di Mike Davis in ilmanifesto Fonte: controlacrisi
Usa, Europa e Cina - i tre pilastri dell'economia globale - corrono come folli
verso la crisi, sebbene da posizioni diverse. La collisione è imminente, e
sarà letale
Secoli fa, a 14 o 15 anni, io e la mia vecchia banda bramavamo l'immortalità
nel catorcio fumante di una brontolante Ford 40 o di una Chevy 57. Il nostro
J.K. Rowling era Henry Felsen, l'ex-marine autore dei best-seller Hot Rod (1950),
Street Rod (1953) e Crush Club (1958). Felsen era il nostro Omero dell'asfalto,
che esaltando giovani eroi destinati alla morte ci invitava a emulare la loro
leggenda. Uno dei suoi libri si conclude con uno scontro apocalittico presso
un incrocio, che stermina l'intera classe di laureandi di una piccola città
dello Stato dell'Iowa. Amavamo così tanto questo passaggio che eravamo soliti
rileggerlo a voce alta l'un l'altro.
Difficile non pensare al grande Felsen, morto nel 1995, quando si sfogliano
le pagine economiche di questi tempi. Dopo tutto, ci sono i repubblicani del
Tea Party, con l'acceleratore spinto violentemente, che ghignano come demoni
mentre si avvicinano alla Deadman's Curve (John Boehner e David Brooks, nei
posti posteriori, muoiono di paura.)
L'analogia con Felsen sembra ancora più forte quando si prospetta una visione
globale. Dall'alto la situazione economica mondiale si profila chiaramente
come uno schianto in attesa di accadere. E da tre direzioni distinte Stati
uniti, Unione europea e Cina stanno accelerando alla cieca verso lo stesso
incrocio. La domanda è: qualcuno sopravviverà per partecipare al ballo di fine
anno?
Tremano i tre pilastri del McWorld
Riprendiamo dall'ovvio, tuttavia raramente discusso. Sebbene il giorno del
giudizio per il limite di indebitamento sia scongiurato, Obama ha già impegnato
la fattoria e venduto i capretti. Con una straordinaria noncuranza per l'ala
liberal del suo partito, si è offerto di mettere i sacrosanti resti di quella
che era la rete di sicurezza del New Deal sul po del banditore, per placare
un ipotetico «centro» e vincere di nuovo le elezioni a ogni costo (Dick Nixon,
vecchio socialista, dove sei ora che abbiamo bisogno di te?).
Risultato: come i Fenici nella Bibbia, sacrificheremo i nostri figli (e i loro
insegnanti) a Moloch, che oggi si chiama Deficit. La strage nel settore pubblico,
insieme a un brusco taglio delle indennità di disoccupazione, andrà a propagarsi
sull'intero lato della domanda dell'economia, fino a quando la disoccupazione
avrà raggiunto la doppia cifra percentuale e Lady Gaga canterà: «Fratello,
avresti dieci centesimi?».
Non dimentichiamo: viviamo in un'economia globalizzata, in cui gli americani
sono i consumatori di ultima istanza e il dollaro è ancora il porto sicuro
per il plusvalore accumulato dall'intero pianeta. La nuova recessione che i
repubblicani stanno impunemente architettando metterà in dubbio di colpo tutti
tre i pilastri del McWorld, già assai più traballanti di quanto si pensi: consumo
americano, stabilità europea e crescita cinese.
Dall'altra parte dell'Atlantico, l'Unione europea si dimostra per quello che
è: un sindacato di grandi banche e mega creditori, accanitamente determinato
a far sì che i greci svendano il Partenone e che gli irlandesi emigrino in
Australia. Non c'è bisogno di essere keynesiani per capire che, se ciò dovesse
accadere, la situazione non farà altro che precipitare in futuro (se i posti
di lavoro tedeschi sono ancora salvi è solo perché la Cina e gli altri BRICs
- Brasile, Russia e India - hanno acquistato tante macchine utensili e Mercedes).
Ovvio, oggi la Cina sostiene il mondo, ma la domanda è: per quanto tempo ancora?
Ufficialmente, la Repubblica popolare cinese è nel bel mezzo di una transizione
epocale da un'economia basata sulle esportazioni a una basata sui consumi.
Il fine ultimo di un simile passaggio non è solo trasformare il cinese me
in un automobilista di periferia, ma anche spezzare la dipendenza perversa
che lega la crescita cinese al deficit commerciale americano che Pechino è
obbligato, a sua volta, a finanziare per evitare che lo Yen si apprezzi. Ma
sfortunatamente per i cinesi, e forse per il mondo intero, il previsto boom
dei consumatori si sta rapidamente trasformando in una pericolosa bolla immobiliare.
La Cina ha contratto il virus Dubai, e ora ogni città con più di 100 milioni
di abitanti (sono almeno 160, all'ultimo conteggio) aspira a differenziarsi
con un grattacielo di Rem Koolhaas o un mega centro commerciale, prossima meta
dello shopping mondiale. Il risultato è stato un'orgia di edilizia. E nonostante
l'immagine rassicurante dei saggi mandarini di Pechino che controllano a sangue
freddo il sistema finanziario, la Cina oggi sembra funzionare come 160 ripetizioni
della serie Boardwalk Empire, dove i grandi capi politici della città e gli
speculatori immobiliari privati stipulano i loro patti segreti con le gigantesche
banche di stato. In effetti, si è sviluppato un vero e proprio sistema bancario
ombra grazie alle grandi banche che spostano i prestiti dal loro bilancio verso
società fiduciarie fasulle, evadendo i tappi ufficiali sul prestito totale.
La scorsa settimana l'agenzia di rating Moody ha riferito che il sistema bancario
cinese nasconde un trilione e mezzo di dollari in prestiti sospetti, soprattutto
per mastodontici progetti municipali. Un altro servizio di rating ha avvertito
che i «cattivi crediti» potrebbero costituire fino al 30% dei portafogli bancari
cinesi.
Nel frattempo la speculazione immobiliare sta asciugando i risparmi domestici
via via che le famiglie urbane, di fronte ai prezzi delle case alle stelle,
si precipitano a investire negli immobili prima che questi siano spazzati via
dal mercato (ricorda nulla?). Secondo Business Week, gli investimenti nell'edilizia
residenziale costituiscono ormai il 9% del Pil, contro il 3,4% del 2003.
Una Lehman Brothers cinese?
Chengdu diverrà la nuova Orlando, e la China Construction Bank la prossima
Lehman Brothers? Strana la credulità di così tanti «esperti» peraltro conservatori,
convinti che la leadership comunista cinese abbia scoperto la legge del moto
perpetuo creando un'economia di mercato immune dai cicli economici o dalle
manie speculative.
Se la Cina avrà un atterraggio a dir poco duro, lo stesso sarà per i principali
fornitori come Brasile, Indonesia o Australia. Il Giappone, già impantanato
in una recessione in seguito a tre mega catastrofi, è estremamente sensibile
a ulteriori shock provenienti dai suoi principali mercati. E la primavera araba
rischia di trasformarsi in inverno se i nuovi governi non riusciranno ad aumentare
l'occupazione o a contenere l'inflazione dei prezzi alimentari.
Mentre i tre grandi blocchi economici mondiali accelerano verso una depressione
sincronizzata, devo dire che non sono più tanto entusiasta, come lo ero a 14
anni, dalla prospettiva di un classico finale alla Felsen - metallo aggrovigliato
e giovani corpi dilaniati.
Mike Davis insegna al Programma di Scrittura Creativa dell'University of California,
Riverside. È autore, tra le tante opere, di Il Pianeta degli Slum (Feltrinelli
2006).
Usa, Europa e Cina - i tre pilastri dell'economia globale - corrono come folli
verso la crisi, sebbene da posizioni diverse. La collisione è imminente, e
sarà letale
Secoli fa, a 14 o 15 anni, io e la mia vecchia banda bramavamo l'immortalità
nel catorcio fumante di una brontolante Ford 40 o di una Chevy 57. Il nostro
J.K. Rowling era Henry Felsen, l'ex-marine autore dei best-seller Hot Rod (1950),
Street Rod (1953) e Crush Club (1958). Felsen era il nostro Omero dell'asfalto,
che esaltando giovani eroi destinati alla morte ci invitava a emulare la loro
leggenda. Uno dei suoi libri si conclude con uno scontro apocalittico presso
un incrocio, che stermina l'intera classe di laureandi di una piccola città
dello Stato dell'Iowa. Amavamo così tanto questo passaggio che eravamo soliti
rileggerlo a voce alta l'un l'altro.
Difficile non pensare al grande Felsen, morto nel 1995, quando si sfogliano
le pagine economiche di questi tempi. Dopo tutto, ci sono i repubblicani del
Tea Party, con l'acceleratore spinto violentemente, che ghignano come demoni
mentre si avvicinano alla Deadman's Curve (John Boehner e David Brooks, nei
posti posteriori, muoiono di paura.)
L'analogia con Felsen sembra ancora più forte quando si prospetta una visione
globale. Dall'alto la situazione economica mondiale si profila chiaramente
come uno schianto in attesa di accadere. E da tre direzioni distinte Stati
uniti, Unione europea e Cina stanno accelerando alla cieca verso lo stesso
incrocio. La domanda è: qualcuno sopravviverà per partecipare al ballo di fine
anno?
Tremano i tre pilastri del McWorld
Riprendiamo dall'ovvio, tuttavia raramente discusso. Sebbene il giorno del
giudizio per il limite di indebitamento sia scongiurato, Obama ha già impegnato
la fattoria e venduto i capretti. Con una straordinaria noncuranza per l'ala
liberal del suo partito, si è offerto di mettere i sacrosanti resti di quella
che era la rete di sicurezza del New Deal sul po del banditore, per placare
un ipotetico «centro» e vincere di nuovo le elezioni a ogni costo (Dick Nixon,
vecchio socialista, dove sei ora che abbiamo bisogno di te?).
Risultato: come i Fenici nella Bibbia, sacrificheremo i nostri figli (e i loro
insegnanti) a Moloch, che oggi si chiama Deficit. La strage nel settore pubblico,
insieme a un brusco taglio delle indennità di disoccupazione, andrà a propagarsi
sull'intero lato della domanda dell'economia, fino a quando la disoccupazione
avrà raggiunto la doppia cifra percentuale e Lady Gaga canterà: «Fratello,
avresti dieci centesimi?».
Non dimentichiamo: viviamo in un'economia globalizzata, in cui gli americani
sono i consumatori di ultima istanza e il dollaro è ancora il porto sicuro
per il plusvalore accumulato dall'intero pianeta. La nuova recessione che i
repubblicani stanno impunemente architettando metterà in dubbio di colpo tutti
tre i pilastri del McWorld, già assai più traballanti di quanto si pensi: consumo
americano, stabilità europea e crescita cinese.
Dall'altra parte dell'Atlantico, l'Unione europea si dimostra per quello che
è: un sindacato di grandi banche e mega creditori, accanitamente determinato
a far sì che i greci svendano il Partenone e che gli irlandesi emigrino in
Australia. Non c'è bisogno di essere keynesiani per capire che, se ciò dovesse
accadere, la situazione non farà altro che precipitare in futuro (se i posti
di lavoro tedeschi sono ancora salvi è solo perché la Cina e gli altri BRICs
- Brasile, Russia e India - hanno acquistato tante macchine utensili e Mercedes).
Ovvio, oggi la Cina sostiene il mondo, ma la domanda è: per quanto tempo ancora?
Ufficialmente, la Repubblica popolare cinese è nel bel mezzo di una transizione
epocale da un'economia basata sulle esportazioni a una basata sui consumi.
Il fine ultimo di un simile passaggio non è solo trasformare il cinese me
in un automobilista di periferia, ma anche spezzare la dipendenza perversa
che lega la crescita cinese al deficit commerciale americano che Pechino è
obbligato, a sua volta, a finanziare per evitare che lo Yen si apprezzi. Ma
sfortunatamente per i cinesi, e forse per il mondo intero, il previsto boom
dei consumatori si sta rapidamente trasformando in una pericolosa bolla immobiliare.
La Cina ha contratto il virus Dubai, e ora ogni città con più di 100 milioni
di abitanti (sono almeno 160, all'ultimo conteggio) aspira a differenziarsi
con un grattacielo di Rem Koolhaas o un mega centro commerciale, prossima meta
dello shopping mondiale. Il risultato è stato un'orgia di edilizia. E nonostante
l'immagine rassicurante dei saggi mandarini di Pechino che controllano a sangue
freddo il sistema finanziario, la Cina oggi sembra funzionare come 160 ripetizioni
della serie Boardwalk Empire, dove i grandi capi politici della città e gli
speculatori immobiliari privati stipulano i loro patti segreti con le gigantesche
banche di stato. In effetti, si è sviluppato un vero e proprio sistema bancario
ombra grazie alle grandi banche che spostano i prestiti dal loro bilancio verso
società fiduciarie fasulle, evadendo i tappi ufficiali sul prestito totale.
La scorsa settimana l'agenzia di rating Moody ha riferito che il sistema bancario
cinese nasconde un trilione e mezzo di dollari in prestiti sospetti, soprattutto
per mastodontici progetti municipali. Un altro servizio di rating ha avvertito
che i «cattivi crediti» potrebbero costituire fino al 30% dei portafogli bancari
cinesi.
Nel frattempo la speculazione immobiliare sta asciugando i risparmi domestici
via via che le famiglie urbane, di fronte ai prezzi delle case alle stelle,
si precipitano a investire negli immobili prima che questi siano spazzati via
dal mercato (ricorda nulla?). Secondo Business Week, gli investimenti nell'edilizia
residenziale costituiscono ormai il 9% del Pil, contro il 3,4% del 2003.
Una Lehman Brothers cinese?
Chengdu diverrà la nuova Orlando, e la China Construction Bank la prossima
Lehman Brothers? Strana la credulità di così tanti «esperti» peraltro conservatori,
convinti che la leadership comunista cinese abbia scoperto la legge del moto
perpetuo creando un'economia di mercato immune dai cicli economici o dalle
manie speculative.
Se la Cina avrà un atterraggio a dir poco duro, lo stesso sarà per i principali
fornitori come Brasile, Indonesia o Australia. Il Giappone, già impantanato
in una recessione in seguito a tre mega catastrofi, è estremamente sensibile
a ulteriori shock provenienti dai suoi principali mercati. E la primavera araba
rischia di trasformarsi in inverno se i nuovi governi non riusciranno ad aumentare
l'occupazione o a contenere l'inflazione dei prezzi alimentari.
Mentre i tre grandi blocchi economici mondiali accelerano verso una depressione
sincronizzata, devo dire che non sono più tanto entusiasta, come lo ero a 14
anni, dalla prospettiva di un classico finale alla Felsen - metallo aggrovigliato
e giovani corpi dilaniati.
Mike Davis insegna al Programma di Scrittura Creativa dell'University of California,
Riverside. È autore, tra le tante opere, di Il Pianeta degli Slum (Feltrinelli
2006).
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