiamo tutti ascoltato Le Pen e Borghezio dire ciò che hanno detto a Lampedusa proprio nei giorni di celebrazione della nascita italiana: rigettateli in mare. E mentre l’Italia compie 150 anni, celebrati da poche persone perbene con il maestro Muti al chiuso di un teatro, indicati invano come una festa dal presidente della Repubblica, una nave con 1.800 rifugiati, scampati e disperati è bloccata in alto mare dalla Marina italiana.
Ma la Lega, con i suoi paesi governati da sindaci che lasciano digiuni i bambini, verniciano le scuole di verde e danno ogni giorno la caccia a chi gli sembra diverso, prima e dopo averne sfruttato il lavoro, non avrebbe il controllo squadristico di tutto il Paese se l’uomo della P2, che provvede comunque a pagare i conti, non avesse bisogno della gang di Ponte di Legno per restare al governo. Ecco, questa è la festa. È una festa macabra, in cui la morte, la persecuzione, le leggi razziali (si pensi agli sgomberi dei campi nomadi) sono parte della nostra vita quotidiana. L’unica celebrazione che ci resta è l’imitazione: rifare il Risorgimento. Credere, contro ogni evidenza, che esista un’altra Italia pulita, solidale, libera dai tentacoli anche politici della malavita, risvegliare i nostri concittadini dal lungo sonno avvelenato che ha reso sudditi tante persone libere e ha ucciso, per soldi, sentimenti e ideali.
da Il Fatto Quotidiano del 16 marzo 201

Apocalypse Nano.


di Alessandra Daniele. Fonte: carmilaonline

Le centrali nucleari italiane saranno sicurissime.
Noi italiani siamo precisi e organizzati, non casinisti come i giapponesi. Come sempre, i nostri appalti saranno limpidi come il cristallo, i nostri cantieri totalmente in regola, le nostre assunzioni basate sul più rigido criterio meritocratico, i nostri controlli rigorosi ed imparziali. Costruiremo centrali tecnicamente all'avanguardia, nel rispetto dell'ambiente e del territorio. Le scorie saranno smaltite in modo corretto e tempestivo, com'è sempre accaduto per ogni tipo di rifiuto urbano.

E poi l'Italia non è zona sismica.
Quello dell'Aquila è stato un attentato islamico. Quello di Foligno un cedimento strutturale. Quello in Irpinia non è mai esistito, fu solo un complotto dei magistrati per diffamare la classe politica locale. I morti del Friuli furono vittime della feroce repressione comunista statalista, perché chiedevano il Federalismo. Le loro case vennero distrutte per rappresaglia, e per cancellare il Sole delle Alpi dipinto su ogni facciata. Il Belice non è in Italia. E' nel maghreb, e fu devastato dalle lotte fra le tribù locali.
Nessun reale terremoto, o frana, o inondazione, o bradisismo, sono mai stati registrati in Italia. L'eruzione del Vesuvio che si credeva avesse seppellito Pompei fu in realtà solo frutto dell'immaginazione d'uno scrittore di fantascienza dell'epoca, tale Plinio il Cazzaro, che l'attribuì a un tentativo d'invasione aliena.
A un'attenta ispezione del ministro Bondi le presunte mummie di Pompei si sono rivelate falsi made in China per abbindolare i turisti. Il governo ne ha quindi ordinato la rimozione, insieme a tutte le altre rovine locali. In quel sito sorgerà presto una nuova discarica, assolutamente sicura ed ecologica quanto una centrale nucleare.
Da decenni la propaganda comunista cerca di spaventarci, di farci credere che massicce dosi di radiazioni potrebbero danneggiare la nostra salute, mentre tutti i più recenti e imparziali studi medici dimostrano il contrario. Le radiazioni facilitano la diuresi, e aiutano la naturale regolarità, eliminando il senso di gonfiore. Rinforzano la radice del capello, e con le loro micoparticelle di uranio riparano lo smalto dando sollievo ai denti sensibili.

“Carte truccate e violazioni continue”


Greenpeace svela la vera storia di Tepco.
Fonte: ilfattoquotidiano
L'associazione ambientalista pubblica un dossier in cui enumera incidenti e tentativi di eludere i controlli che hanno coinvolto il gigante dell'energia giapponese
“Il Godzilla del nucleare”. E’ questa la definizione che Greenpeace affibbia alla Tepco, la società energetica giapponese che gestisce la centrale di Fukushima in Giappone. Il ritratto che l’associazione ambientalista fa del colosso energetico del Sol levante è impietoso. Greenpeace ha diffuso su Internet un documento che, secondo gli ambientalisti, dimostra senza se e senza ma “storia orrenda” della compagnia: dai resoconti truccati sulla sicurezza alla mancata manutenzione degli impianti atomici.

Innanzitutto un po’ di numeri. La Tepco, Tokyo eletric power corporation, nasce nel 1951 e oggi si colloca come la quarta più grande multinazionale dell’energia del mondo. Fra atomo, carbonfossile e rinnovabili, ogni anno il gigante nipponico produce una quantità di energia pari a quella consumata (sempre in un anno) dall’Italia. Solo in Giappone possiede 17 reattori nucleari distribuiti in tre centrali atomiche: Fukushima I (6 reattori), Fukushima II (4 reattori), Kashiwazaki-Kariwa (7 reattori di cui 5 chiusi).

L'apocalisse è già qui.


di GUIDO VIALE (IL MANIFESTO del 17 MARZO 2011) Fonte: controlacrisi
Apocalisse significa rivelazione. Che cosa ci rivela l'apocalisse scatenata dal maremoto che ha colpito la costa nordorientale del Giappone?

Non o non solo - come sostengono più o meno tutti i media ufficiali - che la sicurezza (totale) non è mai raggiungibile e che anche la tecnologia, l'infrastruttura e l'organizzazione di un paese moderno ed efficiente non bastano a contenere i danni provocati dall'infinita potenza di una natura che si risveglia. Il fatto è, invece, che tecnologia, infrastrutture e organizzazione a volte - e per lo più - moltiplicano quei danni, com'è successo in Giappone, dove la cattiva gestione di una, o molte, centrali nucleari si è andata ad aggiungere ai danni dello tsunami.
Non è stato lo tsunami a frustrare anche le migliori intenzioni di governanti, manager, amministratori e comunicatori: l'apocalisse li ha trovati intenti a mentire spudoratamente su tutto, di ora in ora; cercando di nascondere a pezzi e bocconi un disastro che di ora in ora la realtà si incarica di svelare. È un'intera classe dirigente, non solo del nostro paese, ma dell'Europa, del Giappone, del mondo, che l'apocalisse coglie in flagrante mendacio, insegnandoci a non fidarci mai di nessuno di loro. Solo per fare un esempio, e il più "leggero": Angela Merkel corre ai ripari fermando tre, poi sette, poi forse nove centrali nucleari che solo fino a tre giorni fa aveva imposto di mantenere in funzione per altri vent'anni. Ma non erano nelle stesse condizioni di oggi anche tre giorni fa? E dunque: c'era da fidarsi allora? E c'è da fidarsi adesso?

Howard Zinn: Karl Marx.


Fonte: controlacrisi

Karl Marx morì il 14 marzo 1883. Con qualche minuto di ritardo controlacrisi.org celebra l'anniversario proponendovi uno scritto su Marx del grande storico e militante americano Howard Zinn che dedicò al rivoluzionario un'opera teatrale - Marx a Soho - che rappresentava una risposta al tentativo di seppellire Marx sotto le macerie del muro di Berlino e del "socialismo reale". Buona lettura! "Pensavo fosse necessario salvare Marx non solo dagli pseudosocialisti che avevano instaurato regimi repressivi in varie parti del mondo, ma anche dagli autori e dai politici occidentali che ora gongolavano per il trionfo del capitalismo"
Howard Zinn Howard Zinn: Premessa a Marx a Soho Lessi per la prima volta il Manifesto del partito comunista – che mi era stato dato, ne sono certo, da giovani comunisti che vivevano nel mio quartiere operaio – quando avevo circa diciassette anni. Ebbe su di me un effetto profondo, perché tutto quello che vedevo nella mia vita, nella vita dei miei genitori e nelle condizioni degli Stati uniti nel 1939 sembrava esservi spiegato, contestualizzato e posto sotto una potente luce analitica.
Vedevo mio padre, un ebreo immigrato dall’Austria, con un’istruzione elementare, lavorare come un pazzo, ma riusciva a malapena a mantenere sua moglie e i suoi quattro figli. Vedevo che mia madre lavorava notte e giorno per far sì che fossimo nutriti, vestiti, curati quando stavamo male. La loro vita era una lotta senza fine per la sopravvivenza. Sapevo che c’erano nel nostro paese persone che possedevano ricchezze stupefacenti, e che certo non dovevano lavorare duro come i miei genitori.
Il sistema era ingiusto. Intorno a noi, in quel periodo di depressione, c’erano famiglie che si trovavano in condizioni disperate per colpe non loro; non erano in grado di pagare l’affitto, e le loro cose venivano gettate per la strada dal padrone di casa, che aveva la legge dalla sua parte. Sapevo dai giornali che queste cose accadevano in tutto il paese. Ero un lettore. Avevo letto molti romanzi di Dickens, da quando avevo tredici anni, ed essi avevano risvegliato in me l’indignazione contro l’ingiustizia, la compassione verso le persone vessate dai loro datori di lavoro, dal sistema legale.

mercoledì 16 marzo 2011

L'UTOPIA DELLO STRUZZO


di Riccardo Orioles. Fonte: ucuntu
17 marzo 2011
L'UTOPIA DELLO STRUZZO
E CHI CI BAGNA IL PANE
Il “mercato”, il consumo e il “progresso” illimitati vanno benissimo per i Grandi Animali, ma sono la morte per noi comuni esseri umani. “E' sempre stato così”. Sì, ma qua finisce male
“No all'emotività! Forza, nucleare!”.
Sarebbe facile polemizzare col nostro signor governo e la nostra confindustria che, mentre i tedeschi chiudono le centrali e i giapponesi cercano disperatamente di salvarsi la pelle, non sanno dire altro che “E' successo qualcosa?”.
Facile, ma in fondo ingiusto. Perché la bestialità della nostra orribile classe dirigente, la più disumana e la più ignorante che questo disgraziato Paese abbia mai avuto, fa leva sul nostro sogno, sulla nostra inespressa ma convintissima utopia: che possiamo andare avanti tranquillamente così, sfruttando sempre più la natura, picchiando chi riceve di meno e ruttando felici in un dopo-pranzo sempre più inacidito.
Non è così. Il Giappone, molto più civile e tecnologico di noi, era sopravvissuto a duemila anni di terremoti e tsunami: e adesso sta crepando semplicemente perché (a dispetto di una sua cultura antichissima, bollata come “”vecchia” e “superata”) s'è messo a costruire centrali nucleari in mezzo alle faglie sismiche. Modernissime, “sicure”, dotate (tranne quella mantenuta in servizio per le pressioni dei politici) della migliore tecnologia. E sono saltate per aria.
Perché?

Spegni il nucleare.



Il giorno 11 marzo 2011 il mondo è cambiato. Nulla sarà più come prima. Siamo entrati nel post nucleare. Una nuova era in cui non ci sarà più spazio per i deliri dell'energia dell'atomo. Il Giappone si è immolato per noi, certo non volontariamente, ma è ciò che è successo. Se l'incubo nucleare che ci accompagna dal dopoguerra, da Chernobyl a Three Mile Island, cesserà (e cesserà) lo dovremo al sacrificio di milioni di persone in fuga dalla nube di Fukushima. Un esodo biblico. Neppure immaginabile. Il Giappone rischia di diventare l'isola che non c'è, un luogo dove non si entra e non si esce. Una trappola nucleare. Se persino la portaerei Reagan ha abbandonato la sua missione umanitaria, quali flotte accorreranno in soccorso delle popolazioni del l'Est del Giappone? Le merci giapponesi contaminate non potranno più uscire dal Paese.
Le nubi non si fermano. Forse arriveranno fino in Europa se il vento soffierà verso Ovest. Il senso di quello che è successo è troppo grande, troppo profondo per poterlo afferrare, ma qualcosa si può intuire. Le persone hanno capito immediatamente che il nucleare è finito per sempre. Alcuni capi di Stato hanno già preso posizione contro le centrali, sanno che continuare sarebbe la loro fine politica. Succede in Germania, in Svizzera, perfino in Australia che possiede il 28% dell'uranio mondiale. L'Italia, in questo scenario, recita la parte del giapponese sperduto in un'isola del Pacifico che continua a combattere dopo dieci anni dalla fine della guerra. Personaggi che finiranno presto nel dimenticatoio del ridicolo con le loro affermazioni nucleariste.
La Prestigiacomo è l'unico ministro dell'Ambiente nel mondo che vuole nuove centrali nucleari. Lei, Testa, Veronesi, Berlusconi, Cicchitto, Scaroni, Maroni, Casini, Fini, Frattini e i pennivendoli fusi del nocciolino nucleare sono come i fascisti che giravano in divisa da federale dopo il 25 aprile. Le loro dichiarazioni sono da conservare per il futuro, i loro volti, i video, le argomentazioni sono la testimonianza di un preciso momento, l'ultimo. Domani, tra qualche giorno o qualche mese, non potranno più permettersi di sparare stronzate. L'unico motivo per cui si vuole il nucleare è il debito pubblico di 500 miliardi di euro in mano alla Francia. L'EDF è il mandante, Berlusconi e la Confindustria gli esecutori interessati.Questa classe politica sarà spazzata via dal referendum del 12 e 13 giugno. Da questa settimana partirà un'iniziativa che durerà fino al referendum: "Spegni il nucleare". Voglio coinvolgere milioni di italiani, non ci sono alibi. Con il quorum Maroni ci potrà fare il bunga bunga solitario. Il 29 aprile ci sarà l'assemblea dell'ENEL delle centrali nucleari, io ci sarò, il blog ci sarà con la diretta streaming. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

La sfida totale.


Fonte: fuocoedizioni

La fine della Guerra Fredda provocò un’ondata d’ottimismo tale da indurre qualcuno a proclamare la “fine della storia”. Gli eventi successivi - dall’esplosione della Jugoslavia al conflitto russo-georgiano, dall’11 settembre alla “guerra al terrorismo”, dalle nuove tensioni tra Russia e USA alla crisi finanziaria - ci hanno riportati ad una realtà senz’altro meno paradisiaca.

La storia è ancora in corso, ed oggi come nel passato, è storia anche di conflitti ed inimicizie. Nel panorama globalizzato del XXI secolo è in atto La sfida totale tra le grandi potenze.Sfida perché quello della geopolitica è un gioco a somma zero: se qualcuno sale nella gerarchia delle potenze, qualcun altro deve scendere.Totale perché oggi gli Stati non si fronteggiano più solo con le armi della diplomazia e della guerra, ma ricorrono anche all’economia, alla finanza, alla cultura, all’ideologia, ed il loro scontro non rimane più confinato entro determinate regioni, ma si sviluppa su scala globale.

Questo libro ci ricorda come, in un mondo in cui tutto sembra essere cambiato ed evoluto, alcune cose rimangono inalterate. È il caso delle costanti geopolitiche che, al di là di tutta la propaganda e la retorica, continuano a determinare e spiegare la lotta tra le grandi potenze.

La sfida totale ci porta a spasso nella storia e per il mondo, al fine di descrivere cosa sta succedendo oggi e cosa accadrà domani. Scopriamo le teorie dei maggiori geopolitici del passato e del presente, le strategie delle grandi potenze, le macrodinamiche internazionali, fino a intravedere un futuro forse migliore dell’oggi, ma non privo d’inquietanti incognite e minacce.

Pagine 186, Formato 14cm x 20,6cm ISBN 9-788890-465826 Indice: Prefazione, Introduzione, Cap. 1 - Terra contro Mare, Cap. 2 - Attacco al Cuore della Terra, Cap. 3 - Idealismo contro realismo, Cap. 4 - L’Orso si rialza, Cap. 5 - La Tigre e il Dragone, Cap. 6 - Lo Stato-canaglia e il piccolo Satana, Cap. 7 - Il risveglio dell’America Indiolatina, Epilogo.Daniele Scalea è laureato in Scienze storiche all’Università degli Studi di Milano con una tesi sulla politica estera italiana.Dal 2004 è nella redazione della rivista di studi geopolitici “Eurasia” e suoi articoli sono apparsi su “Rinascita“, “Equilibri“, “Pagine Libere“, “FonDSK” e numerosi altri siti Internet.Per “Eurasia” ha realizzato numerose interviste, tra gli altri a Noam Chomsky, Aleksandr Dugin, Igor Panarin e Vladimir Jakunin.La Sfida Totale è il suo primo libro.


martedì 15 marzo 2011

L'internazionalismo del capitale e il localismo del lavoro.


Autore: Bevilacqua, Piero. Fonte: eddyburg
Una domanda si aggira inquieta per le menti d'Europa che pensano alla politica come alla leva della libertà dei popoli e del governo del mondo. Per quali ragioni, il neoliberismo, la travolgente iniziativa capitalistica, avviata negli '80 in Gran Bretagna e in USA, e diventata pensiero unico planetario, è ancora così vivo e dominante in quasi tutti gli Stati?

Eppure, quella stagione è finita nel fango della più grave crisi degli ultimi 80 anni. Non solo. Essa ha mancato pressocché tutti i suoi obiettivi dichiarati. Non ha creato nuovi posti di lavoro, anzi la disoccupazione è dilagata ben prima del tracollo del 2008, nonostante le imprese abbiano ottenuto dai vari governi nazionali flessibilità e precarietà dei lavoratori mai sperimentate prima. Alla fine degli anni '90, come ha mostrato un grande esperto del problema, Kevin Bales si potevano contare ben 27 milioni di schiavi diffusi nei vari angoli della terra. E nel 2000 erano al lavoro ben 246 milioni di bambini. Uno scacco alla civiltà umana che non può certo essere compensato dai nuovi ricchi affacciatisi al benessere nei paesi a basso reddito. Ma forse il fallimento più grande il progetto neoliberista l'ha subito sul terreno che gli è più proprio: la crescita economica. Tra il 1979 e il 2000 il tasso medio di crescita annuale del reddito mondiale procapite – come ha mostrato Branco Milanovic – è stato dello 0,9%. .Assolutamente imparagonabile al 3% e talora oltre dei periodi precedenti.

E allora? Com' è che a questa generale e inoccultabile sconfitta sul terreno economico non è corrisposta una pari disfatta sul piano politico? Non siamo così meccanicisti da non comprendere la diversità dei piani messi a confronto e la differente temporalità dei fenomeni che si agitano nelle due diverse sfere sociali. Ma la domanda si pone.

Io credo che una prima risposta sia da ricercare in questo esito paradossale: concludendo il suo ciclo nel tracollo economico-finanziario, il neoliberismo ha potuto far tesoro di due esiti politicivantaggiosi. La crisi ha infatti rese acute due gravi scarsità: la scarsità del lavoro e la scarsità di sicurezza. Quest'ultima in parte connessa alla prima. Tali scarsità pongono la classe operaia e i ceti popolari in una condizione di grave asimmetria di potere e forniscono ai ceti dominanti rapporti di forza e materia di manipolazione ideologica in grado di offuscare le sconfitte subite sul piano economico. Come sempre, bisogno e paura sono diventati due formidabili armi di potere.

Le balle nucleari.


di Marco Travaglio. Fonte: beppegrillo

Buongiorno a tutti, parliamo un po’ di informazione per così dire a proposito di alcuni temi di grandissima attualità, cominciamo con questa catastrofe epocale del Giappone, con le miserie dei nostri opinionisti spacciati per esperti a proposito del nucleare, non sono un esperto, quindi non voglio minimamente entrare nei dettagli tecnici di quello che è successo, che sta succedendo che magari scopriremo tra qualche giorno a proposito delle centrali nucleari giapponesi definite a rischio dallo stesso governo che ha evacuato ampie zone circostanti e ha avviato operazioni di decontaminazione ambientale e anche personale su molte persone che durante quell’esplosione, quell’emissione di nubi si sono trovate nella zona, vedremo cosa è successo.

Supercazzole nucleari
La cosa interessante è che prima ancora di avere la più pallida idea di cosa fosse quella nube, alcuni noti opinionisti del nulla, si sono subito premurati di farci sapere che non era successo nulla, anzi che il sesto terremoto più devastante della storia dell’umanità, come facciano poi a dirlo non si sa, ha dimostrato che in nucleare è sicuro.

Anzi è la più sicura delle fonti energetiche, Beppe Grillo sul sito ha già infilato una serie di supercazzole Fini, Casini, Prestigiacomo, ma non solo, memorabili quelle dell’ottimo Chicco Testa, intanto c’è quella meravigliosa di Umberto Veronesi “le centrali nucleari sono sicure, chi è contrario è fermo a una vecchia mentalità ideologica che si basa su presupposti sbagliati” complimenti, Valerio Rossi Albertini del Cnr “le fughe radioattive mi sentirei di escluderle, nella peggiore delle ipotesi si tratta di materiale contaminato da radiazioni, ma non ci sarà il cosiddetto effetto Chernobyl”, Paolo Clemente responsabile del laboratorio rischi naturali Enea “i sistemi di sicurezza si spengono automaticamente, così è accaduto in Giappone, solo in uno questo meccanismo non ha funzionato a regola d’arte, ops” “la posizione del governo italiano sul nucleare rimane quella che è, non è che si può cambiare idea ogni minuto, Fabrizio Cicchito” certo, quando mai hanno cambiato idea questi, uno che era socialista lombardiano e adesso sta con Berlusconi, non si può mica cambiare idea ogni minuto, in fondo piduista era e piduista rimane, infatti è il capogruppo del partito fondato da un piduista, peccato che non riesco a trovare… ah Chicco Testa ha chiamato “sciacalli” quelli che parlano della fuoriuscita di radiazioni dalle centrali nucleari in Giappone.

'In Europa parametri per misurare la pressione sull’ambiente'.


Fonte: controlacrisi

La decisione è stata presa dalla Commissione europea e resa nota oggi dal commissario Ue per l’Ambiente Janez Potocnik. Finalmente non sarà solo il Pil a stabilire lo stato di salute di un paese di Vittorio Bonanni Domenica scorsa su “Liberazione”, in un inserto che abbiamo dedicato alla produzione delle merci e allo spreco ad essa legato, Massimo Scalia, ambientalista storico, stigmatizzava il pensiero marxista, colpevole di non aver mai creato dei parametri per misurare lo stato delle cose da un punto di vista ambientale appunto.
Privilegiando per lo più parametri di tipo economico, o sociale. Bisogna dire che questo approccio è tipico di tutta la cultura economica occidentale. Per di più con l’arrivo del liberismo anche la speranza di introdurre parametri nuovi per studiare lo stato di salute delle società è andata a farsi benedire.
La decisione della Commissione europea di mettersi al lavoro per sviluppare un indice utile a misurare la pressione delle attività umane sull'ambiente e una tabella di riferimento sullo sviluppo sostenibile va dunque salutata positivamente.
La notizia è stata resa nota dal commissario Ue all'Ambiente, Janez Potocnik, nel corso di una conferenza organizzata da Eurostat, l'ufficio statistico europeo, a Bruxelles. “Concentrando l'attenzione sulla misurazione della crescita verde e sull'efficienza delle risorse - ha detto Potocnik - manteniamo i nostri obiettivi: più ricchezza, qualità della vita e benessere dei nostri cittadini, preservando il capitale natura del Pianeta”.

lunedì 14 marzo 2011

Troppa emotivita'?!!


di Zag in ListaSinistra

Continuano le esplosioni alla centrale di Fukushima 1 , e si continua a calmare, minimizzare ecc ecc. E' normale, fa parte del gioco dei ruoli. La popolazione è impaurita, teme il quasi certo , il già visto, le istituzioni e coloro che hanno questo come compito , tentano di minimizzare, di calmare, e sopratutto di non mettere in discussione scelte tecnologiche e strategiche per l'economia.
E in Italia? Beh lasciando perdereIl miinistro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo,si è detta "preoccupata per la situazione in Giappone ma allo stesso tempo indignata per la polemica sul programma nucleare in Italia che ritengo strumentale e macabra". Come se stessimo parlando di mele e fichi.
E Cicchitto?Fabrizio Cicchitto ha assicurato che "sul nucleare, la posizione resta quella che è, non si può cambiare ogni volta; anche perché - ha spiegato - per altro verso noi abbiamo problemi non da poco se guardiamo al mondo che ci circonda in modo più ristretto". Quindi lasciateci lavorare e non disturbate i manovratori, Quel che è fatto e fatto!
Pierferdinando Casini: Il solito democristiano, Una botta al cerchio ed una alla botte, ma solo a parole. Le sue scelte son ben precise."Sul nucleare, la mia idea è quella di sempre: sono favorevole e vorrei che il governo passasse dalle parole ai fatti, se no a forza di declamare fra dieci anni saremo ancora qui a discutere. Naturalmente - ha aggiunto - il problema del Giappone è molto più complesso e riguarda la difesa del suolo e del nostro pianeta che tutti i giorni noi rispettiamo. La questione ambientale è una questione di cui tutti ci dobbiamo fare carico".

I vivi e i morti.



di Beppe Grillo. Fonte: blogbeppegrillo
Siamo in guerra. Da una parte ci sono i morti, dall'altra i vivi. Quando scoppia un conflitto le regole ordinarie non valgono più. Per battere Hitler non era sufficiente discutere. Una centrale nucleare in Italia equivale a una pistola puntata contro la Nazione. Questo non è terrorismo, è la verità. Nessuno può prevedere una catastrofe come quella giapponese, ma chiunque sa che può accadere. Tra un giorno o tra mille anni. I reattori della centrale di Fukushima stanno esplodendo uno dopo l'altro, 180.000 persone sono state evacuate in un'area di 30 chilometri. Non è detto che ritorneranno nelle loro case. Le zone contaminate, come quella intorno a Chernobyl, rimangono radioattive per migliaia di anni.
A L'Aquila non c'erano centrali nucleari, era una zona sismica, come quasi ovunque in Italia. Molti edifici crollati erano costruiti con la sabbia, gran parte della popolazione sarebbe sopravvissuta se evacuata in tempo. I segnali premonitori c'erano da mesi. Questa è l'Italia che specula sui terremoti e ride come una iena al telefono.

Nucleare. Ecco le bugie da smascherare.


Ecco le bugie da smascherare e altrettante ragioni per votare SI’ contro l’energia
atomica:
1) Il nucleare ha un ruolo fondamentale e viene rilanciato in tutto il mondo.
NON E’ VERO.
Non è così, né in termini relativi, né in termini assoluti. In termini relativi il
peso del nucleare nella produzione globale di elettricità è sceso dal 17,2% del 1999
al 13,5% del 2008 (International Energy Agency, 2010).
2) L’energia nucleare è abbondante, serve all’Italia per la sua sicurezza energetica e
dà lavoro.
NON E’ VERO.
La propaganda filonucleare continua a ripetere che tra 50 anni le fonti fossili
potrebbero non bastare. Che le fonti fossili avranno un declino è certo, ma anche
l’uranio è un elemento che si estrae da risorse limitate e dunque anche l’Uranio tra
50 anni sarà in declino.
L’impatto occupazionale del nucleare in Italia è valutato in 10 mila posti di
lavoro, per la maggior parte nella fase di costruzione (8-10 anni). Per centrare gli
obiettivi europei obbligatori al 2020 per le fonti rinnovabili secondo uno studio
della Bocconi, l’impatto occupazionale può generare in Italia fino a 250 mila posti
di lavoro.

Perché la tolleranza non può bastare.


di Slavoj Zizek - 10 marzo 2011 Fonte: internazionale
Dieci anni fa, quando la Slovenia stava per entrare nell’Unione europea, uno dei nostri euroscettici parafrasò una battuta dei fratelli Marx sugli avvocati: noi sloveni abbiamo un problema? Entriamo nell’Unione europea! Avremo ancora più problemi ma ci sarà l’Unione a farsene carico!
È così che oggi molti sloveni vedono l’Europa: è utile ma porta anche nuovi problemi. E allora vale la pena difendere l’Unione europea? La vera domanda, ovviamente, è un’altra: quale Unione europea?
Un secolo fa Gilbert Keith Chesterton spiegava chiaramente l’impasse fondamentale della critica alla religione: “Uomini che cominciano a combattere la chiesa per amore della libertà e dell’umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l’umanità pur di combattere la chiesa”. Lo stesso vale per i difensori della religione. Quanti fanatici difensori della religione hanno cominciato attaccando la cultura laica e hanno finito con il tradire qualsiasi esperienza religiosa? Così molti paladini liberali sono ansiosi di combattere il fondamentalismo antidemocratico e finiscono per allontanarsi da libertà e democrazia. Se i “terroristi” sono pronti a radere al suolo questo mondo in nome di un altro, i nostri guerrieri antiterroristi sono pronti a radere al suolo il loro mondo democratico in preda all’odio per quello musulmano.

La sinistra tricolore.


Autore: Fonte: eddyburg
La piazza continua. Per protestare, per difendere, forse per costruire una nuova politica. Il manifesto, 13 marzo 2011
È la prima volta che vediamo una manifestazione di sinistra inondata di bandiere tricolori. E' la prima volta che una grande manifestazione di popolo è aperta da un coro che intona le note di "Va pensiero" e si chiude su quelle dell'inno di Mameli. E' la prima volta che si scende in piazza indossando Costituzione per difenderla da chi la considera l'ultimo ostacolo alla governamentalità, come direbbe Giorgio Agamben, a una forma di governo autoritario e oligarchico.
Sono segnali evidenti, vistosi, simbolici di un sentimento nazionale che arretra (o avanza) a difesa dei caratteri fondativi della convivenza civile, attaccata e ferita dal ventennio berlusconiano, smarrita dalle sinistre. Laica, pluralista, lavorista, ugualitaria, solidarista, internazionalista, pacifista, la nostra Costituzione ieri aveva il volto della gente, era appuntata su giacche e cappelli, prima attrice nelle strade delle cento città che hanno manifestato per la democrazia e per la scuola pubblica, contro l'eutanasia della politica, in un paese dove il parlamento è un mercato e la scuola un'azienda.

domenica 13 marzo 2011

FATTO L'EURO PATTO, PREPARIAMOCI ALLA RIVOLTA.


Fonte: controlacrisi
Hanno discusso fino a tarda ora i nostri governanti. Grecia e Irlanda infatti hanno provato ad allentare il cappio dell'austerity, ritardando così la discussione che è finita con una Merkel raggiante che di fatto porta a casa quasi tutti gli obbiettivi che si era preposta. Se è vero che il fondo salva stati viene aumentato in termini di risorse e con possibilità di acquisto dei titoli dei paesi in difficoltà cosa che fa storcere la bocca all'opinione pubblica della Germania è altrettanto vero che questo avverrà sempre in cambio di maggiori sforzi sul fronte del risanamento delle finanze pubbliche (modello Grecia).

LA LEGGE DEL VENTESIMO
Restano da definire nel dettaglio il giro di vite sui debiti pubblici e il grado di automatismo delle sanzioni per i Paesi poco virtuosi, ma il passo più grande è ormai faqtto. Il debito in eccesso (sopra il 60% del Pil) dovrà essere tagliato di un ventesimo l'anno nell'arco di tre anni, il che vuol dire fatti due conti che in Italia si avranno finanziarie che definire lacrime e sangue è un eufemismo. Berlusconi ha provato a lanciare la palla avvelenata del massacro sociale nel futuro, non sarà chiaro fino al 24 marzo ( giorno della votazione definitiva tra i capi di stato) se questo triennio dovrà partire dall'entrata in vigore della riforma del Patto, o se ci sarà un periodo transitorio di tre anni, con i tagli che partiranno solo dal 2015.
La richiesta italiana di prendere in considerazione gli altri 'fattori rilevantì che determinano la situazione finanziaria di un Paese (dal debito privato di famiglie e imprese all'andamento della spesa per le pensioni, all'esposizione delle banche) viene accolta, ma occorre essere precisi, il debito pubblico resta il fattore principale per valutare la solidità di un paese, gli altri fattori pur essendo rilevanti entrano in campo come elementi accessori. Altro conto sarebbe stato invece - come sostenuto inizialmente dall'Italia qualche mese fa - se fosse passato come criterio principale quello del debito aggregato ( debito pubblico più debito privato). Criterio questo che avrebbe visto il nostro paese tra i meglio messi in Europa dopo la Germania.

La Costituzione va in piazza.




di Gaetano Azzariti (Fonte: il manifesto del 12/03/2011)
«A difesa della Costituzione» non è uno slogan qualsiasi. La manifestazione di oggi può rappresentare una svolta se riuscirà a chiarire - finalmente - qual è il terreno sul quale si sta svolgendo, in Italia, il più impegnativo scontro politico, ma anche la più profonda battaglia culturale. E non da oggi. L'intero ultimo ventennio s'è caratterizzato per la volontà di modificare il «patto costituente».
È in particolare la nascita del berlusconismo che dà origine e impulso a un ciclo politico post-costituzionale.
La «discesa in campo» dell'imprenditore Berlusconi è esplicitamente motivata dalla fine del sistema costituzionale classico. Il partito-azienda che egli promuove non ha alcun legame con la Costituzione. Anzi la costituzione è per esso un corpo estraneo, un intralcio alla realizzazione immediata degli scopi politici da conseguire.
La divisione dei poteri, le garanzie dei diritti, le misure di bilanciamento tra gli organi politici, il rispetto per i ruoli distinti e le prerogative di ciascun soggetto istituzionale (dal Parlamento alla magistratura, dalla Corte costituzionale al Presidente della repubblica), che rappresentano l'essenza del costituzionalismo democratico, diventano d'improvviso solo un impaccio.
È la Costituzione che «impedisce di governare», che ostacola il governo del fare. Un governo che trae la sua legittimazione unicamente dal consenso di una minoranza di cittadini, fatta passare per una maggioranza di popolo (se non per tutto il popolo unitariamente inteso) grazie ad una distorsione elettorale accompagnata da una propaganda ingannevole.

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