Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

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mercoledì 29 febbraio 2012

Comunisti dopo il 1989

di Valentino Parlato - Il Manifesto - controlacrisi
Il comunismo è un obiettivo di lungo periodo che richiede lavoro, organizzazione e cultura

Cara Rossana, dopo gli impegnati e utili interventi di Giorgio Ruffolo, Pierluigi Ciocca, Albergo Burgio, Mario Tronti e Luciana Castellina vorrei dire qualcosa anche io. Mi sembra d’obbligo. Il tuo scritto «Un esame di noi stessi», pubblicato il 18 febbraio, impone una seria riflessione sul nostro giornale, che da più di quarant’anni continua a definirsi «quotidiano comunista» e, ovviamente su di me e tutti quanti lavoriamo qui, se non da quarant’anni, da un bel po’ di tempo, e che ora siamo piuttosto nei guai e anche con la Cassa integrazione.
Pensando al giornale tu scrivi «la crisi della sinistra non è diversa dalla nostra», e questo mi convince: siamo a qualcosa di più della crisi di un quotidiano nato nel 1971 in un contesto politico e sociale, e direi anche culturale, del tutto diverso da quello attuale. Allora ci scontravamo con il Pci ed era una fase di crescita della lotta operaia. In tutti i modi questa tua affermazione un po’ mi conforta: se il giornale va male non è solo colpa nostra (anche se rimane forte e deve crescere la nostra responsabilità).
Insomma si tratta di una crisi assai profonda e tu scrivi ancora «non è facile essere comunisti oggi; a più di trent’anni dal 1989. E, appunto sarebbe nostro compito chiarire che cosa intenderemo nel dirci comunisti ancora, o perché non lo si possa dire più». E ancora, si chiede e ci chiede «possiamo davanti a questo mutamento di scena conservare gli strumenti di analisi e di proposta che avevamo nel 1971?». Cruciale mi pare l’interrogativo sugli strumenti di analisi. Insomma il capitalismo è sempre capitalismo, ma è cresciuto e anche cambiato: globalizzazione, finanziarizzazione sono due novità forti e complesse, specialmente la finanza che è diventata parecchio più complessa che ai tempi del buon Hilferding delle nostre letture giovanili. I cambiamenti sono profondi e complicati e anche in questo giornale occorre studiare e studiare: quel che scriviamo dovrà essere almeno contemporaneo.
Ma mi pare utile una considerazione sul presente. Le crisi capitalistiche hanno innanzitutto colpito, e duramente, il movimento operaio e la democrazia. Ricordo solo gli sbocchi di destra che ebbe in Europa la grande crisi del 1929. Il capitalismo in crisi diventa feroce. «L’autunno del capitalismo» è quasi sempre il duro inverno del proletariato. L’unico esempio, a mia memoria, di uscita a sinistra da una crisi è stato quello della Rivoluzione d’ottobre; ma in tutt’altro contesto; sconfitta militare e anche lotta armata.

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