di Claudio Grassi. Fonte QUI
Le vicende che stanno avvenendo nel Nord Africa sono entrate nel dibattito del blog. Diversi compagne e compagne hanno espresso il loro punto di vista, altri hanno fatto cenno ai pronunciamenti di Fidel e di Chavez.
Le vicende che stanno avvenendo nel Nord Africa sono entrate nel dibattito del blog. Diversi compagne e compagne hanno espresso il loro punto di vista, altri hanno fatto cenno ai pronunciamenti di Fidel e di Chavez.
La situazione è molto complessa, le generalizzazioni e le semplificazioni non servono. E’ già stato detto, ma giova ricordarlo, che vi è una differenza sostanziale tra quanto è successo in Tunisia ed in Egitto e quanto sta avvenendo in Libia. Nel primo caso la rivolta è stata scatenata da una condizione di miseria paurosa, oltre che dall’insopportabilità di regimi dittatoriali, mentre nel secondo caso la ribellione è principalmente contro il regime di Gheddafi.Distinguere e approfondire le differenze che esistono non significa giustificare.
Sono intollerabili e da condannare le repressioni avvenute in Egitto e Tunisia, così come quelle che stanno avvenendo il Libia. Così come sono da condannare sistemi che si reggono su dittature personali, accentramento vergognoso di ricchezza e di potere, e questo vale sia per la Libia che per l’Egitto e la Tunisia, ma anche per l’Arabia Saudita (fedele alleato Usa) e, purtroppo, molti altri Paesi, africani e non solo. Così come è giusto, e lo stiamo facendo, manifestare in questi giorni affinchè cessino i massacri in corso il Libia e si condannino inequivocabilmente i deliranti messaggi di Gheddafi.
Detto questo vorrei, però, che ragionassimo anche su un altro aspetto. Mi pare stia partendo in grande stile una operazione che ben conosciamo. L’abbiamo vista in Iraq e l’abbiamo vista nella ex-Jugoslavia.
Detto questo vorrei, però, che ragionassimo anche su un altro aspetto. Mi pare stia partendo in grande stile una operazione che ben conosciamo. L’abbiamo vista in Iraq e l’abbiamo vista nella ex-Jugoslavia.
Si utilizza la giusta repulsione verso i regimi repressivi, si monta una campagna nell’opinione pubblica, non ci si fa scrupolo anche di costruire vergognose menzogne (ricordate le armi di distruzioni di massa che sono servite per scatenare la guerra in Iraq? Non solo non sono mai state trovate, ma sono state inventate di sana pianta dal governo degli Stati Uniti), per scatenare un’altra guerra, magari denominandola “intervento umanitario”.Vediamo come evolve la situazione, nel frattempo non facciamoci trovare impreparati. Dobbiamo essere al fianco dei popoli in lotta contro regimi che prima vengono spazzati via e meglio è, ma pronti, da subito, a lottare contro qualsiasi intervento militare comunque camuffato. Da questo punto di vista un ringraziamento particolare al quotidiano il manifesto che non si limita ad informarci puntualmente su quanto sta accadendo, ma con l’articolo di oggi di Tommaso Di Francesco, che qui di seguito allego poiché lo condivido completamente, ci mette in guardia su quello che sta accadendo “dietro le quinte”. Segnalo, sempre su il manifesto di oggi un interessante articolo di Manlio Dinucci che potete leggere nella rubrica “accade”, qui a fianco.
Verso un’altra guerra «umanitaria»di Tommaso Di Francesco
Siamo ai prodromi di un’altra guerra umanitaria. Che andrebbe ad aggiungersi a quella già sul campo. Stavolta in Libia. La Nato dichiara che «non è all’ordine del giorno, per ora», l’Unione europea che «nemmeno ci pensa», il ministro della difesa italiano La Russa che «non è nei nostri pensieri, però…». Ma ci stanno pensando, ci ragionano, e soprattutto si attivano forze e strumenti istituzionali di copertura. Sanzioni, no fly zone.Diciamo questo perché, ben al dilà del disfacimento evidente del regime di Gheddafi, delle sue drammatiche responsabilità e del suo delirio, emerge la disinformazione. Si rende cioè evidente un significativo livello di menzogne da parte dei media ancora una volta embedded: fosse comuni che appaiono, quando in realtà sono fosse individuali; un salto improbabile in 12 ore dalle mille alle diecimila vittime, secondo l’americanissima televisione Al Arabya; flash di foto di corpi senza vita; l’invenzione di un inesistente membro libico della Corte penale internazionale rigorosamente antiregime che moltiplica per 50mila il numero delle vittime e dei feriti.Quasi un déjà vu balcanico: per il Kosovo, quando ci fu poi la verifica sul campo dei medici legali del Tribunale dell’Aja risultò falso il numero delle vittime e inventata la strage di Racak. Ma fu ben utile, nell’immediato, per 78 giorni di bombardamenti aerei della Nato che provocarono 3.500 vittime civili. Volute, non «effetti collaterali», denunciò un’inchiesta di Amnesty International. Dimenticate, anzi cancellate da ogni memoria. Giacché la guerra doveva essere «umanitaria». E a quell’enfasi di menzogne partecipò un’intera schiera di media.Ci stanno pensando alla «missione». Gridando al cielo che «no, è infame bombardare i civili», si sdegnano le cancellerie occidentali. Dimenticando il massacro dei civili e degli insorti se sono iracheni o afghani. Già l’amministrazione Usa parla di una delega all’Italia e alla Francia, paesi ex coloniali che dovrebbero guidare l’eventuale «missione». Del resto lo strumento militare operativo di Africom della Nato è già pronto, come da mandato, per l’intervento proprio in quell’area. E tutti sono avvertiti della presenza sul campo non di Al Qaeda che soffia sul fuoco, ma di un integralismo islamico reale e storico in Cirenaica.Eppure non sanno ancora come motivarlo l’intervento. Se avessero a cuore davvero la vicenda umanitaria, non avrebbero dovuto sottoscrivere accordi di compravendita di armi con il Colonnello. E se l’Italia è davvero attenta all’umanità non avrebbe dovuto ratificare in modo bipartisan un Trattato che, pur riconoscendo finalmente le nostre malefatte coloniali, ha chiesto a Gheddafi di istituire campi di concentramento per fermare la fuga dei migranti disperati dalla grande miseria dell’Africa dell’interno e del Maghreb.Non lo dicono, né lo diranno mai. Ma come per l’enfasi e la falsificazione sul numero delle vittime, c’è l’esagerazione interessata sui «milioni di profughi» dalla Libia e dalla Tunisia, «250mila» ha detto il gommoso Frattini, senza alcuna vergogna.Non lo dicono, ma sono terrorizzati davvero per il pericolo che corrono gli approvvigionamenti di petrolio e metano. Per i nostri consumi, il nostro intoccabile modello di vita.Per questo alla fine interverranno. Non per un ruolo umanitario da subito degli organismi delle Nazioni unite, non per un corridoio umanitario che porti soccorso a chiunque, insisto chiunque, soffra – giacché la crisi libica si rappresenta più come guerra civile che come rivolta secondo il modello di Tunisi e del Cairo. Interverranno perché, qualsiasi sia il potere che arriverà dopo Gheddafi, svolga per noi la stessa funzione del Colonnello: elargire petrolio per i consumi dell’Occidente e impedire l’arrivo dei disperati relegandoli in un nuovo sistema concentrazionario.
Verso un’altra guerra «umanitaria»di Tommaso Di Francesco
Siamo ai prodromi di un’altra guerra umanitaria. Che andrebbe ad aggiungersi a quella già sul campo. Stavolta in Libia. La Nato dichiara che «non è all’ordine del giorno, per ora», l’Unione europea che «nemmeno ci pensa», il ministro della difesa italiano La Russa che «non è nei nostri pensieri, però…». Ma ci stanno pensando, ci ragionano, e soprattutto si attivano forze e strumenti istituzionali di copertura. Sanzioni, no fly zone.Diciamo questo perché, ben al dilà del disfacimento evidente del regime di Gheddafi, delle sue drammatiche responsabilità e del suo delirio, emerge la disinformazione. Si rende cioè evidente un significativo livello di menzogne da parte dei media ancora una volta embedded: fosse comuni che appaiono, quando in realtà sono fosse individuali; un salto improbabile in 12 ore dalle mille alle diecimila vittime, secondo l’americanissima televisione Al Arabya; flash di foto di corpi senza vita; l’invenzione di un inesistente membro libico della Corte penale internazionale rigorosamente antiregime che moltiplica per 50mila il numero delle vittime e dei feriti.Quasi un déjà vu balcanico: per il Kosovo, quando ci fu poi la verifica sul campo dei medici legali del Tribunale dell’Aja risultò falso il numero delle vittime e inventata la strage di Racak. Ma fu ben utile, nell’immediato, per 78 giorni di bombardamenti aerei della Nato che provocarono 3.500 vittime civili. Volute, non «effetti collaterali», denunciò un’inchiesta di Amnesty International. Dimenticate, anzi cancellate da ogni memoria. Giacché la guerra doveva essere «umanitaria». E a quell’enfasi di menzogne partecipò un’intera schiera di media.Ci stanno pensando alla «missione». Gridando al cielo che «no, è infame bombardare i civili», si sdegnano le cancellerie occidentali. Dimenticando il massacro dei civili e degli insorti se sono iracheni o afghani. Già l’amministrazione Usa parla di una delega all’Italia e alla Francia, paesi ex coloniali che dovrebbero guidare l’eventuale «missione». Del resto lo strumento militare operativo di Africom della Nato è già pronto, come da mandato, per l’intervento proprio in quell’area. E tutti sono avvertiti della presenza sul campo non di Al Qaeda che soffia sul fuoco, ma di un integralismo islamico reale e storico in Cirenaica.Eppure non sanno ancora come motivarlo l’intervento. Se avessero a cuore davvero la vicenda umanitaria, non avrebbero dovuto sottoscrivere accordi di compravendita di armi con il Colonnello. E se l’Italia è davvero attenta all’umanità non avrebbe dovuto ratificare in modo bipartisan un Trattato che, pur riconoscendo finalmente le nostre malefatte coloniali, ha chiesto a Gheddafi di istituire campi di concentramento per fermare la fuga dei migranti disperati dalla grande miseria dell’Africa dell’interno e del Maghreb.Non lo dicono, né lo diranno mai. Ma come per l’enfasi e la falsificazione sul numero delle vittime, c’è l’esagerazione interessata sui «milioni di profughi» dalla Libia e dalla Tunisia, «250mila» ha detto il gommoso Frattini, senza alcuna vergogna.Non lo dicono, ma sono terrorizzati davvero per il pericolo che corrono gli approvvigionamenti di petrolio e metano. Per i nostri consumi, il nostro intoccabile modello di vita.Per questo alla fine interverranno. Non per un ruolo umanitario da subito degli organismi delle Nazioni unite, non per un corridoio umanitario che porti soccorso a chiunque, insisto chiunque, soffra – giacché la crisi libica si rappresenta più come guerra civile che come rivolta secondo il modello di Tunisi e del Cairo. Interverranno perché, qualsiasi sia il potere che arriverà dopo Gheddafi, svolga per noi la stessa funzione del Colonnello: elargire petrolio per i consumi dell’Occidente e impedire l’arrivo dei disperati relegandoli in un nuovo sistema concentrazionario.
Nessun commento:
Posta un commento