Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 7 maggio 2011





Fonte: La vecchia talpa

Cara CGIL, questa volta non sciopero.



di Danilo Lollobrigida - Megachip.
Cara CGIL, sono un tuo iscritto e rappresentante sindacale da quasi 30 anni. Sono delegato RSU nell’azienda in cui lavoro, sono da tempo componente di direttivi territoriali di categoria e anche RLS. Sono un tuo appassionato militante, che mette il cuore e la mente nell’impegno di rappresentare i lavoratori nella maniera più onesta ed efficace possibile. Ho sempre creduto nei tuoi valori e porto con orgoglio il tuo distintivo e la tua bandiera. In questi anni ho partecipato a tutti gli scioperi e a quasi tutte le manifestazioni che hai indetto. È stato un grande impegno, che ho svolto con entusiasmo e determinazione, convinto che fossero tutte battaglie utili e necessarie per il bene dei lavoratori.

Venerdì 6 maggio vi sarà un nuovo sciopero generale indetto da te, con manifestazioni provinciali in tutta Italia. Ma, questa volta, non sarò in piazza e non sosterrò lo sciopero. Ho tre gravi motivi di dissenso che mi portano a questa scelta.

Le motivazioni dello sciopero generale sono sintetizzate da un manifesto, nel quale sono elencati 12 punti programmatici. Gli argomenti indicati sono importantissimi e apparentemente molto condivisibili: fisco più equo; sostegno alla scuola pubblica, all’università e alla ricerca; più welfare; tutela alle pensioni; tutela dei giovani; tutela delle donne; tutela del lavoro pubblico; accoglienza ai migranti; federalismo solidale; democrazia nei luoghi di lavoro. La tutela e la promozione di questi argomenti meritano certamente sostegno e forti azioni di lotta. Il problema è che si tratta di specchietti per le allodole.

Per rendere una lotta credibile è necessario individuare la causa del problema ed individuare il giusto avversario da affrontare. Quindi proporre delle azioni efficaci che possano produrre dei miglioramenti.

Oggi, cara CGIL, sembri non poter capire da dove realmente derivano i problemi, qual è il vero nemico da combattere e quali azioni permettono di ottenere delle soluzioni.

Il mio primo motivo di dissenso: non mi convince la sintetica analisi, presente nel tuo manifesto, che spiega le ragioni dei nostri problemi. In sostanza viene affermato che il peggioramento delle condizioni dei lavoratori italiani è causato dai 34 mesi del governo Berlusconi. Lasciando supporre che per raggiungere il miglioramento delle condizioni dei lavoratori sia sufficiente rimuovere il Caimano.

Questo assunto è completamente falso e fuorviante. In questi anni si sono cumulate numerose gravissime corresponsabilità della “sinistra”, dalla gravità almeno pari a quelle della “destra”. Ormai abbiamo appurato sulla nostra pelle che passando a un governo di centrosinistra i lavoratori non godono di alcun vantaggio.

COS’È IL CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO?



Fonte: retegas
Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo (C.N.M.S.) nasce nel 1985 e ha sede a Vecchiano, in provincia di Pisa. Questo centro di documentazione è il frutto dell’idea di tre famiglie unite già in precedenza da un assiduo impegno sul fronte sociale e politico attraverso l’attività sindacale, il volontariato, l’affido familiare e la cooperazione internazionale e che presto si resero conto che la convivenza in uno stesso caseggiato dove poter condividere spazi, idee, progetti ed esperienze, avrebbe contribuito ad aumentare l’efficacia delle loro attività.

Perché nel mondo l’80% della popolazione vive in condizioni di miseria, mentre soltanto il 20% può permettersi uno standard di vita “occidentale”? Questa domanda e la consapevolezza di vivere, senza nessun merito, dalla parte del mondo privilegiata ha spinto Francesco Gesualdi e gli altri membri del Centro a svolgere numerose ricerche nell’ambito economico per comprendere fino in fondo le ragioni di questa diseguaglianza. “Abbiamo capito che le ragioni sono nell’economia internazionale e affondano le radici nella storia del colonialismo. Abbiamo presto messo a fuoco il ruolo svolto dalle aziende e ci siamo posti l’obiettivo di mettere la gente comune nella condizione di capire questo passaggio. Noi però siamo dei militanti, non un istituto di ricerca fine a se stesso e neanche un’università. La ricerca per noi ha senso solo se finalizzata all’azione, per cui ci siamo detti: e ora che conosciamo le cause delle ineguaglianze, che cosa possiamo fare? Che cosa diciamo a noi e agli altri? Per sciogliere questo nodo abbiamo fatto tesoro dell’insegnamento “milaniano” su come è strutturato il potere, quindi la consapevolezza che il potere non sta in piedi da solo, ma perché riceve consenso della base.” (L. Guadagnucci, Intervista a Francesco Gesualdi. Dalla parte sbagliata del mondo)

L'acqua che unisce.



Fonte: Piero Bevilacqua - il manifesto
È considerata il bene comune per eccellenza per ragioni che affondano le radici nella nostra cultura. Di questo il movimento dovrebbe farsi forza. E costruire una campagna come quella contro la guerra in Iraq
Senza nulla togliere al merito grandissimo dei comitati per il referendum sull'acqua pubblica, credo che tanto il successo nella raccolta (un milione e 400 mila firme) che la rapidità con cui essa è stata realizzata, nasconda ragioni che non ci devono sfuggire. C'è nel fondo della nostra cultura, e per così dire ancestralmente legata alla nostra esistenza, la convinzione che l'acqua, prima ancora di manifestarsi come «bene», ci appartenga come esseri umani, che essa è nell'aria, sulla terra, nel nostro corpo. È dunque un elemento del mondo vivente, inseparabile da esso. Non solo il suo regime economico e giuridico, come ricordava Giandomenico Romagnosi, «non può essere regolato intieramente coi principi coi quali si dispone di un pezzo di podere o dell'area di una casa». Ma essa mostra altresì una universalità originaria nel processo della sua formazione che la distingue da gran parte delle altre le altre risorse naturali, rendendola moralmente incompatibile con la sua mercificazione.

La capacità di resistere, la volontà di cambiare.



di Roberta Fantozzi (Liberazione del 6 maggio 2011) Fonte: controlacrisi

Lo sciopero generale promosso dalla Cgil e le manifestazioni porteranno oggi in piazza la rabbia e le speranze di tante donne e uomini: lavoratrici e lavoratori, ragazze e ragazzi, pensionate e pensionati. In uno sciopero che la stragrande maggioranza delle categorie e dei territori, andando oltre la convocazione iniziale, ha trasformato in una fermata di 8 ore. Uno sciopero che ci auguriamo capace di bloccare il paese, di mostrare che lavoratrici e lavoratori, precari, disoccupati, movimenti non ci stanno. Che la disponibilità alla lotta è viva e domanda continuità e determinazione. Che non c'è rassegnazione, ma appunto rabbia e speranza.
THE RIFF-RAFF

Napolitano and the bunch of the new members of the government snatched from the opposition by briber Berlusconi

venerdì 6 maggio 2011

La guerra come il lavoro: contratto a termine.




La guerra a tempo
di Beppe Grillo
La guerra a tempo è un'invenzione tutta italiana. Per quanto ti bombardo? Due o tre settimane? Fino al prossimo ponte? L'uscita dal conflitto a tavolino è stata decisa da Frattini e Boss(ol)i. Siamo in guerra, ma solo per un po'. Siamo un po' vergini, un po' federalisti. E se il nostro esercito arrivasse alle porte di Tripoli? Torniamo indietro perché il tempo è scaduto? Siamo una Cenerentola al ballo della Nato. Una danza macabra con l'uccisione di civili innocenti (ma i militari dell'esercito libico che non si sono macchiati di crimini di cosa sono colpevoli? Di far parte di un esercito considerato regolare da tutti gli Stati fino a ieri? Dobbiamo ucciderli per questo?).
Mussolini dichiarò guerra alla Francia ormai sconfitta buttando sul piatto qualche migliaio di morti per un posto al tavolo dei vincitori con la Germania. Pdl e Pdmenoelle e Napolitano che "ha il comando delle Forze armate...e dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere (art.87 della Costituzione)" hanno deciso di buttare qualche centinaio di bombe sulla Libia per non essere esclusi dalla spartizione dell'energia. Machiavelli sosteneva che i fini giustificano i mezzi, quindi il petrolio giustifica le bombe.
Qualunque Paese stipuli un trattato di pace con noi sa ora che è carta straccia. Vale solo finché ci conviene. Perché dovrebbero fidarsi di noi la Francia e gli Stati Uniti? Gheddafi fu salvato nel 1986 dai servizi segreti italiani che lo avvisarono prima del bombardamento ordinato da Reagan. Perché non ora? Ufficialmente non siamo in guerra e, sempre ufficialmente, lo siamo fino alla fine del mese. Gheddafi dal bunker dove si trova, però si sente in guerra con l'Italia. Lo capisce dai razzi "made in Italy" che gli cadono in testa. Ricorderà i baciamano, la Juventus, l'Unicredit, l'ENI che lo hanno sempre accolto a braccia aperte. Ripenserà all'aria di Roma,ai saluti servili dei parlamentari italiani, alla grande tenda, agli onori, ai picchetti sull'attenti. Quanto tempo è passato? Che cosa è cambiato? Gli italiani sono alleati a tempo che fanno la guerra a tempo. Una sicurezza internazionale.

Portogallo? Basta fotocopiare la cura imposta alla Grecia.



CRISI, PORTOGALLO: LA STANGATA IMPOSTA A LISBONA DA UE E FMI
Fonte: controlacrisi
(ANSA) - LISBONA, 4 MAG - Congelamento di salari e pensioni, tagli al pubblico impiego, agli investimenti nelle grandi opere, alla spesa per sanità e educazione, accelerazione delle privatizzazioni, aumento delle imposte, ricapitalizzazione delle banche, riduzione dei sussidi disoccupazione, riforma del mercato del lavoro: queste alcune delle principali misure dell'accordo sottoscritto dal Portogallo con Ue e Fmi in cambio del salvataggio da 78 miliardi di euro. Il memorandum d'intesa fra la 'troika' Commissione europea-Bce-Fmi e il governo del premier dimissionario Josè Socrates non è stato ancora reso pubblico ufficialmente, ma la bozza è uscita sui siti dei giornali portoghesi.

L'obiettivo è di riportare il deficit portoghese al 3% (5,224 miliardi) nel 2013, passando dal 4,5% (7,645 miliardi) nel 2012 e dal 5,9% (10,068 miliardi) già quest'anno. Le principali misure contenute nelle 34 cartelle del documento sono:

- Pubblica amministrazione: riduzione annuale dell'1% del personale nell'amministrazione centrale dello stato (un nuovo assunto ogni due pensionati), del 2% in quella regionale e locale, taglio del 15% degli incarichi dirigenti, congelamento di pensioni e stipendi

- Pensioni e sussidi: congelamento delle pensioni, riduzione di quelle sopra i 1.500 euro al mese, taglio dei sussidi disoccupazione, che potranno essere percepiti per un massimo di 18 mesi (invece di 3 anni) e con un 'tettò di 1048 euro. La disoccupazione è oggi all'11% in Portogallo. - Imposte: aumento dell'Iva su prodotti per ora a imposizione ridotta o media, aumento delle accise su tabacco e auto.

- Sanità e Educazione: aumento del tiket e taglio alle esenzioni, «razionalizzazione» delle scuole.

- Opere pubbliche: stop agli investimenti pubblici per il nuovo aeroporto di Lisbona e per la linea Tav Lisbona-Oporto (rinviata a dopo il 2017)

- Banche: 12 dei 78 miliardi del piano Ue-Fmi saranno destinati al settore bancario. La Banca del Portogallo esigerà un innalzamento del 'core ratio' degli istituti del paese al 9% per la fine del 2011, al 10% per il 2012. Lo stato portoghese si impegna a procedere in forma accelerata, entro fine luglio, della nazionalizzata Bpn, senza fissare un prezzo minimo.

- Privatizzazioni: entro la fine dell'anno devono essere ceduti al settore privato nel settore dell'energia Edp e Ren, in quello dei trasporti la compagnia aerea Tap.

- Riforme: il Memorandum prevede anche che Lisbona vari riforme strutturali impegnative, fra l'altro per la liberalizzazione accelerata del settore dell'energia, e per una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, con anche una riduzione del costo dei licenziamenti.(ANSA).

Gaber: “Gli italiani? Dei cretini al cellulare”.




Una raccolta di aforismi e riflessioni ancora molto attuali: "M'indigno molto meno di un tempo. Mi sono assuefatto allo sfascio e al ridicolo". E ancora: "Mai dato un colpo al cerchio e uno alla botte. Il pubblico dei miei spettacoli, lo dico con orgoglio, è vario".
Esce oggi “Quando parla Gaber, pensieri e provocazioni per l’Italia di oggi” (editore Chiarelettere) a cura di Guido Harari, critico musicale e tra i più grandi fotografi italiani. Qui di seguito il primo capitolo e una selezione delle “provocazioni” di Gaber.

Secondo me gli italiani e l’Italia hanno sempre avuto un rapporto conflittuale, ma la colpa non è certo dell’Italia, ma degli italiani, che sono sempre stati un popolo indisciplinato, individualista, se vogliamo un po’ anarchico e ribelle, e troppo spesso cialtrone.
Secondo me gli italiani non si sentono per niente italiani, ma quando vanno all’estero, li riconoscono subito.
Secondo me gli italiani sono cattolici e laici, ma anche ai più laici piace la benedizione del papa. Non si sa mai.
Secondo me gli italiani sono poco aggiornati e un po’ confusi, perché non leggono i giornali. Figuriamoci se li leggessero.

Gli eredi PD di Pio La Torre non hanno impedito che la Sicilia fosse trasformata nella portaerei dalla quale partono i bombardieri per la Libia.



È stato ucciso dalla mafia 29 anni fa. Aveva organizzato l’occupazione di Comiso per impedire l’insediamento dei missili nella base Usa. Il ricodo commosso e arrabbiato di chi gli era al fianco.
di Pietro Ancona Fonte: domaniarcoiris

(Pio La Torre insieme ad un giovane Pietro Ancona)


Il 30 aprile era il ventinovesimo anniversario della morte di Pio La Torre che fu segretario del PCI siciliano durante una delle più terribili recrudescenze del dominio mafioso (è stato ucciso per ordine di Toto Riina: voleva punirlo in quanto autore – assieme a Rognoni – della legge che confisca le proprietà di Cosa Nostra. Non era ben visto dai militari italiani e stranieri: aveva guidato l’ occupazione della base di Comiso per protesta contro l’installazione dei missili – ndr). Non è la prima volta che lo rievoco e continuerò a farlo perchè il suo ricordo racchiude molte cose che hanno a che fare con l’onestà, la pulizia morale e politica, la passione, la dedizione ad un ideale in cui il partito diventa strumento non di scopi che lo riguardano ma di interessi generali della popolazione e della società. Lo ricordo con affetto perchè ebbi l’onore di collaborare con lui da segretario generale della CGIL siciliana e di rendere possibile l’attuazione di tanti dei momenti di lotta che programmava e realizzava con tenacia ed entusiasmo quasi fanciullesco. Mi riferisco alla lotta per la pace e contro i missili a Comiso. Ricordo che mi sostenne tutte le volte che la corrente comunista poneva il problema della mia estromissione dalla direzione della CGIL. Io ero (e sono) socialista . Ero unitario con i comunisti, ma ad alcuni non andavo bene perchè ritenuto, come una volta ebbe a dirmi scherzosamente Luigi Colaianni, “unitario ma egemonico”.
Un gruppo di estimati dirigenti comunisti anni orsono creò il Centro Pio La Torre che svolge una importante azione di sostegno alla lotta alla mafia curando in particolare l’educazione delle nuove generazioni.

Dei selvaggi e della civiltà (cristiana).



di Piero Pagliani. Fonte: megachip
Nel 1838, lo studioso William Howitt scriveva: “Gli atti di barbarie e le infami atrocità delle razze cosiddette cristiane in ogni regione del mondo e contro ogni popolo che sono riuscite a soggiogare non trovano parallelo in nessun’altra epoca della storia della terra, in nessun’altra razza, per quanto selvaggia e incolta, spietata e spudorata.” (William Howitt, “Colonization and christianity”, Londra, 1838, pag. 9).
Nel 2011, precisamente il 1° maggio 2011, festa del lavoro e giorno della beatificazione di papa Wojtyła, considerando l’escalation assassina della NATO contro la Libia, non posso che constatare che nulla è cambiato, se non la potenza distruttiva delle armi a disposizione dei barbari.
L’ipocrisia è la stessa: se una volta si conquistavano le Indie Orientali e quelle Occidentali massacrando in nome dei pregiudizi che gli Istituti per l’Oriente mettevano a punto per scaricare la coscienza dell’uomo bianco dagli orrori che commetteva e fargli invece credere di aver preso sulle spalle il “fardello” della civilizzazione, come pretendeva il grande cantore dell’impero britannico, Rudyard Kipling, oggi ripetiamo le stesse menzogne e gli stessi crimini, esibendo sulla nostra gobba il peso del fardello della democrazia da esportare, in nome di quell’astratto universalismo che tanto affascina gli scialbi cantori della fu sinistra, ormai ridotti a menestrelli del Destino Manifesto degli Stati Uniti d’America.

giovedì 5 maggio 2011

Quando c’era l’Unione Sovietica l’Onu non ordinava bombardamenti.



Sembra paradossale il rimpianto di un protagonista che ha scelto politica e giornalismo per difendere i diritti umani. Ed è l’amara verità. Solo una volta – Corea, anni ‘50 – il Palazzo di Vetro autorizza l’intervento in un conflitto aprofittando di Mosca che per protesta aveva disertato il Consiglio di Sicurezza. Perché Obama, Cameron e Sarkozy parlano “il meno possibile” con Berlusconi

di Raniero La Valle. Fonte: domaniarcoiris

Se c’era una cosa che funzionava meglio quando c’era l’Unione Sovietica, era l’ONU. Paradossalmente si realizzava lì un equilibrio di poteri, come quello che dovrebbe funzionare in ogni democrazia, e anzi in ogni Stato di diritto. Forse non c’era una grande governabilità della comunità internazionale, ma almeno con l’impulso o con l’avallo dell’ONU la guerra non si poteva fare, perché il veto dell’uno o dell’altro dei Membri permanenti del Consiglio di Sicurezza l’avrebbe impedito. Veramente nel giugno 1950 l’ONU autorizzò la guerra di Corea, ma solo perché l’Unione Sovietica aveva disertato il Consiglio di Sicurezza (l’Aventino!) per protesta contro l’assegnazione del seggio permanente alla Cina nazionalista di Chiang kai shek invece che alla Repubblica popolare di Mao. Dopo di allora non ci fu più nessuna guerra patrocinata dall’ONU, e la guerra del Vietnam gli Stati Uniti se la dovettero fare da soli.

Da quando è finita l’Unione Sovietica, e “i grandi” sono stati tutti d’accordo, è stata invece un’orgia di guerre: il Golfo, i Balcani, l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia, come se mai nello Statuto dell’ONU ci fosse stata l’interdizione del flagello della guerra e la proibizione non solo dell’uso della forza ma perfino della minaccia di usarla, tanto meno per cambiare un regime. Perduta l’occasione di una riforma delle Nazioni Unite, quale Gorbaciov, ormai troppo tardi, aveva proposto per costruire “un mondo senza armi nucleari e non violento”, la guerra è stata rimessa sul trono sovrano da cui era stata deposta, e l’ONU ne è diventata lo sponsor; ma non potendo fare la guerra chi è addetto alla pace, occorreva cambiare le parole che la rappresentano, sicché la guerra è diventata operazione di pace, intervento umanitario, difesa dei civili, instaurazione del diritto. Insomma, non può esserci più guerra senza bugia.

Che succede in Siria?



di Domenico Losurdo. Fonte: sinistrainrete
Da giorni, gruppi misteriosi sparano sui manifestanti e, soprattutto, sui partecipanti ai funerali che fanno seguito allo spargimento di sangue. Da chi sono costituiti questi gruppi? Le autorità siriane sostengono che si tratta di provocatori, per lo più legati a servizi segreti stranieri. In Occidente, invece, anche a sinistra non ci sono dubbi nell’avallare la tesi proclamata in primo luogo dalla Casa Bianca: a sparare sono sempre e soltanto agenti siriani in civile Obama è la bocca della verità? L’agenzia siriana «Sana» riferisce del sequestro di «bottiglie di plastica piene di sangue», usato per «produrre video amatoriali contraffatti» di morti e feriti tra i manifestanti. Come leggere questa notizia, che io riprendo dall’articolo di L. Trombetta in «La Stampa» del 24 aprile? Forse su di essa possono contribuire a gettar luce queste pagine tratte da un mio saggio di prossima pubblicazione. Se qualcuno rimarrà stupito e persino incredulo nel leggere il contenuto di questo mio testo, tenga presente che le fonti da me utilizzate sono quasi esclusivamente «borghesi» (occidentali e filo-occidentali).

«Amore e verità»

Negli ultimi tempi, per bocca soprattutto del segretrario di Stato Hillary Clinton, l’amministrazione Obama non perde occasione per celebrare Internet, Facebook, Twitter come strumenti di diffusione della verità e di promozione e, indirettamente, della pace. Somme considerevoli sono state stanziate da Washington al fine di potenziare questi strumenti e di renderli invulnerabili alle censure e agli attacchi dei «tiranni». In realtà, per i nuovi media come per quelli più tradizionali vale la medesima regola: essi possono anche essere strumenti di manipolazione e di attizzamento dell’odio e persino della guerra. In questo senso la radio è stata sapientemente utilizzata da Goebbels e dal regime nazista. Nel corso della guerra fredda, più ancora che uno strumento di propaganda, le trasmissioni-radio hanno costituito un’arma per entrambe le parti impegnate nel conflitto: la costruzione di un efficiente «Psychological Warfare Workshop» è uno dei primi compiti che si assegna la CIA[1]. Il ricorso alla manipolazione gioca un ruolo essenziale anche alla fine della guerra fredda; nel frattempo, accanto alla radio è intervenuta la televisione. Il 17 novembre 1989 la «rivoluzione di velluto» trionfa a Praga agitando una parola d’ordine gandhiana: «Amore e Verità». In realtà, un ruolo decisivo svolge la diffusione della notizia falsa secondo cui uno studente era stato «brutalmente ucciso» dalla polizia. A vent’anni di distanza lo rivela, compiaciuto, «un giornalista e leader della dissidenza, Jan Urban», protagonista della manipolazione: la sua «menzogna» aveva avuto il merito di suscitare l’indignazione di massa e il crollo di un regime già pericolante.

Obama e Osama. Una faccia, una razza.



di Simone Santini - clarissa.it. Fonte: megacipinfo
"Giustizia è fatta". No. Anche a voler credere alla teoria ufficiale del complotto sull'11 settembre e alla teoria ufficiale del complotto sull'esecuzione sommaria dello sceicco del terrore, giustizia non è fatta. Semmai, ed è ben diverso, vendetta è fatta. L'America aveva il dovere, ripeto, il dovere, quale presunta ed autonominatasi culla della civiltà occidentale, di catturare e processare pubblicamente Osama Bin Laden. L'America lo doveva ai parenti delle stesse vittime americane del terrorismo, prima di tutto, che avevano il diritto di vedere fugata in un'aula di tribunale ogni dubbio, ombra, lacuna, sospetto, sugli attacchi al World Trade Center ed al Pentagono.

L'America lo doveva alle migliaia di vittime afgane innocenti ed ai loro parenti. È davvero opportuno ricordare che dopo l'11 settembre le autorità americane ordinarono ai talebani di consegnare loro Bin Laden. Essi non si rifiutarono, come pretende la vulgata, per proteggere Osama, ma chiesero, molto semplicemente, ed in ossequio ai più elementari canoni di civiltà, appunto, che gli venissero mostrate le prove della responsabilità dell'uomo. Quelle prove non arrivarono mai. Arrivarono le bombe.
Ed è ancora più opportuno ricordare che i talebani si ritrovarono in casa Osama, che non era certo una loro creatura. Lo era invece dei servizi segreti pachistani e di quelli stessi americani, di cui era una emanazione diretta. Ma non basta.

Tutti pronti per gli Osamaleaks?



Fonte: megachipinfo di Simone Santini - clarissa.it.

Ciò che mi incuriosisce maggiormente della morte di Bin Laden, in queste ore, non sono gli enormi "asini che volano", come li definisce giustamente Giulietto Chiesa, della ricostruzione ufficiale - stavolta gli sceneggiatori della CIA hanno davvero esagerato con le loro fantasiose teorie della cospirazione - ma piuttosto l'enfasi con cui il mainstream parla della "miniera d'oro" ritrovata in casa Osama. Ebbene sì, perché l'inafferrabile primula rossa del terrorismo islamico non solo abitava da anni stabilmente nello stesso luogo, così pare, in barba alle più elementari regole di qualunque fuggiasco che non dovrebbe dormire due notti di seguito nello stesso letto...... non solo la sua villa-residenza aveva come unico sistema difensivo dei muri di cinta alti alti fino al soffitto (chissà se in cima ci aveva messo pure i cocci di bottiglia anti-intrusione, altro mistero da chiarire), ma addirittura deteneva tranquillamente con sé, a disposizione, i computer con le memorie e centinaia di dischetti contenenti tutti i segreti, ma proprio tutti tutti, della sua fantomatica organizzazione.

mercoledì 4 maggio 2011

Battaglia ad Annozero. Analisi di due menzogne.



Pubblicato il 29 aprile 2011 da Daniele Muriano

Ieri, giovedì 28 aprile 2011, ho assistito alla trasmissione di Annozero dall’inizio alla fine.
Tra gli ospiti c’era Franco Battaglia, editorialista del Giornale, noto sostenitore del nucleare civile e del governo Berlusconi (le prefazioni delle sue ultime due pubblicazioni portano la firma, l’una di Renato Brunetta, l’altra di Silvio Berlusconi; qui il curriculum di Franco Battaglia).
Si è parlato del nucleare civile, del disastro giapponese, dell’incidente di Chernobyl e, quindi, della sicurezza delle centrali nucleari.

Metodo. Riporterò alcuni enunciati del professor Battaglia e considererò il valore di verità di ciascuno di essi. Mi interessa capire insomma se il professor Battaglia dice il vero o dice il falso.

Piccola premessa. Nel dibattito di Annozero il professor Battaglia figurava in veste di scienziato. Perciò il valore di verità delle sue affermazioni riguarda le fonti scientifiche, che possono confermare o smentire le parole dello scienziato. Non si tratta qui di vagliare le credenze del professor Battaglia, ma il suo sapere scientifico: cioè reso valido dalla comunità degli scienziati. Ci interessano dunque gli enunciati assertivi: “la mela è verde”, “il tavolo è quadrato”, “l’incidente di Chernobyl non ha causato morti”.
Ebbene, il professor Battaglia è un anello della catena deferenziale della comunità scientifica: cioè le sue parole devono essere compatibili con quelle di alcuni membri della comunità scientifica e trovare quindi una conferma. In poche parole, per verificare il valore di verità delle parole di Battaglia controlliamo le fonti da lui citate direttamente e i saperi impliciti nel discorso.

Bel colpo! E ora catturate Bush.



di Alessandro Robecchi. Pubblicato in Il Manifesto.
C’è qualcosa che non torna nella morte di Osama Bin Laden: sono già passate più di ventiquattr’ore e Silvio Berlusconi non ha ancora detto che è merito suo. A parte questo, il blitz di Abbottabad (da ieri ribattezzata Abbottadiculobad), pare confermato: due mesi di appostamenti e una raffica di mitra, in poche parole la campagna elettorale vincente meno costosa della storia degli Stati Uniti dai tempi di Abramo Lincoln. Il messaggio di Barak Obama è stato perfetto: abbiamo vinto una partita importante, ma il campionato è ancora lungo, il merito è del gruppo, non perdiamo la concentrazione, l’importante è l’umiltà, non molliamo. Nemmeno Mazzone o Trapattoni avrebbero fatto meglio.
Intanto, rimbalzano nel mondo i dettagli dell’operazione e i numerosi interrogativi. Comprensibile la decisione di non aver lasciato in giro la cara salma, un modo per non dover bombardare un domani il mausoleo di Bin Laden, con tutte le reliquie possibili e immaginabili: il pelo della barba di Bin Laden, un pezzo di mantello, il cestino per i funghi di quando abitava in montagna eccetera eccetera. Lo stesso motivo per cui né i sauditi né i pachistani l’hanno voluta, l’idea stessa di organizzare un funerale deve avergli fatto drizzare i capelli in testa. D’altro canto, la decisione di buttarlo in mare potrebbe portare un giorno alla costruzione delle più bislacche leggende metropolitane, un po’ come Jim Morrison: Osama è vivo e fa il barista a Parigi e cose del genere. Quanto alle foto e ai filmati, li vedremo probabilmente in mondovisione, e il fatto che già esistano copie tarocche diffuse dalle tivù pachistane conferma che il mercato sarà florido. Restando ai fatti, comunque, una cosa è certa: il più cattivo del mondo viveva in una specie di villetta in periferia senza internet e senza telefono, comunicando tramite pizzini, più o meno come Totò Riina, e i tipi così di solito finisce che li beccano. Ora che il cattivo è morto, al Pentagono c’è grande fibrillazione: serve subito un altro cattivo da competizione, che giustifichi bilanci miliardari, spese assurde e, se capita, qualche utile invasione in paesi lontani. Nemmeno Gheddafi pare all’altezza del compito. In ogni caso, negli Stati Uniti è festa grande, e si capisce. Giusto, una battaglia è vinta, ma la guerra non finisce qui: ora bisogna catturare George W. Bush, che probabilmente si nasconde nel suo compound in Texas. Ci sono voluti dieci anni per prendere Osama in Pakistan, e probabilmente ce ne vorranno altri dieci per spiegarci cosa diavolo ci facciamo in Afghanistan armati fino ai denti: forse interrogando George Bush a Guantanamo potremo capirlo prima.

Napolitano: custode, supplente o rottamatore della Costituzione?



di Leonardo Mazzei. Fonte: vecchiatalpa2
L'Italia è diventata una Repubblica presidenziale?
Dire quale sia oggi la forma istituzionale assunta de facto dal nostro disgraziato Paese non è cosa semplice come potrebbe sembrare. Secondo alcuni, viste le gesta e la forma mentis del premier, vivremmo in un sultanato, secondo altri saremmo semplicemente approdati ad una dittatura videocratica. Tutti osservano lo svuotamento dei poteri e delle funzioni parlamentari, per la verità in atto da almeno un ventennio, ma oggi reso plasticamente evidente dal braccio alzato di un paffuto Scilipoti in affannoso soccorso del generoso Paperone che lo ha assoldato.
La perdita del senso del ridicolo è un indice infallibile della profondità dei processi involutivi di questi ultimi anni. Anche un tempo i parlamentari si vendevano, ma meno di oggi e con più pudore. Abbiamo quindi un parlamento con una credibilità pari a zero, quasi contento di non contare più nulla. Nel campo della maggioranza governativa si è ben felici di essere meri esecutori degli ordini del capo, mentre in quello della cosiddetta «opposizione» si vivacchia alla giornata, giocando di rimessa in attesa di tempi migliori. I primi passano il loro tempo cercando di strappare ogni tipo di vantaggio individuale (potere, denaro, poltrone) finché non verrà il momento di passare la mano; i secondi lo impiegano prevalentemente in una serie sterminata di faide interne in vista della riconquista del governo.
Nel frattempo, però, il mondo va avanti, abbastanza incurante di questa casta sempre più separata dalla società. Tutti hanno ormai capito che il parlamento è, al massimo, il luogo dei discorsi, non certo quello delle decisioni. Del resto il pensiero politico dominante degli ultimi decenni è stato apertamente presidenzialista e dunque antiparlamentare. Un parlamento svuotato di poteri, reso ridicolo dai suoi stessi membri, è funzionale alla linea dell'accentramento dei poteri negli esecutivi, fino ad arrivare alla soluzione presidenzialista.

Quello che ho visto in Libia.



Scritto da Paolo Sensini. Fonte: sinistrainrete
«La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza»George Orwell, La teoria e la pratica del collettivismo oligarchico, in 1984 (parte II, capitolo 9)

Sono ormai trascorsi più di due mesi da quando è scoppiata la cosiddetta «rivolta delle popolazioni libiche». Poco prima, il 14 gennaio, a seguito di ampi sollevamenti popolari nella vicina Tunisia, veniva deposto il presidente Zine El-Abidine Ben Ali, al potere dal 1987.È stata poi la volta dell’Egitto di Hosni Mubarak, spodestato anch’egli l’11 febbraio dopo esser stato, ininterrottamente per oltre trent’anni, il dominus incontrastato del suo paese, tanto da guadagnarsi l’appellativo non proprio benevolo di «faraone». Eventi che la stampa occidentale ha subito definito, con la consueta dose di sensazionalismo spettacolare, come «rivoluzione gelsomino» e «rivoluzione dei loti».

La rivolta passa quindi dalla Giordania allo Yemen, dall’Algeria alla Siria. E inaspettatamente si propaga a macchia d’olio anche in Oman e Barhein, dove i rispettivi regimi, aiutati in quest’ultimo caso dall’intervento oltre confine di reparti dell’esercito dell’Arabia Saudita, reagiscono molto violentemente contro il dissenso popolare senza che questo, tuttavia, si tramuti in una ferma condanna dei governi occidentali nei loro confronti. Solo il re del Marocco sembra voler prevenire il peggio e il 10 marzo propone la riforma della costituzione. Due mesi in cui, una volta poste in standby le vicende di Tunisia ed Egitto, tutti i grandi media internazionali hanno concentrato il loro focus sull’«evidente e sistematica violazione dei diritti umani» (Risoluzione 1970 adottata dal Consiglio di Sicurezza dell’onu il 26 febbraio 2011) e sui «crimini contro l’umanità» (Risoluzione 1973 adottata dal Consiglio di Sicurezza il 17 marzo 2011) perpetrati da Gheddafi contro il «suo stesso popolo».

Una risoluzione, quest’ultima, priva di ogni fondamento giuridico e che viola in maniera patente la Carta dell’onu. Si tratta insomma di un vero e proprio pateracchio giurisprudenziale in cui una violazione ne richiama un’altra: la «delega» agli Stati membri delle funzioni del Consiglio di Sicurezza è a sua volta collegata alla «no-fly zone», che è anch’essa illegittima al di là di come viene applicata, perché l’onu può intervenire ai sensi dell’articolo 2 e dello stesso Capitolo vii della Carta di San Francisco solo in conflitti tra Stati, e non in quelli interni agli Stati membri, che appartengono al loro «dominio riservato».




"Photos TOO gruesome to pubblish"

"Well done, Obama..." "...I still not recovered yet from the Abu Grhaib ones"

martedì 3 maggio 2011

Obametor.




Persino i nazisti, prima di essere impiccati, furono processati a Norimberga. Bin Laden non è stato assassinato, ucciso, fucilato, ammazzato, sparato. No. Bin Laden è stato "terminato", citando le parole di Obama. Un'elegante metafora che riduce un uomo a un insetto. I familiari di Goring non furono condannati a morte, un figlio di Bin Laden è stato invece "terminato".

Era lì, sul luogo del delitto, la colpa è sua. Bin Laden, l'ex amico della Cia e degli Stati Uniti, educato nelle migliori università occidentali, è innocente o colpevole dell' 11 settembre? Avrebbe dovuto stabilirlo un tribunale in base alle prove, al dibattimento. Il mondo avrebbe assistito e, forse, capito.

Gli americani sono intervenuti a casa degli altri, come di consuetudine, cow boy della Terra. Il Pakistan è uno Stato indipendente. Per le leggi internazionali, gli Stati Uniti avrebbero dovuto chiedere al governo pachistano di catturare Osama. Perché non lo hanno fatto? Il cadavere di Bin Laden è stato, secondo le fonti statunitensi gettato in mare dopo un funerale islamico(?) su di una portaerei. Lo hanno trasportato da Islamabad per centinaia chilometri per darlo in pasto ai pesci. Chi potrà dimostrare il decesso?
Bin Laden serve a Obama per vincere le elezioni. Forse però perderà la guerra. Questa morte è infatti una vendetta e sangue chiama sempre sangue. Il fanatismo islamico può riesplodere e dilagare. Le scene di giubilo nelle strade delle città americane dopo la notizia della scomparsa di Osama hanno ricordato le stesse scene nei Paesi arabi dopo il crollo delle Torri Gemelle.

C'è qualcosa di malato nel festeggiare la morte di una persona, anche di un criminale, come allora era rivoltante celebrare un massacro.
Bin Laden viveva in una palazzina di tre piani a Abbottabad, una località turistica montana non distante da Islamabad. Abbottabad è sede di un'accademia militare e ha numerose caserme.

Il governo pachistano non poteva non sapere, così come a suo tempo il governo italiano non poteva non sapere che Totò Riina viveva con la sua famiglia al centro di Palermo. Bin Laden è stato sacrificato, ammesso che non fosse già morto da tempo. "Terminato" come si usa dire in America per coloro che osano sfidarla. La disumanità è tra noi. "Restiamo umani", come voleva Vittorio Arrigoni.

I RICCHI SEMPRE PIU' RICCHI I POVERI SEMPRE PIU' POVERI.



E POI DICONO CHE LA PATRIMONIALE NON SERVE
Fonte: controlacrisi
«Attualmente, nell'area Ocse, il reddito medio del 10% più ricco della popolazione è circa 9 volte quello del 10% più povero», in alcune nazioni però la forbice è ben più larga, fino a 27 volte in Cile e Messico. Il rapporto dell'Ocse sulle disuguaglianze uscito oggi è chiaro, la globalizzazione capitalista aumenta l'ingiustizia sociale. Negli ultimi 20 anni, il divario tra i più ricchi e i più poveri è aumentato, perchè gli introiti dei primi sono aumentati a un ritmo più rapido. La crescita dei media dei redditi nell'area è stata dell'1,7%, nel decimo percentile più ricco del 2% e in quello più povero dell'1,4%. Differenza che emerge in tutti i Paesi, compresa l'Italia, dove l'aumento medio è stato dello 0,8%, quello del 10% più ricco dell'1,1% e quella del più povero dello 0,2%. Il nostro Paese, in particolare, è quinto tra i membri dell'Ocse nella classifica delle disuguaglianze di reddito. Dietro a Stati Uniti e Gran Bretagna, ma davanti alla Germania e alla Francia, uno dei pochi Paesi Ocse capaci di far calare la diseguaglianza, seppur di poco, nell'arco degli ultimi due decenni. «La crescita delle disparità di guadagni e reddito nella maggior parte dei paesi è arrivata in periodi di crescita economica sostenuta, cosa che porta a chiedersi - si legge nel comunicato dell'OCSE - perchè non tutti hanno beneficiato della crescita allo stesso modo». Se ci fosse nel nostro paese una tassazione reale dei grandi patrimoni, se a livello europeo ci fosse la tassazione dei movimenti finanziari, ed una vera redistribuzione delle ricchezze invece che la demente logica monetarista forse l'Ocse eviterebbe di chiedersi perchè c'è tanta disuguaglianza.

Un testimone svela le bugie dei media sulla Siria.



Scritto da Nadezhda Kevorkova. Fonte russiatoday
Mentre i reportage dei media dipingono il quadro di una Siria in cui le sommosse di massa sono brutalmente liquidate da un governo dittatoriale, gli eventi si presentano in maniera totalmente diversa agli occhi di coloro che vivono lì. Russia Today ha intervistato Ankhar Kochneva, direttore di un’agenzia di viaggi moscovita specializzata in itinerari in Medio Oriente. La signora viaggia spesso in Siria ed è regolarmente in contatto con centinaia di persone nella regione. Ha condiviso con noi quel che i suoi contatti siriani le hanno raccontato in merito alla rivolta in corso e a chi attribuiscano la responsabilità per la violenza che si sta diffondendo.

RT: Cosa sta accadendo in Siria? Cosa ha visto? E cosa dicono i siriani?

Ankhar Kochneva: Non ho incontrato neppure una persona che sostenesse in alcun modo questi tumulti e, badate bene, per via del mio lavoro, ho a che fare con persone di tutti i tipi. Ci sono molti veicoli con i ritratti del presidente che girano per le strade di tutto il Paese, da vecchi macinini che a malapena si muovono a fiammanti Porsche e Hummer. Non si può obbligare la gente ad appendere ritratti. Significa che la gente, a prescindere dal proprio status e dal proprio reddito, sostiene il presidente anziché la rivolta. Ho visto molti giovani sia a piedi sia in auto con bandiere siriane. Come si potrebbe obbligare un giovane a spasso con gli amici a sventolare bandiere? Penso che anche questo sia difficile. Se comprendete la mentalità dei siriani saprete distinguere un impulso sincero da un obbligo imposto.

Come la tv danneggia le facolta mentali.



di Marco Della Luna. Fonte: megachip
Le funzioni psichiche superiori, cognitive e metacognitive, possono essere sviluppate, mediante l’addestramento (familiare, scolastico, professionale) e/o pratiche autonome, ma anche impedite nel loro sviluppo, o danneggiate. Uno dei fattori più attivi in questo senso, sia per intensità che per quantità di persone colpite, è la televisione, assieme ai videogiochi.
Norman Doidge, in The Brain that Changes Itself (Penguin Books, 2007), espone allarmanti risultati di rilevamenti scientifici sugli effetti neuroplastici dell’esposizione alla televisione e ai video games.

Preliminarmente, Doidge illustra come la neuroplasticità, di cui già abbiamo trattato, fa sì che, come il cervello foggia la cultura, così la cultura, le pratiche di vita (anche quelle che possono essere imposte a fini manipolatori) foggiano il cervello. Lo foggiano generando e potenziando reti neurali, collegamenti nervosi, innervazioni, che consentono di compiere prestazioni ritenute estranee alle facoltà dell’uomo, come aggiustare la vista alla visione subacquea senza l’uso di occhialini (osservato negli “zingari del mare”, una popolazione di pescatori di perle, e sperimentalmente riprodotto in bambini svedesi – Doidge, cit., pag. 288).
Anche l’attività di meditazione muta il cervello, aumentando le dimensioni dell’insula (pag. 290).
Anche la pratica della lettura produce modificazioni espansive di alcune aree corticali (pag. 293).


OSAMA BIN LADEN
"Yes, but where are the photo?"

lunedì 2 maggio 2011

Rassicurazioni al posto della sicurezza.



di Marco Travaglio
Buongiorno a tutti, hanno ammazzato Bin Laden e pace all’anima sua, un assassino in meno anche se bisognerebbe ricordare quanti lo hanno utilizzato in questi anni e soprattutto bisognerebbe ricordare che, se poi sarà tutto confermato ciò che ci hanno raccontato questa mattina, lo hanno preso in Pakistan, dove peraltro si è sempre saputo che si era rifugiato e quindi resa da domandare come mai abbiamo fatto una guerra in Iraq, una guerra in Afghanistan, adesso una guerra in Libia, prima ne avevamo fatta una in Serbia e il Pakistan, paese tradizionalmente protettore di Bin Laden, come del resto gli emirati sauditi, tradizionalmente finanziatori di Bin Laden, non siano mai stati neanche sfiorati dalla furia dell’occidente nella guerra al terrorismo, anzi siano stati sostenuti e siano considerati tutt’ora nostri ottimi alleati.

Osama è morto, Obama è vivo.

di Peter Amico. Fonte: bloggrillo
"Osama Bin Laden è stato ucciso nel momento in cui non serviva più a niente. Il ricco gattopardo, cantore di un Islam anacronistico che esisteva solo nella sua mente è stato ucciso da un commando esattamente dove tutti sapevano: in Pakistan a due passi dalla capitale. L'hanno ucciso per evitare che parlasse, che raccontasse dei legami con l'Arabia Saudita, dei patti con gli USA ai tempi dell'occupazione sovietica in Afganistan. Con poche centinaia di migliaia di dollari Osama ha finanziato e messo in atto l'attentato terroristico più grave e scenografico della Storia, senza mai riuscire a diventare leader, se non sui giornali dell'Occidente. Ha invece offerto la sponda per rendere l'Occidente peggiore, meno democratico, assassino, ostile verso gli immigrati. Ha giustificato le leggi peggiori di questi anni, guerre inutili, comitati d'affari capeggiati da presidenti discutibili come Bush, il sostegno a governi dittatoriali.

Il muro di Kessariani.



di Claudia Capone. Fonte: prospettive

Di fronte a quel muro dove sono stati fucilati patrioti greci e soldati italiani, davanti a quegli alberi testimoni del dramma delle impiccagioni, ci siamo ritrovati insieme, greci e italiani a piangere e a meditare sulle conseguenze nefaste delle guerre di ogni tempo e sulla bestialità umana che, sola tra gli esseri viventi, si arroga il diritto di uccidere in nome della potenza e degli interessi economici nel mondo.

Molti degli amici greci non sapevano che dai nazisti, a più riprese, fossero stati fucilati lì anche soldati italiani, graduati e non, ma, quando lo hanno appreso, hanno trasformato la prima meraviglia di vederci là, in solidarietà. Grande gesto di civiltà questo, che dimostra quale umanità è presente nell` anima del popolo greco, martoriato da tanto tempo da troppi sacrifici ma comunque degno della propria storia.

Un vecchio signore ha raccontato cosa vide dalla terrazza di casa, in quella lontana primavera del `44, quando aveva sette-otto anni. Nel poligono, prima della fucilazione i prigionieri ballavano e cantavano, decisi a testimoniare così il loro coraggio e il disprezzo nei confronti dei dominatori. Poi gli spari, il sangue che scorreva e a chiudere la scena loro, i ragazzi del vicinato, che saltavano il muricciolo del poligono alla ricerca di qualche bigliettino di addio lasciato da quegli eroi per i loro cari.

Greci e Italiani sono morti così, forse anche peggio, forse anche senza atti di eroismo. Quello che però la vita non è riuscita a fare lo ha fatto la morte: il muro di Kessariani ce li restituisce nel ricordo insieme, legati in un unico lungo sirtaki ,ballato in onore della pace, della libertà di coscienza e del diritto alla vita. Alla manifestazione erano presenti molti giovani e bambini: i nostri dov`erano?
Claudia Capone

Le rivoluzioni senza leader.




Con l'attentato di Marrakesh in Marocco e con la rivoluzione siriana, tutti i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente sono in fiamme. Per alcuni si tratta di incendi, per altri per ora di focolai. "Le libertà non vengono date, si prendono!" disse Pëtr Kropotkin. Questo è il senso di ciò che succede. Non è emerso un solo leader in contrapposizione a Gheddafi, Assad, Mubarak o Ben Alì, ma popoli, persone, gente comune. E' la rivoluzione del signor Rossi. E' strano, è nuovo. In passato per un Rheza Palavi c'era un Khomeyni, per Faruk c'era Nasser. Oggi non sarebbe pensabile, l'opposizione al regime iraniano è fatta dagli studenti, Mubarak è stato cacciato dalle piazze piene di cittadini egiziani. La gabbia di ferro creata dall'Occidente per i Paesi di quello che fu l'ex impero Ottomano sta aprendosi. Cosa ne uscirà non lo sa nessuno. Un grande califfato da Istanbul a Rabat o nuove democrazie.

I dittatori che governano o hanno governato questa parte del mondo sono alleati o burattini delle potenze occidentali. Che si indignano e li impiccano e li bombardano solo quando non garantiscono più i loro interessi, come avvenne ieri per Saddam Hussein, armato per decenni dagli Stati Uniti, e per Gheddafi oggi, oppure per la spinta di forze democratiche che crescono per la diffusione delle informazioni via Internet. Le guerre portano agli esodi, è sempre successo nella Storia, e le folle di nordafricani che arrivano in Italia sono la logica conseguenza del passato.

I dittatori sono stati tollerati o imposti dalla Nato, dall'Onu, dalla UE. Abbiamo prima colonizzato i Paesi musulmani e sterminato gli oppositori, come fecero la Francia in Algeria e l'Italia in Libia. In seguito abbiamo venduto per decenni le nostre armi e comprato il loro petrolio, il loro gas, le loro materie prime e consentito ogni violazione della democrazia. Cosa ci aspettavamo? Mazzi di fiori e datteri? Se la rivoluzione si estenderà centinaia di migliaia di persone cercheranno rifugio in Europa che reagirà, per la legge del contrappasso, con l'affermazione dei partiti di ultradestra e la fine della democrazia in molti Paesi.


WOJTYLA
"A giant,his holiness flying"
and was flying also with us of the "condor"

domenica 1 maggio 2011

PRIMO MAGGIO 2011



di Riccardo Orioles - Fonte: ucuntu

Grazie Renzi, grazie Moratti, grazie tutti voialtri tromboni: grazie a
voi il primo maggio, nonostante il concerto, è tornato una giornata
seria, un quarantotto, uno sciopero, un niente-di-regalato.
Ai bempensanti e ai monarchici fa di nuovo paura. "Sciopero, sempre
sciopero! Approfittano che il governo è troppo buono.". "Glielo darei
io, il primo maggio! Tutti in Russia da Putin, li manderei!". "Eppoi,
dove sono tutti 'sti operai, oggigiorno? Tutti signori sono diventati,
stanno meglio di noi, stanno!". "La verità è che non c'è più voglia di
lavorare, signora mia".
Ma sì. Aggiungi guerre di Libia, nozze di principi, contrasti
diplomatici con la vicina Francia, miliardari bavosi, corazzate, papi,
pellegrinaggi: ma siamo nell'Ottocento! Un bellissimo Primo Maggio
fin-de-siècle, in cui la Fiat non è ancora (o non è più) una Fabbrica
ma una marca di cioccolatini o un club di finanza allegra: Ottocento!
Il Corriere, nell'ultimo elzeviro, richiama pensosamente all'ordine,
ché il momento è complesso; replicano i giolittiani che bisogna pur
pensare anche al progresso; Sua Maestà ammonisce questi e quelli e in
talune città, con mille difficoltà ma tutto sommato con sicurezza,
nasce una cosa strana, il sindacato.

Un Primo Maggio contro la guerra e lo sfruttamento del lavoro.



di Paolo Ferrero - su Liberazione del 01/05/2011
Fonte: esserecomunisti
Buon Primo maggio a tutti e a tutte. Questa festa acquista con i passare degli anni un significato più grande, come quella del 25 aprile. Il motivo è semplice e grave allo stesso tempo: i significati di fondo delle feste della Liberazione e della festa dei lavoratori e delle lavoratrici sono messi radicalmente in discussione. Sul 25 aprile questo è un po' più chiaro. Da anni vi è una coscienza diffusa che il revisionismo storico - propagandato dalle destre e da tanta parte del centro sinistra - mette in discussione la Resistenza e l'antifascismo come elementi fondanti la Repubblica italiana e la civile convivenza nel nostro paese. Il 25 aprile è negato alla radice da chi considera la Costituzione italiana un fardello da cui liberarsi al fine di svincolare il potere economico e politico dal rispetto delle regole. Per questo attorno al 25 aprile e all'antifascismo è cresciuta una nuova coscienza civile, che ha coinvolto anche masse importanti di giovani. Il 25 aprile da celebrazione rituale è diventata una data di battaglia politica, di orgogliosa riaffermazione della lotta partigiana come cesura, come nuovo inizio della storia del paese.
Sul primo maggio le cose sono più confuse. E' del tutto evidente che è in corso un tentativo di sistematica demolizione del movimento operaio e della sua forza organizzata. Questo tentativo ha subito un'accelerazione in quest'ultimo anno con l'attacco di Marchionne volto a peggiorare le condizioni di lavoro e a distruggere l'autonomia del sindacato. L'attacco è però più generale e più di lungo periodo. Il punto centrale riguarda proprio l'autonomia del movimento operaio in quanto tale.

Quella direttiva rimasta inapplicata.

da articolo21
La Corte di giustizia europea boccia la legge Bossi - Fini. Non deve essere più applicata
di Bruna Iacopino

Il reato di immigrazione clandestina e la successiva detenzione come stabilito dalle modifiche introdotte al Testo unico sull'immigrazione, dall'attuale Governo ( e fortemente volute dalla Lega) confliggono in maniera palese con la direttiva emanata in materia, da parte dell'Unione Europea. Questa volta non è semplicemente un monito quello che giunge da Oltralpe, ma una sentenza della Corte di giustizia europea, in grado di scardinare la norma italiana contenuta nel tanto discusso ( e a ragione) “pacchetto sicurezza”.
La sentenza in questione è relativa, naturalmente, a un caso singolo, quello di un cittadino extra-comunitario condannato, lo scorso anno, dal Tribunale di Trento ad un anno di reclusione per non ottemperanza al decreto di espulsione. La Corte d'appello di Trento, dinnanzi alla quale egli aveva impugnato la sentenza, tira allora in ballo la Corte di giustizia europea e... la conclusione è quasi scontata.


First of May split in two!

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