Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 18 giugno 2011

Quale crescita nella crisi ecologica.


Intervista a Luciano Gallino
di Carla Ravaioli. Fonte: sinistrainrete
Il neoliberismo divora le risorse della crescita. La politica si fa ancella della finanza. Le sinistre hanno capito ben poco della globalizzazione. E parlare di ambiente a una donna di Haiti è complicato. Ma la crisi ecologica è planetaria e il rilancio dell'economia mondiale la aggraverà
Luciano Gallino, come giudica le politiche seguite da quanti hanno responsabilità pubbliche (industriali, economisti, politici) al fine di superare la crisi. Politiche che di fatto si riassumono in rilancio di produzione e consumi, aumento del Pil, insomma crescita... Una linea che nessuno mette in discussione.

Gli interventi postcrisi sono l'esito di un processo di ristrutturazione dell'economia cominciato con Reagan e Thatcher nei primi anni anni 80, cui hanno contribuito anche governi europei guidati da socialisti: dopo aver fabbricato la crisi, tentano ora di porvi rimedio con metodi tipicamente neoliberali. Ma bisogna fare qualche distinzione. Gli Stati Uniti, motore primo del capitalismo finanziario, da cui è partita la crisi, stanno facendo una politica un po' più progressista dell' Europa: salvando le banche, ma anche contenendo la disoccupazione con forti interventi di stimolo, e destinando decine di miliardi a una politica ecologica. Con tutti i suoi limiti, si tratta pur sempre del primo segno di vita della politica nei confronti della finanza. Mentre la Ue, fedele alla strategia di Lisbona, sta andando in tutt'altra direzione.
Quello che lei mi dice conferma la totale disattenzione del mondo politico nei confronti della crisi ecologica planetaria, e che il rilancio dell'economia mondiale non può che aggravare. Come giudica tutto ciò?

Lo giudico un grosso pericolo. E' come essere su un aereo che sta andando dritto contro una montagna e in cabina non c'è nessuno...

Il brutto ambiente del capitalismo.


Fonte: eddyburg
Autore:
Nell’intervista rilasciata dal banchiere ed economista alla giornalista del manifesto (e opinionista di eddyburg) due posizioni diverse sun una questione nodale (16 giugno 2011), con postilla
«Questa macchina diabolica, come diceva Marx, purché faccia soldi produce qualunque cosa. Si può farla produrre in modo meno inquinante»

La missione impossibile di cancellare le tre "I" del modo di produzione: instabilità, iniquità, inquinamento Crescita. Fino a quando? Questo interrogativo è l'oggetto della nostra intervista. Chiediamo all'economista Pierluigi Ciocca, prendendo spunto dal suo ultimo saggio («L'economia di mercato capitalistica: "un modo di produzione" da salvare»), perché nessuno di coloro che "contano" sembra porselo?

Le rispondo: fino a quando vivremo in quella che io chiamo «un'economia di mercato capitalistica». Perché questo modo di produzione è nato per crescere. L'idea di poterne arrestare la crescita, o addirittura di piegarlo a una decrescita, è un nonsenso. La sua dinamica è volta all'espansione. Rimane il fatto che si tratta di scegliere tra la fine del capitale e la fine del mondo. Affrontando la cosa a questo modo, non se ne viene fuori. Tentare di arrestarlo è contro la natura del capitale. Il difetto principale di questo sistema è che a differenza - forse - del modo di produzione precedente, non ha un meccanismo interno che lo dissuada dall'inquinare, non ha servofreni, non ha correttivi interni.

Questo concetto l'analisi economica lo riconduce alla categoria delle esternalità negative: io sono una fabbrica, inquino il fiume, e questo - a costo di far morire di cancro le persone - non lo scrivo nel mio conto "profitto e perdite".

venerdì 17 giugno 2011

Una questione cruciale.

Intervista a Giovanna Ricoveri a proposito del suo libro �Beni comuni vs. Merci�, dalla rivista quadrimestrale Slow Food, marzo 2011
Fonte: eddyburg
Ci sono argomenti talmente vasti e che pervadono tutta una serie di meditazioni, riflessioni, problemi e risoluzioni dei medesimi che puς succedere di dimenticarsene, di non dar loro il dovuto peso e di non considerarli centrali nel dibattito economico, politico, sociologico e giuridico. I beni comuni sono l�esempio perfetto. Θ vero, si parla del problema dell�acqua, della tutela della biodiversitΰ, del diritto alla conoscenza, ma di solito, quando affrontiamo questi temi, consideriamo sempre un esempio concreto: la raccolta firme per il referendum sull�acqua o le discussioni che negli anni passati hanno riguardato l�utilizzo di sistemi operativi open source come Linux, ad esempio. Il discorso cambia quando si cerca di fare un passo in piω e si vuole riflettere in generale sui beni comuni e sui problemi di gestione, accesso e utilizzo legati a questi.

Intanto, ci pare utile dare una definizione concisa di ciς che intendiamo per beni comuni, e cioθ «beni che sono proprietΰ di una comunitΰ e dei quali la comunitΰ puς disporre liberamente» (i commons della tradizione anglosassone). Negli ultimi anni, inoltre, si sono precisate due categorie che aiutano a delineare le problematiche legate ai beni comuni e al loro utilizzo: l�escludibilitΰ (non si puς escludere un individuo dalla fruizione del bene), e la sottraibilitΰ (il consumo da parte di un attore puς ridurre le possibilitΰ di consumo degli altri). Quindi, le risorse naturali avranno un�elevata sottraibilitΰ, mentre la conoscenza come bene comune θ dotata di bassa sottraibilitΰ.

La primavera del Mediterraneo. Storia ... siamo arrivati. Η Άνοιξη της Μεσογείου. Ιστορία... ήρθαμε.




di Aris Chatzistefanou. Fonte: thepressproject Όταν το κύμα των αραβικών εξεγέρσεων και επανάστάσεων άρχισε να σαρώνει μια τεράστια περιοχή του πλανήτη, από τη βόρεια Αίγυπτο μέχρι τον Περσικό Κόλπο, αρκετοί αναλυτές και μεγαλόσχημοι δημοσιογράφοι στη Δύση έσπευσαν να μιλήσουν για ένα νέο 1989.
Αναμασώντας επιστημονικοφανείς θεωρίες του παρελθόντος, περί του Τέλους της Ιστορίας, επιχειρούσαν να παρουσιάσουν το εξεγερτικό κλίμα ως μια ακόμη νίκη της φιλελεύθερης (και μάλιστα νεοφιλελεύθερης) αστικής δημοκρατίας. Η Ιστορία έπρεπε για άλλη μια φορά να μας αποχαιρετίσει καθώς, όπως υποστήριζαν οι ίδιοι, τα αυταρχικά καθεστώτα του αραβικού κόσμου ανατρέπονταν από πολίτες που ζητούσαν να πέσουν στην αγκαλιά της Δύσης και να απολαύσουν άφοβα ένα μεγάλο Bic Mac στα χαμπουργκεράδικα της αμερικανικής και ευρωπαϊκής δημοκρατίας.
Ακόμη και ο Μπαράκ Ομπάμα, στην τελευταία του ομιλία προς τον αραβικό κόσμο, υιοθετούσε εν πολλοίς αυτή τη θεώρηση αφού πρώτα αναγκάστηκε να αποχαιρετίσει με σπαραγμό καρδιάς αρκετούς από τους φιλοδυτικούς δικτάτορες με τους οποίους συνεργαζόταν η Ουάσινγκτον από το τέλος του Ψυχρού Πολέμου.

Le sberle dell'economia


di Guido Viale. Fonte: esserecomunisti
su il manifesto del 16/06/2011
Il vento che ci ha portato all'esito delle elezioni amministrative e dei referendum continuerà a soffiare; bisogna cominciare a fare i conti con i problemi che ci troveremo di fronte a breve. A cominciare dai problemi economici. C'è ancora qualcuno che crede che la Grecia possa ripagare il suo debito (in gran parte nelle mani di banche francesi, tedesche e inglesi e ora anche della Bce) o anche solo rinegoziarlo a tassi accettabili mentre le politiche che le impone l'Unione Europea annientano qualsiasi possibilità di ripresa?O c'è ancora qualcuno che crede che alla lunga possano sottrarsi a una sorte analoga gli altri paesi europei che si trovano più o meno nella stessa posizione della Grecia, a meno di una revisione radicale del "patto di stabilità"? E c'è ancora qualcuno che pensa che in un contesto simile l'economia italiana possa tornare a crescere, realizzando un avanzo primario sufficiente a riportare il suo debito al 60 per cento del Pil? E poi, di che crescita stiamo parlando? Di una crescita del Pil, cioè contabile, per soddisfare le società di rating, interamente controllate dai big della finanza internazionale.
Quella stessa finanza che - dopo aver mandato in rovina milioni di clienti irretiti da mutui fasulli, di risparmiatori ingannati da titoli di carta straccia, di imprese rimaste senza credito perché le banche continuano a investire sui derivati - sta ora scommettendo sul fallimento di quegli Stati che si sono svenati per salvarla, svenando a loro volta i propri cittadini.
CALM DOWN!
Italy roots are deeper than referenda or votations! Those roots will be ther for EVER!

giovedì 16 giugno 2011

Come affondare un paese per salvare le banche.


di GALAPAGOS - IL MANIFESTO del 16 GIUGNO. Fonte: controlacrisi
«Il fallimento di uno stato sovrano è qualcosa che non conosciamo» ha dichiarato martedì Mario Draghi sostenendo la pericolosità di un default della Grecia che sta vivendo il peggiore periodo della sua storia. Le ruberie inglesi del Partenone sono nulla in contrario ai furti legalizzati che il sistema bancario internazionale sta cercando di imporre. Il Pasok del primo ministro Papandreou arrivato due anni fa al governo non ha potuto che denunciare la bancarotta fraudolenta provocata dei consevatori e chiedere aiuto per risanare i conti e l'economia.

La Grecia aveva e ha centinaia di miliardi di bond del debito pubblico in scadenza, ma non sufficienti risorse per onorare gli impegni assunti. Ci sarebbe voluto uno scatto della Ue e della Bce, ma non c'è stato. Questa ha scatenato a fine 2009 la corsa al ritiro dei depositi dalle banche e la fuga di capitali all'estero. Di più: lo stato non era più in grado di emettere nuovi bond fosse solo per ripagare quelli in scadenza. Anche perché i tassi salivano vorticosamente: quelli sui bond a due anni hanno toccato il 28%.
Larga parte del debito pubblico greco era nelle mani delle banche europee che premevano sui rispettivi governi per riavere indietro i soldi senza rimetterci un centesimo. Sarebbe stato logico un accordo per protrarre le scadenze dei bond ellenici e per ridurre i loro rendimenti, ma per la Bce questo equivale a una bestemmia. Così, d'accordo anche con il Fmi, è passata una soluzione alternativa: si sono pretesi dalla Grecia tagli alla spesa pubblica e per prima cosa ai salari degli statali, privatizzazioni, ristrutturazioni. Così, Atene ottiene un primo prestito di oltre 100 miliardi, ma viene obbligata a enormi sacrifici che producono disoccupazione, riduzione del potere d'aquisto di larghi strati della popolazione e bloccano la crescita.

Libia: e se fosse tutto falso?





In questo Dossier un po' di buoni argomenti per riflettere sulla guerra, sulla missione Nato e sugli obiettivi dell'intervento militare.
La madre di tutte le bugie
L'ufficio della Commissione per l'accertamento dei fatti, a Tripoli.La guerra della Nato in Libia (operazione “Protettore unificato”), alla quale l’Italia sta partecipando, è presentata all’opinione pubblica internazionale come un intervento umanitario “a tutela del popolo libico massacrato da Gheddafi”. In realtà la Nato e il Qatar sono schierati, per ragioni geostrategiche, a sostegno di una delle due parti armate nel conflitto, i ribelli di Bengasi (dall’altra parte sta il Governo). E questa guerra, come ha ricordato Lucio Caracciolo sulla rivista di geopolitica Limes, sarà ricordata come un “collasso dell’informazione”, intrisa com’è di bugie e omissioni.

Le sta studiando la Fact Finding Commission (Commissione per l’accertamento dei fatti) fondata a Tripoli da una imprenditrice italiana, Tiziana Gamannossi, e da un attivista camerunese, con la partecipazione di attivisti da vari Paesi.

La madre di tutte le bugie: “10 mila morti e 55 mila feriti”. Il pretesto per un intervento dalle vere ragioni geostrategiche (http://globalresearch.ca/index.ph p?context=va&aid=23983) è stato fabbricato a febbraio. Lo scorso 23 febbraio, pochi giorni dopo l’inizio della rivolta, la tivù satellitare Al Arabyia denuncia via Twitter un massacro: “10mila morti e 50mila feriti in Libia”, con bombardamenti aerei su Tripoli e Bengasi e fosse comuni. La fonte è Sayed Al Shanuka, che parla da Parigi come membro libico della Corte penale internazionale – Cpi (http://www.ansamed.info/en/libia/news/ME.XEF93179.html).

La “notizia” fa il giro del mondo e offre la principale giustificazione all’intervento del Consiglio di Sicurezza e poi della Nato: per “proteggere i civili”. Non fa il giro del mondo invece la smentita da parte della stessa Corte Penale internazionale: “Il signor Sayed Al Shanuka – o El Hadi Shallouf – non è in alcun modo membro o consulente della Corte”(http://www.icc-cpi.int/NR/exeres/8974AA77-8CFD-4148-8FFC-FF3742BB6ECB.htm).

La guerra dell’acqua e del petrolio: la Bolivia, l’Ecuador e le risorse da salvare dallo sfruttamento.


L'America Latina è un patrimonio per la biodiversità del pianeta e una cassaforte di risorse naturali che fanno gola a molte potenze occidentali. Oggi i due Paesi andini si propongono si rompere lo sciacallaggio del loro tesoro e si presentarsi come un nuovo modello di coesistenza civile rivolta al futuro

di Gianni Tarquini. Fonte: arcoiris
Un libro che parla di acqua, petrolio e gestione delle risorse naturali guarda al futuro prossimo del nostro pianeta indagando sugli elementi chiave che sono già oggi alla base dei conflitti e dello scontro per conservare o guadagnarsi l’egemonia. Il petrolio e il suo accaparramento restano fondamentali nello scacchiere geopolitico, con l’occidente che, lungi dall’affrancarsene, ne resta fortemente dipendente, affannandosi nell’impiego di sempre più sofisticate tecnologie e risorse per lo sfruttamento di fonti sabbiose, bitumose o in profondità marine, finora ritenute economicamente non convenienti.
Le guerre e le tensioni internazionali degli ultimi anni lo vedono sempre, sullo sfondo, come protagonista. L’acqua è il bene su cui si giocano gli scenari dei prossimi decenni e verso cui le ‘intelligence’ dei Paesi egemonici hanno già operato mappature planetarie e forme di controllo a danno delle società e dei sistemi che tradizionalmente l’uomo aveva sviluppato per gestirlo come bene comunitario e naturale. Questa raccolta di saggi e di interviste si occupa di tali problematiche (in maniera specifica con le due sostanziose ricerche di Ciervo, sulla guerra dell’acqua a Cochabamba, e Colleoni-Proaño, sull’influsso delle compagnie petrolifere nei confronti delle popolazioni amazzoniche ecuadoriane), partendo dal riscatto di due Paesi, la Bolivia e l’Ecuador, che hanno fondato la loro rinascita politica, sociale e culturale su un nuovo modello di convivenza, che si poggia sulla ritrovata vitalità e il protagonismo delle popolazioni indigene e sulla loro cultura ‘resistente’.

Nouriel Roubini: L'eurozona si avvia al crollo*


di Nouriel Roubini. Fonte: controlacrisi

L' approccio confusionario alla crisi dell'eurozona non è riuscito a risolvere i problemi fondamentali sulla divergenza economica e di competitività nell'Unione. Andando avanti così l'euro si muoverà attraverso disordinati tentaivi di soluzione, e alla fine arriverà a una spaccatura dell'unione monetaria stessa, con alcuni dei membri più deboli buttati fuori. L'Unione Economica e Monetaria non ha mai pienamente soddisfatto le condizioni di un'area valutaria ottimale. I suoi dirigenti speravano che la loro mancanza di politica monetaria, fiscale e di di cambio, avrebbe provocato un'accelerazione delle riforme strutturali che, si sperava, avrebbero visto convergere la produttività e i tassi di crescita. La realtà si è rivelata ben diversa. Paradossalmente, l'effetto alone della precoce convergenza dei tassi di interesse ha permesso una maggiore divergenza delle politiche di bilancio. Una spericolata mancanza di disciplina in paesi come la Grecia e il Portogallo è stata solo dalla formazione di bolle speculative in altri, come Spagna e Irlanda.

Al capitale globalizzato si resiste globalmente. Punto.



CRISI, LA BCE LANCIA L'ALLARME CONTAGIO DOPO AVERLO PROVOCATO
Fonte: sinistraeuropea
Come in uno di quei film di ultima generazione in cui un virus flagella l'umanità, la crisi rischia di espandersi in tutto il vecchio continente. La BCE, che non sa più che pesci prendere, dopo aver fatto di tutto per infettare le nostre economie con politiche dissennate che di fatto hanno lasciato immutato il meccanismo che l'ha crisi provocata, oggi lancia l'allarme contagio. In un comunicato l'istituto di Bruxelles ci ricorda che esiste una stretta interconnessione fra il settore pubblico e le banche, che queste hanno ampie fette di titoli di Stato periferici in portafoglio, e che ora il rischio principale per la stabilità finanziaria nell'area euro e "il potenziale per creare effetti di contagio" è proprio questo fattore. In poche parole, la crisi dell'area Euro è ancora agli inizi. Prima la BCE ha con politiche di austerity salvato le banche private con soldi pubblici, poi ha lasciato pascolare liberamente le banche private con operazioni speculative sui titoli sovrani degli stati. Oggi a distanza di anni la BCE si accorge che le sue ricette sono state peggio del male, dato che gli stati non sono in grado di reggere il modello imposto da Bruxelles assieme al FMI e alla commissione europea. Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna sono i focolai di un'infezione che è stata alimentata dalle classi dominanti per utilizzare la crisi come clava per aumentare la competitività a scapito di diritti e servizi sociali. Nell'Europa della finanza conta più un giudizio di un'agenzia di rating che un parlamento, conta più un indice numerico che la volontà di un popolo. Ancora una volta ribadiamo un concetto di fondo, dalla crisi non ne usciremo fin quando non modificheremo a fondo il sistema che la produce.
LIBYA
We deprive ourself of new houses, schools and hospitals ...... in order to destroy houses, schools and hospitals of a country poorer than us.

Tutti in piedi.

Fonte
Cari amici,
questa volta ci diamo un obiettivo ancora più difficile rispetto a quello che raggiungemmo con raiperunanotte. Infatti abbiamo solo pochi giorni per organizzare la nostra trasmissione-manifestazione "Tutti in piedi", alla quale parteciperanno tra gli altri Elisa Anzaldo, Maurizio Crozza, Serena Dandini, Teresa De Sio, Antonio Ingroia, Max Paiella, Daniele Silvestri, i Subsonica, Marco Travaglio, Vauro e tanti altri. Se ancora una volta raggiungeremo il nostro obbiettivo dimostreremo che per quanto cerchino di ridurre gli spazi di libertà niente potrà più impedirci di manifestare il nostro pensiero,niente potrà fermare il ritorno in scena del lavoro con la sua richiesta di dignità e di libertà. Vi chiedo perciò di contribuire ancora una volta con due euro e cinquanta ciascuno facendo girare dovunque questo appello e coinvolgendo i vostri amici. Insieme abbiamo la forza per cambiare tutto.
Grazie.
Michele Santoro
http://www.tuttiinpiedi.it/

mercoledì 15 giugno 2011

Cosa ha deciso il Gruppo Bilderberg?



Chi c’era a St. Moritz e di cosa hanno parlato. Ma il ‘potere’ se lo sono preso o glielo abbiamo dato noi?
LUGANO – Si è conclusa la riunione del Gruppo Bilderberg a St. Moritz, e in via ufficiale nessuno sa che cosa sia stato deciso da questo riservatissimo consesso. E poco si sa delle previste e minacciate contestazioni massicce, se non di uno spintone a un eurodeputato italiano anziano e sovrappeso, cose da gorilla di discoteca, o forse qualcuno si è accorto del pericolo del dare visibilità mediatica alle manifestazioni di protesta organizzate?
Un dato può essere preoccupante: il Bilderberg nel 2009 si era tenuto in Grecia e nel 2010 in Spagna e vediamo cosa è successo subito dopo a quelle economie… Il Bilderberg porterà scalogna anche alla Svizzera? Non ci bastano le ostilità di Italia e la Germania? Entrambe presenti a St. Moritz con molti loro big, come indica una lista diffusa su Internet e Twitter, ma che non è stato possibile verificare in maniera ufficiale.

Chi c’era - Per la Germania 'sarebbero' arrivati Josef Ackermann, Deutsche Bank, Thomas Enders, Airbus, Peter Löscher, Siemens, Matthias Nass, Die Zeit, Peer Steinbrück, già ministro tedesco delle finanze e ostile alla Svizzera. Per l’Italia, Franco Bernabè, Telecom Italia, John Elkann, Fiat, Mario Monti, Università Bocconi, Paolo Scaroni, Eni, Giulio Tremonti, ministro italiano delle finanze, ostile alla Svizzera.
Per la Svizzera, 'sarebbero' stati presenti Peter Brabeck-Letmathe, Nestlé, Hans Groth, Pfizer, Barbara Janom Steiner, Cantone Grigioni, André Kudelski, Kudelski Group, Doris Leuthard, Consigliera Federale, Martin Schmid, Cantone Grigioni, Rolf Schweiger, Cantone Zugo, Rolf Soiron, Lonza, Daniel L. Vasella, Novartis, Jürg Witmer, Clariant.
La Svizzera, per chi ritiene il Bilderberg un complotto, è uno dei paesi più allettanti come preda perché, nonostante tutto, vi sono immensi capitali e rappresenta un’eccezione economica, politica e sociale, un vero Sonderfall internazionale. Non è nella UE o nell’euro, non è controllata da Bruxelles e così via.

Dalle amministrative al Referendum, a dieci anni di distanza tornano a sventolare le bandiere dei fori sociali rafforzate da Internet.


di Gennaro Carotenuto Fonte: giornalismopartecipativo
E’ un mondo nuovo quello che disegnano i Referendum. E’ un mondo dove il ruolo ineludibile dei “media personali di comunicazione di massa”, rende Internet e non più “Porta a Porta” la terza Camera del paese. Ma è un mondo anche antico dove trionfano le ragioni dei Fori Sociali sconfitte dal manganello a Genova giusto dieci anni fa. Il PD sale sul carro dei vincitori ma è atteso alla prova di un cambio culturale che finora non ha incarnato e che forse non è nelle sue corde. Intanto l’avversario berlusconiano è alle corde ma è pericoloso offrire sponde ai peggiori, i leghisti, per disegnare il futuro
.
A Matteo Dean
1) DA GENOVA 2001 AI REFERENDUM 2011 – A dieci anni esatti dal G8 di Genova, che fu il punto di inflessione della crisi di lungo periodo della nostra Repubblica, molte delle idee che sembravano spazzate via dalla nostra storia politica sotto i colpi di manganello e i lacrimogeni, riemergono, quasi improvvisamente e inaspettatamente, per trionfare con dei referendum dal contenuto etico-politico rilevantissimo. Vince oggi lo stesso blocco sociale del Genoa Social Forum, sinistra plurale dei movimenti, mondo cattolico, volontariato, gli elettori degli allora DS e Margherita, ma non i dirigenti di questi.Vince oggi un blocco sociale che ha sempre continuato ad esistere e lottare per un’Italia migliore, pur sistematicamente occultato dai media, che rimette all’ordine del giorno il tema del fallimento etico e pratico del neoliberismo per rilanciare temi cruciali quali i beni comuni e un modello energetico che, basandosi sulle rinnovabili, non alimenti il mito della crescita infinita ma trovi un equilibrio con un pianeta allo stremo. E’ il blocco sociale degli italiani riflessivi che leggono e pensano e che sconfigge oggi il nichilismo individualista del berlusconismo. I diritti sono più importanti dei profitti, hanno detto 26 milioni di italiani, qualcosa di inaudito dopo decenni di martellante propaganda inversa: i diritti come privilegi, il profitto come valore fondante della nostra società. A new beginning, un nuovo inizio in una terra incognita.

Atene. Le forze "speciali".

Si sapeva gia' chi si nasconde fra i "poliziotti" ma una foto vale piu' di mille parole.

Atene. Oggi il giorno del grande NO!!

Oggi si presenta in parlamento il ricatto della "troica" e la Grecia si ferma. Sciopero generale e insediamento del parlamento da parte del movimento degli indignati. Una catena umana che blocchera' tutte le strade di accesso.

Η συγκέντρωση που θα μείνει στην ιστορία..
Ένα ηχηρό «όχι» στο Μεσοπρόθεσμο Πρόγραμμα λένε σήμερα οι πολίτες όλης της χώρας, οι οποίοι μάλιστα θα σχηματίσουν μία ανθρώπινη αλυσίδα, αποτρέποντας είσοδο των πολιτικών στο κτήριο της Βουλής, για να ματαιωθεί η επίμαχη συζήτηση για το «Μνημόνιο 2».

Referendum, ora tutto cambia.


di Sergio Bellucci, Fonte: paneacqua
Una sequenza da togliere (o restituire?) il respiro alla politica italiana. Primarie, amministrative, referendum. Tutti osservano il colpo al leader del centrodestra, ma la sequenza toglie il sonno a molti attori dell'equilibrismo politico nostrano
Certamente il colpo più grande lo riceve Berlusconi e la sua maggioranza. Il Paese è stanco di inseguire "l'insonnia della ragione" che ha generato i mostri che affollano i suoi incubi. Questa perenne dislessia tra il dire e il fare, questa doppiezza esplicitata e rivendicata tra i mezzi e i fini che si accalcano sopra il destino di una sola persona, non appassionano più. La partita è truccata da anni e quelli che hanno voglia di continuare a "tifare" restano una minoranza senza appeal. Berlusconi risulta un leader incapace di garantire un futuro e i colonnelli già si accalcano per recuperare pezzetti di spazio politico che nulla potrà avere di strategico. L'asse con la Lega? Logoro e senza prospettiva. Il ruolo di Tremonti? Da battitore libero. Berlusconi? Assediato da un giudizio umano, politico e sociale che non lascia scampo.
Ma questa è la vera novità prodotta da questo frullatore politico che sta diventando il 2011? Io credo , invece, che gli insegnamenti più importanti siano indirizzati alle forze del centro-sinistra. Non perché la crisi di Berlusconi sia poca cosa, ma perché la qualità dei processi indica tendenze nel corpo della società italiana che chiedono risposte di nuovo tipo.
In primo luogo il bisogno di partecipazione diretta.


TITANIC
...and they are still singing Berlusconi and his guitarist...

martedì 14 giugno 2011

Modello cinese.


di BUBBICO-SACCHETTO - Fonte IL MANIFESTO del 14 GIUGNO 2011
Tutto iniziò con la manifattura. Dai salari d'ingresso al boom di forza lavoro immigrata, più pronta al conflitto. Con l'esplosione di terziario e edilizia nascono i nuovi ricchi

GUANGZHOU (CINA) - Gaungzhou (Canton), capoluogo della provincia più meridionale della Cina (il Guangdong), è il centro dell'industria cinese della prima fase della modernizzazione post-maoista. In essa convivono dimensioni sociali ed economiche parallele, apparentemente lontane, ma che sono la caratteristica principale del paese: dalle (mega) aree urbane industrializzate fino ai villaggi che crescono a ridosso delle fabbriche, dalle aree rurali fino alle enclave periferiche non ancora coinvolte dalla speculazione edilizia.
A Canton convivono a poche centinaia di metri sfavillanti strade del consumo di massa e maleodoranti quanto affascinanti strade del vecchio centro cittadino basate su piccoli commerci e produzioni artigianali o di carattere industriale. Vero è che anche nel centro cittadino, oltre alle centinaia di migliaia di piccoli negozi che sostengono un'attività di mera sopravvivenza, si trovano svariate migliaia di piccolissime attività produttive, dagli orafi alle cucitrici di abiti di bassa fattura, insieme con i tornitori e i fresatori che lavorano all'interno di locali poco più ampi di un garage, oppure talvolta direttamente nei marciapiedi.

Paolo Rumiz: La scandalosa rapina dell’acqua pubblica.


da Micromega. Fonte: larepubblica

Pubblichiamo l'intervento che Paolo Rumiz, giornalista di "Repubblica", ha tenuto alla Facoltà di scienze politiche dell'Università La Sapienza di Roma sul tema “Acqua bene comune: storia, civiltà vita”.

di Paolo Rumiz
E’ un peccato che non possa parlarvi a voce. Solo a voce avrei potuto comunicarvi l’urgenza, la rabbia e l’indignazione legate al tema primordiale dell’acqua. Sono un professionista della parola scritta, ma so che solo il racconto orale sa trasmettere sentimenti forti. Questo scritto è dunque solo un ripiegamento, dovuto a forza maggiore. E sappiate che gli uomini che avrei dovuto affiancare in quest’incontro sono i responsabili della mia passione per la questione idrica. Dunque perfetti per accendere anche la vostra.

Mi sono occupato di molti temi nel mio mestiere. Guerre etniche e planetarie, crolli di sistemi e di alleanze politiche, esplorazione dei territori e viaggi alle periferie del mondo. All’acqua sono arrivato solo pochi mesi fa, quasi per caso, grazie a una segnalazione di Emilio Molinari. Era successo che era stata approvata una legge che rendeva inevitabile la privatizzazione dei servizi idrici. La svendita di un patrimonio comune, mascherata da rivoluzione efficentista...

Tutto questo era avvenuto nel mese di agosto, alla chetichella, senza proteste da parte dell’opposizione. Il popolo era rimasto tagliato fuori da tutto. Gli interessi attorno all’operazione erano così trasversali che i giornali avevano taciuto, i partiti e i sindacati pure. Mi sembrava inverosimile che una simile enormità potesse passare sotto silenzio. Così ne ho scritto. E la pioggia di lettere attonite che ho ricevuto in risposta hanno confermato l’assunto.

Verso un manifesto dei beni comuni.

FONTE: ALBERTO LUCARELLI - IL MANIFESTO del 14 GIUGNO 2011
Oggi, a due settimane dai trionfi di Napoli e Milano e a dieci anni dal G8 di Genova, festeggiamo la vittoria del referendum sull'acqua e soprattutto un nuovo modo di fare Politica. È nato un nuovo laboratorio politico, si è raggiunta una vittoria voluta con tutte le forze dal forum dei movimenti per l'acqua e da tutta quella cittadinanza attiva che progressivamente ha capito la necessità di riconquistare se stessi e soprattutto la voglia di far politica e di vedere affermati i propri diritti. Il movimento referendario ha avuto la forza e il coraggio, sin dall'inizio del suo percorso, di declinare un nuovo modo di fare politica, di esprimere nuove soggettività, al di fuori del sistema dei partiti. Partiti in pochi, ma decisi e già consapevoli dei saccheggi che si stavano realizzando sui beni comuni, il movimento con coerenza, rigore, umiltà, forza di ascolto e di inclusione ha saputo e voluto raccogliere e declinare il "grido" di Genova 2001, dichiarando l'esigenza di uscire dalle logiche proprietarie e individualistiche, per affermare spazi e beni comuni dove poter esercitare e veder soddisfatti i propri diritti.

Foto. Vittoria dei SI
























THE ECONOMIST

lunedì 13 giugno 2011

VITTORIA – Abbiamo scelto la democrazia.


di Giancarla Codrignani. Fonte: arcoiris
Evviva, evviva, evviva! Sentite ancora i boatos? Diciamo che davvero abbiamo capito e fin da subito non ci neghiamo, soddisfatti, esaltati, finalmente ottimisti, di pensare. Nel numero di giugno di ‘Altreconomia’ Roberto Mancini scriveva di un’emozione “che non resta effimera, fine a se stessa. Perché invece è l’impulso del risveglio che porta a scoprire la passione per la democrazia. I referendum hanno finalmente diffuso nel Paese la sensazione che si possa cambiare, che i cittadini possano contare intanto per fermare i progetti più deliranti. Questa percezione è decisiva: l’iniquità, che sembra vincente e insuperabile, in verità non è necessaria, può essere sconfitta. Sorge da qui l’emozione della libertà, che si dispiega divenendo passione, ma anche esercizio di intelligenza e di creatività civile.
Mancini individuava nelle tre tematiche – il nucleare, l’acqua e l’eguaglianza di tutti dinanzi alla legge – un unico filo di collegamento: “il gelo del cuore chiuso dall’avidità è infatti riconoscibile chiaramente alla radice del desiderio perverso di fare affari gettando il Paese contemporaneamente nella trappola del nucleare, nell’assurda privatizzazione di un bene naturale e universale come l’acqua, nonché nella pretesa di monopolizzare il potere esecutivo del governo ponendolo al di sopra di ogni legge. Se la democrazia fosse immaginabile come un albero, provvedimenti del genere somiglierebbero a letali colpi di scure”.

E’ nata Alternativa Ribelle: i Giovani Comunisti e la Fgci sono uniti.


Fonte: reblab

Intervento all’assemblea fondativa di Alternativa Ribelle

Voglio ringraziare uno per uno i compagni e le compagne che hanno lavorato in questi giorni a questo appuntamento, che hanno lavorato in cucina, che hanno allestito e pulito la sala, non soltanto quelli che hanno scritto e preparato i documenti. Perché i nostri partiti e la sinistra vivono non soltanto di grandi idee e di grandi strategie, ma anche di questi piccoli gesti quotidiani di militanza e di dedizione. Ho chiesto la parola adesso perché vedo qui in sala tante compagne e tanti compagni a cui voglio bene, che fanno parte della mia famiglia, della mia comunità, del mio partito. Penso a Francesco, a Danilo, a Claudio e anche a Flavio e Anna, senza i quali questo processo non sarebbe stato possibile.

E allora mi rivolgo a ciascuno di loro, a ciascuno di voi, con tutta la sincerità che merita il rapporto tra compagni. Io voglio dirvi che noi abbiamo soltanto una possibilità per fare di questo nostro processo uno strumento utile, e cioè per radicare la nostra unità nel futuro della nostra generazione: dobbiamo volare alto, guardare oltre i nostri limiti, le nostre imperfezioni, la nostra inadeguatezza. Quante volte – compagne e compagni – siamo costretti a dividerci e a scontrarci per motivi sterili, che ci vengono imposti dalle rispettive appartenenze, dai rispettivi schieramenti? Quante volte ci dividiamo perché non siamo in grado di ascoltare, di approfondire, di scavare in profondità le parole? Quante volte ci dividiamo per pigrizia? E quante volte queste divisioni ci rendono sterili, inadeguati, inefficaci, impotenti e quindi frustrano il nostro bisogno e la nostra voglia di cambiare il mondo, frustrando a cascata le nostre lotte?

Ambe' ...

Referendum, la Borsa va in anticipo boom dei titoli delle energie alternative
Il mercato scommette sull'esito del voto: in una giornata di stallo dei listini, corrono Enel Green Power e le piccole società delle rinnovabili. Cede Enel, direttamente interessate dai piani sulle centrali italianeMILANO - Il referendum pesa sull'andamento dei titoli dell'energia in Piazza Affari. In vista del dato sul quorum, il mercato ha già iniziato a dare il proprio responso, penalizzando le big coinvolte nei piani di costruzione delle centrali nucleari, ma soprattutto premiando i titoli delle rinnovabili.

Così, in un listino in lieve flessione al giro di boa, tra i titoli a maggiore capitalizzazione Enel Green Power corre con guadagni che arrivano anche a superare il 3%, mentre cede oltre mezzo punto la casa madre Enel, in prima fila nelle scelte nucleari del governo. Il giudizio degli investitori si vede ancora di più dagli acquisti sulle "piccole" del settore delle energie rinnovabili, su tutte Kerself a +10,80% e poi Kr Energy (+7,43%), Ergycapital (+5,93%), Ternienergia (+3,25%) e Falk Renewables (+2,74%).
(13 giugno 2011)

19 giugno. To all the people in the world: Rise up! Take the squares!!! Take the streets!!!




Siamo gli/le indignate, gli/le anonimi, i/le senza voce. Eravamo in silenzio, ma ascoltavamo, e osservavamo tutto. Ma non per guardare verso l’alto, dove ci sono quelli che guidano il mondo, ma intorno a noi, dove ci troviamo tutti e tutte; e stavamo aspettando il momento di unirci.
Non ci rappresenta nessun partito, associazione o sindacato. E non vogliamo che sia cosí, perché ognuno rappresenta sé stesso.
Vogliamo pensare tutti insieme a come creare un mondo dove le persone e la natura stiano al di sopra degli interessi economici. Vogliamo progettare e costruire il migliore dei mondi possibili. Insieme possiamo farlo, e lo faremo. Senza paura.
Le prime scintille scoccarono nei paesi arabi, dove centinaia di migliaia di persone hanno occupato le piazze e le strade e hanno ricordato ai loro governi, che loro sono il vero potere. Dopodiché sono stati gli islandesi che scesero in strada per esprimersi e scegliere il proprio futuro; e poco dopo il popolo spagnolo ha occupato le piazze dei quartieri, dei paesi, delle cittá. Ora questo fuoco si estende rapidamente in Francia, Grecia, Portogallo, Italia e Turchia, mentre arrivano echi dall’America e dall’Asia e nuove fiamme si accendono dappertutto.
Se i problemi sono globali, la rivoluzione o sará globale o non ci sará.
É ora di riprenderci i nostri spazi pubblici per discutere sul nostro futuro tutti e tutte insieme. Il 19 giugno chiamiamo alla Globalrevolution, incitiamo l’ occupazione pacifica delle piazze pubbliche e la creazione di spazi di incontro, dibattito e riflessione. É nostro dovere recuperare gli spazi pubblici è decidere insieme che mondo vogliamo.
Riprendiamoci le piazze! Riprendiamoci le strade!
Ha vinto la politica "dal basso", ha vinto chi ci ha creduto fin dal primo momento, fin dalla raccolta delle firme per un'impresa che sembrava disperata, hanno vinto tutti gli italiani che hanno lavorato duramente soprattutto sul territorio, tra la gente, giorno dopo giorno , costringendo poi anche le forze politiche ... quelle titubanti cosiddette "de sinistra" a prendere apertamente posizione a favore. Viva chi ha promosso i referendum!!!

Res Publica e beni comuni.


di Riccardo Petrella. Fonte: sinistrainrete
I beni comuni. Le due questioni di fondo.
Al centro del dibattito teorico e politico sui beni comuni nei paesi occidentali vi sono due questioni fondamentali.
La prima riguarda il principio/ruolo dello Stato (più precisamente, di governo e, quindi, di sovranità e di sicurezza). La seconda è relativa al principio di gratuità (della vita). I gruppi sociali dominanti hanno imposto il principio di “governance” ed hanno monetizzato la vita.
La “Governance” al posto del governo
L’uso del concetto di “governance” risale alla seconda metà degli anni ’70 allorché l’economia occidentale si trovava alle prese con la rincollatura dei cocci del sistema finanziario andato in frantumi nel periodo 1971-73 (fine della convertibilità del dollaro in oro e dei tassi di cambio fissi, fine dei controlli sui movimenti di capitale, esplosione del mercato delle divise, liberalizzazione dei mercati, deregolamentazione e privatizzazione del settore…).
BEAT-THE-QUORUM

(after years we are near to reach the quorum 50% + 1 and beat the clown Berlusconi special protection laws, avoid water privatization and return to nuclear energy)

domenica 12 giugno 2011

Chi non vota non si creda assolto.




Questa mattina ho votato. Lo scrutatore era il mio vicino di casa. Mi ha chiesto "Lei chi è?", gli ho dato la carta di identità e dopo avermi guardato bene in faccia mi ha detto "Si accomodi all'uno". E' stato perfetto. Ho avuto quattro orgasmi in cabina. Ho gridato "SI, SIII, SIIII, SIIIIIIIIII!" mentre facevo una croce sulle schede. Il presidente di seggio voleva denunciarmi per oltraggio al pudore, ma anche lui, si vedeva, era reduce da quattro amplessi referendari e ha abbozzato. Le signore presenti sono arrossite, alcune hanno guardato i loro compagni con nuova ammirazione, con occhi illuminati da una luce maliziosa di democrazia. C'era l'atmosfera della prima volta, di quando vai all'appuntamento con una ragazza che, incredibilmente, ha accettato di uscire proprio con te. Erano anni che non godevo così. Andare alla scuola comunale è stato un atto religioso, ero vestito come a messa per un battesimo o per un matrimonio, a braccetto con la mia signora e per mano il mio ultimo figlio.
L'Italia migliore oggi ha votato, voterà, lo farà domani. Quanti saremo? In ogni caso ci conteremo qualunque sia la nostra idea, la nostra condizione sociale, la nostra età. Ci conteremo e sapremo quante decine di milioni di fratelli e sorelle abbiamo. Quanti di noi sono disposti a cambiare la partitocrazia e i suoi burattinai di Confindustria e delle banche. Soldi. I referendum potrebbero essere tradotti in una sola scelta "I soldi o la vita". Gli italiani che votano vogliono la vita, la felicità, un futuro per i figli da cittadini e non da schiavi moderni. A Santa Margherita, a due passi da casa mia, i giovani industriali hanno proposto di portare l'età pensionistica a 70 anni. Perché allora non 80, 90? Quanti operai arrivano a 70 anni?
I partiti hanno messo il silenziatore al referendum. Le hanno provate tutte compreso il non accorpamento con le amministrative con 10 deputati del Pdmenoelle e due dell'Idv assenti e un radicale che ha votato contro. Bersani ha replicato che Fassino era a Torino per la festa dell'Unità d'Italia. Bastava un voto e il quorum sarebbe già stato raggiunto. Oggi e domani ognuno conta uno. Chi non vota non si creda assolto. Come diceva Faber "Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti". Votate e fate votare fino all'ultimo minuto di lunedì. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

Un voto costituente.


di UGO MATTEI - IL MANIFESTO del 12 GIUGNO 2011
Si vota! Sembra incredibile ma siamo riusciti a far esprimere il popolo sovrano su questioni fondamentali per il nostro futuro, senza la mediazione dei partiti e delle burocrazie politiche. Siamo riusciti ad aprire un dibattito serio nel paese e a proporre politicamente strumenti di azione ed un linguaggio nuovo, quello dei beni comuni, che esce dalle stanze degli addetti ai lavori. Non è un traguardo da poco, né era scontato che saremmo riusciti a raggiungerlo. Un voto popolare per invertire la rotta rispetto ad un modello di sviluppo fondato sull'ideologia della privatizzazione e su un rapporto fra l'interesse pubblico e quello privato sempre più spostato a favore di quest'ultimo, non poteva che dar fastidio a molti. E i suoi esiti possono essere politicamente dirompenti, forse perfino costituenti di una fase nuova finalmente capace di superare in Italia il blocco del pensiero unico che paralizza ogni possibilità di uscita dalla crisi. Comunque, siamo riusciti a fermare il folle banchetto nucleare che pareva già imbandito quando, poco più di un anno fa, si siglavano gli accordi italo-francesi fra Edison ed Edf. Questo pactum sceleris poteva esser presentato, senza pudore, come un passo verso la modernizzazione sulle pagine dei giornali.

Orizzonti egiziani a stelle e strisce.


Fonte: micromega
Alcuni passaggi di un lungo saggio che Samir Amin ha dedicato alle primavere arabe. In questo testo, che uscirà in volume alla fine dell’estate, l’economista egiziano approfondisce le tesi che esporrà sabato a Roma, nel corso del convegno organizzato dal manifesto con il titolo «La speranza scende in piazza». Queste le sue conclusioni: Washington preferisce il potere dei Fratelli musulmani a quello dei democratici, che rischierebbero di mettere in questione la subalternità dell’Egitto al loro dominio.
di Samir Amin, da il manifesto, 9 giugno 2011
L’Egitto di Nasser aveva instaurato un sistema economico e sociale criticabile ma coerente. Nasser aveva puntato sull’industrializzazione per uscire dalla specializzazione internazionale di stampo coloniale che aveva circoscritto l’economia del paese all’esportazione del cotone. Sadat e Mubarak hanno smantellato il sistema produttivo egiziano, a cui hanno sostituito un sistema del tutto incoerente, fondato esclusivamente sulla ricerca di redditività di imprese che per lo più si limitano a subappaltare il capitale dei monopoli imperialisti. I tassi di crescita, teoricamente elevati, che la Banca Mondiale esalta da trent’anni, sono privi di significato. La crescita egiziana è estremamente vulnerabile ed è del resto accompagnata da un incredibile aumento dell’ineguaglianza e della disoccupazione che colpisce la maggior parte dei giovani. Questa situazione era esplosiva, ed è esplosa.
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