Scritto da Giulietto Chiesa Martedì 22 Febbraio Democrazia nella comunicazione
Non è quello del comunismo. E, per ora, non lo si può chiamare “fantasma della democrazia”.
E’ una rivolta da fine dell’Impero. E’ uno dei sintomi della crisi globale del pianeta, che progressivamente sta sostituendo, e sostituirà completamente in pochi anni, tutte le agiografie adoranti della globalizzazione imperiale.
E’ un figlio di molti fattori, che non possono essere ridotti a uno, come gran parte della stampa occidentale sta scribacchiando in questi giorni.Non è la rivoluzione dei “social network” americani, anche se vi hanno contribuito. Non è la rivoluzione democratica all’occidentale, anche se questo aspetto fa capolino, per esempio in Egitto.
E’ piuttosto la rivoluzione di Al Jazeera. Nel senso che milioni di arabi, e non solo arabi, stanno ormai guardando quelle notizie prima d’ogni altre, e capiscono di non essere isolati. Ma è soprattutto la rivoluzione di milioni di giovani, nati guardando Al Jazeera, che vedono le ingiustizie del mondo e guardano all’occidente con disincanto, perchè l’occidente è stato amico e sodale dei loro aguzzini. Ed è anche la rivoluzione dei disperati – che in larga parte coincidono con i giovani – senza lavoro, senza cibo, senza speranza per il futuro.
E’ un fantasma inedito, che non ha una teoria, o una ideologia a sostenerlo, ma che sembra avere una sensibilità acuta: capisce che non c’è più un centro di comando capace di fermarlo. Gl’imperi che crollano lasciano aperti molti varchi. Wikileaks è uno di questi. La rivolta della gioventù araba è un altro sintomo.
E’ piuttosto la rivoluzione di Al Jazeera. Nel senso che milioni di arabi, e non solo arabi, stanno ormai guardando quelle notizie prima d’ogni altre, e capiscono di non essere isolati. Ma è soprattutto la rivoluzione di milioni di giovani, nati guardando Al Jazeera, che vedono le ingiustizie del mondo e guardano all’occidente con disincanto, perchè l’occidente è stato amico e sodale dei loro aguzzini. Ed è anche la rivoluzione dei disperati – che in larga parte coincidono con i giovani – senza lavoro, senza cibo, senza speranza per il futuro.
E’ un fantasma inedito, che non ha una teoria, o una ideologia a sostenerlo, ma che sembra avere una sensibilità acuta: capisce che non c’è più un centro di comando capace di fermarlo. Gl’imperi che crollano lasciano aperti molti varchi. Wikileaks è uno di questi. La rivolta della gioventù araba è un altro sintomo.
Ovvio che adesso le truppe imperiali rimaste cercheranno di mettere ordine, dove possibile. Ma non potranno farlo “democraticamente”. Non ci sono, sul terreno, le forze politiche e sociali organizzate. Gli amici dittatori dell’Impero hanno fatto terra bruciata per 30 anni, in Egitto e in Tunisia; per 40 anni in Libia.
Analoga situazione negli Emirati, in Algeria, in Marocco. Washington e Israele stanno costruendo barriere per difendere l’Arabia Saudita, perchè se crollasse anche quella tutto il mondo sarabbe soll’orlo della catastrofe petrolifera .
In Libia è esplosa una cosa che chiamare guerra civile è improprio, perché in realtà è guerra con molti fronti, tribali, di classe. Ma dovunque, dove più, dove meno, mancano leadership dotate di prospettiva. I militari egiziani non potranno tenere a lungo l’ordine marziale. Ed è la situazione meno pericolante tra quelle che si sono aperte. Tutte le altre appaiono peggiori. Una via d’uscita rapida non c’è.
Di rapido c’è solo la catastrofe umanitaria che si riverserà sull’Europa. E alla quale l’Europa è totalmente impreparata, perchè non ha saputo e voluto vedere, e prevedere. Che fare? Certo si dovranno prendere misure urgenti per fare fronte all’emergenza. Ma, altrettanto certamente, si deve cambiare modo di pensare. Perché la tempesta sarà più grande.
In Libia è esplosa una cosa che chiamare guerra civile è improprio, perché in realtà è guerra con molti fronti, tribali, di classe. Ma dovunque, dove più, dove meno, mancano leadership dotate di prospettiva. I militari egiziani non potranno tenere a lungo l’ordine marziale. Ed è la situazione meno pericolante tra quelle che si sono aperte. Tutte le altre appaiono peggiori. Una via d’uscita rapida non c’è.
Di rapido c’è solo la catastrofe umanitaria che si riverserà sull’Europa. E alla quale l’Europa è totalmente impreparata, perchè non ha saputo e voluto vedere, e prevedere. Che fare? Certo si dovranno prendere misure urgenti per fare fronte all’emergenza. Ma, altrettanto certamente, si deve cambiare modo di pensare. Perché la tempesta sarà più grande.
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