Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!
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giovedì 2 maggio 2013

Europa, il Primo maggio contro la precarietà. "Quest'austerità uccide"

        
Nel giorno della festa del lavoro l'Europa, messa in ginocchio dalla crisi, è scesa in piazza per gridare ancora una volta contro l'austerità e il precariato. ovunque allora questa giornata si è svolta per continuare a lottare a favore dei lavoratori, contro i governi che li stanno privando di diritti e dignità.

13.000 persone in piazza ad Atene e Salonicco, ma sono i dati della polizia perché i sindacati in sciopero per 24 ore non danno i loro. A proporre la "mobilitazione di massa" sono stati i principali sindacati ellenici, lo Gsee e l'Adedy, con l'obiettivo di rivendicare la fine dei tagli a stipendi, dei posti di lavoro e anche la fine degli aumenti delle tasse. Sono in modo particolare i dipendenti pubblici ad aver aderito, quelli dei trasporti e degli ospedali. I commercianti invece hanno tenuto aperti i negozi per celebrare la Pasqua ortodossa che cade il 5 maggio, e sciopereranno il prossimo martedì.

Ad Atene i manifestanti hanno deciso di radunarsi davanti al Parlamento. ''Il nostro messaggio oggi è molto chiaro: basta con queste politiche che danneggiano le persone e rendono i poveri piu' poveri'', ha dichiarato Ilias Iliopoulos, segretario generale di Adedy.

In Francia un primo maggio che ha riempito le piazze. I sindacati francesi infatti sono risuciti a mobilitare dai 120.000 ai 150.000 manifestanti partendo da piazza della Bastiglia con uno striscione con la scritta: ''Basta austerità e precarietà ''.

Diverse migliaia di manifestanti anche a Madrid per difendere il lavoro e contro l'austerità, dal momento che la disoccupazione in Spagna supera il 27%. Sui cartelli e sugli striscioni le scritte "parlano chiaro": ''6.200.000 disoccupati, no all'austerita' '', ''Piu' democrazia, meno austerita' '', ''Questa austerità rovina e uccide''.
Un sfilata in atto per chiedere ''un cambiamento radicale nelle politiche economiche'' e ''sottolineare il fallimento totale delle politiche d'austerita' imposte dalle istituzioni europee''.

Italia, il Primo Maggio vive di proteste. "Oggi è solo un funerale dei lavoratori"

- controlacrisi -
Siamo vicino all'Europa che è scesa in piazza oggi, anzi, siamo dentro questa Europa che è quella delle strade affollate, dei lavoratori agitati, scesi rabbiosi con cartelli alla mano e pronti a strillare contro il governo. Siamo l'Italia che oggi ha dato voce a chi lotta ogni giorno, con fatica e coraggio e che mentre ha riempito le piazze di cortei e manifestazioni ha anche messo a disposizione un palco, a Taranto dove musica, artisti a lavoratori sono insieme per i conflitti dei lavoratori.

La protesta e la festa, quella del primo maggio del 2013, va allora ricordata per tutti quelli che si riconoscono nei tre lavoratori di Pomigliano, in cassa integrazione da 4, che volevano salire sul palco, a far sentire la loro voce.
''Se questo e' il palco dei lavoratori perche' non ci fanno parlare? - Dicono Mimmo Mignano, Marco Cusano e Antonio Montella - noi viviamo con neanche 500 euro al mese e abbiamo delle famiglie. Vogliamo delle risposte dai sindacati e chiediamo che venga rivisto l'accordo sottoscritto in Regione Campania, un accordo che ha escluso i tremila cassaintegrati, tra cui 316 'deportati' a Nola e gli ex Ergom rimasti in mezzo ad una strada. Questa non e' una festa dei lavoratori ma e' soltanto un funerale dei lavoratori - hanno aggiunto - siamo disperati''.

Primo maggio di lotta anche per gli ex lavoratori della Italcementi di Muros che sono stati messi in mobilità dall'azienda dal primo aprile 2013 dopo mesi di lotta. Due operai dell'ex cementificio alle porte di Sassari questa mattina sono saliti, per diverse ore sul tetto del Duomo di Sassari, che già a settembre scorso ha ospitato la loro protesta per una settimana. ''Oggi e' la festa del lavoro - hanno detto i due operai - ma non c'e' proprio niente da festeggiare. Oggi per noi e' il 2 novembre del lavoro''. Dopo la chiusura dello stabilimento di ''Scala di Giocca'' 16 operai sono rimasti senza lavoro e da mesi attendono di essere ricollocati in altre aziende. ''A settembre - hanno spiegato gli operi - la Regione ci aveva chiesto di scendere dal tetto del Duomo di Sassari con la promessa di trovare una soluzione. Ci dissero di firmare la mobilita' con la rassicurazione che avrebbero trovato una soluzione in poco tempo e invece sono passati sette mesi e siamo ancora così".In Emilia-Romagna, in piazza c'erano anche Vasco Errani, a quello di Legacoop Bologna Gianpiero Calzolari e il presidente di Unindustria, Alberto Vacchi e sono stati una trentina di ragazzi, tra i giovani di Rifondazione Comunista e quelli dei centri sociali a ribadire che alla festa dei lavoratori in Piazza Maggiore il leader degli industriali felsinei non poteva di certo essere un ospite gradito.
"Quella del Primo Maggio - ha poi dichiarato il segretario cittadino Cgil, Danilo Gruppi, ''è e rimane la festa storica dei lavoratori, ma occorre cercare delle soluzioni condivise nella convinzione che da una situazione cosi' grave nessuno e' in grado di uscirne da solo e se ne esce solo attraverso un concerto di forze e responsabilita'''.

A queste proteste, solo alcune che oggi hanno visto in piazza i lavoratori, non possiamo avvicinare quella che sta avvendendo a Taranto con il "contro-concerto" del Primo Maggio di piazza San Giovanni. Si tratta de concertone che vede almeno 20mila persone che stanno assistendo nel parco archeologico di Taranto aquello che è stato chiamato il "Primo maggio di lotta - Si' ai diritti, no ai ricatti: politica dal basso e musica'.
Sul palco dalle 14,00 si sono esibiti molti artisti, intervallati però dalle testimonianze di persone che vivono ogni giorno il dramma dell'inquinamento che proveine dall'Ilva e dall'area industriale e delle malattie che ne conseguono. Hs parlato anche un giovane divenuto operaio dell'Ilva che poi per necessità ha dovuto abbandonare le terre della sua Ginosa, a 60 chilometri da Taranto. Un applauso di consenso ha poi raccolto anche uno degli allevatori che ha visto abbattere tutti suoi capi di bestiame perche' contaminati dalla diossina fuoriuscita dall'Ilva.

E' questa una parte importante delll'Italia che oggi ha dato voce al primo maggio e che non smetterà di gridare.

mercoledì 1 maggio 2013

Torino 1o maggio

Cremaschi: si è arresa anche la Fiom, fine del sindacato?

Scritto il 01/5/13 • 


«Se in un contratto nazionale o aziendale si aumenta l’orario di lavoro, si abbassano le qualifiche, si toglie ai lavoratori il diritto ad ammalarsi, e se la maggioranza dei rappresentanti sindacali e dei lavoratori accetta, la minoranza non può più opporsi. Non può fare sciopero, non può andare in tribunale, non può neanche tutelare quei lavoratori che non ci stanno. Altrimenti è fuori». In puro “sindacalese” questo si chiama “esigibilità”: ed è esattamente la clausola-capestro che ora ha accettato anche la Cgil, con la sola opposizione della componente “Rete 28 aprile”, alla stipula del nuovo patto sulla rappresentanza. Risultato: insieme a Cisl e Uil, anche la Camusso firma con Confindustria. D’ora in avanti, lo stesso Landini può scordarsi una “resistenza” come quella ingaggiata a Pomigliano, quando la Fiom trascinò la Fiat di Marchionne in tribunale. Fine dell’ultimo brandello di radicalismo sindacale: per Giorgio Cremaschi, è una capitolazione storica. Addio sindacato.
Maurizio Landini«Ovunque ci sia una lotta o una ribellione vera allo sfruttamento – scrive Cremaschi sul sito di “Rete 28 aprile” – il sindacato dev’essere preventivamente esigibile». Già oggi, invece, «le lotte sindacali più importanti e partecipate della Lombardia, Trenord e San Raffaele, vedono Cgil, Cisl Uil ostili ed estranee, come accade alla lotta dei lavoratori migranti della logistica e a tanti altri». Il problema degli accordi separati è superato, aggiunge l’ex leader della Fiom. «Tutti gli accordi sono preventivamente unitari perché non esiste più il diritto a non firmare ciò che non piace: si supera il problema del dissenso cancellando il diritto a dissentire, come la Fornero che ha superato la divisione tra chi è o non è tutelato dall’articolo 18, togliendo l’articolo 18 a tutti». Questo accordo, aggiunge Cremaschi, costituisce un esproprio di quella tanto auspicata legge sulla rappresentanza, che avrebbe dovuto finalmente garantire ai lavoratori il diritto alla democrazia sindacale, realizzando al contrario «una privatizzazione corporativa di questo loro diritto».
Del resto, questo è ciò che le “parti sociali” ricercano su un piano ben più ampio: i gruppi dirigenti di Cgil, Cisl e Confindustria hanno visto travolti dalle elezioni i rispettivi progetti politici. E le presidenziali, con la catastrofe del Pd, hanno scatenato l’angoscia tra i quadri della Cgil, i cui più anziani hanno già vissuto la crisi del Pci e la distruzione del Psi. I grandi sindacati confederali, accusa Cremaschi, escono da vent’anni di concertazione, di moderatismo rivendicativo, di istituzionalizzazione. «Tutta la struttura è stata selezionata da queste basi. Come si fa a cambiare? Così ci si aggrappa ad una Confindustria anch’essa colpita da crisi di rappresentanza ed efficacia. E si rilancia il patto corporativo tra i produttori, che oggi più che mai è prima di tutto una patto di sopravvivenza tra grandi burocrazie in crisi».
Susanna CamussoE ora, mentre tutti i riflettori sono concentrati sul “governissimo” di Napolitano, sindacati e Confindustria «stanno definendo il governissimo sindacale».
La Cgil, continua Cremaschi, aderisce al patto sulla rappresentanza con il concorso determinante di Maurizio Landini: senza il suo apporto, la segreteria di Susanna Camusso non avrebbe avuto oggi la forza politica di andare avanti. Perché? Si sprecano le analisi sui retroscena, mettendo in secondo piano il vero problema: Landini ha dato speranza e coraggio al mondo del lavoro, acquisendo fama e prestigio, con il “no” a Pomigliano, non firmando un accordo accettato dalla maggioranza dei sindacati e dei lavoratori. «Ora quel “no” diventa un “sì”, attraverso l’accettazione della esigibilità». Landini, insiste Cremaschi, «ha il dovere di spiegare questo ribaltamento della sua posizione e di quella della Fiom, senza sotterfugi, senza inutili sprechi di retorica». In ogni caso, «contro questo accordo che normalizza e centralizza autoritariamente tutte le relazioni sindacali, bisognerà lottare: tutte le forze e le esperienze sindacali che non ci stanno – dice Cremaschi – debbono organizzare la disobbedienza, il contrasto, la crisi del patto corporativo sulla rappresentanza». Bisogna reagire subito, perché «un regime sindacale degli “esigibili”, quando su tutti pesano i danni e i ricatti della disoccupazione di massa, è un altro macigno che precipita sul mondo del lavoro».

Primo Maggio Sempre. "Il sindacato? Corporazione di fatto. Basta precariato, ne va la dignità"

Autore: fabio sebastiani
                                
In occasione del Primo Maggio, controlacrisi ha intervistato un lavoratore precario, ora disoccupato, che vive a Roma, Luca Cerra.
Un Primo Maggio che la tradizione vuole ancora dedicato al lavoro cozza contro una realtà costituita da tanto “non-lavoro”, ovvero dal dilagare del precariato.
"E’ chiaro che il tema del lavoro rimanda a una tradizione che ormai è superata. Il tema del lavoro è cambiato, bisogna che ce ne convinciamo tutti", sottolinea Luca. "Il nodo fondamentale resta quello delle condizioni lavorative, dei compensi e dei diritti. Lavorare da precario e accettare qualsiasi impiego non è propriamente un risultato per una società che si pregia del titolo di paese industrializzato. Il lavoro ormai è solo uno strumento per sopravvivere".
Il primo maggio è una festa che identifica fortemente l’organizzazione sindacale. Eppure è proprio lì che c’è un nodo da sciogliere.
Mi ricordo gli anni settanta e le lotte dei lavoratori, le loro importanti conquiste. Ho percepito cosa potesse significare. E’ stata una delusione cocente poi dover accettare che non hai diritto ad essere rappresentato. Ogni rivendicazione, anche minima, deve essere portata avanti da solo o con chi condivide la tua stessa condizione. E’ una cosa brutta che ti fa sentire tutta la tua debolezza contrattuale nei confronti del datore del lavoro, e quindi il suo potere di ricatto. E il fatto di non trovare le organizzazioni sindacali dalla tua parte è difficile da digerire. Si capisce, perché rispondono a determinati criteri che oggi non sono più veri Quando nello statuto del sindacato leggo scritto che tutela i lavoratori e non gli iscritti al sindacato e poi vedere che non solo non difende i lavoratori ma nemmeno i più deboli, mi chiedo se non siamo in presenza di una corporazione. Anche chi, tra i precari, ha contratti che consentono l’acceso al sindacato poi si ritrova in un sindacato che è una corporazione di fatto, chiusa nelle burocrazie e preda degli interessi di piccolo cabotaggio.
Cosa ti ha insegnato la tua esperienza di lotta?
La mia esperienza di lotta non mi induce a un grande ottimismo. L’unico modello che è utile a far uscire le rivendicazioni passa per un’autorganizzazione. Una autorganizzazione che parte da chi ha più buona volontà a far uscire il disaggio e cerca di creare una rete. La mancanza di punti di riferimento forti come poteva essere il sindacato scoraggia molti, però. Chi sta al potere sa benissimo come dividere i precari. E usa tutta la sua forza e il suo potere per farlo. Occorre creare nuovi modelli di aggregazione e di rete. Tenere le differenze e riuscire nello stesso tempo a dare rappresentanza a chi non ce l’ha. La dimensione della lotta rappresenta comunque una grande speranza Pur con tutte le difficoltà e il pessimismo, nei momenti in cui si riesce a costruire qualcosa per quanto minimo a farsi sentire la fiducia cresce. Poi viene facilmente castrata perché le risposte della controparte pesano per la loro negatività. Ma anche solo il fatto di mettersi insieme e fare un comunicato già dà una grande speranza. Anche perché tutti vivono la propria condizione come una colpa. E lavorare per migliorare qualcosa serve e sconfiggere questo sentimento.
La politica non è estranea a questa critica. Cosa pensi?
E’ chiaro che la politica deve dare delle risposte. A me sembra evidente che fino ad oggi ha risposto ad esigenze che vanno nella direzione di abbassamento del costo del lavoro. A livello più diretto va bene qualsiasi politica posto che la nostra società ci impone certe scelte di politica economica comunque la politica una qualche tipo di risposta la dovrebbe dare ad una società ridotta in questo stato comatoso. Mi sembra che il percorso per un reddito garantito, per esempio, sia sicuramente una battaglia importante. L’Italia è rimasta molto indietro. Passare da un reddito mensile a zero vuol dire non poter pagare più le bollette e non poter più vivere. E’ una questione di dignità dare il diritto di vivere a chiunque.
Se potessi scrivere un appello alla sinistra cosa scriveresti?
Direi di tornare nei luoghi dove si lavora ed essere presenti nelle lotte dei lavoratori e dei precari. Quello che vedo io è che sia la sinistra in generale sia quella radicale che l’altra sono partiti molto verticistici e un po’ intellettualoidi che vengono a chiederti il voto ma si tengono lontani quando i lavoratori hanno più bisogno di loro.

Primo maggio sempre. Come minimo... vogliamo il massimo!

           
COME MINIMO...
- l’immediata approvazione della Proposta di legge di iniziativa popolare sul reddito minimo garantito: 600 euro al mese per tutte le disoccupate e i disoccupati, gli inoccupati, i precariamente occupati che non superino gli 8000 euro annui. È una misura di redistribuzione del reddito, fattibile e presente in quasi tutti i paesi d’Europa, fondamentale per uscire dalla recessione e dalla crisi. Vogliamo garantire il diritto all’esistenza, in tempi in cui precarietà, disoccupazione e povertà negano il presente e il futuro a donne e uomini, giovani e non.
- l’istituzione di un salario orario minimo, a prescindere dal tipo di contratto, perché non è più accettabile che tante lavoratrici e lavoratori precari abbiano retribuzioni da fame. Perché noi vogliamo che ad uguale lavoro corrisponda uguale salario.
- la riduzione dell’orario di lavoro, a partire da contratti di solidarietà espansivi. Lavorare meno, lavorare tutti. Vogliamo redistribuire il lavoro e il reddito contro le forme di ipersfruttamento e auto sfruttamento prodotte dalla logica della competizione
- un piano per il lavoro, che attraverso l’intervento pubblico crei nuova occupazione nella riconversione ecologica dell’economia, nel riassetto idrogeologico, nella conoscenza, nella cultura e nella cura delle persone. Vogliamo il blocco dei licenziamenti, il rifinanziamento immediato degli ammortizzatori sociali e la stabilizzazione dei precari nella pubblica amministrazione e nei settori della sanità e della conoscenza.
…VOGLIAMO IL MASSIMO!
perché oggi è la festa delle lavoratrici e dei lavoratori e anche di chi il lavoro non ce l’ha.
buon primo maggio!
rifondazione comunista, giovani comunisti, forum delle donne

giovedì 3 maggio 2012

Primo Maggio nel mondo, soprattutto nel Paese senza confini di Occupy

fabrizio salvatori - controlacrisi -

   “A day without the 99 percent”. Occupy Wall Street è tornata a farsi sentire negli Stati Uniti invitando allo sciopero generale per il primo maggio. La giornata internazionale dei lavoratori, che celebrano il Labor Day a settembre, è una normale giornata di lavoro. Manifestazione e rally si sono avute quindi un tutto il paese, con marce a Washington, proprio nei pressi della Casa Bianca, e a New York, Seattle, Portland ed Oakland. Non sono mancati gli scontri e gli arresti, oltre 35 nella sola New York durante l'intera giornata di proteste per tutta la città. Oltre una 20 gli arresti nelle città della West Coast dove migliaia di persone hanno partecipato ai rally che in alcuni casi sono degenerati in scontri, come a Seattle dove sono state infrante delle vetrine.

“Dobbiamo ricordare alla gente che siamo ancora molto importanti, questo il nostro modo di uscire di nuovo allo scoperto, il risveglio della nostra primavera”, ha detto uno degli animatori di Occupy Wall Street, promettendo quindi la ripresa delle iniziative nelle prossime settimane. Tra le diverse proteste che si sono registrate ieri, lo sciopero degli addetti ai traghetti di San Francisco e degli addetti ai servizi dell'aerporto di Los Angeles. Mentre a New York - la città dove, lo scorso settembre, è nato il movimento con l'occupazione, andata poi avanti per mesi, di Zuccotti Park - il primo appuntamento dei manifestanti è stato di fronte al Grand Central Terminal, con molti dimostranti che brandivano cartelli «Tax the Millionaires», tassiamo i milionari. Poi si sono trasferiti ad Union Square per una marcia verso Wall Street.
Occupy Wall Street è tornata in piazza a New York, ma anche a Londra, Barcellona, Toronto e Atene. E su Twitter si diffondono a macchia d'olio le parole d'ordine del movimento legate a una giornata dal sapore tutto speciale. Per il corteo di New York i nuovi hashtags sono #M1NYC e #NYCGS, nel resto del mondo accamto al tradizionale #OWS, si cinguetta anche #M1GS e #MayDay. Le parole d'ordine sono le stesse del settembre scorso, quando si montarono le prime tende all'interno di Zuccotti Park, a due passi dalla sede della Borsa di New York per contestare lo strapotere della finanza. Occupy lancia da oggi on-line una sorta di mobilitazione popolare non violenta contro lo status quo. “Oggi - si legge in una loro mail - chiediamo a tutti di non comprare nulla, di non andare a scuola, di prendersi un giorno di ferie e inventarsi ogni forma possibile per protestare conto gli abusi degli straricchi e della finanza”.
Proteste e scioperi anche in Grecia dove parecchie decine di migliaia di giovani, lavoratori e pensionati sono scesi in piazza ieri per manifestare in occasione del primo maggio. La principale e più imponente manifestazione della giornata si è tenuta a Aspropyrgos, una località a 35 km da Atene dove sorge una fabbrica siderurgica del gruppo Hellenic Halyvourgia, i cui operai sono in sciopero da diversi mesi per protestare contro i tagli degli stipendi e la diminuzione degli organici. Stando alla polizia, oltre 80 mila militanti del PAME - il Fronte di lotta dei lavoratori espressione del Partito comunista - hanno manifestato provenienti da tutta la Grecia.
Nella capitale invece i cortei sono stati due: uno organizzato dai sindacati maggioritari ha riunito alcune migliaia di persone mentre l'altro, organizzato da gruppi di sinistra e realtà sindacali di base ha sfilato a poca distanza. Cortei analoghi si sono svolti in altre città del paese.
Così come era accaduto lo scorso anno, anche ieri i sindacati dei lavoratori del trasporto marittimo ieri si sono fermati per tutta la giornata, paralizzando i traghetti da e per le isole in tutto il paese. Lo sciopero ha avuto un'adesione totale in particolare al Pireo, il grande porto collegato ad Atene, dove la Federazione Nazionale dei Marittimi, che raggruppa 14 organizzazioni sindacali di base, avevano decino una specifica astensione dal lavoro di quattro ore al mattino.

martedì 1 maggio 2012

LAVORARE MENO, LAVORARE TUTTI e TUTTE!

- ListaSinistra -

Il 1° Maggio 1886, a Chicago una grande manifestazione operaia per la riduzione dell’orario di lavoro, venne repressa nel sangue. Da allora, in tutto il mondo, il Primo Maggio è diventato, a livello internazionale, la data simbolica delle lotte dei lavoratori per la riduzione della giornata lavorativa, grazie alle quali, per più di un secolo, i lavoratori e le classi subalterne hanno costantemente migliorato le loro condizioni materiali.

La storia del Primo Maggio testimonia il carattere internazionale della classe operaia, una natura che mescola lingue, tradizioni, movimenti migratori e connette uomini e donne e il loro agire sociale alla loro condizione di classe. La riduzione della giornata lavorativa è stato il risultato dell’azione dei lavoratori in tutto il mondo, al di là di ogni divisione nazionale, etnica o religiosa. La contemporaneità delle manifestazioni del 1° Maggio in tutto il mondo e l’aggiungersi nel tempo di nuovi paesi ne sono la prova.

Ciò che oggi divide i lavoratori e le lavoratrici, non sono le oltre seimila lingue e neppure le tante diversità ideologiche e religiose. A rendere le differenze rilevanti, e spesso devastanti, sono i circa duecento Stati che ancora si contendono i confini e che quasi mai corrispondono a delle nazioni.

L’internazionalismo è oggi più che mai la risposta necessaria contro una borghesia che internazionalizza l’economia ma non riesce a superare lo Stato-nazione che è intrinsecamente connesso alla sua affermazione come classe. Né l’Unione Europea di padroni, finanzieri e speculatori ha dato risposte differenti in questo senso, estendendone gli effetti negativi.

Ogni anno, milioni di nuovi lavoratori salariati entrano sulla scena sociale mondiale, trasformando, insieme ai rapporti tra le potenze, l’equilibrio tra le classi. Coloro che hanno teorizzato la nascita della società postindustriale, con una struttura liquida dalla storia finita e suggellata dal neoliberismo trionfante e una classe operaia vecchia, residuale e in via di estinzione, oggi balbettano di fronte all’enorme processo di proletarizzazione che avviene principalmente in Asia e nel sud del mondo e che determina in Occidente l’impoverimento generalizzato del “ceto medio” e l’arrivo inarrestabile di un nuovo e giovane proletariato immigrato.

La crisi “finanziaria” è solo il sintomo più evidente della decadenza profonda del Capitalismo che, lontano dal riuscire a risolverla, non riesce neanche ad arginarla con i consueti e collaudati strumenti del welfare e/o con riconversioni della produzione in chiave “ecologica”. Crisi economica partita dagli USA e passata in Europa, dove ha accelerato il processo d’impoverimento delle classi subalterne che era già in atto, si è allargata ai paesi della sponda sud del mediterraneo e ad altri paesi poveri del mondo, dai quali, è facile aspettarsi che continueranno a giungere nuove e massicce ondate migratorie.

Oggi è esigenza indispensabile che i lavoratori e i giovani costruiscano una concreta unità di lotta, con i lavoratori immigrati. Solo sul terreno della lotta, dell’azione diretta, indipendente e di massa i lavoratori possono difendersi dagli effetti “sociali” della crisi.

La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, insieme al salario sociale (casa, sanità, istruzione e trasporti gratuiti) possono essere la barriera difensiva all’uso padronale della crisi. La riduzione dell’orario, con il miglioramento dei livelli salariali, presuppone, la sottrazione del tempo di vita allo sfruttamento e una redistribuzione delle ricchezze che, già di per se, minano le fondamenta stesse del Capitalismo.

La diminuzione dell’orario lavorativo, l’accoglienza di tutti i lavoratori stranieri, il salario sociale, non possono essere solo rivendicazioni da fare a qualche governo, bensì necessitano della crescita di percorsi collettivi di lotta, ispirati alla massima solidarietà internazionalista, con la diffusione dell’azione diretta e lo sviluppo di pratiche di autorganizzazione sociale.

SVILUPPIAMO E RAFFORZIAMO LA SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE!
Zag(c)

Noam Chomsky: Primo Maggio

- controlacrisi - Sembra che il Primo Maggio sia conosciuto dappertutto, salvo dove ha avuto inizio, qui negli Stati Uniti d’America. E’ perché quelli al potere hanno fatto tutto quello che hanno potuto per cancellarne il vero significato. Ad esempio Ronald Reagan ha designato quello che ha chiamato il “Giorno della Legge”, una giornata di fanatismo sciovinista, una specie di affondamento extra del coltello nel movimento sindacale. Oggi c’è una rinnovata consapevolezza, cui ha dato energia l’organizzazione promossa dal movimento Occupy, a proposito del Primo Maggio e della sua rilevanza per le riforme e forse per la rivoluzione finale. Se si è rivoluzionari seri, allora non si deve andare in cerca di una rivoluzione dittatoriale, bensì di una rivoluzione popolare che si muova in direzione della libertà e della democrazia. Essa può aver luogo solo se è realizzata da una massa della popolazione, che la porta avanti e risolve i problemi. Le persone non assumeranno quell’impegno, comprensibilmente, se non avranno scoperto da sole che ci sono limiti alle riforme. Un rivoluzionario sensato cercherà di spingere le riforme ai limiti, per due buoni motivi. Primo, perché le riforme possono essere preziose di per sé. La gente dovrebbe avere una giornata lavorativa di otto ore anziché una di dodici ore. E in generale dovremmo voler agire in conformità a valori etici rispettabili. In secondo luogo, per motivi strategici, si dovrebbe mostrare che ci sono limiti alle riforme. Forse a volte il sistema di adatterà alle riforme necessarie. In tal caso, tanto meglio. Ma se non è così, allora sorgono altre domande. Forse è quello il momento in cui la resistenza è un passo necessario per superare le barriere ai cambiamenti giustificati. Forse è arrivato il momento di ricorrere a misure coercitive in difesa dei diritti e della giustizia, una forma di autodifesa. A meno che la popolazione, in generale, riconosca che tali misure sono una forma di autodifesa, non parteciperà ad essa, o almeno non dovrebbe farlo. Se si arriva a un punto in cui le istituzioni esistenti non si piegano alla volontà popolare, si devono eliminare le istituzioni. Il Primo Maggio è comincia qui a noi, ma poi è diventato una giornata internazionale a sostegno dei lavoratori statunitensi che era sottoposti a una violenza brutale e a sanzioni giudiziarie. Oggi la lotta prosegue per celebrare il Primo Maggio non come una “giornata della legge”, secondo la definizione dei leader politici, bensì come una giornata il cui significato è deciso dal popolo, una giornata radicata nell’organizzazione e nel lavoro per un futuro migliore per tutta la società. Zuccotti Park Press, un progetto dell’Adelante Alliance, un gruppo di sostegno agli immigrati con sede a Brooklyn, sta pubblicando il primo maggio ‘Occupy’, un nuovo libro di Noam Chomsky.
1st MAY, PORTELLA DELLA GINESTRA (First try of collusion State-mafia)

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