di Giancarla Codrignani. Fonte: arcoiris
Evviva, evviva, evviva! Sentite ancora i boatos? Diciamo che davvero abbiamo capito e fin da subito non ci neghiamo, soddisfatti, esaltati, finalmente ottimisti, di pensare. Nel numero di giugno di ‘Altreconomia’ Roberto Mancini scriveva di un’emozione “che non resta effimera, fine a se stessa. Perché invece è l’impulso del risveglio che porta a scoprire la passione per la democrazia. I referendum hanno finalmente diffuso nel Paese la sensazione che si possa cambiare, che i cittadini possano contare intanto per fermare i progetti più deliranti. Questa percezione è decisiva: l’iniquità, che sembra vincente e insuperabile, in verità non è necessaria, può essere sconfitta. Sorge da qui l’emozione della libertà, che si dispiega divenendo passione, ma anche esercizio di intelligenza e di creatività civile.
Mancini individuava nelle tre tematiche – il nucleare, l’acqua e l’eguaglianza di tutti dinanzi alla legge – un unico filo di collegamento: “il gelo del cuore chiuso dall’avidità è infatti riconoscibile chiaramente alla radice del desiderio perverso di fare affari gettando il Paese contemporaneamente nella trappola del nucleare, nell’assurda privatizzazione di un bene naturale e universale come l’acqua, nonché nella pretesa di monopolizzare il potere esecutivo del governo ponendolo al di sopra di ogni legge. Se la democrazia fosse immaginabile come un albero, provvedimenti del genere somiglierebbero a letali colpi di scure”.
Il ritorno alla partecipazione che si è manifestato in questi giorni non va perduto. E’ stato necessario scoprire che non è vero che non ci sono rimedi, che il cittadino è impotente, che tutti sono uguali. Adesso bisogna che la “passione referendaria” diventi passione politica. Non basta dire no ai disastri annunciati quando l’acqua arriva alla gola (e alla privatizzazione): bisogna “prevenire” senza antipolitica. I partiti hanno commesso errori, certamente; infatti la società civile inascoltata li aveva avvertiti non solo di scelte incomprensibili, ma anche dei sentimenti via via più ostili nei confronti delle loro inadempienze valoriali. Tuttavia anche la società ha proprie responsabilità: forse non è tutta individualista, ma certo fa della propria frammentazione un dato identitario e non la ricerca di possibili unità. Per capirci, alle municipali bolognesi ci sono state 17 liste, a quelle torinesi 27 e alcuni segnali indicano la propensione a ritenere che “l’esserci” di ciascun frammento costituisce ragione di riesumazione del mai dismesso manuale Cencelli.
Adesso abbiamo molto da fare, rioccupando gli spazi pubblici, con il voto, con la presenza in tutte le agorà, nella voglia di capire per meglio sorvegliare gli interessi generali. Anche cercando di guidare i partiti ad essere, come debbono, il luogo in cui la partecipazione diventa rappresentanza democratica non solo delle persone, ma degli interessi del popolo, “sovrano” non per modo di dire.
Il popolo sovrano, non “la gente” adesso deve dire se e con quali risorse rifare la rete idrica tutta fessurata da secoli e come riaggiustare le normative con gli enti locali. Deve dire che la cancellazione del programma governativo sul nucleare non incide sulla ricerca a cui sono stati tolti i fondi e che questo è il vero problema. E deve rifondare ogni discorso democratico sull’uguaglianza. Ma deve anche dire se la banche debbono diventare un potere così importante da non rispettare regole e diritti e far pagare ai contribuenti pasticci e fallimenti. La ristrutturazione del debito pubblico, cresciuto ad opera del governo e che costerà una grossa stretta della cinghia per rispettare i parametri richiesti dall’Europa, ma non tutti i possibili governi lo faranno con uguali priorità e uguali costi. Siamo l’unico paese Ocse che non ha visto crescere il reddito: il danno resta senza rimedio, ma la qualità delle riforme va assunta con la massima serietà da lavoratori, sindacati, imprese. Si taglieranno le spese: impediamo che siano a detrimento dei diritti, della scuola (l’anno prossimo avremo 22.000 insegnanti in meno con una popolazione scolastica crescente e con più alta percentuale di stranieri), della sanità, della cultura, dell’assistenza. Anche l’informazione: quello che è successo in questi anni nel sistema pubblico è intollerabile: inventiamo scioperi dell’audience, lotte nonviolente, riempimenti delle caselle postali ed elettroniche dei responsabili.
Avete visto l’ambulante di Modena che si è fatto carico personale delle offese che Berlusconi ha continuato a rivolgere alla magistratura e ha denunciato il presidente del consiglio di vilipendio? Anche una persona sola, intelligente e generosa, può fare la sua parte.
Teniamo in piedi questa bella reazione civile e se anche i giovani ci daranno più inventiva e coraggio, forse integreremo quel senso dello stato che né il Risorgimento né, almeno in parte, la Costituzione sono riusciti a darci.
NOTA BENE: Non vorrei che nessuno dimenticasse che per prime hanno alzato la testa le donne. Non per amore di medaglie, ma per non ritrovarci tutte casalinghe.
Evviva, evviva, evviva! Sentite ancora i boatos? Diciamo che davvero abbiamo capito e fin da subito non ci neghiamo, soddisfatti, esaltati, finalmente ottimisti, di pensare. Nel numero di giugno di ‘Altreconomia’ Roberto Mancini scriveva di un’emozione “che non resta effimera, fine a se stessa. Perché invece è l’impulso del risveglio che porta a scoprire la passione per la democrazia. I referendum hanno finalmente diffuso nel Paese la sensazione che si possa cambiare, che i cittadini possano contare intanto per fermare i progetti più deliranti. Questa percezione è decisiva: l’iniquità, che sembra vincente e insuperabile, in verità non è necessaria, può essere sconfitta. Sorge da qui l’emozione della libertà, che si dispiega divenendo passione, ma anche esercizio di intelligenza e di creatività civile.
Mancini individuava nelle tre tematiche – il nucleare, l’acqua e l’eguaglianza di tutti dinanzi alla legge – un unico filo di collegamento: “il gelo del cuore chiuso dall’avidità è infatti riconoscibile chiaramente alla radice del desiderio perverso di fare affari gettando il Paese contemporaneamente nella trappola del nucleare, nell’assurda privatizzazione di un bene naturale e universale come l’acqua, nonché nella pretesa di monopolizzare il potere esecutivo del governo ponendolo al di sopra di ogni legge. Se la democrazia fosse immaginabile come un albero, provvedimenti del genere somiglierebbero a letali colpi di scure”.
Il ritorno alla partecipazione che si è manifestato in questi giorni non va perduto. E’ stato necessario scoprire che non è vero che non ci sono rimedi, che il cittadino è impotente, che tutti sono uguali. Adesso bisogna che la “passione referendaria” diventi passione politica. Non basta dire no ai disastri annunciati quando l’acqua arriva alla gola (e alla privatizzazione): bisogna “prevenire” senza antipolitica. I partiti hanno commesso errori, certamente; infatti la società civile inascoltata li aveva avvertiti non solo di scelte incomprensibili, ma anche dei sentimenti via via più ostili nei confronti delle loro inadempienze valoriali. Tuttavia anche la società ha proprie responsabilità: forse non è tutta individualista, ma certo fa della propria frammentazione un dato identitario e non la ricerca di possibili unità. Per capirci, alle municipali bolognesi ci sono state 17 liste, a quelle torinesi 27 e alcuni segnali indicano la propensione a ritenere che “l’esserci” di ciascun frammento costituisce ragione di riesumazione del mai dismesso manuale Cencelli.
Adesso abbiamo molto da fare, rioccupando gli spazi pubblici, con il voto, con la presenza in tutte le agorà, nella voglia di capire per meglio sorvegliare gli interessi generali. Anche cercando di guidare i partiti ad essere, come debbono, il luogo in cui la partecipazione diventa rappresentanza democratica non solo delle persone, ma degli interessi del popolo, “sovrano” non per modo di dire.
Il popolo sovrano, non “la gente” adesso deve dire se e con quali risorse rifare la rete idrica tutta fessurata da secoli e come riaggiustare le normative con gli enti locali. Deve dire che la cancellazione del programma governativo sul nucleare non incide sulla ricerca a cui sono stati tolti i fondi e che questo è il vero problema. E deve rifondare ogni discorso democratico sull’uguaglianza. Ma deve anche dire se la banche debbono diventare un potere così importante da non rispettare regole e diritti e far pagare ai contribuenti pasticci e fallimenti. La ristrutturazione del debito pubblico, cresciuto ad opera del governo e che costerà una grossa stretta della cinghia per rispettare i parametri richiesti dall’Europa, ma non tutti i possibili governi lo faranno con uguali priorità e uguali costi. Siamo l’unico paese Ocse che non ha visto crescere il reddito: il danno resta senza rimedio, ma la qualità delle riforme va assunta con la massima serietà da lavoratori, sindacati, imprese. Si taglieranno le spese: impediamo che siano a detrimento dei diritti, della scuola (l’anno prossimo avremo 22.000 insegnanti in meno con una popolazione scolastica crescente e con più alta percentuale di stranieri), della sanità, della cultura, dell’assistenza. Anche l’informazione: quello che è successo in questi anni nel sistema pubblico è intollerabile: inventiamo scioperi dell’audience, lotte nonviolente, riempimenti delle caselle postali ed elettroniche dei responsabili.
Avete visto l’ambulante di Modena che si è fatto carico personale delle offese che Berlusconi ha continuato a rivolgere alla magistratura e ha denunciato il presidente del consiglio di vilipendio? Anche una persona sola, intelligente e generosa, può fare la sua parte.
Teniamo in piedi questa bella reazione civile e se anche i giovani ci daranno più inventiva e coraggio, forse integreremo quel senso dello stato che né il Risorgimento né, almeno in parte, la Costituzione sono riusciti a darci.
NOTA BENE: Non vorrei che nessuno dimenticasse che per prime hanno alzato la testa le donne. Non per amore di medaglie, ma per non ritrovarci tutte casalinghe.
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