Fonte: Webnwes
WikiLeaks è ormai affare noto in tutto il mondo, così come è noto il personaggio chiave della vicenda: Julian Assange. Alle spalle dell’intero progetto non v’è però solo il trentanovenne australiano, ma bensì un team di lavoro che ha curato la pubblicazione di tutto il materiale. Un gruppo di persone cui vanno ingenti meriti, ma che sono finite oscurate dall’ombra di Assange. Di qui la decisione di abbandonare il progetto, per dedicarsi all’apertura di un nuovo sito sulla scia (e in contrapposizione?) di Wikileaks.
L’obiettivo sarà sempre quello di permettere ad informazioni tenute segrete di trovare la giusta via per venire a galla. A differire sarà invece il ruolo che avrà l’organizzazione, che risponderà al nome di Openleaks e che si occuperà principalmente di fare da tramite tra informatori e destinatari delle informazioni. Openleaks e la relativa redazione non si occuperanno di pubblicare il materiale ritrovato, ma di facilitare la comunicazione dei dati, giocando quindi un ruolo da intermediario in totale neutralità.
In questo modo, viene a cadere ogni responsabilità per la pubblicazione di contenuti scomodi o riservati, che andrà invece a ripercuotersi sui siti di agenzie, enti ed istituzioni che decideranno di renderli noti una volta ricevuti dai propri informatori, grazie alla mediazione di Openleaks. Cambia il modo di agire ma non la sostanza, con i principi della libertà di informazione e della trasparenza a guidare tutti i membri del progetto, che con ogni probabilità aprirà i battenti a partire dal prossimo lunedì.
A spingere quelli che erano fedeli alleati di Assange ad abbandonare la nave non sembrerebbe essere stato l’enorme polverone causato dalla pubblicazione dell’ultima carrellata di materiale top secret, culminato con l’arresto del leader di Wikileaks, quanto piuttosto la gestione tenuta dall’attivista australiano, non gradita alla truppa. Una gestione definita “top-down”, cioè dall’alto verso il basso, lasciando trasparire una sorta di gerarchia andatasi a creare nel tempo all’interno dell’organizzazione, con Assange in cima ad una piramide divenuta poco alla volta sempre più ingombrante.
L’obiettivo sarà sempre quello di permettere ad informazioni tenute segrete di trovare la giusta via per venire a galla. A differire sarà invece il ruolo che avrà l’organizzazione, che risponderà al nome di Openleaks e che si occuperà principalmente di fare da tramite tra informatori e destinatari delle informazioni. Openleaks e la relativa redazione non si occuperanno di pubblicare il materiale ritrovato, ma di facilitare la comunicazione dei dati, giocando quindi un ruolo da intermediario in totale neutralità.
In questo modo, viene a cadere ogni responsabilità per la pubblicazione di contenuti scomodi o riservati, che andrà invece a ripercuotersi sui siti di agenzie, enti ed istituzioni che decideranno di renderli noti una volta ricevuti dai propri informatori, grazie alla mediazione di Openleaks. Cambia il modo di agire ma non la sostanza, con i principi della libertà di informazione e della trasparenza a guidare tutti i membri del progetto, che con ogni probabilità aprirà i battenti a partire dal prossimo lunedì.
A spingere quelli che erano fedeli alleati di Assange ad abbandonare la nave non sembrerebbe essere stato l’enorme polverone causato dalla pubblicazione dell’ultima carrellata di materiale top secret, culminato con l’arresto del leader di Wikileaks, quanto piuttosto la gestione tenuta dall’attivista australiano, non gradita alla truppa. Una gestione definita “top-down”, cioè dall’alto verso il basso, lasciando trasparire una sorta di gerarchia andatasi a creare nel tempo all’interno dell’organizzazione, con Assange in cima ad una piramide divenuta poco alla volta sempre più ingombrante.
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