di Riccardo Orioles - Fonte: ucuntu
Grazie Renzi, grazie Moratti, grazie tutti voialtri tromboni: grazie a
voi il primo maggio, nonostante il concerto, è tornato una giornata
seria, un quarantotto, uno sciopero, un niente-di-regalato.
Ai bempensanti e ai monarchici fa di nuovo paura. "Sciopero, sempre
sciopero! Approfittano che il governo è troppo buono.". "Glielo darei
io, il primo maggio! Tutti in Russia da Putin, li manderei!". "Eppoi,
dove sono tutti 'sti operai, oggigiorno? Tutti signori sono diventati,
stanno meglio di noi, stanno!". "La verità è che non c'è più voglia di
lavorare, signora mia".
Ma sì. Aggiungi guerre di Libia, nozze di principi, contrasti
diplomatici con la vicina Francia, miliardari bavosi, corazzate, papi,
pellegrinaggi: ma siamo nell'Ottocento! Un bellissimo Primo Maggio
fin-de-siècle, in cui la Fiat non è ancora (o non è più) una Fabbrica
ma una marca di cioccolatini o un club di finanza allegra: Ottocento!
Il Corriere, nell'ultimo elzeviro, richiama pensosamente all'ordine,
ché il momento è complesso; replicano i giolittiani che bisogna pur
pensare anche al progresso; Sua Maestà ammonisce questi e quelli e in
talune città, con mille difficoltà ma tutto sommato con sicurezza,
nasce una cosa strana, il sindacato.
"Ma davvero potremmo chiedere. venti lire?". "Ma certo! Tutti insieme,
che ci possono fare?". "Compagni! In questa giornata noi lavoratori.".
"Tenente! Favorisca schierare la prima fila!". "Dammi un bacio, dai!".
"Perché in tutta la civile Europa le otto ore.". "Per la seconda
volta, sciogliere l'assembramento!". "No, no. Leva le mani.".
"Francesi come prussiani nostri fratelli.". "In nome della legge,
scioglietevi!". "Disordini fomentati da agitatori socialisti.". "Gli
storici interessi dell'Italia nel Mediterraneo.". "Ohhh..". "E dai
tanto poi ci sposiamo.". "Tienila su! Tieni su quella bandiera!".
"Com'è verde l'erba". "Me la consegni!". "No, è nostro diritto!".
Buio. Colori dietro le palpebre. Corpi in terra. Tempo che passa.
Treni, trincee, rumori. Tempo che passa ancora. Tempo.
* * *
Bene, nell'Ottocento - per amore o per forza - ci si organizzava. Lo
sciopero. Il sindacato. Il partito. I discorsi insieme. La
rivoluzione.
Non si può fare più? Chiedilo alla Tunisia. E' solo che è una cosa
diversa, un'altra cosa. Non c'è più zar nel Palazzo, è nello specchio.
E' in quel mondo fasullo in cui ti fanno vivere fra tv e droga. Non
usano più baionette ma favole, non sono più forti di te fisicamente,
sei tu che tieni fermo te stesso con un sorriso felice sul viso
assente. Se batti le mani abbastanza forte - così, un bel "ciaff!" da
bambino - magari il rumore ti sveglia. Quello, o qualche cosa di
simile: non una rivelazione o un'idea (che altro avresti bisogno di
sapere?) ma semplicemente uno svegliarti. Un momento simbolico,
basterà questo.
* * *
Lo sciopero generale, contro la mafia e Marchionne. Il nostro
"partito", che è la Fiom e Libera e tutto ciò che vive intorno ad
essi. Il nostro governo, i nomi dei nostri ministri e presidenti -
gente come Pertini o Caselli, non gente elucubrata nei palazzi -, la
nostra unità nazionale che è quella di Parri e De Gasperi, del
comandante Longo e del Cln. La nostra rivoluzione, coi lavoratori e le
donne in prima fila (disarmati e tranquilli, perché è una rivoluzione
e non un gioco) e le file dei carabinieri che si aprono lentamente per
lasciarli passare. Con una fucilazione di pernacchie, una grande e
liberatoria sghignazzata collettiva. Coi vecchi che si guardano allo
specchio, le puttane che arrossiscono, i procacciatori e i magnaccia
che corrono a nascondersi per un sentimento mai percepito.
Non è possibile, dici? Chiedilo ad Ahmed, a Ridah, ai nostri
concittadini tunisini. O anche a me se ti va, a me che ho visto quei
venti mesi del Sessantotto. Ci uccisero con Piazza Fontana, quella
volta. Ma forse quest'altra volta non ci riusciranno (ora, fra le
altre cose, c'è Obama).
Riccardo Orioles
www.ucuntu.org
www.gliitaliani.it
voi il primo maggio, nonostante il concerto, è tornato una giornata
seria, un quarantotto, uno sciopero, un niente-di-regalato.
Ai bempensanti e ai monarchici fa di nuovo paura. "Sciopero, sempre
sciopero! Approfittano che il governo è troppo buono.". "Glielo darei
io, il primo maggio! Tutti in Russia da Putin, li manderei!". "Eppoi,
dove sono tutti 'sti operai, oggigiorno? Tutti signori sono diventati,
stanno meglio di noi, stanno!". "La verità è che non c'è più voglia di
lavorare, signora mia".
Ma sì. Aggiungi guerre di Libia, nozze di principi, contrasti
diplomatici con la vicina Francia, miliardari bavosi, corazzate, papi,
pellegrinaggi: ma siamo nell'Ottocento! Un bellissimo Primo Maggio
fin-de-siècle, in cui la Fiat non è ancora (o non è più) una Fabbrica
ma una marca di cioccolatini o un club di finanza allegra: Ottocento!
Il Corriere, nell'ultimo elzeviro, richiama pensosamente all'ordine,
ché il momento è complesso; replicano i giolittiani che bisogna pur
pensare anche al progresso; Sua Maestà ammonisce questi e quelli e in
talune città, con mille difficoltà ma tutto sommato con sicurezza,
nasce una cosa strana, il sindacato.
"Ma davvero potremmo chiedere. venti lire?". "Ma certo! Tutti insieme,
che ci possono fare?". "Compagni! In questa giornata noi lavoratori.".
"Tenente! Favorisca schierare la prima fila!". "Dammi un bacio, dai!".
"Perché in tutta la civile Europa le otto ore.". "Per la seconda
volta, sciogliere l'assembramento!". "No, no. Leva le mani.".
"Francesi come prussiani nostri fratelli.". "In nome della legge,
scioglietevi!". "Disordini fomentati da agitatori socialisti.". "Gli
storici interessi dell'Italia nel Mediterraneo.". "Ohhh..". "E dai
tanto poi ci sposiamo.". "Tienila su! Tieni su quella bandiera!".
"Com'è verde l'erba". "Me la consegni!". "No, è nostro diritto!".
Buio. Colori dietro le palpebre. Corpi in terra. Tempo che passa.
Treni, trincee, rumori. Tempo che passa ancora. Tempo.
* * *
Bene, nell'Ottocento - per amore o per forza - ci si organizzava. Lo
sciopero. Il sindacato. Il partito. I discorsi insieme. La
rivoluzione.
Non si può fare più? Chiedilo alla Tunisia. E' solo che è una cosa
diversa, un'altra cosa. Non c'è più zar nel Palazzo, è nello specchio.
E' in quel mondo fasullo in cui ti fanno vivere fra tv e droga. Non
usano più baionette ma favole, non sono più forti di te fisicamente,
sei tu che tieni fermo te stesso con un sorriso felice sul viso
assente. Se batti le mani abbastanza forte - così, un bel "ciaff!" da
bambino - magari il rumore ti sveglia. Quello, o qualche cosa di
simile: non una rivelazione o un'idea (che altro avresti bisogno di
sapere?) ma semplicemente uno svegliarti. Un momento simbolico,
basterà questo.
* * *
Lo sciopero generale, contro la mafia e Marchionne. Il nostro
"partito", che è la Fiom e Libera e tutto ciò che vive intorno ad
essi. Il nostro governo, i nomi dei nostri ministri e presidenti -
gente come Pertini o Caselli, non gente elucubrata nei palazzi -, la
nostra unità nazionale che è quella di Parri e De Gasperi, del
comandante Longo e del Cln. La nostra rivoluzione, coi lavoratori e le
donne in prima fila (disarmati e tranquilli, perché è una rivoluzione
e non un gioco) e le file dei carabinieri che si aprono lentamente per
lasciarli passare. Con una fucilazione di pernacchie, una grande e
liberatoria sghignazzata collettiva. Coi vecchi che si guardano allo
specchio, le puttane che arrossiscono, i procacciatori e i magnaccia
che corrono a nascondersi per un sentimento mai percepito.
Non è possibile, dici? Chiedilo ad Ahmed, a Ridah, ai nostri
concittadini tunisini. O anche a me se ti va, a me che ho visto quei
venti mesi del Sessantotto. Ci uccisero con Piazza Fontana, quella
volta. Ma forse quest'altra volta non ci riusciranno (ora, fra le
altre cose, c'è Obama).
Riccardo Orioles
www.ucuntu.org
www.gliitaliani.it
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