Fino a pochi mesi fa il premier Mario Monti dichiarava con grande vanto, in occasione dei vertici internazionali, che l'Italia non era come la Grecia o la Spagna, in Italia si applicavano le politiche di austerità e non c'era conflitto sociale. Chissà cosa dirà adesso al prossimo incontro tra i primi ministri europei.
Il 14 novembre ci dice tante cose, forse troppe per metterle a fuoco subito e per renderle in una sola breve analisi come vuole essere questa. Tra i diversi spunti però, vorrei provare ad approfondire due temi. Il primo è quello del senso politico della giornata, un'esperimento di sciopero europeo inizialmente convocato dalla Ces, la confederazione sindacale europea a cui aderiscono in Italia anche Cgil, Cisl e Uil, ed ha visto da subito il sostegno di alcune forze politiche della sinistra in Grecia (Syriza), Spagna (Izquierda Unida) e Portogallo (Bloco de Esquerda), gli altri Pigs in cui era convocata la giornata di sciopero.
In Italia il #14N arriva grazie alla Fiom che anticipa tutti convocando lo sciopero generale di categoria e costringendo la Cgil - ma non Cisl e Uil che formalmente aderiscono alla Ces - a convocare lo sciopero per il 14 novembre ma di sole 4 ore, a fronte degli scioperi nel resto del Sud Europa proclamati su tutta la giornata lavorativa.
Alla luce della settimana di mobilitazioni, che si è aperta a Napoli con gli scontri tra studenti, precari e disoccupati con la polizia in occasione del vertice italo-tedesco, possiamo dire che i promotori delle manifestazioni sindacali sono stati assolutamente messi in secondo piano dalla forza dei movimenti che hanno attraversato le mobilitazioni del #14N e da una composizione sociale senza dubbio non riducibile e non rappresentata dalle centrali sindacali né tantomeno dai partiti politici.
Ieri nelle piazze italiane c'erano più generazioni che vivono quotidianamanete la precarietà ed il peso delle politiche di austerità e rigore. Probabilmente sono quella parte di paese a cui poco interessano i dibattiti alla X-Factor delle primarie del centro sinistra, a cui poco interessa anche la purezza demagogica del grillismo e la sua assenza di un modello di società alternativa. Sono quelli che probabilmente non andranno a votare e sono senza dubbio i più incazzati del paese. Il collante tra questi giovani e giovanissimi è senza dubbio quello delle condizioni materiali di vita.
Mentre le piazze, piene, radicali e che reclamano una via d'uscita dalla crisi opposta alla linea della troika europea, venivano egemonizzate dai movimenti, partiti e sindacati scoprivano le loro nudità. Succede alla Cgil che mobilita poco in Italia rispetto alle piazze dei movimenti ed i cui dirigenti vengono contestati praticamente ovunque, succede ai leaders politici come Vendola e Fassina contestati a Pomigliano. Ma succede anche in Europa dove, ad esempio, a Lisbona il segretario della Cgtp viene interrotto dai petardi e dagli slogal dei movimenti.
Pertanto se da un lato possiamo dire che nel Sud Europa non esiste un dato di spontaneismo e non esiste dunque nessuna "rabbia sociale" che si autodetermina ma c'è appunto bisogno della costruzione di una agenda politica dei movimenti per esprimere un livello di conflittualità contro le politiche della Bce, dall'altro possiamo sostenere l'assoluta inadeguatezza delle centrali sindacali e dei partiti politici compatibili a vario titolo con le politiche di rigore europeo in questa fase, rispetto ad un pezzo d'Europa che viene schiacciato dalla crisi e dall'austerità.
Il 14 novembre ci dice tante cose, forse troppe per metterle a fuoco subito e per renderle in una sola breve analisi come vuole essere questa. Tra i diversi spunti però, vorrei provare ad approfondire due temi. Il primo è quello del senso politico della giornata, un'esperimento di sciopero europeo inizialmente convocato dalla Ces, la confederazione sindacale europea a cui aderiscono in Italia anche Cgil, Cisl e Uil, ed ha visto da subito il sostegno di alcune forze politiche della sinistra in Grecia (Syriza), Spagna (Izquierda Unida) e Portogallo (Bloco de Esquerda), gli altri Pigs in cui era convocata la giornata di sciopero.
In Italia il #14N arriva grazie alla Fiom che anticipa tutti convocando lo sciopero generale di categoria e costringendo la Cgil - ma non Cisl e Uil che formalmente aderiscono alla Ces - a convocare lo sciopero per il 14 novembre ma di sole 4 ore, a fronte degli scioperi nel resto del Sud Europa proclamati su tutta la giornata lavorativa.
Alla luce della settimana di mobilitazioni, che si è aperta a Napoli con gli scontri tra studenti, precari e disoccupati con la polizia in occasione del vertice italo-tedesco, possiamo dire che i promotori delle manifestazioni sindacali sono stati assolutamente messi in secondo piano dalla forza dei movimenti che hanno attraversato le mobilitazioni del #14N e da una composizione sociale senza dubbio non riducibile e non rappresentata dalle centrali sindacali né tantomeno dai partiti politici.
Ieri nelle piazze italiane c'erano più generazioni che vivono quotidianamanete la precarietà ed il peso delle politiche di austerità e rigore. Probabilmente sono quella parte di paese a cui poco interessano i dibattiti alla X-Factor delle primarie del centro sinistra, a cui poco interessa anche la purezza demagogica del grillismo e la sua assenza di un modello di società alternativa. Sono quelli che probabilmente non andranno a votare e sono senza dubbio i più incazzati del paese. Il collante tra questi giovani e giovanissimi è senza dubbio quello delle condizioni materiali di vita.
Mentre le piazze, piene, radicali e che reclamano una via d'uscita dalla crisi opposta alla linea della troika europea, venivano egemonizzate dai movimenti, partiti e sindacati scoprivano le loro nudità. Succede alla Cgil che mobilita poco in Italia rispetto alle piazze dei movimenti ed i cui dirigenti vengono contestati praticamente ovunque, succede ai leaders politici come Vendola e Fassina contestati a Pomigliano. Ma succede anche in Europa dove, ad esempio, a Lisbona il segretario della Cgtp viene interrotto dai petardi e dagli slogal dei movimenti.
Pertanto se da un lato possiamo dire che nel Sud Europa non esiste un dato di spontaneismo e non esiste dunque nessuna "rabbia sociale" che si autodetermina ma c'è appunto bisogno della costruzione di una agenda politica dei movimenti per esprimere un livello di conflittualità contro le politiche della Bce, dall'altro possiamo sostenere l'assoluta inadeguatezza delle centrali sindacali e dei partiti politici compatibili a vario titolo con le politiche di rigore europeo in questa fase, rispetto ad un pezzo d'Europa che viene schiacciato dalla crisi e dall'austerità.