di Marco Consolo in Liberazione. Fonte: metropolis
In Cile la storia si ripete. Nel Cile in cui, grazie al golpe del 1973 contro il socialista Allende ed ai 17 anni di dittatura fascista di Pinochet, i “Chicago boys” dello scomparso Milton Friedman hanno sperimentato la “contro-rivoluzione capitalista”, e le sue ricette poi estese al resto del mondo. Il primo e principale laboratorio del neo-liberismo è uno dei Paesi dove le diseguaglianze economiche e di opportunità hanno percentuali imbarazzanti. A dirlo non sono i soliti comunisti, ma un rapporto dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse).
Con il ritorno alla “democrazia”, i 20 anni post-dittatura di governo della Concertaciòn, del centro-sinistra, hanno solo approfondito e “migliorato” lo stesso modello, lasciando sostanzialmente intatta la struttura economica (e militare) del Paese. Quel modello capitalista che fa acqua da tutte le parti. Il centro-sinistra ha continuato il “lavoro sporco” e la luna di miele del governo di destra di Sebastián Piñera con il Paese, oggi è amara e ormai mostra le corde. Nell’ultimo anno le mobilitazioni dei terremotati, del movimento ambientalista che si oppone ai progetti delle multinazionali (tra cui l’italiana Enel), le rivendicazioni dei Mapuche e di altre popolazioni originarie contro la rapina delle loro terre, l’inarrestabile movimento degli studenti a cui si è aggiunto il movimento sindacale (principalmente del settore pubblico) hanno marcato la forte ripresa del conflitto sociale. Un conflitto che è il più aspro dalla fine della dittatura di Pinochet, con una estensione e radicalizzazione inedita.
Non bastano più le operazioni di “marketing” di Piñera, il magnate della TV e del calcio dal cinico sorriso ingessato. Non basta più il ricordo del salvataggio dei 33 minatori. La realtà supera il “reality” ed il governo cerca a tutti i costi di recuperare la caduta verticale di sostegno che gli aveva fatto vincere le elezioni interrompendo il ventennio di centro-sinistra.
La Uniòn Democratica Independiente, (UDI), il partito del ex-dittatore Pinochet e dei suoi nipotini, è oggi più forte nel governo, con una ulteriore svolta a destra. E’ una destra sorda alle richieste degli studenti, dei lavoratori, dei movimenti, più abituata al manganello ed alle armi, che al dialogo.
All’alba di Venerdì scorso, la violenta repressione fa la prima vittima: Manuel Gutiérrez Reinoso, un adolescente colpito da un proiettile. E un altro è in fin di vita.
Le rivendicazioni dei movimenti sono chiare e godono della simpatia della gran parte della popolazione: educazione gratuita e senza lucro (il settore è quasi tutto in mani private), il miglioramento della qualità dell’educazione, la ri-nazionalizzazione delle imprese del rame che permetta destinare le risorse alla spesa sociale con una più giusta ridistribuzione delle entrate, la riforma fiscale che faccia pagare i ricchi, una assemblea costituente che rediga una nuova costituzione per abolire quella di Pinochet.
Nelle manifestazioni è importante il coinvolgimento dei quartieri popolari, le “poblaciones”, fino ad oggi al margine delle proteste. Così come la loro estensione nelle altre città (Iquique, Antofagasta, La Serena, Concepciòn, Temuco, Valdivia e Valparaiso il principale porto cileno).
Una storia che conosciamo: studenti e lavoratori in piazza con le loro richieste, manifestazioni determinate, ma pacifiche, che si trasformano in violenti scontri grazie a un mix di provocazioni e disperazione sociale, la criminalizzazione del conflitto con le accuse di terrorismo.
Una storia che parla a noi. A un Italia che è sottoposta a terapie shock e sembra ancora addormentata. Dove settori della cosiddetta opposizione, il PD, si dicono contrari allo sciopero generale ed alle mobilitazioni sindacali. Dove le ricette lacrime e sangue del governo faticano a trovare un’opposizione dal basso capace di articolarsi e farlo cadere, garantendo un’alternativa politica credibile. E’ questo il nostro compito. Il Cile ce lo ricorda.
Marco Consolo
da Liberazione del 27 agosto 2011
In Cile la storia si ripete. Nel Cile in cui, grazie al golpe del 1973 contro il socialista Allende ed ai 17 anni di dittatura fascista di Pinochet, i “Chicago boys” dello scomparso Milton Friedman hanno sperimentato la “contro-rivoluzione capitalista”, e le sue ricette poi estese al resto del mondo. Il primo e principale laboratorio del neo-liberismo è uno dei Paesi dove le diseguaglianze economiche e di opportunità hanno percentuali imbarazzanti. A dirlo non sono i soliti comunisti, ma un rapporto dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse).
Con il ritorno alla “democrazia”, i 20 anni post-dittatura di governo della Concertaciòn, del centro-sinistra, hanno solo approfondito e “migliorato” lo stesso modello, lasciando sostanzialmente intatta la struttura economica (e militare) del Paese. Quel modello capitalista che fa acqua da tutte le parti. Il centro-sinistra ha continuato il “lavoro sporco” e la luna di miele del governo di destra di Sebastián Piñera con il Paese, oggi è amara e ormai mostra le corde. Nell’ultimo anno le mobilitazioni dei terremotati, del movimento ambientalista che si oppone ai progetti delle multinazionali (tra cui l’italiana Enel), le rivendicazioni dei Mapuche e di altre popolazioni originarie contro la rapina delle loro terre, l’inarrestabile movimento degli studenti a cui si è aggiunto il movimento sindacale (principalmente del settore pubblico) hanno marcato la forte ripresa del conflitto sociale. Un conflitto che è il più aspro dalla fine della dittatura di Pinochet, con una estensione e radicalizzazione inedita.
Non bastano più le operazioni di “marketing” di Piñera, il magnate della TV e del calcio dal cinico sorriso ingessato. Non basta più il ricordo del salvataggio dei 33 minatori. La realtà supera il “reality” ed il governo cerca a tutti i costi di recuperare la caduta verticale di sostegno che gli aveva fatto vincere le elezioni interrompendo il ventennio di centro-sinistra.
La Uniòn Democratica Independiente, (UDI), il partito del ex-dittatore Pinochet e dei suoi nipotini, è oggi più forte nel governo, con una ulteriore svolta a destra. E’ una destra sorda alle richieste degli studenti, dei lavoratori, dei movimenti, più abituata al manganello ed alle armi, che al dialogo.
All’alba di Venerdì scorso, la violenta repressione fa la prima vittima: Manuel Gutiérrez Reinoso, un adolescente colpito da un proiettile. E un altro è in fin di vita.
Le rivendicazioni dei movimenti sono chiare e godono della simpatia della gran parte della popolazione: educazione gratuita e senza lucro (il settore è quasi tutto in mani private), il miglioramento della qualità dell’educazione, la ri-nazionalizzazione delle imprese del rame che permetta destinare le risorse alla spesa sociale con una più giusta ridistribuzione delle entrate, la riforma fiscale che faccia pagare i ricchi, una assemblea costituente che rediga una nuova costituzione per abolire quella di Pinochet.
Nelle manifestazioni è importante il coinvolgimento dei quartieri popolari, le “poblaciones”, fino ad oggi al margine delle proteste. Così come la loro estensione nelle altre città (Iquique, Antofagasta, La Serena, Concepciòn, Temuco, Valdivia e Valparaiso il principale porto cileno).
Una storia che conosciamo: studenti e lavoratori in piazza con le loro richieste, manifestazioni determinate, ma pacifiche, che si trasformano in violenti scontri grazie a un mix di provocazioni e disperazione sociale, la criminalizzazione del conflitto con le accuse di terrorismo.
Una storia che parla a noi. A un Italia che è sottoposta a terapie shock e sembra ancora addormentata. Dove settori della cosiddetta opposizione, il PD, si dicono contrari allo sciopero generale ed alle mobilitazioni sindacali. Dove le ricette lacrime e sangue del governo faticano a trovare un’opposizione dal basso capace di articolarsi e farlo cadere, garantendo un’alternativa politica credibile. E’ questo il nostro compito. Il Cile ce lo ricorda.
Marco Consolo
da Liberazione del 27 agosto 2011
Nessun commento:
Posta un commento