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Alessandro Robecchi E’ bene immaginare l’ansia odierna dei cosiddetti terzisti. Galleggiatori professionisti, gente abile nel giustificare l’ingiustificabile a colpi di “ma” e “però” e “d’altrocanto”, conformisti supremi che accusano di conformismo gli altri.
Gente che davanti alle leggi razziali avrebbe scritto “tutto sommato…”, che davanti al rogo dei libri avrebbe detto: “in ultima analisi…”.
Gente che del regime accetta tutto, con l’accortezza di inserire una riga di dubbio da giocarsi poi in un’eventuale Norimberga.
Ce li troveremo – finito il regime berlusconiano – a cantare nel nuovo coro, con le stimmate dell’intellettuale coraggioso.
Vulgata odierna di questo manipolo di arditi col ditino alzato (“anche la sinistra, però…”): è grave che il capo del governo dia ordini a un’autorità di garanzia, ma non dovevamo saperlo dalla magistratura! Traduco in italiano: lo scandalo non è il dittatore che dà ordini, ma la magistratura che se ne occupa.
Oggi questi campioni del collaborazionismo sentono un brividino nella schiena. Perché dove un tempo bastava spalleggiare ora serve militare, dove bastava strizzare l’occhio ora bisogna applaudire.
Eri sodale, poi ti hanno chiesto di diventare complice. Poi complice non bastava più, dovevi diventare cameriere. Poi cameriere sembrava troppo dignitoso, ti si chiedeva di diventare servo. Da servo parevi troppo libero e ti si chiedeva di essere schiavo.
Sistemati i nemici, si passerà ai non troppo amici, poi agli amici che non sono amicissimi, poi agli amicissimi poco convinti nell’inchino.
Essi giustificano le censure di oggi con i loro “ma”, i “però”, i “d’altrocanto”, ma già tremano per se stessi. Fingono di non sapere della inguaribile bulimia del Conducator, che più mangia e più ha fame, che più schiaccia e più schiaccerà, servono il potere senza conoscerne la voracità. Verranno mangiati anche loro, e qualcuno scriverà sulla lapide: “Però, in fondo in fondo…”.